Sappiamo tutti che l’Italia ha una leva fiscale stimata tra il 60 ed il 70%, se parliamo di un piccolo imprenditore o di un professionista, intorno al 50% se parliamo di worker class.
Dunque, se vogliamo giustizia sociale, investimenti ed occupazione, dobbiamo ridurre le tasse e non di poco.
Ridurre le tasse non è semplice, dato che vengono completamente assorbite dalle spese della Pubblica Amministrazione, dalle pensioni ‘di Stato’ e dall’assistenza sanitaria ‘universale’.
E, come noto, spesso le entrate non coprono queste spese, da cui deficit e debito pubblico.
Una voragine di spesa che fa capo alle tre grandi anomalie italiane:
- una pubblica amministrazione gravata quasi esclusivamente per le spese di funzionamento e gli oneri stipendiali degli ancora milioni di addetti in un dedalo di iter decisionali discrezionali o contrattualizati nell’epoca dell’Amministrazione Digitale
- un sistema assicurativo previdenziale statale a base contributiva, ma senza Fondi Pensione – trasformati anch’essi in tasse – e con l’Inps che opera in condizioni di assoluto monopolio (95% del totale)
- un’assistenza sanitaria “universale” che attinge direttamente sulla capacità produttiva (sic!) del Paese, leggasi accise, Irap ed Iva etc.
Anomalie italiane non per qualche bieca ideologia antipopolare, bensì perchè così è scritto in Costituzione.
- Articolo 97: “Le pubbliche amministrazioni, in coerenza con l’ordinamento dell’Unione europea, assicurano l’equilibrio dei bilanci e la SOSTENIBILITA’ DEL DEBITO PUBBLICO.”
- Articolo 38 “I lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed ASSICURATI mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria. L’assistenza privata è libera. Provvedono organi ed istituti predisposti o INTEGRATI dallo Stato.”
Oggi, in Italia è il contrario, la Costituzione parla chiaro e non servono misure tatcheriane per venirne a capo.
- Riportiamo la Sanità al mandato costituzionale dell’Articolo 32: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti.
- Prevediamo che i lavoratori siano liberi di assicurarsi dove meglio credono (e non per forza presso la ASL o l’INPS) “in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria”.
- Pretendiamo che la PA garantisca innanzitutto i servizi minimi nei costi standard. Semplifichiamo e innoviamo procedure e tecnologie, sbloccando le pensioni per chi ha almeno 30 anni di servizio (Quota 95 o 100).
- Introduciamo anche in Italia i voucher alle famiglie per l’istruzione dei figli ed un salario /reddito minimo in vece degli alloggi popolari e sussidi vari o delle pensioni di invalidità.
Stiamo parlando di quasi 200 miliardi di euro annui che andrebbero ad essere sottratti al deficit: solo così possiamo prevedere di riportare il bilancio in attivo in meno di una generazione.
Solo così abbasseremo le tasse, renderemo i servizi sanitari ed assicurativi degni dell’Europa di cui facciamo parte e potremo rendere la nostra burocrazia più trasparente e snella.
E’ per i nostri figli (o nipoti) che serve farlo. Da che parte stiamo?
Demata
P.S. Certo, questo cambiamento toccherà equilibri e status quo, come per i policlinici universitari e le ASL che dovranno privatizzarsi per davvero a partire dal dover garantire standard certificati e servizi pianificati, non sale d’attesa e Recup tra sei mesi.
E dovrà cambiare tanto mondo del volontariato, se anche i poveri avessero uno stipendiuccio, ovvero la possibilità di scegliere. O l’agroalimentare, che tra sussidi ed esenzioni, oggi vale neanche il 5% del nostro PIL. Oppure le politiche locali, se le famiglie potessero scegliere tra scuole sgarrupate e altre linde e pinte.
Insomma, è difficile che il PD di Matteo Renzi o i Cinque Stelle di Di Maio riformino un qualche cosa che possa ridurre la spesa pubblica (e le tasse) … con Enrico Letta e con Di Battista sarebbe stata un’altra cosa …
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