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M5S a convegno per governare?

4 Mar

Non era difficile non dare per scontato che centonove deputati e cinquantaquattro senatori avessero bisogno di un «conclave» del neonato Movimento Cinque Stelle, per decidere insieme le strategie ed i margini di accordo che vogliono attuare in Parlamento e, innanzitutto, la governabilità.

Altrettanto facile immaginare che la Premiata Ditta Grillo & Casaleggio si faccia scippare ‘al mercato delle vacche’ quelle due dozzine circa di senatori che mancano al Partito Democratico per governare.

Nel ‘conclave’ dei parlamentari del M5S, verranno chiarite anche alcune questioni essenziali, sulle quali non loro, ma gli italiani tutti stanno facendo una gran confusione.

La richiesta da parte di Grillo di un governo di minoranza senza una fiducia preventiva che contratta, di volta in volta, l’appoggio su singole leggi porrebbe inevitabilmente l’Italia in balia del Parlamento e delle Lobbies.

Anche se Bersani intima a Grillo: «Decida cosa fare o tutti a casa», il caso del capo dello Stato in scadenza – “semestre bianco” – impedisce che egli sciolga subito le Camere.

Come probabilmente sperano i sostenitori di Mario Monti, una prosecuzione “a tempo” del mandato presidenziale al Quirinale non rientra nei ‘parametri’ previsti dalla Costituzione.

Malgrado quanto sostenuto da una parte della Sinistra, nonostante il Procellum, spetta solo al Presidente della Repubblica, e solo a lui, scegliere in piena autonomia, al termine delle consultazioni, a chi affidare l’incarico per formare il governo.

Dunque, esistono solo due strade.

La prima via – quella che comunemente è chiamato ‘governo tecnico per le riforme’ – è quella che di un governo a tempo con un programma di riforme, sul genere di quelli ‘tecnici’ guidati da Dini e Amato per traghettare il Paese dalla Prima alla Seconda Repubblica, che si concluda con delle elezioni con un nuovo sistema elettorale e con le autonomie locali riformate.
Nella sostanza è quello che sta chiedendo – con poca chiarezza – Beppe Grillo e che, ragionevolmente, chiederà il Movimento Cinque Stelle di Casaleggio.

Il secondo percorso – quello che comunemente è chiamato ‘governissimo’ -è quello che di un governo a tempo con un programma di riforme, sul genere di quello guidato da un ‘tecnico’ come Mario Monti per salvare il sistema finanziario italiano, che si concluda con delle elezioni con un nuovo sistema elettorale e con il Welfare riformato.
Nella sostanza è quello che serve alla Seconda Repubblica per guadagnare qualche anno di vita ed avere il tempo, secondo loro, di lavorarsi ai fianchi il movimento dei Grillini.

In tutto ciò, c’è da insediare il Parlamento ed eleggere, anche con una certa rapidità, sia i Presidenti della Camera e del Senato, si individuare i candidati alla presidenza della Repubblica e darsene uno.

Dunque, che Bersani la smetta di portar fretta, che non ce ne è se non per lui, che, a breve, dovrà rendere ragione ai suoi sodali di partito in ordine all’ennesima cantonata presa e conseguente bastosta incassata, illudendosi di governare con il 33% ed un voto.

Tanto, finchè non si eleggerà ed insedierà il nuovo Presidente della Repubblica, c’è il Governo Monti per ‘l’ordinaria amministrazione’ e per la buona pace di banche, governi esteri e mercati vari.

Il Movimento Cinque Stelle è a convegno ed è la loro prima prova del nove. Avranno idee, condivisione e lungimiranza per resistere al canto delle sirene democratiche-democristiane? Riusciranno a stendere un decalogo delle priorità e delle negoziabilità, con cui sostenere un governo di programma per le riforme?
Probabilmente si, ma lo sapremo tra due giorni soltanto.

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Eurozona: il problema Merkel

1 Mar

Non si può non essere europei, se si discende da famiglie che – nobili o non nobili – hanno mantenuto una memoria delle proprie origini – normanne, cazàre, variaghe, sassoni, celtiche, bulgare – e si è consapevoli che i propri avi hanno servito Luigi il Bello di Francia o Don Carlos di Spagna o si sono battuti nella Reconquista o nelle Guerre dei 30 anni o dei 100 anni.

Ma è altrettanto difficile accettare di essere europei in questa Europa, se accade che, dopo anni di tregenda, a causa dei debiti che si vanno accumulando, la Croce Rossa Svizzera ha deciso di tagliare le fornitura di sangue alla Grecia, dove si riscontra un’alta incidenza di casi di anemia su base genetica.

A tal punto, è evidente che la Grecia non riesca a garantire neanche i diritti essenziali (salute) dei propri cittadini, a causa della situazione di stallo finanziario causata sia dalla classe politica greca e dai prestiti facili delle banche tedesche sia dalle scelte europee di rigore e austerità necessarie a salvare, per l’appunto, banche e sistema sociale mitteleuropeo.

Se l’Unione Europea fosse stata ‘Europa’ per davvero, non sarebbe stato possibile abbandonare la macroregione greca alla miseria ed all’oblio, come non sarebbe stato possibile l’attacco portato dal sistema finanziario tedesco alle economie dei paesi mediterranei.

Infatti, se la Deutsche Bank non avesse svenduto, circa due anni fa, i titoli di Stato italiani per avvantaggiarsi nello spread e vendere bene quelli tedeschi, noi non saremmo in questa situazione, come non lo saremmo se Angela Merkel non avesse imposto la sostituzione di Silvio Berlusconi al governo con Mario Monti il recessionatore.

Come la Spagna (ma anche la Grecia) che raccoglierebbe ancora i flussi turistici di tre anni fa, se la Germania non avesse deciso, cinque anni fa, per salvare la propria economia recessiva, di ‘chiudere uno e anche due occhi sui rave e sul consumo di sostanze, con la conseguenza che i giovani germanici non volano più via per un weekend per spendere i loro risparmi in vacanza a Maiorca o Santorini.

E che dire del salvataggio di Goldman Sachs, a spese di Unicredit, con il risultato che la crisi delle banche polacche ed austriache l’ha pagata la Cassa Depositi e Prestiti italiana e non il ricco Land della Bavaria od il furbo staterello del Lussemburgo.

Das ist ganz unkorrect, Frau Merkel, non venga a dare lezioni a noi.

Allo stesso modo – ma forse dall’opportunismo siamo passati al razzismo – se andiamo a guardare l’afflato ‘etico’.
Strauss Khan ha dimostrato abitudini ‘amorose’ ben più disdicevoli di Berlusconi, ma nessuno ne parlava prima che lo facesse un’oscura cameriera newyorkese, denucniandolo per sturpo.
Nessuno ha indagato mai nè il tedesco Schroeder nè il francese Davignon. Eppure, il primo lasciò il paese alla Grosse Koalition pur avendo vinto le elezioni, andando a fare il ‘boss’ prezzolato del North Stream, l’oleodotto russo-tedesco, mentre il secondo, dopo aver legiferato in Europa sull’energia, lasciò la politica e diventò uno dei dominus francesi di acqua, gas ed elettricità.

Quanto ai clown, non Grillo e non Berlusconi, cosa dire del portoghese Barroso, presidente di commissione UE, indagato per l’acquisto nel 2004 da parte del Portogallo di due sottomarini fabbricati dalla tedesca German submarine consortium sia stato macchiato da corruzione, frode, violazione delle regole sul mercato interno e gestione impropria dei fondi pubblici.
Oppure, vogliamo parlare dello scandalo Bettencourt, l’ereditiera de L’Oreal nel mirino della giustizia francese per frode fiscale e finanziamento illecito della campagna elettorale del franco-ungherese Sarkozy?

E che dire del presidente tedesco Christian Wulff, dimessosi un anno fa, accusato di avere ottenuto un prestito di 500mila euro da un imprenditore con un tasso di favore? O del noto Zapatero, che ha consegnato la Spagna all’oblio, grazie alle sua politiche effimere, dopo che gli spagnoli, faticosamente, avevano superato in 20 anni il ritardo accumulato sotto la dittatura franchista?

Difficile credere che in queste condizioni si possa andare ad un’unione politica dell’Europa: i tedeschi non vogliono essere governati da un latino cattolico, gli italiani non voglion essere governati da un sassone riformato, gli olandesi, di sangue norreno e di tradizione evangelica, da nessuno dei due.

Difficile credere che i corruttori del Nordeuropa siano meno colpevoli dei corrotti del Sudeuropa e difficile credere che questo ‘equivoco’ non generi diffindenza tra i popoli latini e razzismo tra quelli sassoni. Impossibile pensare ad un Mario Monti ‘in Europa’ senza accentuare le diffidenze dei popoli mediterranei.

Difficile credere che il liberalesimo nazionalistico che anima le democrazie mitteleuropee possa trasformarsi da elemento separatore a fattore di confluenza, senza mettere le risorse primarie in mano ad organizzazioni finanziarie multinazionali e difficile credere che i cittadini lo vogliano.

Siamo sicuri che il problema dell’Eurozona non sia la Germania dell’Eurozona di Angela Merkel e la sua congrega di corrotti e trasformisti, come tanta parte dell’elettorato tedesco pensa?
I Piraten non sono al 25% del M5S italiano, ma esistono ed entro l’anno in Germania si vota. Stesso vale per le frange estreme della SPD come per i nazionalisti e post-comunisti dell’Est.

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Strage ad Oakland. Il movente? Rivalsa …

3 Apr

Sette morti, tre feriti gravi: ecco l’ennesima strage, questa volta all’interno di una università statunitense, la Oikos University, una piccola università  d’ispirazione cristiana  ad Oakland, in California.

Come al solito, nelle cronache, troviamo la definizione di “folle”, come in altri casi abbiamo letto le parole “islamico” o “anarchico”. E come al solito, accade che nessuno si interroghi – analisti, politici, militari e giornalisti – sul nuovo corso del terrorismo, iniziatosi nel 1995 con il massacro di Oklahoma City in cui venne demolito, con un “camion bomba”, l’edificio federale Alfred P. Murrah, sede dell’FBI, in cui morirono 168 persone e se ne ferirono oltre 800.

Un attentato avvenuto  sei anni prima dell’abbattimento delle Torri Gemelle, che ha visto l’uso di tattiche ed “armi” non convenzionali, che era mirato non alla semlice strage, ma alla disarticolazione di una leadership (FBI), che venne eseguito da due sole persone (Timothy McVeigh e Terry Nichols), politicizzate ma prive di contatti o collegamenti, che aveva come movente la “rivalsa” (in ingl: revenge) e non un mondo migliore.

Un attentato cui fece seguito quello delle Twin Towers, attuato da una cellula jihadista, collegata al network Al Qaeda di cui l’emiro Osama Bin Laden era uno dei fondatori. Anche in questo caso parliamo di tattiche ed “armi” non convenzionali, non di una semlice strage, ma della disarticolazione di una leadership (Wall Street), un attacco eseguito da poche persone, politicizzate ma prive di contatti o collegamenti sul posto, che aveva come movente la “rivalsa” e non un mondo migliore.

Nella confusione e nello shock collettivo seguito all’11 settembre, George Walker Bush ed i suoi consiglieri trovarono utile affermare qualche mezza verità ed un paio di grosse bugie pur di nascondere una realtà ben più complessa, ma anche relativamente semplice.

Nacque il teorema della “guerra asimmetrica” e dei “combattenti non belligeranti”, in cui degli “stati canaglia” finanziavano delle “cellule terroristiche”, motivate da una fede corrotta o da fame di denaro. In realtà, gli “stati canaglia” non c’erano (salvo forse l’Afganistan del Mullah Omar), la “guerra asimmetrica” non esisteva, se non nella quantità di missili e bombardieri in dotazione alla USAF, i “combattenti non belligeranti” erano spesso degli “insorgenti”, le “cellule terroristiche” erano motivate dalla “revenge” e non solo e semplicemente dalla “fede corrotta”.

Così andando le cose, specialmente per colpa di un sistema mediatico che raramente riesce a contraddirre, con propri studi, le informazioni “official”, accadde che iniziasse la “War on Terror” che ancora oggi coinvolge le forze armate di mezzo mondo contro un nemico invisibile e largamente inesistente, come comprovano le statistiche decennali relative a complotti ed attentati attuati o sventati che vedono all’opera singoli o pochi individui, solitamente “pazzi”.

Non a caso le misure “antiterrorismo”, messe finora in atto, poco hanno a che vedere con l’attentato del kamikaze isolato ed a nulla servono se ad agire è un network (islamico o narcomafioso che sia), ma che tanto servono a prevenire il terrorismo interno, quello spontaneo, quello dei cittadini che “impazziscono”.

Ed, infatti, nonostante si sia ingigantito il controllo sulle armi, sui prodotti chimici di base, sulle transazioni di denaro, su determinati ambienti e persone, solo in Europa ci ritroviamo, nel giro di un anno o poco meno, con i roghi di Atene e le persone bruciate vive dai Black Blocks, il massacro di Utoya attuato da Brevik, la mattanza di Tolosa, attuata da Mohammed Merah, la ripresa del terrorismo “endemico” in Italia, tra pacchi bomba, sabotaggi e pistolettate, l’eccidio (ormai trimestrale o quasi) in un campus universitario.

Tutti attentati condotti con tattiche ed “armi” modeste o non convenzionali, finalizzati alla disarticolazione di una leadership o di un gruppo preciso, eseguiti da singoli individui, politicizzati ma aventi come movente la “rivalsa”.

Dunque, si sbaglia chiunque pensi che la fine delle ideologie coincida con una periodo di “pace” sociale, come si sbaglia chi pensa che per far risorgere il terrorismo serva una “organizzazione”.

Analizzando i tanti atti di “terrore” avvenuti nella Storia, raramente ci troviamo dinanzi ad individui ben collegati o parte di una organizzazione, un aspetto che prende forma solo nel Novecento con le organizzazioni paramilitari marxiste-leniniste o con i movimenti nazionalistici come l’IRA irlandese, l’ETA basca, la Banda Stern israeliana, Al Hamas palestinese.

Gli atti terroristici sono azioni condotte da pochi, se non singoli, individui o da organizzazioni o network con forti connotazioni settarie, un po’ come la Congrega degli Hashassin di un migliaio di anni fa, ai quali vanno ad aggiungersi gli attentati condotti da o per conto di uno dei tanti cartelli narcomafiosi operanti nel mondo.

D’altra parte cosa aspettarsi dal Liberismo, se, finite le ideologie e trasformati i partiti in grosse ammucchiate, non resta solo l’antipolitica, così “utile” per chi, come i poteri finanziari, necessita del “divide et impera” per condurre i propri giochi.

Riemerge con imperio il “prepolitico”, come i Communards antropofagi del 1848 parigino, le bande armate come quella di Bonnot o di Pancho Villa, gli atti isolati come quello di Apple ad Odessa, i regicidi come quello di Umberto I di Savoia ucciso dal meridionale Gaetano Bresci, quarante anni dopo l’annessione delle Due Sicilie.

La sete di “rivalsa”, figlia dell’esasperazione e nipote dell’esclusione, è la “dea” che guida la mano di un attentatore, non le “ideologie”, come tanti, molto speranzosamente, vorrebbero credere.

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Terrorismo del III Millennio

22 Mar

Mentre l’agguato al consigliere dell’UDC torinese, Alberto Musy, è già sparito dalle prime pagine e mentre Mohammed Merah decide di morire armi alla mano, come i suoi avi nella Guerra d’Algeria, accade che nessuno si interroghi – analisti, politici, militari e giornalisti – sul nuovo corso del terrorismo, iniziatosi nel 1995 con il massacro di Oklahoma City in cui venne demolito, con un “camion bomba”, l’edificio federale Alfred P. Murrah, sede dell’FBI, in cui morirono 168 persone e se ne ferirono oltre 800.

Un attentato avvenuto  sei anni prima dell’abbattimento delle Torri Gemelle, che ha visto l’uso di tattiche ed “armi” non convenzionali, che era mirato non alla semlice strage, ma alla disarticolazione di una leadership (FBI), che venne eseguito da due sole persone (Timothy McVeigh e Terry Nichols), politicizzate ma prive di contatti o collegamenti, che aveva come movente la “rivalsa” (in ingl: revenge) e non un mondo migliore.

Un attentato cui fece seguito quello delle Twin Towers, attuato da una cellula jihadista, collegata al network Al Qaeda di cui l’emiro Osama Bin Laden era uno dei fondatori. Anche in questo caso parliamo di tattiche ed “armi” non convenzionali, non di una semlice strage, ma della disarticolazione di una leadership (Wall Street), un attacco eseguito da poche persone, politicizzate ma prive di contatti o collegamenti sul posto, che aveva come movente la “rivalsa” e non un mondo migliore.

Nella confusione e nello shock collettivo seguito all’11 settembre, George Walker Bush ed i suoi consiglieri trovarono utile affermare qualche mezza verità ed un paio di grosse bugie pur di nascondere una realtà ben più complessa, ma anche relativamente semplice.

Nacque il teorema della “guerra asimmetrica” e dei “combattenti non belligeranti”, in cui degli “stati canaglia” finanziavano delle “cellule terroristiche”, motivate da una fede corrotta o da fame di denaro. In realtà, gli “stati canaglia” non c’erano (salvo forse l’Afganistan del Mullah Omar), la “guerra asimmetrica” non esisteva, se non nella quantità di missili e bombardieri in dotazione alla USAF, i “combattenti non belligeranti” erano spesso degli “insorgenti”, le “cellule terroristiche” erano motivate dalla “revenge” e non solo e semplicemente dalla “fede corrotta”.

Così andando le cose, specialmente per colpa di un sistema mediatico che raramente riesce a contraddirre, con propri studi, le informazioni “official”, accadde che iniziasse la “War on Terror” che ancora oggi coinvolge le forze armate di mezzo mondo contro un nemico invisibile e largamente inesistente, come comprovano le statistiche decennali relative a complotti ed attentati attuati o sventati.

E, intanto, venivano prese misure che poco hanno a che vedere con l’attentato del kamikaze isolato ed a nulla servono se ad agire è un network (islamico o narcomafioso che sia), ma che tanto servono a prevenire il terrorismo interno, quello spontaneo, quello dei cittadini che “impazziscono”.

Ed, infatti, nonostante si sia ingigantito il controllo sulle armi, sui prodotti chimici di base, sulle transazioni di denaro, su determinati ambienti e persone, solo in Europa ci ritroviamo, nel giro di un anno o poco meno, con i roghi di Atene e le persone bruciate vive dai Black Blocks, il massacro di Utoya attuato da Brevik, la mattanza di Tolosa, attuata da Mohammed Merah, la ripresa del terrorismo “endemico” in Italia, tra pacchi bomba, sabotaggi e pistolettate.

Tutti attentati condotti con tattiche ed “armi” non convenzionali, finalizzati alla disarticolazione di una leadership, eseguiti da singoli individui, politicizzati ma aventi come movente la “rivalsa”.

Dunque, si sbaglia chiunque pensi che la fine delle ideologie coincida con una periodo di “pace” sociale, come si sbaglia chi pensa che per far risorgere il terrorismo serva una “organizzazione”.

Analizzando i tanti atti di “terrore” avvenuti nella Storia, raramente ci troviamo dinanzi ad individui ben collegati o parte di una organizzazione, un aspetto che prende forma solo nel Novecento con le organizzazioni paramilitari marxiste-leniniste o con i movimenti nazionalistici come l’IRA irlandese, l’ETA basca, la Banda Stern israeliana, Al Hamas palestinese.

Gli atti terroristici sono azioni condotte da pochi, se non singoli, individui o da organizzazioni o network con forti connotazioni settarie, un po’ come la Congrega degli Hashassin di un migliaio di anni fa, ai quali vanno ad aggiungersi gli attentati condotti da o per conto di uno dei tanti cartelli narcomafiosi operanti nel mondo.

Dunque, venendo all’Italia.la questione si pone in un modo ben più complesso di quanto vogliano pensare i “grilli parlanti” che poco leggono d’inglese o d’internet.

In una tale ottica, il rischio principale è rappresentato dagli over 50 che dovessero trovarsi senza impiego o sul lastrico e che, avendo imparato quanto necessario durante gli Anni di Piombo, potrebbero dar luogo ad azioni individuali anche molto plateali e drammatiche, ben oltre l’arrampicarsi su una gru o darsi fuoco per strada come già accaduto. In subordine, c’è da chiedersi cosa faranno i loro figli, visto che la “rivalsa” sembra essere il movente universale … senza trascurare qualche ex naziskin o panterino quarantenne esacerbato da 20 anni di precariato.

L’attentato ad Alberto Musy sembra appartenere a questa categoria di eventi, a prescindere dalla eventuale politicizzazione dell’attentatore.

Immediatamente dopo, i rischi che l’Italia corre derivano da due “attori protagonisti”, non “combattenti non belligeranti” o “disadattati confuiti nel terrorismo”,: le mafie e gli stati esteri con cui non abbiamo alleanze, interessati a destabilizzare l’Italia e, tramite noi, l’Eurozona ed il sistema finanziario “trilaterale”. Ma queste, a voler essere corretti, si chiamano “guerre asimmetriche” e non semplicemente “terrorismo”.

Ritornando al potenziale caos italiano, il rischio di atti isolati non è affatto irrilevante, specie se i media dovessero continuare ad ignorare il diffuso malcontento che si ascolta in giro e se un governo di tecnici dovesse continuare a perseguire una china autoritaria.

Infatti, quello di cui non stanno tenendo in conto sia Mario Monti & co. sia l’attuale classe politica europea è che, finite le ideologie e trasformati i partiti in grosse ammucchiate, non resta solo l’antipolitica, così “utile” per chi, come i poteri finanziari, necessita del “divide et impera” per condurre i propri giochi.
Riemerge con imperio il “prepolitico”, come i Communards antropofagi del 1848 parigino, le bande armate come quella di Bonnot o di Pancho Villa, gli atti isolati come quello di Apple ad Odessa, i regicidi come quello di Umberto I di Savoia ucciso dal meridionale Gaetano Bresci, quarante anni dopo l’annessione delle Due Sicilie.

La sete di “rivalsa”, figlia dell’esasperazione e nipote dell’esclusione, è la “dea” che guida la mano di un attentatore, non le “ideologie”, come tanti, molto speranzosamente, vorrebbero credere.

Il conducente è avvisato, ma … dato che queste cose non si studiano in una Università Commerciale privata come la Bocconi … chissà se i nostri “tecnici professori banchieri” saranno in grado di “leggere lo scenario” che hanno davanti.

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Amanda Knox libera!

30 Set

Se la vicenda di Amanda Knox non si svolgesse in un’aula di tribunale, potremmo pensare di vivere in un incubo. Purtroppo, è la realtà.

Innanzitutto, il movente, per il quale l’accusa propone il gioco erotico, il litigio dettato dall’odio tra le ragazze, la solita questione di soldi. Praticamente tutto l’ipotizzabile, manca solo la lite tra automobilisti.
Le prove? Praticamente nessuna, visto Amanda abitava in quella casa ed è del tutto ovvio che vi sia una goccia (goccia non litri) del suo sangue su un rubinetto come che il suo DNA sia praticamente ovunque.
Le orme sul pavimento sporco di sangue? Non sappiamo neanche se sono le sue.

Perchè non seguire la pista più plausibile e cioè che, mentre Amanda era semisvenuta a causa dell’alcool, Guedè commetteva il delitto, eventualmente in compagnia del Sollecito?
I processi italiani si basano su prove inconfutabili o sul giusto convincimento del giudice?

If  the story of Amanda Knox would not act in a courtroom, we could mind to live in a nightmare. Unfortunately, it is reality.

At first, the motive of crime. The prosecutor proposes the erotic game, the hate between the girls, the usual question of business. Virtually all that is conceivable, missing only the dispute between drivers.
The evidence? Virtually none, because Amanda lived in that house and it is quite obvious that there is some blood of her (drop, not gallons) on a tap as his DNA is everywhere.

Why the prosecutor does not follow the more plausible track: while Amanda was semiconscious because of alcohol, Guede committed the crime, eventually accompanied by Mr. Sollecito?
Are Italian sentences based on irrefutable evidence or on the conviction of the judge?

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