Il vero problema di quei 40 miliardi di euro annui che vanno in “pensioni d’oro” è che non si trasformano in occupazione, innovazione e crescita per l’Italia.
Una fetta di questi 40 miliardi è spesa in Italia nei nostri Titoli di Stato. E’ dall’Ottocento che nel mondo questi ceti sostengono il debito pubblico: “stabilita”, peso politico e un percento d’interesse. Da un certo punto di vista somigliano a dei fondi speculativi, dato che finiscono per mantenere rendite di posizione e carriere nepotistiche.
Diverso sarebbe investire in produttività, anzichè sul debito, ma come fare se lo Stato iperfiscale razzola tutto il contante, se lo Stato statalista controlla tutti i giganti industriali , se lo Stato sociale ha cancellato il settore assicurativo e spezzetta le utilities?
Dunque, è inevitabile che un’altra abbondante fetta di quei 40 miliardi “d’oro” finisca in investimenti immobiliari o agroalimentari, cioè parcellizzazione del territorio e sfruttamento degli affittuari. Peggio va per quell’altra parte di ‘pensioni d’oro’ versata in ‘promettenti’ investimenti finanziari … non di rado finiti a rotoli.
Dulcis in fundo, a parte quello che va alla Sanità privata, non sappiamo quanta parte di queste pensioni d’oro finisca direttamente all’estero, perchè i figli sono lì o per investimenti come per l’acquisto di generi di lusso oppure come reddito e rimesse dei dipendenti stranieri che assistono questi anziani.
Dunque, quando parliamo delle “pensioni d’oro”, prendiamo atto che il vero ‘danno’ è che siano investite in Debito pubblico, in terreni e immobili messi a rendita, in beni e servizi che capitalizzano all’estero, in fondi speculativi e rischiosi.
Cioè se ne vanno largamente in fuffa, non generano molta occupazione interna, non finanziano l’innovazione, non creano reddito diffuso. Questo è il vero problema.
Ma … con la situazione attuale dell’impresa e del sostegno all’impresa in Italia, quali alternative avrebbero i nostri pensionati d’oro?
Demata
Devi effettuare l'accesso per postare un commento.