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Spread or not to spread?

5 Feb

Riparte lo spread, la Borsa di Milano perde cinque punti in poche ore, il Wall Street Journal addita l’untore, l’allarme si estende all’Eurozona e, come al solito, la colpa sarebbe di noi italiani, cbe permettiamo a Silvio Berlusconi di candidarsi, di fare la sua campagna elettorale e magari di convincerci – alcuni o tanti – a votarlo.

Ovviamente, le cose non stanno esattamente così.

Innanzitutto, lo spread risale per diversi motivi, a partire dal dato congiunturale con l’Eurozona che resta stagnante in tutta l’area mediterranea, mentre l’Europa vede la Gran Bretagna e la Svezia sempre più diffidenti.

In secondo luogo perchè la vicenda MPS – la banca, ma soprattutto la fondazione – rivela un sistema incompatibile con le logiche di un liberale o di un finanziere e lascia ombre indelebili su quel Partito Democratico che Monti e Bersani stavano faticosamente cercando di accreditare come unico partner di governo possibile ed affidabile per futuro premier italiano.

Infine, perchè, salvo Mario Monti, praticamente tutti i nostri politici – e non solo Berlusconi –  hanno ‘promesso di abbassare le tasse in caso di elezione’, dato che si rivolgono ad un paese in recessione e devastato dalla disoccupazione, anche a causa di una delle più esose leve fiscali del mondo. Chi li ha promessi alle aziende, chi ai meno abbienti, ma tutti hanno promesso.

Dunque, c’è poco da agitare la pubblica opinione con il ‘fantasma di Berlusconi’, dato che il problema è generale e che alcune promesse rispondono a precise istanze del popolo italiano.

Infatti, chi di spread ferisce potrebbe, addirittura, di spread perire: gli italiani associano il termine al salasso che Monti e Bersani gli hanno inflitto e ad un qualcosa che la Germania avrebbe potuto/dovuto fare e non ha fatto.

Mandare gli italiani al voto con lo spread in risalita potrebbe generare una situazione imprevedibile.

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L’elogio del non voto

30 Gen

Più si avvicina il giorno fatidico delle elezioni e più l’elettorato italiano appare in crisi, dinanzi allo scenario malconcio e malfermo della politica italiana, ed anche i sondaggi più edulclorati confermano la valanga dei non voti, che le urne si appresteranno a sfornare a breve.

A partire da tutte le liste che non raggiungeranno un quorum arrivando a quelle che riusciranno a collocare si e no una manciata di parlamentari.

Passando da coloro che voteranno il Movimento Cinque Stelle di Grillo o la Rivoluzione Civile di Ingroia, i cui parlamentari dovranno scegliere se diluirsi nei partiti maggiori od attestarsi per una lunga battaglia d’opposizione che, finora, neanche il Partito Radicale ha avuto la forza di sostenere.

Proseguendo per quanti, abitando in regioni relativamente piccole, per ben che vada e qualsiasi cosa votino, vedranno al massimo due-tre eletti nella lista che hanno scelto.
Pervenendo, infine, a quanti annulleranno la scheda o non voteranno del tutto.

Una situazione che è confermata da tutti i sondaggi, come ad esempio, il più recente, pubblicato ieri da EMG Srl per La7, dal quale emergono alcuni dati interessanti.

Innanzitutto, per raggiungere le 1.000 adesioni necessari al campione sono stati necessari ‘solo’ 5.241 contatti, a fronte degli oltre 7.000 che erano necessari meno fa, che conferma, indirettamente, un rientro dell’astensionismo nell’ordine del 30-35% e non più del 45-50%, come mesi fa.
Infatti, EMG stima un’affluenza del 72,3% (28,7% di astenuti), mentre gli indecisi sul voto sarebbero al 9.2% e le schede bianche previste al 2.4%.

In quest’ottica è impossibile che un partito (ad esempio il Partito Democratico) possa ‘governare con il 30%’, come qualche chiacchiera da politicanti raccontava un paio di mesi fa.

Il ‘peggio’ viene dopo, andando a vedere come si andrebbero a ripartire le preferenze degli elettori, secondo EMG.

Infatti, la coalizione di Centrodestra è data al 28% (PdL  20.0% – Lega  4.7% – La Destra: 1.6% – Fratelli d’Italia 0.7% – Altri 1.0%), mentre il Centrosinistra raccoglierebbe il 36,8% (PD 30.7% – SEL 4.7% – Altri 1.4%) ed i Montiani solo il 14,5% (UDC 3.1% – Con Monti 9.6% – FLi 1.8%). A Rivoluzione civile andrebbe il 5.0% ed al M5S il 13.5%.

E’ chiaro a prima vista che l’unica alleanza di governo che arriva dai numeri è tra Montiani e Centrosinistra, ma con due enormi talloni d’Achille:

  1. il Senato in bilico od all’opposizione, dato che una Lega al 5% nazionale con il PdL in ripresa equivale a dire che la Lombardia e Veneto – con il loro pesantissimo premio di maggioranza – non andranno al Centrosinistra, come è prevedibile che accada anche in Campania ed in Sicilia, se Ingroia è al 5% ed il Grande Sud oltre il 10%;
  2. in una coalizione tra Montiani e Centrosinistra sarebbe la Sinistra a far da ago della bilancia e non i moderati, visto che le istanze sostenute da SEL non sono granchè diverse da quelle del M5S o di Ingroia & compagni.

Dai dati pubblicati da EMG, però, traiamo anche un’altra informazione, ovvero che una coalizione tra Montiani, PdL e PD – analoga alla Grosse Ammucchiata che già conosciamo – raggiungerebbe il 65,7% dei consensi elettorali, garantendo sia la stabilità sia la durevolezza del governo, anche in caso di defezioni.

Un Monti bis alla stessa identica stregua, salvo Vendola, di quello sollecitato da Giorgio Napolitano ed Eugenio Scalfari a suo tempo.

GROSSE AMMUCCHIATA

Purtroppo, però, una tale coalizione non garantirebbe – nè a noi italiani nè all’Eurozona nè ai mercati – che andrà a produrre – con celerità, semplicità ed equilibrio – le sostanziose riforme di cui ha bisogno il nostro paese da almeno 20 anni.

Tra l’altro, sono esattamente gli stessi che, durante l’anno appena trascorso, ci hanno subissato di tasse e tributi, per finanziare fabbriche militari e salvare banche al lumicino, mentre la spesa pubblica cresceva, il Porcellum restava, le province ed i piccoli comuni non venivano aboliti, senza dimenticare le pensioni ‘progettate’ a difesa dello status quo, ovvero a favore di una sola generazione.

E, se un popolo non crede, accade anche che non obbedisca e non combatta …

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Un mese per convincerci

30 Gen

Mario Monti non appare avere nè quel minimo di carisma politico nè quel tot di relazionalità mediatica, che gli sarebbero necessari per gestire l’Italia senza ritrovarsi con un Parlamento forse saldo, ma con un’opinione pubblica all’isteria. Questo, insieme alle sue idiosincrasie, sembra essere il primo problema che l’Italia dovrà affrontare nel dopo-elezioni.

Abbiamo potuto constatarlo tutti, ieri mattina su La7, dove è riuscito a rispondere con aride visioni economiche e/o sistemiche ai diversi interlocutori che cercavano di portarlo su tematiche sociali, di politica estera o di governance nazionale.

Se la comunicazione verbale lasciava alquanto a desiderare, non andava meglio quella complessiva.

Dalla giacca con le ‘spallone rinforzate che si vede lontano un miglio’, agli occhiali perennemente inforcati, mentre il suo sguardo si perdeva nelle riflessioni, anzichè cercare l’interlocutore od il telespettatore.
Fino alla totale assenza di empatia, nelle parole e nei gesti, verso le famiglie e le imprese sul lastrico o senza un futuro, proprio mentre gli altri contendenti alla premiership stanno ricordando a tutti che lui, Mario Monti, ha imposto sacrifici a pioggia per racimolare pochi miliardi, mentre ben più miliardi venivano spesi per troppi F-35 o peggio ancora bruciati per Monte Paschi di Siena.

Sullo sfondo, una precisa concezione etica della società ‘come dovrebbe essere’ che ricorda più un governatore mitteleuropeo di qualche località puritana od evangelica, piuttosto che un italiano che dovrebbe rappresentare gli altri italiani, che qualche difetto o vizio amano, magari, avercelo.

Dunque, se gli italiani, i Poteri Forti, l’Eurozona e anche Mario Monti vogliono dare stabilità, crescita e futuro all’Italia, sarebbe il caso che qualche spin doctor fornisca al più presto i dovuti consigli al nostro premier-professore e, soprattutto, che lui, Mario Monti, alla veneranda età di 74 anni, si lasci consigliare da qualcuno.

Ad esempio, constatando che, essendosi messo in politica, non può pensare di salvare un alleato – individuato non sulla base di un programma o di un’affinità ma solo in base a scelte preconcette – senza anche prevedere che, prima o poi, l’elettorato attribuirà a lui, Monti Mario, il fio di questa colpa.

Non può solo a lagnarsi dei partiti, dato che, agli occhi degli elettori, tra un mese ci andrà a braccetto.

Se vuole che gli elettori lo sostengano, deve dire le cose come stanno.

Ad esempio, che l’impianto degli F-35 è indispensabile per sostenere il comparto metalmeccanico in Piemonte e per consentire all’Italia di riprendere progressivamente il proprio ruolo equilibratore nel Mediterraneo, dopo 150 anni di assenza.
Che la riforma delle pensioni, così come voluta da Elsa Fornero, rassicura forse l’Europa, ma non la Corte dei Conti o l’INPS ed è, dunque, tutta da monitorare e, probabilmente, da rivedere.
Che Monte Paschi di Siena è quello che è, che era e che è stata.

Cose che van dette ora, visto che nell’arco dei prossimi 5 anni, della prossima legislatura, dovremo usare i nostri caccia. Come dovremo dare risposte ai nati tra il 1950 ed il 1958, ormai sessantenni, e riequilibrare un sistema pensionistico pubblico, che però vede 700.000 fortunati e 20 milioni di dannati. Ed anche dovremo chiudere la partita non solo di MPS, ma di tutte le ex-municipalizzate, degli enti territoriali e delle agenzie varie, i cui direttivi, sempre e solo di nomina politica, assorbono stipendi e benefit principeschi, dilapidando il bene collettivo.

Se Monti vuole governare davvero l’Italia, metta da parte le alleanze in fieri, prenda atto che corre da solo contro Bersani e Berlusconi e pensi ad arrivare in Parlamento con il maggior consenso possibile.

porcellum

Non si dimentichi di chi – sì sostenendolo, ma azzardando un governo di programma, anzichè tecnico – ha anche evitato una nuova legge elettorale, mettendolo nelle fauci dei capipartito, ovvero preannunciando che il suo governo non avrebbe completato la legislatura.
E non tema di promettere ‘lacrime e sangue’, se sarà anche capace di strizzare l’occhio al popolo per fargli capire che ‘i professori’ tengono anche loro alla famiglia – incluso il ‘solito cugino impresentabile’ – e che ‘i professori’ non sono quegli elitari giacobini di cui l’italiota serba orgogliosamente una pessima memoria.

Buon lavoro, Mr. Monti: le restano solo quattro settimane per convincerci.

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