L’Italia è il primo Paese europeo per presenza di cittadini ucraini che rappresentano la quinta popolazione straniera per numerosità, passando da 120 000 nel 2006 a circa 234 000 nel 2019.
La comunità ucraina in Italia è composta principalmente da donne (80%), in media di 45 anni, laureate, senza figli a carico; parte della famiglia, a cui vanno le rimesse, resta in Ucraina. Il 70% degli ucraini in Italia ha permesso di soggiorno di lungo periodo.
L’Ucraina è divisa i 4 regioni: Centrale (Kiev) , Occidentale (Leopoli) , Meridionale (Odessa e Cherson) , Orientale (Donetsk, Lugansk e Kharkiv) ed è già scappato circa mezzo milione di persone.
Secondo alcune stime statunitensi, i profughi potrebbero diventare 4-5 milioni, se – in attesa di un accordo – si arrivasse almeno ad un armistizio con ritiro russo da Kiev e solo l’Ucraina Orientale più parte di quella Meridionale resterebbero ‘zona contesa’ con una popolazione ‘non russofona’ del 20-30% … in fuga.
Ma se le parti non arrivassero almeno ad un armistizio e tra due settimane si combattesse per le strade di Kiev (e già oggi a Kharkiv), i profughi saranno anche molti di più.
Preso atto che tutte le ricadute di questa crisi ucraina ricadono largamente sull’Unione Europea, ma molto meno su USA e UK, cosa deve aspettarsi l’Italia?
Possiamo ipotizzare che, legittimamente, solo la metà degli ucraini che lavorano da anni qui da noi chiedano la ricongiunzione familiare per i loro cari: se il totale è delle presenze è di 240mila circa e la metà fa 120mila, anche mettendo solo un figlio e una nonna a testa … stanno arrivando 3-400mila persone.
Forse, anche qualcuna in più: un’emergenza, insomma.
E non saranno ‘profughi’ nè ‘rifugiati’ ma nuovi ‘residenti’. Dove? Secondo percentuale, come nella tabella.
Demata
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