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Il ricatto di Panama Canal sulla ripresa economica europea?

5 Feb

L’Autoridad del Canal de Panamá (ACP) è l’agenzia del governo panamense responsabile della gestione del Canale di Panama per il quale è in corso un progetto di espansione che doveva raddoppiare la capacità del Canale di Panama, consentendo il transito di navvi di dimensioni molto maggiori, entro il 2014.
Il Presidente di Panamá Martín Torrijos ha presentato il piano il 24 aprile 2006, prevedendo che il progetto ridurrà la povertà di Panamá di circa il 30%. e i cittadini panamensi hanno dato la loro approvazione tramite un Referendum nazionale con il 76.8% di voti a favore.

A beneficiare dell’espansione sarebbero stati tutti gli stati rivieraschi dell’Atlantico, tra cui le città portuali dell’East Coast USA e dell’Europa, che da tempo hanno avviato le ristrutturazioni necessarie ad acccogliere navi da 12.000 container.

Purtroppo, da diversi mesi, i lavori per l’ampliamento del canale di Panama sono a rischio, a causa di un contenzioso tra il consorzio Gupc – Grupo Unidos para el Canal, di cui fanno  parte la spagnola Sacyr e l’italiana Salini Impregilo, e l’ACP, derivante da un aumento dei costi di 1,63 miliardi di dollari, sui 3,1 miliardi complessivi del contratto.

Una controversia che ha già fatto crollare le quotazioni della Sacyr (-8,95%), mentre Salini Impregilo ha contenuto le perdite. Il contratto prevede di risolvere la disputa o con un accordo tra le parti, o tramite un ricorso in appello o l’arbitrato internazionale. Ai primi di gennaio, la Sacyr ha annunciato che sospenderà i lavori “se l’autorità non paga, entro tre settimane, 1,6 miliardi di dollari per coprire i ‘costi aggiuntivi'”. Una richiesta che ha motivato l’intervento del presidente panamense Martinelli nel chiedere a Roma e Madrid di “assumersi la responsabilità morale di ciò che è accaduto” e a mediare con le aziende che fanno parte del consorzio

«A nulla – sottolineano le imprese – sono serviti gli innumerevoli richiami al buon senso giunti all’amministratore delegato di ACP, Jorge Luis Quijano, da parte dell’Unione Europea, con l’intervento del commissario Antonio Tajani a sostegno delle imprese coinvolte, e dei governi spagnoli e italiano».
L’amministratore dell’autorità panamense, Jorge L. Quijano, dal canto suo, ha una posizione chiara: “Se si scopre che gli importi richiesti sono accettabili, allora pagheremo, ma se la controversia si risolverà a nostro favore, speriamo che l’altra parte stia al gioco”.

Adesso arriva il comunicato del Gupc che annuncia lo stop delle trattative. «Il mancato accordo vedrebbe allontanarsi di qualche anno la messa in opera del nuovo Canale», cosa che rappresenterebbe un vero e proprio disastro per la ripresa europea.

Il contratto prevede di risolvere la disputa o con un accordo tra le parti – non avvenuto – oppure tramite un ricorso in appello o l’arbitrato internazionale.
Dunque,  la parola passa a Mariano Rajoy ed Enrico Letta, i quali – giusto una settimana fa – avevano commentato “es de interés primordial para España e Italia y este interés se logrará solucionar a largo plazo” (Letta) e “la esperanza de que habrá una solución rápida” e “la conclusión de los trabajos en la fecha conjunta” (Rajoy).

Intanto, guarda caso, da due settimane tremila operai della Sacyr in Panama sono in agitazione chiedendo miglioramenti salariali e il riconoscimento delle giornate festive. E, a proposito di quell’impatto economico negativo” segnalato da Impregilo nel 2012, ricordiamo che  il presidente panamense Martinelli è proprio quel Ricardo Martinelli, che dalle indagini sul caso Ponzellini-Lavitola avrebbe fatto pressioni già nel 2011 sul governo italiano per ottenere la costruzione di un complesso ospedaliero.

Riportava Il Fatto Quotidiano del 22 agosto 2012, che “interrogato dai pm napoletani Francesco Curcio, Henry John Woodcock e Vincenzo Piscitelli, Ponzellini ha confermato il contenuto dell’intercettazione, confermando che Berlusconi, nell’aprile 2011, solleva un problema: dice a Ponzellini d’essere stato chiamato da Valter Lavitola, per conto del presidente panamense Ricardo Martinelli, che spinge affinché Impregilo mantenga l’impegno di costruire un ospedale nello stato sudamericano. Se Impregilo non mantiene l’impegno, continua Berlusconi, Martinelli è pronto a rilasciare una dichiarazione pubblica con l’intento di far deprezzare il titolo in borsa.”

Dall’indagine della procura di Napoli emergono altri elementi interessanti sul presidente panamense, come il caso della Devor Diagnostic di Rogelio Oruna “utilizzata per il trasferimento di denaro al presidente Martinelli e ad altri politici di Panama”.
Secondo i pm, il “ruolo svolto da Oruna – amico e persona di fiducia del Presidente Martinelli – rappresenta l’ulteriore conferma del fatto che il destinatario delle tangenti in oggetto sia stato proprio il presidente Martinelli”. “Di certo c’è che gli ospedali diventano, per il presidente panamense, una sorta di ossessione: il 30 agosto 2011 – cinque mesi dopo la telefonata tra Berlusconi e Ponzellini – il segretario particolare di Martinelli, Adolfo de Obarrio, scrive una mail a Lavitola per chiedergli conferma sulla costruzione dell’ospedale Luis Chico nella provincia di Veraguas. Sempre ad agosto, invece, è l’ambasciatore Giancarlo Curcio che scrive a due funzionari di Palazzo Chigi. Riferisce d’aver ricevuto una telefonata da Martinelli, che è furioso, perché Berlusconi non mantiene l’impegno sulla costruzione dell’ospedale. Il sospetto degli inquirenti è che, dietro la costruzione degli ospedali, possano nascondersi le mazzette per il presidente panamense.”

Dalle dichiarazioni di Mauro Velocci, ex funzionario del ministero di Giustizia e presidente del consorzio «Svemark» di stanza a Panama, anche lui coinvolto nelle indagini, emerge che «nei contratti tra le società di Finmeccanica e il governo di Panama c’era un grosso movimento finanziario in nero destinato al presidente Martinelli».

Scriveva di lui, due anni fa,  su ChicagoNow l’anziano medico e blogger panamense Mauro Zúñiga Arauz:Il caso di Ricardo Martinelli Berrocal , attuale presidente di Panama , ha caratteristiche che devono essere evidenziate. In primo luogo è stato coinvolto nel riciclaggio di denaro fin dalla fine degli Anni Settanta con Manuel Antonio Noriega , attraverso il suo primo supermercato. Più tardi divenne coinvolto nel traffico di droga, seguendo le orme del generale Noriega , in modo tale che, prima di diventare presidente , lui era già un boss.”

“Secondo i dati forniti dal Centro di Panama per gli Studi Strategici , Ricardo Martinelli è direttore di 99 aziende e socia di altre 139. Sua moglie, Marta Linares de Martinelli, è amministratrice di 144 aziende e socia  di altre 46. Queste aziende abbracciano molti beni e servizi attività . Inoltre, il Presidente ha l’abitudine di inviare funzionari delle Entrate Direzione generale per gli imprenditori che si rifiutano di vendere le loro attività a lui , in modo da ricattarli.”

Il dottor Zuniga non cita fonti se non quella della propria memoria, ma, sarà un caso, nel 2004 Martin Torrijos prevalse nelle elezioni presidenziali proprio contro Martinelli grazie ad una campagna elettorale “zero corruption”, ottenendo buoni risultati nella lotta al traffico di droga ed alla corruzione. Dal 2009, con l’elezione di Martinelli a presidente, le stesse statistiche ufficiali panamensi iniziarono a riportare un drastico calo dei sequestri di droga: da 54 tons nel 2010 a 39 tons nel 2011 e 35 tons nel 2012 …
D’altra parte, Angelo Capriotti, l’imprenditore nel consorzo Svemark coinvolto nell’affare di tangenti per la costruzione di carceri modulari a Panama e arrestato dalla polizia italiana a Zurigo l’8 marzo 2013, riferisce dell’esistenza di video che riprendevano il presidente panamense Martinelli intento ad assumere cocaina.

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Agenda Monti: i rapporti con la Libia …

27 Nov

Il Comando Generale delle Capitanerie di porto ha rilasciato un comunicato che i pescherecci ‘Asia’ di Mazara del Vallo e ‘Astra’ di Siracusa sono stare sequestrate da naviglio militare libico e condotte nel porto di Misurata.
A bordo dell’Asia ci sono cinque nostri connazionali, mentre sulla Astra gli italiani sono quattro insieme a tre tunisini.

Una vicenda paradossale, visto che in zona ci sono ancora squadre operative della NATO.
Una storia aspettata, che conferma come i metodi negoziali della Libia, qualunque Raiss governi, sono sempre gli stessi: violazione dei trattati e ricatti energetici.

Uno scherzo da ragazzi, poi, quello di profittarsi di un debole governo tecnico, che ha appena pagato o lasciato pagare un riscatto per la nave “Rosalia D’Amato”, in mano ai signori della guerra somali.

Si spera che i libici abbiano fatto male i loro conti, visto che adesso l’atifona dovrebbe cambiare con un fior d’ammiraglio NATO, il comandante Gianpaolo di Paola, a dirigere il Ministero della Difesa ed, alla Farnesina, un diplomatico del calibro di Giulio Terzi di Sant’Agata, ex Rappresentante Permanente d’Italia alle Nazioni Unite a New York.

Anche questo è un banco di prova per il governo Monti.

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Berlusconi, le intercettazioni e la cultura del lavoro

15 Set

Continua la tempesta giudiziaria che ha preso origine dalle ormai note e riconosciute relazioni di Silvio Berlusconi con più o meno note prostitute.

Tutti gli occhi si appuntano sulla legittimità o sulla quantità di intercettazioni, dopo aver acclarato che siamo l’unico paese democratico al mondo dove la vita privata del Premier ed il suo uso di sedi istituzionali è un tabù.

Dinanzi ad un tale via vai di donne, donnine e donnone dalle abitazioni di Silvio Berlusconi, ormai ampiamente acclarata, non c’è bisogno delle intercettazioni o dei processi per determinare un’opinione.
Se fossi di Destra, mi preoccuperebbe la sicurezza dello Stato e la ricattabilità del premier.
Se fossi di Centro, soffrirei le pene dell’inferno per l’esempio che viene dato alle donne ed ai giovani.
Se fossi di Sinistra, non avrei troppo da ridire sulla licenziosità dei costumi, viste le abitudini di Willy Brandt o Fidel Castro.
Se fossi un cittadino qualunque, sarei incazzatissimo, perchè pago le tasse e non amo millantatori, gaudenti e perditempo.

Di questi quattro punti di vista, quello fortemente prevalente è quello di Sinistra, che, non potendo attaccare i costumi, tenta di dimostrare che fu prostituzione, “una roba per chi può spendere”.
Un punto di vista che, anche grazie alle strategie difensive di Berlusconi, ha ampiamente attecchito tra chi di sinistra non è.

Peccato che il problema centrale non siano i soldi o le prostitute, ma il solo fatto, per giunta in una sede istituzionale, di “essersi portato le donne in ufficio” …

Mafia: dopo la Lombardia, il Veneto

14 Apr

I carabinieri di Vicenza e dalla Direzione investigativa antimafia di Padova hanno arrestato almeno 29 persone appartenti ad un’associazione a delinquere di stampo mafioso legata al clan camorristico dei Casalesi, che operava sotto la schermatura della società di recupero crediti Aspide, con sede principale a Padova.
Numerosi gli imprenditori che pagavano i debiti contratti con interessi usurai anche del 180% e che, infine, venivano costretti a cedere la loro attività alla cosca stessa.
Infatti, il “cuore” dell’attività criminale consisteva in una catena di società di intermediazione finanziaria più o meno fittizie finalizzate a coprire fiscalmente sia gli esborsi dei debitori sia gli incassi e le appropriazioni dei malavitosi.

I camorristi veneti avevano messo sotto tiro almeno un centinaio di imprenditori padani e di alcune regioni del centro e del meridione.
In almeno due casi si sono verificati anche sequestri di persona, a scopo di estorsione naturalmente, e, non di rado, il trasferimento di intere quote societarie.

La rilevanza ed il radicamento dell’organizzazione è comprovata dal “volume di affari”, oltre 4 milioni di euro, dall’esistenza di un “gruppo di fuoco” ben armato e dalla destinazione di parte dei “proventi” ai affiliadetenuti in carcere e dei loro familiari.

L’aspetto più riprovevole della vicenda consiste nei diversi casi in cui gli imprenditori taglieggiati si sono trasformati in procacciatori di affari per il clan camorristico, “agganciando” aziende in difficoltà e trascinandole nella tela dal ragno pur di ottenere una dilazione od uno sconto.

Una squallida vicenda che conferma che “tutto il mondo è paese”.

Elezioni subito!

29 Gen

Berlusconi si deve dimettere, ma non solo: è tutto il “suo” PdL che dovrebbe decorosamente rimettere il mandato, visto che non c’è verso di convocare un congresso e rimuovere il leader di partito.

Che debbano arrivare la dimissioni, degli uni o degli altri o di tutti è cosa evidente, anche se i nostri media ed i nostri poteri forti fanno di tutto per aggirare “l’ostacolo”.

La questione è semplice.

Non possiamo permetterci un “bunga bunga premier”, un “wild parties Silvio”, nè per il feroce sfottò internazionale e popolare che ne deriva, nè per l’estrema ricattabilità del personaggio, nè per lo stallo perenne del nostro parlamento a causa dei suoi personalissimi problemi, nè per la manifesta incapacità nel legiferare e (con Tremonti) nel risanare il paese.

D’altra parte, non è più possibile attendere una Sinistra incapace di risollevarsi dalle fallimentari strategie dalemiane, dai chiacchiericci veltroniani e vendoliani, dai rigurgiti postcomunisti della CGIL e dalla comprovata contiguità con il malaffare impediscano la nascita di un’opposizione.

Elezioni subito.