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Arriva un governicchio di larghe intese?

23 Apr

Giorgio Napolitano resterà in carica finché avrà forze e, poi, sferza i partiti: «Voi, sordi e sterili, non autoassolvetevi» ed i partiti, tutti, applaudono in piedi come se i rimproveri fossero per i rivali.

Stamane, su Omnibus di La7, giusto per far finta di nulla, Rosa Maria Di Giorgi (assessore PD a Firenze) continuava a parlare di ‘difficoltà di Bersani’, di ‘svolta del Capranica’, di ‘debacle orrenda’ del M5S nel Nordest, di ‘dirigenti’ che non devono farsi influenzare dalla Rete, di non confrontarsi con la base … che la fiducia è d’obbligo se il partito lo decide.

Intanto, Serracchiani vince per un pelo in Friuli Venezia Giulia, che non è una regione rappresentativa degli equilibri nazionali, Renzi è stracorteggiato, ma fino ad oggi ha amministrato solo una piccola città come Firenze, SEL appare fortemente egemone sull’ala sinistra del PD, ma in Parlamento sono tanti gli eletti che arrivano dalla nostra famigerata Malasanità, alla Camera siedono circa 100 democratici che arrivano dall’apparato di partito, alla faccia delle Primarie.

Inoltre, non sono solo Travaglio & Santoro a sospettare che PD e PdL non siano l’un l’altro opposti, ma semplicemente complementari, con la conseguenza che il Centrodestra liberale è incatenato dalla stagnante componente populista ed il Centrosinistra riformista non ha voce in un’eterna campagna elettorale che privilegia i consensi gauchisti e sindacal-azionisti.

Dunque, in questa situazione, va bene qualsiasi governo, con il rischio di vederlo impallinato al primo incrocio o bivio dal qualche fazione democratica? Oppure serve un governo di larghe intese che accetti la Rete come principale vettore di informazioni e di conformazione della pubblica opinione, ma, soprattutto, tenga in debito conto che l’azionista di maggiornza è il PD, ma anche che il controllante è il PdL?
Oppure vogliamo proporre ai cittadini un Giuliano Amato, sconosciuto a chi abbia meno di 40 anni, tesoriere di ‘quel Partito Socialista Italiano’, massacratore delle nostre pensioni e del Titolo V della nostra Costituzione, nonchè prelevatore patrimonaile dei nostri conti?

Il Patron del futuro governo è il Popolo della Libertà, il padrino è il Partito Democratico: non facciamoci abbagliare dal il fatto che una componente parlamentare sia più numerosa dell’altra, grazie agli artifici del Porcellum.

E smettiamola, a sinistra, di pensare che quanto detto in televisione sia ‘reale’ e che quanto circoli in Rete sia ‘passatempo’. Piuttosto, è il contrario. Inoltre, se il mezzo televisivo permette allo spettatore l’unica possibilità di cambiar canale – cosa del tutto inutile se andiamo avanti da anni con talk show partitici a reti unificate – va considerato che in Rete l’utilizzatore va puntualmente a cercarsi le notizie secondo l’approccio che ritiene più verosimile.
Se i talk show politici diventano intrattenimento partitico, il ‘passatempo’ è in TV, le notizie sono in Rete: è inevitabile che sia così.

Inoltre, l’idea fissa dei democratici ‘a confrontarsi con i sindacati’ appare piuttosto bizzarra -ai nostri giorni – se il persistere della Crisi è causato dall’over taxing che la sinistra pretende da anni, dal suo profondo legame con gli apparati pubblici, dalla diffidenza verso il mondo imprenditoriale e la libera iniziativa, dal basso o bassissimo livello di istruzione e di formazione professionale di tanti attuali inoccupati (manovali, camerieri, banconisti, padroncini, artigiani e operatori di basso livello, eccetera), dal limitato ruolo delle donne nella nostra società, dal famigerato Patto di Stabilità interno di centralistica e statalista memoria.

Difficile credere che la situazione attuale del Partito Democratico possa essere superata senza una chiara e profonda scissione tra la componente social-liberale delle elite metropolitane, quella cattolico-populista dei mille campanili di provincia e quella gauchista ondivaga ed il suo elettorato di lotta e di governo, attualmente ‘in carico’ a SEL ed M5S.

Far finta di nulla o, peggio, paventare ai cittadini un governicchio di ristrette intese servirebbe solo ad accentuare la sfiducia degli elettori e la rabbia dei cittadini.
A sentire i Democratici – in nome dell’emergenza, si badi bene – serve uno ‘scatto di responsabilità’ da parte del PdL e che per loro si tratta solo di ‘un cammino altanelante’, mentre i conti del governo Monti-Bersani iniziano a non tornare, serve una nuova manovra, c’è cenere sotto il tappeto, le politiche di Elsa Fornero sono palesemente un disastro, l’IMU e la TARES sono de facto delle patrimoniali.

Un governo Monti fortemente voluto da Eugenio Scalfari che, come ricorda Verderami del Corsera, si è rappresentato come un’anomalia fin dall’inizio, dal novembre 2011, quando, invece di sciogliere le Camere, Giorgio Napolitano nominò senatore a vita Mario Monti per poi indicarlo come premier di un ‘governo del presidente’ e per poi ritrovarselo come leader di partito.
Un semipresidenzialismo di cui non v’è traccia nella Costituzione, un dirigismo di cui non v’è traccia nella storia nazionale, salvo il primo gabinetto Mussolini indicato direttamente dal Re. Un errore ed un equivoco che persistono e che ‘il popolo bue’ percepisce ampiamente.

Intanto, il Financial Times scrive, oggi, di “Napolitano gigante di Roma tra i nani della farsa italiana”. Purtroppo, i nani non leggono l’inglese e la ‘base’, per loro, sono solo quelli che incontrano in piazzetta o nel salotto buono …

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Senza Fede (Emilio)

29 Mar

Due giorni fa, il Corriere della Sera raccontava l’inusitata storia di Emilio Fede, respinto alla cassa di una banca svizzera mentre tentava di versare “una valigiata” di contanti, sembra circa due milioni di euro.  Oggi arriva il comunicato di Mediaset che “dopo una trattativa per la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro non approdata a buon fine, Emilio Fede lascia l’azienda”.

Secondo le cronache, i responsabili della banca non avevano accettato il versamento, tenendo conto della necessità di fornire spiegazioni, presumibilmente, in relazione al procresso per concorso in bancarotta fraudolenta ed i diversi problemi avuti in precedenza con i magistrati italiani. Secondo Emilio Fede si tratta di “un falso organizzato per colpirmi e convincermi a lasciare la direzione del Tg4”.

Un abbandono che trova origine sia nell’età avanzata dei Emilio Fede (80 anni) sia, soprattutto, nel suo coinvolgimento nello scandalo Ruby Rubacuori, che vedeva una ragazzina fuggita dalla casa famiglia inserirsi nel giro delle escort, addirittura lavorando “regolarmente” in locali notturni e partecipando a “feste private” anche in sedi “istituzionali”, come le residenze del Premier.

Uno scandalo che ha lasciato aperta una sola domanda: quanti adulti “sbagliati” o distratti ha incontrato Karima El Mahroug mentre diventava Ruby Rubacuori, tra cui Emilio Fede che l’accompagnò a casa di Silvio Berlusconi?

Un pensionamento forzato che arriva dopo una trattativa durata mesi in cui Emilio Fede probabilmente sperava di diventare – come ha spiegato lui stesso – direttore editoriale dell’informazione.

E invece no: è finita con Mediaset che chiude le porte e “ringrazia per il lavoro svolto in tanti anni di collaborazione e per il contributo assicurato alla nascita dell’informazione del gruppo”.

Finalmente.

Finalmente, è finita con le notizie che puntano in un senso ed i commenti frapposti da Emilio Fede che, tra “pro e contro”, spingevano gli ascoltatori in una sola, altra o confusa, direzione.

Nessuno dimenticherà il TG4 “religiosamente” berlusconiano o “pregiudizialmente” anti-islamico ed anti-immigrazione oppure “inderogabilmente” anticomunista, come resterà indimenticabile il sospiro ispirato con cui Emilio Fede pronunciava “il nostro presidente, Silvio Berlusconi”, cosa che ha reso l’anziano giornalista famoso (ed anche un po’ “sfottuto”).

E’ la fine dell’epoca secondorepubblicana dei direttori “sudditi” del Potere, anzichè censori, e dei “lavoratori dipendenti” per un Editore, anzichè professionisti “tenuti a porre anche domande sgradite”?

No, c’è ancora Bruno Vespa ed una bella fetta di RAI …

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Libero Grassi è morto, la Mafia, purtroppo, no

29 Ago

Libero Grassi moriva il 29 agosto 1991 in via Vittorio Alfieri a Palermo, ucciso da  dove 20 anni fa, ucciso da sicari mafiosi.
La sua colpa?
Oltre ad aver rifiutato di pagare il pizzo ed aver fatto arrestare gli estorsori ed iloro emissari, aveva pubblicato sul Giornale di Sicilia una lettera sul suo rifiuto a cedere ai ricatti della mafia.

Un imprenditore reo di non aver pensato solo alla sua impresa, pagando il pizzo e facendosi coinvolgere del sistema di “piaceri”, e ancora più colpevole per aver agito da cittadino, che usa il potere e le risorse che ha per ribellarsi ad un oppressore.

Libero Grassi è morto 20 anni fa e molti ricorderanno la trasmissione in sua memoria, su RAI3 e Canale5, condotta da Michele Santoro e Maurizio Costanzo con l’intervento di Giovanni Falcone, che morì solo otto mesi dopo nell’attentato di capaci.
Fu proprio quella sera, durante il “requiem” mediatico per Libero Grassi, che l’Italia (lo share era di 10 milioni di telespettatori e passa)  potè assistere al furibondo attacco alle notizie sulla mafia ed ai processi ai mafiosi di Totò Cuffaro, divenuto poi Governatore della Sicilia ed attualmente detenuto per favoreggiamento aggravato a Cosa Nostra.

Un attacco profetico, quello di Cuffaro ed, infatti, in venti anni, molte cose sono cambiate.

Nel 1991, collusione, conflitto di interessi e corruzione facevano ancora scalpore in Italia e la Mafia non era ancora uscita dai suoi territori tradizionali, se non per riciclare denaro.
Nel 2011, sembra che collusione, conflitto di interessi e corruzione siano significativi solo quando, in Cassazione, si arriva ad una qualche sentenza, cioè quasi mai.
Quanto alla Mafia, per arrivare a capire dove è arrivata, basta andare a vedere quanti processi, in tutt’Italia, coinvolgono politici di ogni specie e colore.

Forse, anzi probabilmente, Libero Grassi morì anche perchè stava finendo un’epoca: quella del diritto e della democrazia.