Dovrà rispondere di oltraggio a pubblico ufficiale chi insulta un insegnante per questioni inerenti la sua professione (ad esempio il rendimento scolastico del proprio figlio).
Questo è quanto è stato determinato dalla sentenza della Quinta sezione penale della Cassazione annullando la decisione del giudice di pace, che assolveva una madre dal reato di ingiurie verso una docente, ed ha trasmesso gli atti alla Procura di Livorno.
“Sussistono tutti gli elementi di oltraggio a pubblico ufficiale”, “offesa all’onore e al prestigio del pubblico ufficiale” – “alla presenza di più persone” o “essere realizzata in luogo pubblico o aperto al pubblico” – e “in un momento nel quale il pubblico ufficiale compie un atto d’ufficio ed a causa o nell’esercizio delle sue funzioni”.
Dunque, se si da ‘a muso duro’ dell’incompetente o del vessatorio ad una maestra o ad un professore, non parliamo di ingiuria, un delitto ‘contro l’onore’, previsto e disciplinato dall’art. 594 del codice penale e perseguibile su denuncia di parte.
E neanche di diffamazione (art. 595 c.p.), altro reato contro l’onore, che si realizza nel caso in cui la persona offesa sia assente, o di calunnia (art. 368 c.p.), tanto ad esser chiari, che è un reato contro l’amministrazione della giustizia, che si verifica quando si incolpa di un reato una persona essere innocente, oppure simula a carico di una persona le tracce di un reato, coinvolgendo l’Autorità giudiziaria o ad altra Autorità che abbia l’obbligo di riferire all’Autorità giudiziaria.
Il reato di oltraggio a pubblico ufficiale (art. 341 bis c.p.) è un “delitti dei privati contro la pubblica amministrazione“, non solo contro il dipendente offeso.
Infatti, il Codice Penale prevede che “ove l’imputato, prima del giudizio, abbia riparato interamente il danno, mediante risarcimento di esso sia nei confronti della persona offesa sia nei confronti dell’ente di appartenenza della medesima, il reato è estinto.”
Il reato, originariamente previsto dall’art. 341 c.p. del codice penale italiano, era stato abrogato dall’art. 18 legge 25 giugno 1999 n. 205. Visto il rapido degenerare della situazione, specie se parliamo di ausiliari del traffico e docenti, il reato è stato reintrodotto dall’art. 1 comma 8 della legge 15 luglio 2009 n. 94 ridenominandolo come art. 341-bis.
Nel caso di una vicenda scolastica, dunque, non è solo la docente coinvolta a dover denunciare il fatto, ma anche e soprattutto la dirigenza o comunque qualunque altra persona presente al fatto.
Questa è la maggiore (r)innovazione che già da anni doveva essere in auge e che la sentenza della Corte di Cassazione ribadisce, adesso, come ‘norma generale’ con il perseguimento d’ufficio del reato.
Infatti, per i pubblici ufficiali e gli incaricati di pubblico servizio’ (art 357-358 c.p.) nell’esercizio delle loro funzioni o per i reati di cui vengono a conoscenza in ragione dell’esercizio che essi svolgono vige l’obbligo giuridico di denuncia.
L’omissione della denuncia (art. art 361-362 c.p.) configura un reato a carico del pubblico ufficiale e il codice specifica che sarà applicata una sanzione anche in caso di omissione o ritardo della denuncia.
In poche parole ed in termini generali, se accadesse che un dipendente pubblico – se nelle sue funzioni di pubblico ufficiale, dopo essere stato oltraggiato – presentasse ‘rapporto’ ad un suo superiore e questo non desse seguito con una denuncia, questo dirigente potrebbe a sua volta essere denunciato per omissione dal dipendente stesso, anche dopo diversi anni.
Peggio che andar di notte, se il fatto di ripetesse o peggiorasse, mentre il dipendente non viene tutelato …
Nell’inviare l’informazione di reato direttamente alla Procura, la Quinta Sezione della Cassazione ha dato un segnale importante, in un paese dove il rispetto per le istituzioni è basso e dove le scuole sono sede annuale di bivacchi e daanneggiamenti.
originale postato su demata
Devi effettuare l'accesso per postare un commento.