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Troppe sconfitte al Maradona: mancano San Paolo e la ‘vera’ fede partenopea

12 Apr

Il 4 dicembre 2020, il Comune di Napoli ha voluto intitolare a Diego Armando Maradona, morto pochi giorni prima, lo stadio dedicato a San Paolo nel 1963. E, se fu un caso (un caso?) che la SSC Napoli ritornò in Serie A nel 1964 dopo aver intitolato lo stadio al santo, oggi c’è che la squadra … aveva totalizzato 15 risultati utili nelle prime 16 partite del campionato in corso, con 6 vittorie e un pareggio in casa, dove era invitta, e … che da quando San Paolo ‘non va più allo stadio’ in casa sono 5 le sconfitte e solo 2 le vittorie.

Dunque, considerato che è San Gennaro il protettore della città, non San Paolo, e che – caso mai – la fascia di vice-santo toccherebbe a Santa Barbara, la statistica impone di cercare il nesso che lega San Paolo alle vittorie del Napoli, almeno secondo la scaramanzia.

05/12/21Atalanta2 – 3
12/12/21Empoli0 – 1
22/12/22Spezia0 – 1
23/01/22Salernitana4 – 1
12/02/22Inter1 – 1
06/03/22Milan0 – 1
19/03/22Udinese2 – 1
10/04/22Fiorentina2 – 3

I Dioscuri erano gli sportivi per antonomasia tra gli dei dell’Olimpo: ambedue spartani, marinai e argonauti, Castore era domatore di cavalli mentre Polluce si distingueva ottimamente nel pugilato. Preposti alla ‘cazzimma’, per i Romani che non avevano la dea Nike i Dioscuri erano anche i protettori della Vittoria, fin dal 495 a.C. nella battaglia del Lago Regillo.

E il nesso, come detto, c’è: San Paolo è direttamente collegato al culto spartano dei Dioscuri, cioè alle stesse origini della città e, collocata nel ‘ventre di Napoli’, c’è – in piazza San Gaetano a pochi passi dalla statua del Nilo – la basilica di San Paolo Maggiore, una basilica monumentale eretta sulle vestigia di una chiesa costruita alle spalle del cortile del tempio dei Dioscuri tra l’VIII e il IX secolo.

In questo tempio continuava la venerazione popolare per i Dioscuri Castore e Polluce, il cui culto risale agli albori dell’Europa, con omologhi tra i popoli scandinavi e sassoni. Le sue fondazioni risalgono al V secolo a. C. , quando la città si espanse dall’odierno Quartiere San Ferdinando alle colline dell’attuale Quartiere Porto, prendendo il nome di Neapolis.

Mille anni dopo, nel V secolo papa Gelasio I attestò la presenza di un culto di Castore e Polluce che la gente non voleva abbandonare e che – durante i secoli successivi – la Chiesa riuscì a sostituire con coppie di santi cristiani, come Pietro e Paolo. A destra la facciata del tempio nel 1688, quando venne distrutta da un terremoto.

Dunque, per chi ha una fede, c’è che senza San Paolo lo stadio ha perso anche la protezione dei Dioscuri, cioè il famoso spirito di resilienza partenopeo, la ‘cazzimma’.

L’infausta decisione fu presa dal sindaco De Magistris – tifoso dell’Inter – a pochi giorni dalle elezioni e con Maradona – purtroppo – su tutte le prime pagine.
Una scelta frettolosa seguendo il mood del momento per un uomo amato da tutti, ma anche un evasore fiscale (condonato) in Italia dal 1985 al 1990, che non ha voluto riconoscere il proprio figlio per quasi 30 anni, accusato più volte di violenza sulle donne, più e più volte riabilitato dalla cocaina.

Eppure, il Comune di Napoli volle che fosse “il suo tempio, lo stadio oggi San Paolo”, ma Diego non era un santo e neanche un dio o un nume protettore. Ma se Maradona è un mito e non affatto un esempio, adesso c’è Gaetano Manfredi, un ottimo ingegnere, che avrà notato il nesso ‘statistico’ tra resilienza dello stadio e la sua intitolazione e che come accademico ben sa che Napoli è un po’ come il Tibet: senza i suoi culti e le sue credenze non sarebbe quello che è.

Ridateci il San Paolo.

E, se c’è rispetto per Diego, facciamo in modo che vadano avanti il monumento da posizionare a Fuorigrotta, la riqualificazione dei campetti di calcio nelle periferie cittadine, l’intitolazione di via Emanuele De Deo (quella dei murales), le concessioni alla SSCN per il museo (di Maradona e della squadra) e tutte le belle cose raccontate ai tifosi e alla cittadinanza solo pochi mesi fa.

Demata

Rapine: serve una legge sulle armi

25 Lug

“Chiunque, per procurare a se’ o ad altri un ingiusto profitto, mediante violenza alla persona o minaccia, s’impossessa della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene, e’ punito con la reclusione da tre a dieci anni e con la multa da lire un milione a quattro milioni. Alla stessa pena soggiace chi adopera violenza o minaccia immediatamente dopo la sottrazione per assicurare a se’ o ad altri il possesso della cosa sottratta, o per procurare a se’ o ad altri l’impunita’.” (art. 628 del Codice Penale italiano)

Ieri, la moglie di Edinson Cavani, il top player della squadra di calcio partenopea, è stata rapinata, nel quartiere residenziale prospiciente lo stadio che ospita anche la sede del Politecnico e dell’Università Federico II, dell’orologio che portava al polso, un Piaget da 18.000 euro.

Un fatto non isolato, se Claudio Anellucci, agente del calciatore, ha commentato: “Purtroppo non è il primo episodio del genere che accade a Napoli, già qualche tempo fa dei ladri avevano svaligiato la casa di Edinson. Anch’io mi sono visto minacciare con una pistola. Addirittura nel mio caso l’hanno puntata contro mia moglie incinta.  Maria (moglie di Cavani-ndr) è ancora un  provata dall’accaduto, ci vorrà del tempo ma passerà. La nota positiva viene comunque dalla solidarietà espressa e manifestata da molti”.

Non è il primo episodio – era toccato anche ad Hamsik ed alla compagna del Pocho Lavezzi tra gli altri – e non sarà l’ultimo. Un ‘problema’ – quello delle rapine a mano armata in pieno giorno – che esiste  dagli Anni Ottanta, con la diffusione delle tossicodipendenze, e che altrove è regredito già da molti anni, mentre a Napoli continua ad essere un fenomeno che nè la Legge nè la Camorra riescono a debellare.

Ovviamente, turisti, investimenti ed eccellenze rifuggono una città dove si rischia di vedersi una pistola puntata alla testa mentre si è a passeggio e Napoli è condannata al degrado da  ‘quattro pezzenti’, i soliti ‘lazzaroni’, e non solo dal saccheggio e l’oblio seguiti all’Annessione delle Due Sicilie.

A contraltare, è di questi giorni la notizia che il complesso ricreativo, che Aurelio De Laurentis e la Società Calcio Napoli intendono riqualificare, potrebbe includere non solo lo Stadio San Paolo, ma anche lo Zoo, la Mostra d’Oltremare, il Cinodromo, il Bowling ed il parco divertimenti di Edenlandia.
Sempre nell’area flegrea, praticamente in posizione limitrofa, la Fondazione per l’Infanzia del Banco di Napoli rientrerà in possesso – entro la fine del 2013 – degli appezzamenti e delle strutture attualmente utilizzate dal Comando NATO di Bagnoli. E sempre lì, a Bagnoli, si attende che Roma e la Regione Campania smettano di cincischiare e realizzino il porto turistico previsto da 30 anni e passa, ormai. Infine, giusto per non farsi mancare nulla, aggiungiamo che l’area confina con il Parco Naturale degli Astroni, la Solfatara di Pozzuoli, le Terme e l’Ippodromo di Agnano.

Tutto entro un diametro di cinque chilomentri al massimo.

Perchè una tale gallina dalle uova d’oro sia ferma da 30 o settant’anni è uno dei misteri della Repubblica Italiana. Fatto sta che i luoghi di balneazione, fin dal Settecento, erano a Bagnoli ed a Posillipo e che Eduardo De Filippo ha voluto ambientare uno dei suoi capolavori, ‘Uomo e Galantuomo’, proprio in questa realtà, esistente fino agli Anni Cinquanta.

Quello che sappiamo di sicuro è che finchè ci saranno rapine e scippi come quello subito dalla moglie di Edinson Cavani – e da tantissimi napoletani prima di lei – è difficile pensare che possa esserci una ripresa della città od un rientro di chi è andato via.

Scondo le statistiche del 2011, Roma e Milano registrano un’impennata dei reati denunciati dell’8% come anche per Genova, Bologna e Firenze, mentre Napoli segna un – 7%, piazzandosi al 23° posto per reati complessivi e al 91° per i cosiddetti “reati predatori”, cioè scippi e rapine. Non è dato sapere quanti reati non vengano affatto denunciati dai napoletani – per rassegnazione o per paura – ma, anche se il dato fosse lontanamente coincidente con la realtà partenopea, l’esito sarebbe comunque lo stesso: c’è un centinaio, forse un migliaio di rapinatori, più o meno improvvisati, che imperversa in città commettendo reati di tipo predatorio, ovvero quelli che tipicamente attentano alla sicurezza sociale ed all’ordine costituito, ovvero le due condizioni essenziali per avere investimenti e crescita.

Rapinatori che raramente vengono catturati, dato che arrivano in scooter da quartieri o comuni distanti anche decine di chilometri, e che possono contare sulle rappresaglie del proprio entourage, caso mai la vittima reagisca o tenti rivalsa. Persone che hanno una disponibilità illegale di armi di a fuoco.

Una ‘detenzione illegale di armi in pubblico’ che in Italia si chiama ‘porto abusivo di armi’ – una contravvenzione di pubblica sicurezza, non un reato grave – ed è punita con una pena di 18 mesi al massimo, che diventano 3 o 4 se consideriamo gli arresti domiciliari in attesa del processo e la riduzione di un terzo della pena.

Per lo stesso reato in Gran Bretagna vengono comminati fino a quattro anni di carcere per direttissima (Prevention of Crime Act 1953 ). In USA, il sospetto di “armed and dangerous” giustifica la perquisizione e l’arresto immediati, oltre che l’uso delle armi da parte degli agenti  (Terry v. Ohio, 392 U.S. 1 – 1968). In Germania, vengono comminati fino a due anni d reclusione, salvo però che l’arma non sia stata usata per fatti gravi, con incremento della pena per il solo possesso illegale fino a dieci anni di carcere (§§51,52 WaffG strafbar).

Mentre Obama si accinge ad irrigidire – almeno – il possesso di armi automatiche in USA e, forse, il numero di quante una singola persona possa possederne, sarebbe opportuno che l’Italia rivedesse la propria legislazione in materia di armi da fuoco,  incrementando i controlli e irrigidendo le pene.

Rischiare tre anni di carcere per una rapina è un conto – specialmente se gli anni si riducono a mesi quando l’arresto non è in flagrante – ma è tutt’altra cose rischiarne altrettanti o di più per direttissima, solo perchè colti con un’arma addosso, mentre ci si reca a commettere reati.

E, se parliamo di reati predatori (anche gli stupri e non solo le rapine) commessi a Napoli, Roma od in altre località turistiche, dovrebbe essere d’obbligo ritrovarsi, eventualmente il ‘fattaccio’ sia rimbalzato sui media nazionali od esteri, il Comune come parte civile per i danni d’immagine causati (vedi il caso di Cavani) e che i ‘risarcimenti’ siano convertibili in ulteriori anni di carcere o di servizio sociale.

Uno Stato degno di tale nome non può continuare a permettere che una manciata di ‘lazzaroni’ infanghi il buon nome di una intera popolazione, terrorizzi residenti e turisti, metta in fuga investimenti e crescita. Uno Stato che volesse ‘salvare l’Italia’ non può lesinare mezzi ed uomini alle forze dell’ordine o rincorrere, in certi territori,  solo il ‘grande crimine’, mentre la microcriminalità opera indisturbata e distrugge il tessuto produttivo.

A dire il vero, uno Stato decente non avrebbe permesso a Regione Campania e Comune di Napoli di cincischiare per 30 anni sul porto turistico di Bagnoli, ma questa è un’altra storia, la solita storia italiana di fanfaronate, appalti e sprechi. Ne riparleremo

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Ancora suicidi. La recessione uccide. Il Governo è allo stallo. I partiti? No comment.

13 Apr

Andiamo verso un week end uggioso, come se il clima quasi volesse anche lui associarsi al profondo dissenso che ormai ha fatto suoi pressochè tutti gli italiani.

La piaggieria di Mario Monti verso i grandi poteri europei e statunitensi, l’ostinazione di Fornero nello stangare lavoratori e bisognosi anzichè supportarli.
L’attesa perdurante di una proposta di Patroni Griffi per limitare la spesa della pubblica amministrazione, quella di Balduzzi riguardo sprechi e disastri sanitari, l’effimera attività diplomatica di Terzi visto cosa accade agli italiani in India.
L’invisibilità di Gnudi, agli affari regionali, o di Barca, per la coesione territoriale, il mancato rilancio. I mancati investimenti che le piccole e medie aziende attendono ancora “buone nuove” da Renato Passera.

Intanto, tutti hanno capito che i mercati vanno male non per colpa nostra, ma della Germania e degli USA che ci scaricano addosso la crisi, sotto forma di “derivati”, “moral suasons”, “incorporamenti”.

Riguardo i partiti, nulla da dire, nel senso che nulla accade. Solo scandali e protervia – il tempo dell’ostinazione è finito – nel mantenere denari, privilegi ed impunità.

Tutto come al solito, insomma. Non proprio.

C’è una lista che sta girando in rete. Una lista che, ahimé, giorno su giorno si allunga.

  • 21/03/2012: Cosenza, 47 anni, disoccupato si spara
  • 23/03/2012: Pescara, 44 anni, imprenditore si impicca
  • 27/03/2012: Trani: 49 anni, imbianchino disoccupato si getta dalla finestra
  • 28/03/2012: Bologna: 58 anni, si dà fuoco davanti all’Agenzia delle entrate
  • 29/03/2012: Verona, 27 anni, operaio si da fuoco
  • 01/04/2012: Sondrio: 57 anni, perde lavoro, cammina sui binari, salvato in tempo
  • 02/04/2012: Roma: 57 anni, corniciaio, si impicca
  • 03/04/2012: Catania, 58 anni, imprenditore si spara
  • 03/04/2012: Gela,78 anni pensionata si getta dalla finestra, riduzione della pensione
  • 03/04/2012: Roma, 59 anni, imprenditore, si spara con un fucile
  • 04/04/2012: Milano, 51 anni, disoccupato si impicca
  • 04/04/2012: Roma Imprenditore si spara al petto col fucile. La sua azienda stava fallendo

Appare davvero impensabile tentare di arrivare alle amministrative per poi prender decisioni, che, a tal punto, non potranno altro che essere attuate in settembre, quando sarà troppo tardi, visto che fino ad allora i suicidi saranno centinaia. Ammesso che ci si fermi ai suicidi.

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Soldi e portaborse ai partiti? Davvero troppi

12 Apr

Alfano, Bersani e Casini hanno fatto in fretta a trovare un accordo sul finanziamento ai partiti, pur di mettere a tacere l’annosa questione ed evitare che, con una legge “seria”, si andasse ad intaccare un piccolo tesoro cui attingono i nostri politicastri.

Infatti, gli scandali Luzi e Belsito, in particolare, hanno dimostrato che i soldi che arrivano ai partiti sono davvero tanti, evidentemente troppi se … addirittura “gli cascano dalle tasche”. Troppi anche e soprattutto perchè non sono collegati ad una attività effettiva, ma solo presunta. Ne è un esempio il PdL che ottenne, anni fa, rimborsi superiori (qausi doppi) rispetto alle spese elettorali sostenute.

Ma i “troppi soldi” non sono semplicemente collegati al “cash”, ma anche, come dimostrano le inchieste correnti, all’enorme quantità di portaborse (spesso pubblici dipendenti distaccati) che “stazionano” nelle nostre Pubbliche Ammnistrazioni senza aver nulla da fare, visto che sono il “raddoppio politico” dell’infrastruttura pubblica che già paghiamo.

Personaggi – ben pagati e foraggiati dalle nostre Regioni, Provincie, Comuni, Enti vari – che spesso sono posti a “monitorare”, “coordinare”, “riferire” riguardo l’attività di dirigenti pubblici qualificati, pur avendo si e no una laurea in legge o poco meno … per non parlare della milionata di autisti, scelti ed assunti “direttamente”.

Queste le vergogne di una classe politica decisamente incompetente che non sa far altro che circondarsi di fedeli incompetenti, spendendo e spandendo pur di mostrare (quello gli resta) i “segni del potere”.

Quanti milioni di euro, in questi anni, non sono serviti ai partiti, ma solo ai portafogli dei politici che ne fanno parte? E quante decine di migliaia di “esseri inutili a se stessi” bivaccano nei nostri Enti, locali e non?

Queste sono le domande a cui Mario Monti dovrebbe dare risposta da mesi, visto che il dicastero dell’Economia è a lui assegnato. Queste le domande che le nostre Regioni – ed i Revisori che le vigilano –  dimenticano di porsi.

Domande alle quali, evidentemente, l’onest’uomo Mario Monti – almeno lui – preferisce non dar risposta.

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Rimborsi elettorali, arriva una riforma miserrima

10 Apr

Finalmente, sotto l’onda degli scandali “eccellenti”, i nostri partiti sembrano essersi decisi a limitare la ruberia dei rimborsi elettorali, che ci vede in testa ai paesi civilizzati, seguiti, a quanto sembra, da una insospettabile Germania.

Infatti, i dati diffusi da Linkiesta – indiscutibilmente “macro” ed inappellabilmente “iper” – dimostrano che, se in Italia “piove, governo ladro”, non va molto meglio la Germania della Grosse Ammucchiata e dell’ex-Cancelliere socialdemocratico Schroeder “prestato” alle lobbies dell’energia.

Finanziamento annuale dei partiti

  • Francia: circa 80 milioni di euro
  • Spagna: circa 80 milioni di euro
  • Germania: circa 330 milioni di euro (Fondazioni)
  • Italia: circa 260 milioni di euro

Stipendi dei parlamentari

  • Francia: circa 7.000 euro
  • Spagna: circa 3.000 euro
  • Germania: circa 8.000 euro
  • Italia: circa 12.000 euro

N.B. al netto di diaria, indennità di residenza, spese di viaggio e trasporto, spese di segreteria, spese per assistenza sanitaria, assegno vitalizio e di fine mandato.

Rimborsi Elezioni legislative

  • Francia: circa 44 milioni di euro
  • Spagna: circa 130 milioni di euro
  • Germania: massimo 133 milioni di euro
  • Italia: oltre 470 milioni di euro (dati 2001)
  • Unione Europea: 1,8 miliardi di euro

N.B. I partiti italiani hanno percepito, nel 2009, 250 milioni di euro come rimborsi elettorali per il Parlamento dell’Unione.

Quali conclusioni possiamo trarne? Non poche e piuttosto specifiche.

Innanzitutto, il doppio sistema di finanziamento – per voti raccolti ed “ordinario” alle strutture politiche – che vige in Italia e Germania è la principale causa di sovracosto della politica, oltre che di sudditanza dell’eletto verso il partito. O gli uni o le altre.

In secondo luogo, non è pensabile che un politico italiano possa godere di un “reddito” mensile triplo o quadruplo rispetto ad un collega tedesco o francese.

Inoltre, sia il sistema delle fondazioni – tedesco ma non solo – andrebbe profondamente rivisto sia, soprattutto, non è nota la situazione immobiliare e mobiliare dei singoli partiti.

Infatti, la “situazione finanziaria” dei partiti (e dei sindacati) non è affatto irrilevante.

Ad esempio, è legittimo che un partito usi i rimborsi per ripianare debiti o pignoramenti? Ed è giusto che i partiti “immobilizzino” – ovvero investano – somme derivanti dai rimborsi elettorali? E siamo sicuri che sia legittimo usare i rimborsi elettorali – che non pochi paesi destinano ai “candidati” – per il finanziamento ordinario della struttura partito?

Di tutto questo non sembra che se ne parli. Anzi, di tutta fretta i nostri (clepto)partiti vorrebbero approvare i “pannicelli caldi”, ovvero un miserrimo decreto che porti la certificazione alla Corte dei conti, che metta i bilanci sul web con indicazione dei finanziamenti oltre 5mila euro e basta.

Il “loro” problema sono i “furti interni”, mica altro …

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Politica italiana? Da scandalo …

10 Apr

Andando a fare il punto della situazione, mentre l’Italia riparte, dopo Pasqua, lo scenario è desolante.

Le indagini che coinvolgono i partiti sono ormai ubique e connotanti.
Guardando a sinistra, gli scandali Penati, Luzi si assommano a quelli della Regione Puglia e Calabria, a quello di Bassolino in Campania, gli scandali che hanno coinvolto i sindaci di Genova, Bari e Bologna, per non parlare di quelli, a luci rosse, che hanno coinvolto il consiglio regionale umbro e la segreteria regionale toscana o del brutto affare che coinvolge SEL in Alto Adige.

Guardando a destra, lo scenario è altrettanto desolante. Dagli scandali “personali” di Silvio Berlusconi agli indagati “eccellenti” come Ghedini e Cosentino, ai misfatti del “cerchio magico” della Lega Nord, alle case romane di Scajola e Tremonti, ai tanti comitati d’affari finiti sotto le lenti della Finanza o della Magistratura.

Per finire al “centro”, dove lo scandalo Enav- Finmeccanica ha visto i media parlare di un coinvolgimento dei vertici dell’UDC, senza, poi, da più notizie.

Per non parlare degli interi comuni commissariati per infiltrazioni mafiose, sia al Nord come al Sud, dove troviamo coinvolti tutti i partiti e dove vengono eletti anche parlamentari di un certo rilievo. O dell’ormai onnipresente coinvolgimento di qualche multinazionale o di qualche sua filiale, corporata, collegata o sussidiaria, in qualche storia di corruzione, che sarebbe più esatto chiamare ancora concussione.

Cosa accadrebbe (accadrà) se la magistratura dovesse emettere nel giro di un mese o poco meno – come accadde per Tangentopoli – un migliaio di ordini d’arresto o richieste a procedere, nel caso di parlamentari?

Game over, così si usa dire in terra statunitense, che di default, politici, se ne intende.

D’altra parte, i compiti prioritari di Mario Monti si sono esauriti: titoli venduti, Unicredit salvata, Finmeccanica ha le sue commesse. Ergo, quel poco che resta dell’Italia è salvo.

Non era possibile fare di più, anche se lo “scherzetto delle pensioni” è stato davvero un “fuori onda” come lo è stata l’assenza dello Stato con l’Appennino sepolto di neve.

E, d’altra parte, non è bene fare di più in questa direzione, la recessività dell’intervento di Mario Monti è addirittura maggiore delle peggiori previsioni, dato che i partiti non hanno provveduto a formulare proposte atte a ridurre il costo della politica e della governance.

Dunque, giusto il tempo di incassare una riforma del lavoro con un giudice a dirimere casi obligui e di lasciar scritta una proposta per riformare la Pubblica Amministrazione, poi, via: governo tecnico a termine per la riforma della politica e voto, al massimo, in settembre.

Legge elettorale, rimborsi elettorali, democrazia nei partiti, superamento della “par conditio” subito e, per quanto riguarda la PA, che Monti lasci una legge da votare (o già votata) e vada bene così.

Non c’è molto tempo: sono ormai tanti, troppi, i mandati d’arresto che la magistratura attende di emettere o di eseguire a carico di politici italiani di vario calibro e territorio.

L’Italia non è a rischio default: quello che può arrivare, da un momento all’altro, è un “game over”, come nel caso di uno Stato che si ritrovi “improvvisamente” privo di istituzioni, vuoi perchè non affidabili, vuoi perchè in conflitto, vuoi perchè rese impotenti.

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Feste finite? Bentornati … in Purgatorio, tra cleptocrazia, desviluppo, recessione, disoccupazione e tasse

9 Apr

Fatte le feste, si ritorna all’ordinario e dal sacro si ritorna al profano quotidiano. Un Purgatorio tutto italiano fatto di cenere, lacrime e sangue.

La cenere, quella di un Parlamento in fumo, dopo le dimissioni della Commissione parlamentare sulle retribuzioni di parlamentari e amministratori locali, con i rimborsi elettorali in Canada o altrove e ruberie – leggi “famiglie” – sul posto, mentre di legge elettorale proprio non se ne parla.

Le lacrime, quelle da coccodrillo, che i vari Monti, Fornero, Passera, Bersani, Alfano, Casini, Vendola stanno versando e quelle dei cittadini che vedono praticamente pressoché tutti i partiti coinvolti in gravissimi scandali di corruttela, mentre non si riesce a capire a chi sia affidato politicamente il Paese.

Il sangue è il nostro, che continuiamo a versare nonostante tutto, per gli innumerevoli sprechi e dissesti, che le cronache hanno annoverato in 20 anni, e per l’incremento annuo più alto al mondo del costo della benzina, ad esempio,  ed aspettando l’IMU.

Benvenuti nel Purgatorio delle anime impenitenti, che si ostinano a dar fiducia al Gatto ed alla Volpe o a dar seguito a Lucignolo che promette il Paese del Bengodi.

E speriamo che non diventi l’Inferno dei dannati, se – con quaranta proposte diverse sul finanziamento dei partiti presentate dai partiti stessi che non sono, però, quanranta – dovessimo ad ostinarci a non voler capire che l’unica cosa che ci resta da fare è andare al governo “tecnico” – quello vero – con il Presidente della Camera alla guida ed un mandato ristretto per la formulazione di una legge par andare a votare, di un’altra per il finanziamento dei partiti (pubblico o privato che sia), una ancora per la “par conditio” (letteralmente un bavaglio) ed una, infine, per le prebende dei parlamentari e degli amministratori pubblici.

Solo un pubblico dibattito parlamentare “a reti unificate” può mettere alle strette i partiti ed i media, evidentemente troppo contigui alle lobby che stanno scaricando su noi italiani una crisi dell’Eurozona “made in Germany” e, con l’inazione, avvantaggiando le lobbies finanziarie e partitiche.

E bisogna far presto … sono ormai tanti, troppi, i mandati d’arresto che la magistratura attende di emettere o di eseguire a carico di politici italiani di vario calibro e territorio.

Dunque, che Berlino e Parigi si rendano conto della situazione – ben più compromessa di quella greca – e, se è vero che è “l’Italia che ha salvato l’Euro”, che provvedessero loro a completare il lavoro.

L’Italia non è a rischio default: quello che può arrivare, da un momento all’altro, è un “game over”, come nel caso di uno Stato che si ritrovi “improvvisamente” privo di istituzioni, vuoi perchè non affidabili, vuoi perchè in conflitto, vuoi perchè rese impotenti.

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Pensioni – Fornero, pessime idee

26 Nov

Che il Governo Monti non abbia i numeri per durare è un dubbio che inizia a serpeggiare tra gli osservatori.

Sono già troppe le “buche” che questo governo ha mostrato di non saper evitare, dal protrarsi delle scelte per i ruoli di governo minori, ma “politici”, alla quasi assenza di esposizione mediatica, ovvero di attenzione al consenso popolare.
Per non parlare delle età e delle professioni rappresentate nel governo, che mostrano una squadra vecchia e lontanissima dal mondo del lavoro e delle imprese medio-piccole, per non parlare della gente: un esecutivo che mai è stato esecutivo.

Crepe già vistose, di cui torneremo a parlare, che la proposta del ministro Fornero sulle pensioni non fa altro che confermare, deludendo profondamente le aspettative di chi aveva sperato in una vera riformatrice.

Infatti, non era difficile comprendere cosa chiedono a viva voce gli italiani: stop pensioni d’annata e privilegi, meno anziani al lavoro più spazio ai giovani, sistema contributivo per tutti.

Basterebbe, per far sentire garantiti i lavoratori italiani, legiferare che nessuna pensione possa superare lo stipendio iniziale dell’ultima/migliore professione svolta. Facile come bere un bicchier d’acqua.

Cosa offre il ministro? Più anziani al lavoro, meno spazio ai giovani, sistema contributivo solo per chi è ancora al lavoro.

In due parole, potrebbe esserci uno scarto anche del 15%  sulla pensione tra un lavoratore pensionatosi lo scorso anno ed uno che sta andando via oggi con la stessa entità contributiva.

Rieccoci con le pensioni d’annata …

L’incredibile è che la motivazione di un intervento così iniquo sia dato dal fatto che, come annuncia lo stesso ministro Fornero su La Repubblica, i “principi, che sembrano banali, sono stati spesso largamente disattesi, nel periodo preriforma, ma anche successivamente, sia con la riforma Amato (1992), sia con la riforma Dini (1995), in modo particolare con la scelta di tutelare i “diritti acquisiti” dei lavoratori meno giovani, scaricando invece sulle nuove generazioni l’onere dell’aggiustamento. E hanno continuato a essere disattesi nel periodo successivo, a ogni nuovo intervento sulla transizione.”

Ma non finisce qui: non è solo un problema di equità.

Infatti, il neoministro del Welfare sarebbe anche dell’idea di “non si può prescindere dall’abolizione delle ingiustificate posizioni di privilegio che perdurano per molte categorie difficilmente annoverabili tra i bisognosi, come i liberi professionisti con le loro casse.
E dire che eravamo tutti d’accordo, tempo fa, che nell’additare il duopolio INPS-INPDAP come l’elemento sistemico che ha messo in ginocchio il sistema pensionistico italiano, oltre a creare una commistione pericolosa tra previdenza, assistenza e politica.

Dunque, la ricetta del governo Monti per le pensioni è sostanzialmente quella di colpire “i lavoratori nati tra il 1950 e il 1962”, di fare cassa tramite l’assorbimento delle poche forme assicurative “privatistiche” esistenti.

Magari, il prossimo passo, dopo aver accorpato tutte le pensioni nell’INPS-INPDAP, sarà di trasformarli in aziende di Stato e metterli sul mercato …

Ecco il “progetto Monti” per noi più giovani di loro: niente equità, ma, soprattutto, tanto statalismo, a cui potrebbe far seguito  un’enorme cessione del sistema previdenziale, visto che siamo nelle mani di banche e sindacati.

Un’idea involutiva, visto che se i giovani in Italia avessero un sistema sbloccato, potrebbero iniziare a lavorare e versare contributi prima dei 25 anni, risolvendo il problema all’origine, e visto che, con un sistema assicurativo libero, ogni lavoratore può negoziare individualmente il proprio pensionamento.

L’avevo detto io che se non era pan cotto era pan bagnato …

(leggi anche Pensioni, quelle d’annata non si toccano e Pensioni, quel che propone Confindustria)

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Pensioni: quelle d’annata non si toccano …

24 Nov

La riforma delle pensioni «è già stata largamente fatta ma necessita di tempi più accelerati», Elsa Fornero ministro del Welfare.

Una «azione improntata a sobrietà», in nome dell’equità dice il neoministro, che «implicherà che i sacrifici imposti siano equlibrari in funzione della capacità di sopportazione dei singoli».

Non è quello che ci aspettavamo: restano intatte le pensioni d’annata e quelle d’anzianità che, non essendo su base contributiva, gravano “inspiegabilmente” sugli attuali e futuri lavoratori.

Questo è tutto quello che le generazioni nate tra il 1925 ed il 1950 hanno riservato a noi che siamo nati dopo di loro.
E’ iniziata quando avevamo ancora 15 anni, cambia poco se fossero gli Anni Settanta, Ottanta o Novanta e, dopo 20-30 anni, continua ad andare così.

Una letale e brutale corsa senza traguardo e senza vincitori: una generazione in esubero da “smaltire”.

Predatori, che ci hanno portato alla rovina arraffando tutto quello che c’era, durante il Boom economico, e che intendono continuare a farlo finchè ci sarà sangue e linfa da succhiare.

Le loro pensioni non si toccano, le nostre si.

E questa il ministro Fornero la chiama “equità”?

(Leggi anche Pensioni – Fornero, pessime idee e Pensioni, quel che propone Confindustria)

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Il rischio recessione

24 Nov

Queste le ultime dichiarazioni di Mario Monti.

Ho illustrato il programma in corso di articolazione del governo, e ho insistito nell’interesse che l’Italia ha di perseguire in modo rigoroso gli obiettivi di consolidamento della finanza pubblica, entro termini serrati, confermando l’obiettivo del pareggio di bilancio nel 2013 e in modo sostenibile.

La sostenibilità implica anche una crescita economica non inflazionistica, non alimentata dal disavanzo. Questo significa riforme strutturali.

“L’Italia ha un rilevante avanzo primario, ma deve fare sforzi particolari. Non è in discussione l’obiettivo del pareggio di bilancio, esiste un problema più generale di cosa accade se si entra in una fase recessiva.”

Fase recessiva? Eh già …

Da tempo questo blog ha richiamato l’attenzione sulla necessità di sostenere un’inflazione contenuta, a causa dell’elevato interesse sul debito, e di evitare spinte inflattive forti, derivanti da fattori speculativi,  a fronte della prevedibilissima flessione dei consumi causata da patrimoniali, nuove imposte dirette ed indirette, tassi di interesse accresciuti, incertezza riguardo lavoro, salute e pensioni.

Il rischio recessione, grazie al salasso che ci colpirà a breve, è notevole e tutto ci serve fuorchè un ulteriore downgrade dei prezzi degli immobili od ulteriore caos e tagli sui servizi pubblici.

Non è una partita tecnica però, bensì politica, visto che i piani regolatori toccano ai Comuni,  i piani di gestione sanitari alle Regioni ed il welfare e la formazione a tutti e due. Comuni e Regioni, cassate le Provincie si spera, che potrebbero, dati i precedenti, dissolvere in un mare di sprechi, cemento e prebende ciò che è congelato dal Patto di Stabilità e non solo, impoverendoci ulteriormente.

Le rassicurazioni per il governo Monti non devono arrivare solo dall’Europa, ma soprattutto dai partiti nostrani, che oltre le “amene” chiacchierate a Porta a Porta non vanno, quasi che il problema non fossero anche e principalmente loro.

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