Secondo i dati del Viminale, Nicola Zingaretti si è aggiudicato 28 dei 40 seggi che compongono l’Assemblea Regionale del Lazio. Di questi, 10 seggi sono andati alla lista Zingaretti per il Lazio, 13 seggi sono del Pd, due a Lista civica Zingaretti, uno a Sel, uno al Psi, uno al Centro Democratico. Una maggioranza schiacciante, cui potrebbero aggiungersi i due consiglieri della coalizione Bongiorno presidente, oltre ai sette del Movimento Cinque Stelle che potrebbero confluire sulle delibere che li convincano.
Certamente e fermamente all’opposizione, si prevede, ci saranno Francesco Storace, nove esponenti del Pdl, 1 de La Destra, 1 di Fratelli d’Italia, 1 della Lista Storace.
Lasciandoci alle spalle Renata Polverini e gli inestimabili danni fatti al Centrodestra dalla ‘epocale’ gestione della Regione Lazio sotto di lei, possiamo dire che il compito che aspetta Nicola Zingaretti farebbe tremare le vene ad un audace eroe dei miti passati.
Due gli scogli – Scilla e Cariddi – che lo attendono a giorni.
Da un lato, la pressione populista, tradizionalmente romana e accentuata dalla presenza del M5S e dalla possibilità che vengano approvati ‘emendamenti di minoranza’ già a livello di commissione, che mal si addice ad un genuino demoliberal o radical come Zingaretti.
Dall’altro, la dura partita che si giocherà in sede di Conferenza Stato-Regioni con le tre principali regioni del Settentrione (Piemonte, Lombardia, Veneto) in mano alla Lega, mentre il Sud reclama il dovuto e qualche arretrato e mentre il sistema palazzinaro e del parastato annaspano febbrilmente.
Una dura partita, che sarà giocata subito ed anche dopo, che influenzerà fin da principio tutte le scelte a venire, come, ad esempio la scassata e sprecona sanità laziale, l’inutilità e gli sprechi di alcune province, i rapporti con Roma Capitale, la realizzazione di infrastrutture adeguate, la razionalizzazione del territorio, l’infiltrazione ed il rafforzamento di interessi criminali, il salto tecnologico per la città più tradizionale del mondo.
Vista la schiacciante maggioranza ed il sostanziale pareggio tra liste zingarettiane (12 consiglieri) e Partito Democratico (13 consiglieri), ragion vorrebbe che il libero e liberal Nicola, governatore emerito, non andasse a complicarsi la vita, allargando la maggioranza oltre l’indispensabile, unica via per tenere la barra al centro.
Una responsabilità importante, dato che è da Zingaretti e Renzi che arriva qualcosa di ‘diverso’ da un partito Partito Democratico ancora reduce della Guerra Fredda ed orfano di concetti ormai centenari.
Ben governare il Lazio è l’unica chance per riconquistare la fiducia e la stima del resto degli italiani, che – per ovvi e naturali motivi – associano partitocrazie e trasformismi alla way of life capitolina.
Sarebbe bello riuscire a contraddirli.
La mission del neo presidente della Regione Lazio è quasi una mission impossible ed allo stesso tempo è una sfida determinante per i destini italiani e, forse, europei. Senza una capitale ‘a livello’ – ovvero una smart city interlacciata nei network planetari e decisamente choosy, easy e friendly – l’Italia finirà per sparire dalle carte geografiche che ‘contano’, mentre i flussi commerciali e turistici resteranno al minimo indispensabile come da sempre.
Ma questo immagino che lo sapesse bene, nel momento in cui, pochi mesi fa, ha dichiarato la sua candidatura.
Buona fortuna, Mr. Zingaretti.
originale postato su demata
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