Tag Archives: sciopero generale

Sciopero e pandemia: una combinazione a rischio?

15 Dic

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Giovedì 16 dicembre sarà sciopero generale di 8 ore con manifestazione nazionale a Roma e altre manifestazioni si terranno a Bari, Cagliari, Milano e Palermo.
A queste manifestazioni perverranno con i consueti bus anche molti scioperanti che vivono in altre città o in provincia.

Centinaia di migliaia o solo decine di migliaia tutti insieme in piazza?

I sindacati hanno annunciato che sarà obbligatorio il Green Pass, ma sappiamo bene che è possibile averlo anche senza una terza dose, anzi proprio senza vaccino, ma solo con un tampone.

Gli effetti sulla diffusione del Covid che arriveranno da questa scelta di CGIL e UIL li scopriremo dopo una decina di giorni, da Natale in poi.
L’unica cosa certa è che l’Omicron ci va a nozze in un bus o in un bar o in una piazza affollati.

Dunque, se pensate di avere un ragionevole dubbio che da dopodomani la circolazione del virus possa iniziare a salire, sarà bene stare attenti a dove si va e chi si incontra, adottando le giuste cautele.

Demata

Sciopero generale e fake news: le risorse

14 Dic

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CGIL e UIL hanno convocato lo sciopero generale contro il Governo Draghi perché “la manovra economica è insoddisfacente, tanto più alla luce delle risorse, disponibili in questa fase, che avrebbero consentito una più efficace redistribuzione della ricchezza, per ridurre le diseguaglianze e per generare uno sviluppo equilibrato e strutturale e un’occupazione stabile”.

Risorse disponibili? Nuovi debiti magari …

Ma, a meno di non essere daltonici, è abbastanza facile rendersi conto dalla curva in colore rosso di quale sia la situazione delle ‘risorse disponibili’ in Italia.

Demata

Sciopero generale e fake news: la disoccupazione

14 Dic

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Uno dei motivi per cui CGIL e UIL hanno convocato lo sciopero generale contro il Governo Draghi è che i “i Sindacati non hanno trovato risposte sufficienti” in particolare su Fisco, Pensioni, Scuola, Politiche industriali e del contrasto alle delocalizzazioni, Contrasto alla precarietà del lavoro soprattutto dei giovani e delle donne, Non autosufficienza.

L’Occupazione – o meglio la Disoccupazione – non rientra nell’elenco.
Eppure, non era Draghi il presidente del Consiglio e non c’era ancora il Covid quando l’Ansa annunciava nel 2019 un sensibile aumento dei senza lavoro.

Dunque, quando si parla di diseguaglianze, è bene non dimenticare che i Sindacati rappresentano solo i Lavoratori, non i disoccupati, non i giovani, non gli invalidi e neanche i pensionati.

Demata

Sciopero generale e fake news: il precariato

14 Dic

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Uno dei motivi per cui CGIL e UIL hanno convocato lo sciopero generale contro il Governo Draghi è che in Italia ci sarebbe uno sfruttamento senza pudore del precariato, con una quota abnorme di lavoro a tempo determinato o di lavoro a somministrazione nelle imprese a tutti i livelli.

Eppure, i numeri di Eurostat raccolti da TrueNumbers raccontano che nel 2017 il Paese europeo con più precari era la Spagna: addirittura più di un quarto, il 26,8%, dei lavoratori, seguito dalla Polonia, con il 26,1%, e il Portogallo, con il 22%. In Italia i contratti a tempo determinato raggiungevano il 15,5% del totale, in la Francia erano al 16,8%, in Germania al 12,8% e nei Paesi Bassi al 21,5%.

Difficile credere che in soli 4 anni il precariato italiano si sia raddoppiato, superando quello spagnolo e diventando abnorme.

Demata

Pensionarsi a 70 anni è una bufala?

9 Dic

Ocse (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) ha fatto il punto sullo stato di salute dei sistemi pensionistici europei, nelle condizioni attuali di istruzione, occupazione e reddito, e su quale si prevede sarà lo sviluppo futuro dei sistemi previdenziali, se restano queste attuali condizioni.

Il risultato che ne viene è agghiacciante: in Italia si andrà in pensione a 71 anni.
O meglio ci sarà chi andrà in pensione entro i 63-67 anni d’età, avendo iniziato a contribuire già dai 18 anni ed avendo maturato oltre 45 anni di versamenti accantonati per la pensione.
E ci sarà chi ha iniziato a lavorare e contribuire tardi – magari a 30 anni inseguendo il sogno di una laurea senza sbocchi – che gioco forza non compirà i suoi 42 anni di versamenti prima dei 72 d’età …

Questo è nella sostanza ciò che focalizza il grafico dell’OCSE: lo sapevamo già, ma essendo interni i dati non facevano così paura, mentre la validazione internazionale fa notizia.

Dunque, riguardo il Lavoro (da cui si ottengono le pensioni) l’Italia ha importanti quanto ataviche urgenze:

1- elevare i redditi e il prodotto nazionale, cioè anche la contribuzione personale e l’integrazione statale, ma l’unico modo per ottenere questo risultato è prima di elevare il grado di istruzione generale, in particolare quella tecnica, e di innovazione infrastrutturale, specie nei servizi ai cittadini
2- garantire un inserimento rapido dei neodiplomati e neolaureati nel mondo del lavoro, cioè programmare part time e turn over per i sessantenni ed introdurre limiti per le iscrizioni alle Facoltà debordanti che inevitabilmente producono disoccupati e sottoccupati.
Quasi una missione impossibile.

Dunque, che si andrà a 71 anni in pensione è un fatto personale che dipende in gran parte dall’impegno e dal buon senso dimostrati tra i 16 e i 25 anni, iniziando a lavorare dalla ‘gavetta’.


Ma, certamente, è una prospettiva concreta per chi dei Millennials abbia creduto ad un’altra bufala: quella che si diventa adulti a 30 anni anzichè 18-20 anni, dato che l’aspettativa in vita è aumentata.
E diventerà rapidamente una realtà, se continueremo a credere che è meglio esser governati da chi afferma ciò che ci piace e non ciò che ci serve, cioè le soluzioni che furono indicate e perseguite alla fine degli Anni ’90, unitamente alle pensioni.

Demata

La fallimentare Sinistra francese alla disperata ricerca di una guerra

10 Mar

In Francia, la Sinistra è mobilitata contro la riforma del mercato del lavoro e, solo nel mese di marzo, si prevedono centinaia di manifestazioni, treni e trasporti pubblici fermi, città paralizzate e, a fine mese, lo sciopero generale.

Intanto, nel paese si contano almeno 3,5 milioni di disoccupati, le casse previdenziali in deficit da almeno 40 anni e il comparto industriale non brilla certo per flessibilità alla domanda di mercato.

I fatti sono evidenti:

  1. un sistema di welfare che, nel 2010, incideva sulla spesa pubblica per il 57% del PIL, paralizzando qualsiasi forma di investimento o ripresa
  2. i contributi elevati e la regolamentazione del mercato del lavoro che, secondo dati dell’OCSE del 2010, portavano la tax wedge della Francia a superare di almeno 13 punti percentuali alla media dell’OCSE su tutti i livelli di reddito familiare
  3. il conseguente alto livello di disoccupazione, che dal 1980 non cala al di sotto del 10%, salvo rare eccezioni
  4. il deficit di budget cronico (l’ultimo surplus è stato registrato nel 1974) e la combinazione di una crescita debole e di un sistema di welfare sempre più pesante.

Il programma elettorale di Hollande aveva promesso la rinegoziazione del Fiscal compact e degli statuti della Banca Centrale Europea, senza spiegare agli elettori che – nel caso – si sarebbe pervenuti ad un costo più basso del welfare, ma a discapito del tenore di vita a livello nazionale nel medio termine.

Un tipico stratagemma del Partito Socialista francese di Mitterand, ma all’epoca la Francia batteva ancora moneta, aveva ancora le ‘colonie’ e – soprattutto – Cina, India e Brasile non erano ancora sufficientemente industrializzati.

Finito l’Imperialismo coloniale figlio della Rivoluzione, finito il modello di Welfare redistributivo francese e sinistrorso … i paesi del Terzo Mondo ringraziano ..

Dunque, ad Hollande ed ai socialisti francesi (cioè alla Sinistra europea) non resta altra soluzione che ‘ritirarsi in buon ordine’ come fecero i comunisti sovietici e come suggerì Foucault già nel 1976 o continuare a disinformare la base elettorale promettendo un Welfare diffuso che senza l’Imperialismo coloniale qui in Europa non sarebbe mai esistito.

Hollande e la Sinistra (europea) di fare abiura e pentimento per un modello economico che fa acqua proprio non ne hanno voglia (lo sappiamo bene anche noi italiani). Anzi, sono proprio loro ad aver ‘sostenuto’ la folle politica della Grecia, sperando che si aprisse una crepa nel contenimento del debito pubblico imposto dall’UE a tutti gli stati membri.

Dunque, così andando il mondo, alla Sinistra francese non resta che la seconda via: promettere il Bengodi perchè il ‘mondo può essere migliore’ e poi annunciarne la fine del Bengodi ‘perchè i peggiori hanno vinto’ … cercando intanto di pervenire alla più classica delle soluzioni: la guerra.

Prima Hollande ci ha provato in Siria, subito dopo gli attentati di Parigi, attaccando Isis senza coordinamento NATO e così dando la possibilità a russi e turchi di incrementare notevolmente il teatro bellico.
Adesso Hollande ci prova in Libia, interferendo con il percorso diplomatico  ‘italiano’ che punta a pervenire ad una sorta di ‘protettorato’ alla stregua di quello instauratosi tra Italia ed Albania, ad esempio.

Essendo italiani, confidiamo negli scioperi francesi e nello stallo politico della Francia che potrebbero favorire l’export ed il ‘peso’ italiano all’estero … ma sorgono spontanee alcune domande.
I nostri sindacati (a partire dalla CGIL) e la nostra Sinistra italiana (a partire da La Repubblica) conoscono le obiezioni di Foucault del 1976 al modello economico ‘socialista’ avanzate ben prima che sul mondo incombessero il Tatcherismo, il Reaganismo e il Neoliberismo?

Ma, soprattutto, senza scomodare la cultura quella vera, la Sinistra (non solo italiana) conosce semplici proverbi come “Non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire”, “Non si può avere la botte piena e la moglie ubriaca”, “Non tutte le ciambelle escono con il buco”, “Non tutto il male vien per nuocere”, “Ogni lasciata è persa”, “Ogni promessa è debito”, “Ognuno tira l’acqua al suo mulino”, “Chi dice ciò che vuole può sentire ciò che non vorrebbe” …

Demata

CGIL, UIL, i veri numeri dello sciopero e quel che farà Matteo Renzi

12 Dic

La Repubblica titola Sciopero generale, i sindacati: “70% di adesioni”, ma, consultando Tiscali News, scopriamo che “i primi dati che provengono dal settore industriale segnano ”un’altissima adesione allo sciopero generale”. Lo sottolinea la Cgil precisando che da una prima rilevazione risulta una media di adesione del 70,2%, mentre ”sono affollatissime le cinquantaquattro piazze dove si stanno tenendo i cortei e le manifestazioni a sostegno dello sciopero”. Inoltre sono rimasti fermi circa il 50% dei treni e degli aerei e circa il 70% degli autobus, fanno sapere ancora Cgil e Uil.”

Dunque, l’altissima adesione allo sciopero – declamata da CGIL e UIL – riguarda solo il 70% degli addetti dell’Industria e Costruzioni, che nel 2011 erano circa 5,5 milioni in tutto secondo l’Istat: ammesso e non concesso che anche gli edili abbiano scioperato in massa e senza considerare quel bel tot di lavoratori stranieri che hanno aderito, parliamo di poco più di 3 milioni di cittadini in un paese dove gli elettori sono 39 milioni circa. Il 10%, un elettore su dieci, un sostenitore della Sinistra su tre o quattro che siano.

Aggiungiamo – in abbondanza – una metà dei lavoratori dei Trasporti e tutto il resto degli addetti delle ‘imprese’ e ci ritroviamo con un’altra milionata di scioperant: aggiunti al ‘settanta per cento’ di industria – e forse edili – fanno al massimo di cinque milioni di elettori.

Arrivati al settore pubblico, gli unici dati sono quelli  troviamo innanzitutto la  Flc Cgil che riporta una adesione complessiva allo sciopero generale è intorno al 50%, cioè 3-400.000 docenti, ma aderivano anche UGL e Gilda. Per la Funzione Pubblica, dati zero, e potremmo trovarci un mero 7-10% di scioperanti o poco più: sono altri centomila che vanno ad assomarsi.

In due parole, oggi hanno scioperato in Italia circa cinque milioni di italiani adulti, cioè quasi metà dell’elettorato che ha votato a Sinistra alle ultime elezioni, ma solo un ottavo del corpo elettorale al completo.

Sarà per questo che Giorgio Napolitano ha tenuto a precisare che “le esasperazioni non fanno bene al Paese”, “lo sciopero generale proclamato per oggi è segno senza dubbio di una notevole tensione tra sindacati e governo”. “Il governo ha le sue prerogative e le ha anche il Parlamento. E’ bene che ci sia rispetto reciproco di queste prerogative”.

Ma la questione resta: metà degli elettori di Sinistra è del tutto contraria alla linea politica di Matteo Renzi e dell’attuale leadership del Partito Democratico ed ancor più intransigente è verso le posizioni politiche dei restanti partiti, che rappresenterebbero un numero di elettori italiani almeno cinque volte superiore agli scioperanti dei sindacati ‘rossi’.

Nei prossimi mesi sarà solo da capire se l’antico intreccio tra ‘partito dei lavoratori’ – con tanto di doppie tessere al PCI e alla CGIL per vertici e direttivi – andrà a risolversi, con la nascita di un ‘partito del lavoro’, aka CGIL, ed un ‘vero’ partito democratico, attento alle istanze di tutte le classi e di tutte le generazioni.

Il che significa che da domani Matteo Renzi avrà una sola scelta vincente: rompere gli indugi, procedere al ‘divorzio’ con la minoranza interna (e vedremo che la CGIL vorrà assumere un ruolo politico-partitico), avviare una convivenza ‘democratica’ e ‘popolare’ con le forze centriste, favorito da un Silvio Berlusconi che non designa l’erede.

Se gli mancherà tale coraggio, mala tempora currunt … con un sindacato post-spartachista e a tutt’oggi ‘confederale’ è difficile che la memoria non corra subito alle disastrose esperienze di Rosa Luxeemburg e Largo Caballero.

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Sciopero generale: la CGIL diventa partito?

11 Dic

Domani la CGIL – Don Chisciotte con la fedele UIL – Sancho andranno alla carica dei mulini a vento, protestando contro una legge che è già legge con  uno sciopero generale che generale non è.

Che senso abbia scioperare contro una legge DOPO che è stata emata è davvero un mistero, mentre convocare uno sciopero generale senza l’adesione di CISL e CONFSAL è certamente qualcosa di parziale e non ‘generale’. Anche perhè proprio non si comprende perchè abbia aderito la FIOM di Landini, che giorni fa ha ottenuto addirittura la deroga alle tagliole pensionistiche della Fornero per i metalmeccanici di Terni.

A cosa servirà lo sciopero voluto dalla CGIL di Camusso?
Probabilmente a nulla, dato che neanche si chiedono gli ‘ammortizzatori sociali’ (il salario minimo) per chi è senza lavoro, che però esistono negli altri paesi avanzati già da decenni, e neanche si reclama per le decine di miliardi versati dai lavoratori che ‘mancano’ nei conti Inps ed ex Inpdap e che bloccano pensioni e turn over. Peggio che andar di notte se volessimo parlare di sicurezza sul lavoro e ruolo dei Rappresentanti dei Lavoratori per la Sicurezza.

Quello di domani sarà uno sciopero finalizzato al solo scopo di accentuare la crisi interna del PD e far pressione sulla famigerata questione dei beni immobili ex PCI.

Sarebbe ora che la CGIL si costituisse come partito – prendendosi la responsabilità ‘politica’ delle disinformazioni e delle devastazioni che a volte fanno da contorno a certe ‘proteste’ –  e la smettesse di occuparsi di ‘lavoro’, ambito per il quale  – si noti bene – in 70 anni di contrattazioni NON ha praticamente mai avanzato proposte concrete.

Infatti, domani – allo sciopero generale per il ‘lavoro’ – non sarànno sul ‘tavolo’ la questione Inps (salario minimo e pensioni sociali) e neanche quella della privatizzazione del sistema contributivo e del turn over, non saranno sul tavolo la questione formazione-lavoro e la qualificazione /meritocrazia nelle professioni, non vi sarà quella degli invalidi in età da lavoro e neanche quella delle loro tutele di salute sul lavoro eccetera eccetera.

Un sindacato ‘serio’ NON si occupa di posti di lavoro ‘e basta’: un sindacato ‘dei lavoratori’ bada innazitutto alla qualità del lavoro e alle opportunità di accesso e carriera nel lavoro.

Il Jobs Act va accompagnato dal salario minimo, dalla flessibilità pensionistica, dai percorsi di riqualificazione professionale.
Negarlo pur di non rivendicare un vero welfare e un vero sistema di Formazione e per restare nel sistema negoziale governo-sindacati degli ultimi 40 anni, equivale a pretendere un ruolo politico ed un canale preferenziale verso gli ‘eletti al popolo’ che qualunque organizzazione del lavoro (operai, industriali, commercianti, statali eccetera) non dovrebbe avere.

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Job Act, perchè è un falso problema?

28 Nov
Il Job Act risolve il blocco delle grandi ristrutturazioni industriali che sono de facto impedite dalla cassa integrazione inventata da Romano Prodi per la Maserati (statale) degli anni ’70.
Serve solo a questo e dovrebbe chiamarsi qualcosa tipo ‘Re-Industry Act’. Detto così sarebbe una favola … ovviamente accompagnato da un Job Act vero che introduce il salario minimo e da un Welfare Act che separa la previdenza contributiva da quella sociale.
Il Job Act risolve l’annosa quaestio delle ristrutturazioni industriali e settoriali: tutto qui.

Quanto allo Statuto dei Lavoratori ‘violato’, va anche ricordato – ma nessuno lo fa – che un lavoratore licenziato con due anni di indennità ottiene almeno 25.000 euro che costituiscono la somma minima necessaria per diventare dei piccoli imprenditori, ovvero liberarsi dal lavoro salariato. Ovviamente, a patto di vivere in uno Stato che facilita la libertà di impresa ….
Inoltre, in un paese normale quasi tutti iniziano a versare contributi a 18 anni circa, la previdenza è privatizzata e a 53 anni molti sono prossimi alla pensione anticipata con l’80%.
Dove sono gli ammortizzatori sociali? Dove il salario minimo? Dove lo sblocco del turn over?
Chi critica il Job Act dimentica che si parla di flessibilità occupazionale, ma non si riforma previdenza e welfare in modo corrispettivo (leggasi ministri Poletti e Padoan).
A proposito, a far due conti su tempi e procedure, è abbastanza probabile che andrà a finire che i decreti attuativi li redigerà il governo prossimo futuro …

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Uno sciopero generale contro l’Italia che galleggia

6 Mag

Oggi è sciopero generale, proclamato dalla COnfederazione Generale dei Lavoratori, “nei confronti di un governo che, a trentasei mesi dal suo insediamento, continua nella sua sola e unica operazione di galleggiamento che sta determinando un pericoloso arretramento del Paese”  e ancora per: “rilanciare il tema del lavoro promuovendo buona occupazione e nuove occasioni di impiego insieme alla ricerca di soluzioni positive alle troppe crisi industriali accumulate sui tavoli del ministero dello Sviluppo economico”.
Il quarto in meno di tre anni con questo governo.

Il 58% dei lavoratori delle aziende private italiane avrebbe aderito allo sciopero generale, su un campione pesato statisticamente di 500 aziende.
Negli stabilimenti Piaggio, l’adesione è all’85%, mentre in Continental e Unicoop Firenze le adesioni sono, addirittura, al 90%.
La Filt, la federazione dei trasporti, annuncia almeno 20 voli cancellati e 40 ritardati a Fiumicino e 30 voli cancellati a Linate, mentre a Malpensa è in sciopero circa la metà del personale di bordo della Easyjet.
Minori, ma comunque elevate, le adesioni di insegnanti, ospedalieri, ministeriali e dipendenti degli enti locali.

Un vistoso successo per Susanna Camusso, considerato che era la sola CGIL a proclamare questa astensione dal lavoro.
Una centralità del sindacato “rosso”, offuscata, come da tradizione, dalla pressione, non sempre pacifica e paziente, dei giovani, che temono (giustamente) di vedersi negare il futuro (come accaduto ai loro padri) e come “strillano” i loro slogan.

Infatti, in diverse città si sono registrati momenti di tensione che hanno coinvolto giovani apparentemente “ordinari”, non i “soliti” black block antagonisti.

A Roma, gli studenti hanno bloccato alcuni binari della Stazione Termini, sono ferme le metropolitane e le ferrovie cittadine il servizio di autobus è ridotto al 30% dei bus urbani e il 50% di quelli extraurbani.
A Torino, dopo che la Commissione di Garanzia ha revocato lo sciopero dei trasporti locali in concomitanza della sfilata degli alpini, si sono verificati incidenti tra studenti e ex-militari. Gruppi antagonisti hanno cercato di entrare nella sede di Equitalia sono registrate cariche della polizia.
A Genova, la città è praticamente bloccata, dato che gli studenti hanno occupato la sopraelevata.
Tutto tranquillo e grande adesione a Palermo, Milano e Napoli, dove, però, a capo del corteo c’era la stessa Susanna Camusso.

La CGIL sarà sempre la CGIL, “rossa e marxista”, su questo non si può dubitare, con non è dubitabile che gran parte degli scioperanti non siano “comunisti”, ma è altrettanto evidente che oggi, in strada, c’era una parte dell’Italia “che non ci sta al declino”.
Speriamo che almeno il Parlamento, se non anche i governi nazionali e regionali, prendano atto che la gente chiede sviluppo e non mero “galleggiamento”, vuole futuro e non repliche già viste.

leggi anche “Chi è Susanna Camusso