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Napolitano, l’ultimatum che non c’è

17 Dic

Un uomo si giudica dal carattere, dalle capacità e dalla fortuna delle sue scelte.
Del nostro Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, sarà la Storia a raccontarne le doti, ma sul ‘buon esito’ delle sue scelte è già possibile qualche valutazione, a quasi 100 anni dalla sua nascita.

Lasciamo perdere quanto accaduto a Giolitti e Craxi come persone, basta prendere atto che i due interventi ‘storici’ di Re Giorgio furono in ambedue i casi il crocevia che bloccò sul nascere una maggioranza riformista a sinistra.
Scelte malaugurate e catastrofiche, se l’attuale Partito Democratico arranca ancora intorno al 25% dei consensi effettivi, sotto scacco dell’estrema sinistra e dei cattolici, incapace com’è di scegliere la ‘socialdemocrazia’.

Ricordiamo, per i risultati infausti per l’Italia e gli italiani, soltanto i fatti salienti di quest’ultimo triennio:

2010 – mentre Gianfranco Fini sfiducia Silvio Berlusconi, a causa della Crisi incombente e delle disastrose politiche tremontiane, Napolitano lascia trascorrere ben tre mesi per il rinnovo della fiducia, permettendo de facto l’aggancio dei vari Scilipoti. Risultato? Un altro anno di finanza (pubblica e privata) ‘spandi e spendi’.

2011 – mentre lo Spread devasta i titoli di Stato italiani, Re Giorgio nomina Mario Monti a capo di un governo “tecnico ma di programma”. Esito? Salvate le banche, aumentate le tasse, deregolato il Welfare, ma arrivano recessione e stagnazione.

2012 – in estate, quando il crash del Sistema Italia è ormai certificato, il nostro Presidentenon interviene per un governo tecnico per la legge elettorale nè per delle elezioni anticipate. Conseguenza? Il rifiuto della politica aumenta esponenzialmente: il 38% degli italiani non vota, il 22% sceglie Beppe Grillo.

2013 – con un sostanziale ‘pareggio a tre’ decretato dalle urne, il Quirinale concede una prima investitura ad Pierluigi Bersani – la cui maggioranza alla Camera si realizza sulla base di una norma risultata, poi, incostituzionale – mentre c’era da appellarsi alla ‘solidarietà nazionale’ e, con un po’ di buon senso generale, ad un governo tecnico per la legge elettorale. Risultato? Il Governo Letta – Alfano, in questo scorcio d’anno, registra un generale peggioramento dei parametri di finanza pubblica.

Capacità negoziali tante, bona fidae fuori discussione, fortuna poca.

Oggi, ad anticipazione dell’anno che verrà, da Giorgio Napolitano arriva un messaggio tutto da interpretarsi.

  1. L’aspettativa di nuove elezioni anticipate è dall’esito più che dubbio. E’ importante  che l’Italia continui a essere governata nel 2014.
  2. Far ripartire dalla Camera un più risoluto e spedito esame delle diverse opzioni possibili per dare al Paese una legge che, insieme alle riforme costituzionali, soddisfi, con corretti meccanismi maggioritari, esigenze di governabilità proprie di una democrazia governante, di una democrazia dell’alternanza.

In poche parole, niente elezioni anticipate per il 2014 con l’obiettivo di svolgerle nel 2015, se il Parlamento voterà le necessarie riforme elettorali e costituzionali.

  1. Le sorti del governo poggiano soltanto sulle sue forze, sono legate soltanto al rapporto di fiducia con la sua maggioranza.
  2. Oggi vorrei rivolgere uno schietto appello al partito che il 2 ottobre scorso si è distaccato dalla maggioranza originaria guidata da Letta, perché quella rottura non comporti l’abbandono del disegno di riforme costituzionali.

La stabilità del governo, dopo l’ascesa di Matteo Renzi a segretario del PD, è legata tutta al sostegno del centrodestra alle riforme, vista la maggioranza ‘bulgara’ – e largamente renziana – dei Democratici alla Camera.

  1. La massima attenzione va data a quanti non sono raggiunti da risposte al loro disagio: categorie, gruppi, persone, che possono farsi coinvolgere in proteste indiscriminate e finanche violente, in un estremo e sterile moto di contrapposizione totale alla politica e alle istituzioni.
  2. Non mancherò di rendere nota ogni mia ulteriore valutazione della sostenibilità, in termini istituzionali e personali, dell’alto e gravoso incarico affidatomi.

Questa però non la capiamo.
Caro Presidente, intende davvero dimettersi – lasciando l’Italia con un Capo dello Stato e delle Forze Armate dimissionario – se i nostri politici dovessero floppare as usual nel rifomare le istituzioni e mentre la piazza dovesse diventare rovente?

Questa non è da lei, signor Presidente. Noi italiani non ci crediamo e … non ci crederanno neanche quei volponi dei nostri politici.

Niente ultimatum: solo un  altolà a Renzi, un appello a Berlusconi e l’indicazione a Letta e Boldrini di ‘fare presto’!

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IMU, non IMU ed il paese senza meraviglie

2 Mag

Giorni fa, italiani e mercati tiravano un respiro di sollievo: è fatto, l’Italia ha un governo, che, forse, durerà pià di una stagione o di un anno, chissà. Tra l’altro, l’ultima cosa che si poteva pensare di Enrico Letta è che fosse un uomo da passi avventati, come quello del ‘salasso’ per le esauste finanze italiane, che zero IMU e tanta cassa integrazione apporteranno, insieme alle risorse che comunque servono per intervenire in aiuto di tanti esodati e disoccupati, che le politiche del Lavoro dell’ultimo anno hanno dimenticato.

Fermo restante che è ingiusto ed iniquo far pagare l’IMU sulla prima casa a chi rientra nelle fasce ISEE, che i redditi bassi devono pagare tasse locali proporzionate e che se si tratta di attività con ricavi sgravi ed esenzioni vanno ben valutati in funzione della crescita locale, va detto anche che a ‘voler mobilizzare 20 miliardi’ per alleviare la pressione fiscale ed alimentare l’occupazione si potrebbe fare ben altro.

Ad esempio, con previsionalità di minori entrate equiparabili a quella dell’IMU, si potrebbe ridurre l’IVA, almeno in alcuni settori, di un punto – non solo lasciarla così com’è – e rilanciare consumi e produzione . Come anche si potrebbero ‘aggirare’ alcune norme antiprotezionistiche dell’Unione, introducendo norme che consentano ai Comuni di modulare imposte e tributi in modo che abbiano effetti positivi sulle economie locali.

Allo stesso modo, se si vuol far ripartire le grandi aziende, oltre agli sgravi ed aiuti, servono contratti di lavoro molto diversi da quelli di cui si sente parlare dai nostri sindacati, che vogliono mantenere l’organizzazione verticistica che li ha resi parte della Casta ed arbitri dei destini italiani.
Contratti che diano spazio alle scelte ed ai benefit locali, in un quadro nazionale di regole, ma anche di intese che permettano – secondo un modello molto affermato nei paesi ‘veramente’ industriali e sperimentato con successo in Italia dall’Olivetti che fu – a fondazioni ed enti benefici alimentati dalle aziende di sostenere il benessere del territorio dove operano.

Una piccola rivoluzione, che riporterebbe la politica al ruolo ed al livello (alto) che le compete: in nessun paese al mondo, salvo quelli comunisti, esistono dei raprresentanti sindacali che sforino così tanto dal loro ruolo di lobby rappresentativa di interessi di una parte, ormai neanche maggioritaria, dei cittadini che producono.

Un mondo produttivo che è relativamente in crisi nei settori coperti dalle casse integrazione che tanto CGIL-CISL-UIL difendono a spada tratta. I disoccupati di oggi sono manovali, camerieri, banconisti, piccoli artigiani, precari con famiglia a carico, casalinghe con la laurea, giovani con la terza media che stazionano in sala giochi. Ditte individuali.
Dunque, non c’è da prendere atto che oggi come 30 anni fa i nostri sindacati continuano a distinguere tra un’illicenziabile pubblica amministrazione, gli occupati/disoccupati da cassa integrare, gli altri lavoratori.

Anche in questo caso ci si aspettava qualcosa di diverso. Ad esempio, formazione e riconversione professionale, non solo aiuto sociale. Anzi, visto che il reddito minimo è tutto ancora da discutere (abbatterebbe lo sfruttamento del lavoro nero, mettendo nei guai una parte del made in Italy), perchè non condizionare aiuti e sussidi all’inserimento in programmi sociali di riprofessionalizzazione e riqualificazione? Dicono che il turismo è il futuro dell’Italia e lo dicono proprio i vari Monti e Prodi …

E qui arriviamo al dunque: dove trovare i soldi per ripartire.
Certo, ci sono i tagli, ci sono gli sprechi, ci sono le caste, c’è l’evasione fiscale come c’è la mafia. Tutti obiettivi a lungo termine, che solo un governo forte e di longevo può sperare di affrontare con successo. Il buco Sanità? Indiscutibile con quasi 100 parlamentari che arrivano dal settore …

Ma, se parliamo di soldi, c’è il Demanio, con coste e luoghi ameni che attendono solo di essere valorizzati, c’è l’INPS, tirchio con i deboli e benefattore con i potenti, ci sono sedi ministeriali e degli enti locali del tutto inutili, mal dislocate e onerose. C’è Equitalia, che se vale quel che dice di valere – potrebeb essere effettivamente privatizzata privando il MEF di un ignobile ruolo di gabelliere e privando gli esattori del ruolo ‘istituzionale’ e degli accessi ai nostri dati personali di dubbia costituzionalità.
C’è la questione degli interessi maturati sui mutui, specie quelli ultradecennali, e l’evidenza che da un lato sono enormi, con la conseguenza che è crollato il settore, e che anche un’aliquota minima dell’1% sgli utili porterebbe nelle casse dello Stato enormi quantità di liquidità. Una questione che potrebbe essere affrontata nel corso della soluzione del caso Cassa Depositi e Prestiti o nel riparto – che prima o poi avverrà – di Finmeccanica e RAI.

In questo momento, il Governo Letta ha un’ampia maggioranza parlamentare, ma – mettendo insieme il 20% che non ha votato, il 18% che è andato a M5S, il 3% della Lega e di SEL con il 2% di Ingroia – viene fuori che quasi la metà di italiani è molto lontana dal sentirsi rappresentata.
Diciotto milioni di elettori – uno più uno meno – ai quali si aggiungono i tanti che hanno votato PD-Monti-PdL, ma stanno lì, diffidenti, a guardare … come, a guardare, c’è l’Europa, aspettando qualche passo falso del buon Enrico Letta che, forse, è già avvenuto.

Dunque, basta giochi di palazzo, si inizi a parlare di politica economica e del lavoro e, se si vuole placare il malcontento e smetterla con la politica ‘urlata’, si dia al Movimento Cinque Stelle un ruolo importante nella Convenzione per le Riforme, visto che con il 25% alla Camera è fuori da tutte le cariche istituzionali e da tutte le commissioni che contano. A furia di occupare sedie e poltrone, s’è lasciato il trono fuori le mura …
Aggiungere nanismo politico ed altra arroganza all’iniquità e all’incapacità ed all’avidità già dimostrate sarebbe un errore ferale per la politica e la governabilità italiane.

Mario Monti spiegava – giorni fa in televisione – che ‘loro’ prefriscono non confrontarsi con un certo mondo, come se fosse tutto composto da ignoranti od urlatori, ma che, comunque, ‘accettano i suggerimenti’.
Il Professore, a dire il vero, di suggerimenti che arrivavano ‘da noi comuni mortali’ ne ha accettati davvero pochi. Speriamo che Enrico Letta, almeno un’oretta in Rete al giorno, magari anche su siti non italiani, la trascorra e che, ancora quarantenne, non si sia già tagliato fuori dal (caotico, ma spietato) dibattito globale … smettiamola di dimenticare che dietro 100 tweet su una pagina di un politico, ci sono migliaia di ‘popolani’ che borbottano, centinaia di notizie unofficial, studi e statistiche ben accreditati.

Se le folle urlanti sono preludio di fatti infausti, e siam d’accordo, questa Politica preferisce forse vivere in un ‘mondo a parte’ e che si continui a ridergli dietro, visto che Crozza è più seguito dei telegiornali, ormai, e che l’immagine dell’Itala è putualmente deturpata?
Vogliamo continuare a vivere degli spiccioli che forse Angela Merkel concederà ‘per il bene dell’Europa’? E per quanto ancora?

originale postato su demata