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Elezioni, i dati di Roma dimostrano un forte nesso tra PD ed M5S

6 Mar
Finito lo spoglio, assegnati i seggi, inizia la conta dei numeri da parte degli analisti e sono diversi i primi dati che balzano all’occhio.
Ad esempio, un raggruppamento demoliberale autonomo da coalizioni avrebbe potuto attestarsi come quinta forza parlamentare e che potrebbe raggiungere un risultato simile anche alle prossime elezioni amministrative.
Oppure la conferma che la Lega non otterrà mai la leadership del Paese perchè non riesce ad accreditarsi da Roma in giù, dove i residenti sono ben memori dei vari ‘Roma ladrona’ o ‘Vesuvio lavali col fuoco’.

Tra le varie forme che prendono i dati, spicca la particolarità e la significatività del voto a Roma.

Ad esempio, nel III Municipio, quasi 200mila residenti,  il M5S aveva prevalso alle amministrative , ma già dopo pochi mesi la giunta municipale era implosa e alle politiche dell’altro ieri si è registrato un solido ritorno degli elettori al Partito Democratico.
Questo dato contestualizza l’ipotesi che la transizione di elettori dal PD al M5S sia in senso inverso, dai M5S al PD: un fatto rilevante in termini di coalizioni di governo e lettura del processo storico-sociale.

Un dato pesante in termini di resa dei conti interna ai Dem, che connota ulteriormente l’errore di contrapporre un assertivo Matteo Renzi – anzichè l’operoso Enrico Letta – ad un movimento di cittadini che chiedevano ‘fatti’ ed erano stanchi di votare per forza d’abitudine.
Altro numero eclatante, quel 10% di elettori che alle politiche ha preferito il M5S, ‘que todo va a cambiar’, mentre alle regionali ha optato per il PD di Nicola Zingaretti, che in questi cinque anni ha brillato per l’immobilismo.
In una città di dipendenti e pensionati pubblici se c’è da rinviare le privatizzazioni comunali o ripristinare in parlamento le pensioni pre-Fornero, si vota M5S, se invece c’è da mantenere la Sanità e l’Assistenza ‘senza toccare nulla’ e solo incrementando la spesa, si vota PD.
Eppure, appena insediata la Giunta regionale PD, il Governatore Zingaretti dovrà pur annunciare l’ennesimo disavanzo sanitario record ad una opposizione ben agguerrita di Parisi, Lorenzin e Lombardi, che almeno nelle promesse elettorali sarebbero lì per questo: gli sprechi, l’immobilismo e il deficit.
Intanto, il futuro Presidente del Consiglio, che stavolta non sarà figlio del Nazareno, dovrà trovare il coraggio o di riconfermagli il commissariamento ad acta nonostante il dissesto oppure … di decretare lo stato fallimentare del Lazio ed affidarsi a diverse forme di risanamento.
Due dati – l’esigenza di segnali forti di cambiamento verso l’immobilismo e gli sprechi, a fronte di un’osmosi tra M5S e PD di voti che esigono quel cambiamento – che condizioneranno non poco sia i risvolti interni del PD e del M5S, sia i compromessi impronuciabili che saranno necessari per una eventuale collaborazione dei Democratici con i Cinque Stelle.
Demata

Nicola Zingaretti, un liberale governatore del Lazio

27 Feb

Secondo i dati del Viminale, Nicola Zingaretti si è aggiudicato 28 dei 40 seggi che compongono l’Assemblea Regionale del Lazio. Di questi, 10 seggi sono andati alla lista Zingaretti per il Lazio, 13 seggi sono del Pd, due a Lista civica Zingaretti, uno a Sel, uno al Psi, uno al Centro Democratico. Una maggioranza schiacciante, cui potrebbero aggiungersi i due consiglieri della coalizione Bongiorno presidente, oltre ai sette del Movimento Cinque Stelle che potrebbero confluire sulle delibere che li convincano.
Certamente e fermamente all’opposizione, si prevede, ci saranno Francesco Storace, nove esponenti del Pdl, 1 de La Destra, 1 di Fratelli d’Italia, 1 della Lista Storace.

Lasciandoci alle spalle Renata Polverini e gli inestimabili danni fatti al Centrodestra dalla ‘epocale’ gestione della Regione Lazio sotto di lei, possiamo dire che il compito che aspetta Nicola Zingaretti farebbe tremare le vene ad un audace eroe dei miti passati.

Due gli scogli – Scilla e Cariddi – che lo attendono a giorni.

Da un lato, la pressione populista, tradizionalmente romana e accentuata dalla presenza del M5S e dalla possibilità che vengano approvati ‘emendamenti di minoranza’ già a livello di commissione, che mal si addice ad un genuino demoliberal o radical come Zingaretti.

Dall’altro, la dura partita che si giocherà in sede di Conferenza Stato-Regioni con le tre principali regioni del Settentrione (Piemonte, Lombardia, Veneto) in  mano alla Lega, mentre il Sud reclama il dovuto e qualche arretrato e mentre il sistema palazzinaro e del parastato annaspano febbrilmente.

Una dura partita, che sarà giocata subito ed anche dopo, che influenzerà fin da principio tutte le scelte a venire, come, ad esempio la scassata e sprecona sanità laziale, l’inutilità e gli sprechi di alcune province, i rapporti con Roma Capitale, la realizzazione di infrastrutture adeguate, la razionalizzazione del territorio, l’infiltrazione ed il rafforzamento di interessi criminali, il salto tecnologico per la città più tradizionale del mondo.

Vista la schiacciante maggioranza ed il sostanziale pareggio tra liste zingarettiane (12 consiglieri) e Partito Democratico (13 consiglieri), ragion vorrebbe che il libero e liberal Nicola, governatore emerito, non andasse a complicarsi la vita, allargando la maggioranza oltre l’indispensabile, unica via per tenere la barra al centro.

Una responsabilità importante, dato che è da Zingaretti e Renzi che arriva qualcosa di ‘diverso’ da un partito Partito Democratico ancora reduce della Guerra Fredda ed orfano di concetti ormai centenari.

Ben governare il Lazio è l’unica chance per riconquistare la fiducia e la stima del resto degli italiani, che – per ovvi e naturali motivi – associano partitocrazie e trasformismi alla way of life capitolina.
Sarebbe bello riuscire a contraddirli.

La mission del neo presidente della Regione Lazio è quasi una mission impossible ed allo stesso tempo è una sfida determinante per i destini italiani e, forse, europei. Senza una capitale ‘a livello’ – ovvero una smart city interlacciata nei network planetari e decisamente choosy, easy e friendly – l’Italia finirà per sparire dalle carte geografiche che ‘contano’,  mentre i flussi commerciali e turistici resteranno al minimo indispensabile come da sempre.

Ma questo immagino che lo sapesse bene, nel momento in cui, pochi mesi fa, ha dichiarato la sua candidatura.
Buona fortuna, Mr. Zingaretti.

originale postato su demata