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Cassazione: insultare un docente è oltraggio a pubblico ufficiale. Cosa cambierà?

3 Apr

Dovrà rispondere di oltraggio a pubblico ufficiale chi insulta un insegnante per questioni inerenti la sua professione (ad esempio il rendimento scolastico del proprio figlio).

Questo è quanto è stato determinato dalla sentenza della Quinta sezione penale della Cassazione annullando la decisione del giudice di pace, che assolveva una madre dal reato di ingiurie verso una docente, ed ha trasmesso gli atti alla Procura di Livorno.
“Sussistono tutti gli elementi di oltraggio a pubblico ufficiale”, “offesa all’onore e al prestigio del pubblico ufficiale” – “alla presenza di più persone” o “essere realizzata in luogo pubblico o aperto al pubblico” – e “in un momento nel quale il pubblico ufficiale compie un atto d’ufficio ed a causa o nell’esercizio delle sue funzioni”.

Dunque, se si da ‘a muso duro’ dell’incompetente o del vessatorio ad una maestra o ad un professore, non parliamo di ingiuria, un delitto ‘contro l’onore’, previsto e disciplinato dall’art. 594 del codice penale e perseguibile su denuncia di parte.

scuola famiglia

E neanche di diffamazione (art. 595 c.p.), altro reato contro l’onore, che si realizza nel caso in cui la persona offesa sia assente, o di  calunnia (art. 368 c.p.), tanto ad esser chiari, che è un reato contro l’amministrazione della giustizia, che si verifica quando si incolpa di un reato una persona essere innocente, oppure simula a carico di una persona le tracce di un reato, coinvolgendo l’Autorità giudiziaria o ad altra Autorità che abbia l’obbligo di riferire all’Autorità giudiziaria.

Il reato di oltraggio a pubblico ufficiale (art. 341 bis c.p.) è un “delitti dei privati contro la pubblica amministrazione“, non solo contro il dipendente offeso.
Infatti, il Codice Penale prevede che “ove l’imputato, prima del giudizio, abbia riparato interamente il danno, mediante risarcimento di esso sia nei confronti della persona offesa sia nei confronti dell’ente di appartenenza della medesima, il reato è estinto.”

Il reato, originariamente previsto dall’art. 341 c.p. del codice penale italiano, era stato abrogato dall’art. 18 legge 25 giugno 1999 n. 205. Visto il rapido degenerare della situazione, specie se parliamo di ausiliari del traffico e docenti,  il reato è stato reintrodotto dall’art. 1 comma 8 della legge 15 luglio 2009 n. 94 ridenominandolo come art. 341-bis.

Nel caso di una vicenda scolastica, dunque, non è solo la docente coinvolta a dover denunciare il fatto, ma anche e soprattutto la dirigenza o comunque qualunque altra persona presente al fatto.
Questa è la maggiore (r)innovazione che già da anni doveva essere in auge e che la sentenza della Corte di Cassazione ribadisce, adesso, come ‘norma generale’ con il perseguimento d’ufficio del reato.

Infatti, per i pubblici ufficiali e gli incaricati di pubblico servizio’ (art 357-358 c.p.) nell’esercizio delle loro funzioni o per i reati di cui vengono a conoscenza in ragione dell’esercizio che essi svolgono vige l’obbligo giuridico di denuncia.
L’omissione della denuncia (art. art 361-362  c.p.) configura un reato a carico del pubblico ufficiale e il codice specifica che sarà applicata una sanzione anche in caso di omissione o ritardo della denuncia.

In poche parole ed in termini generali, se accadesse che un dipendente pubblico – se nelle sue funzioni di pubblico ufficiale, dopo essere stato oltraggiato – presentasse ‘rapporto’ ad un suo superiore e questo non desse seguito con una denuncia, questo dirigente potrebbe a sua volta essere denunciato per omissione dal dipendente stesso, anche dopo diversi anni.
Peggio che andar di notte, se il fatto di ripetesse o peggiorasse, mentre il dipendente non viene tutelato …

Nell’inviare l’informazione di reato direttamente alla Procura, la Quinta Sezione della Cassazione ha dato un segnale importante, in un paese dove il rispetto per le istituzioni è basso e dove le scuole sono sede annuale di bivacchi e daanneggiamenti.

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Strage di Karlsruhe: una storia non raccontata

5 Lug

A Karlsruhe,  è accaduto che un uomo  di 54 anni e la sua compagna, ex proprietaria dell’appartamento, hanno resistito allo sfratto, asserragliandosi in casa, dopo aver preso in ostaggio l’ufficiale giudiziario e due suoi accompagnatori, un mediatore sociale del comune ed un fabbro, cui si è aggiunto un manager della società che ha acquistato l’appartamento, sopraggiunto poco dopo.

Dopo pochi minuti, quando il sequestratore si è reso conto che l’ufficiale giudiziario non intendeva sospendere l’esecuzione dello sfratto, la situazione è precipitata nel panico totale. L’ufficiale giudiziario ha tentato la fuga ed è stato colpito due volte alle gambe. Intanto, i vicini di casa allertavano la polizia e il fabbro ha dovuto legare gli altri due ostaggi con delle fascette e metterli a sedere sul divano.

Proprio in quel mentre, il giovane fabbro avrebbe tentato di strappare l’arma al sequestratore senza successo, restando gravemente ferito da quattro o cinque colpi alla testa ed al torace, dove è stato lasciato morire.

Circa 40 minuti più tardi, l’assistente sociale poteva lasciare l’appartamento e, nell’allontanarsi, sentiva esplodere 4-5 colpi di arma da fuoco. Prima di eseguire il massacro e suicidarsi, il sequestratore ha dato fuoco ad un tappeto, provocando l’incendio dell’appartamento.

Dopo tre ore, le forze speciali tedesche ( SEC ), che avevano circondato l’edificio, hanno fatto irruzione e li hanno trovati tutti morti. “Quando le forze dell’ordine sono entrate nell’appartamento, tutte e cinque le vittime erano già morte. Non c’è stato uso delle armi da parte  della polizia,” ha precisato il procuratore aggiunto Spitz.

L’abitazione, di tre stanze, era stata pignorata a causa del ritardato pagamento di alcune rate del mutuo. Inoltre, come riporta il Taz.de Tageszeitung, ambedue erano disoccupati ed a causa dello sfratto si sarebbero dovuti separare: lui in Alsazia dove aveva il domicilio, lei in una stanza e poco più in un edificio pubblico di Kalsruhe destinato alle emergenze abitative.

Una tragedia ampiamente evitabile, secondo buon senso, ma non secondo il ministro socialdemoratico della Giustizia del Baden-Württemberg, Rainer Stickelberger, che ha definito la tragedia un “unbegreiflichen Tat” (atto incomprensibile), come riporta il Der Spiegel.

Peccato che tutto questo non sarebbe accaduto in un paese europeo diverso dala Germania, dove ingiunzioni, pignoramenti e sfratti sono una procedura che viene messa in atto dagli interessati tramite un pubblico ufficiale con una ben specifica parcella. Contese private …

E, sempre puntando i riflettori sulla Germania di Angela Merkel e della Socialdemocrazia renana, dobbiamo accorgersi che, ad ore ed ore dai fatti, non si conoscono nè i nomi nè le ‘storie’ del sequestratore e delle altre vittime. E, senza ‘storie’, niente ‘perchè’ a cui rispondere.

Una inaudita violazione del diritto di cronaca che si protrae, mentre i quotidiani iniziano a mettere in luce le contraddizioni che emergono dalle prime dichiarazioni delle forze di polizia tedesche.

Secondo il procuratore, le vittime sono state ‘letteralmente giustiziate’ dal sequestratore, ma l’ufficiale giudiziario è stato prima ferito ad una gamba, probabilmente perchè aveva tentato la fuga.  Oppure che l’autore del sequestro non avesse precedenti per reati violenti, ma era stato descritto come ben armato e con una certa dimestichezza con le armi. (Faz.net) In realtà, come riporta Die Zeit, aveva un fucile da caccia, due pistole ed una bomba artigianale.

‘Ci sono indicazioni dell’utilizzo di circa  200 agenti di polizia, tra cui molte forze per operazioni speciali. “Molte cose sono ancora oscure”, ha detto il portavoce della polizia’.  (Der Spiegel) Infatti, ‘diversi isolati sono stati evacuati nella zona nord della città. Per motivi di sicurezza i residenti non hanno potuto rientrare nelle loro case’ e gli studenti due istituti ed i bambini di una scuola d’infazia sono stati bloccati nelle scuole.  (Taz.de) Un numero di agenti e di ‘terrore’ generalizzato spropositati, che hanno mandato in tilt i quartiere settentrionali di Karlsruhe, mentre nell’appartamento erano già tutti morti e divampava, all’insaputa di tutti, un incendio.

Così andando le cose, non ci resta che prender atto – dopo la Norvegia di Anders Brevik – che anche in Germania ci son cose che vanno bene ed altre che meriterebbero, viceversa, maggiori approfondimenti.  Come il diritto di cronaca, che va a farsi benedire, se le news di stasera ed i tabloid fi domani continueranno a raccontare una storia senza volti e senza perchè.

Preso atto che nella socialdemocratica ‘valle dell’Eden’ germanica si spara e si muore per un mutuo, ritorniamo alla realtà, quella che per il ministro socialdemoratico della Giustizia del Baden-Württemberg, Rainer Stickelberger, è “unbegreiflich” (incomprensibile), cerchiamo di spiegare alla buona come si sia arrivati all’eccidio.

Immaginiamo una coppia di cinquantenni che (soprav)vivono arrangiandosi e che perdono l’unico bene – l’unica ancora di salvezza, la casa – per dei pagamenti ritardati  e che, a causa dello sfratto e  dato che lui è domiciliato in un altro Lander e non ha diritto ai servizi sociali del Baden Wuttemberg – debbano separarsi  per affrontare una misera vita ‘da vecchi’ in una blockhaus per poveri.

Considerata l’età anagrafica del sequestratore non è difficile pensare che, essendosi accorto di non essere nella ‘valle dell’Eden’, si sia reso anche conto di esser figlio di una ‘gioventù bruciata’, come quella che, 35 anni fa, ascoltava un motivetto dei The Clash” – l’unico scritto e cantato da Joe Salomon – che diceva: “When they kick out your front door, how you gonna come? With your hands on your head or on the trigger of your gun?  When the law break in, how you gonna go? Shot down on the pavement or waiting in death row”?

Una canzone molto nota anche dalle parti di Karlsruhe, visto che la band dei Toten Hosen ebbe la sua  prima notorietà proprio con una cover semi-acustica delle ‘pistole di Brixton’. Una ballad che racconta molto bene cosa sia accaduto a Karlsruhe, ieri, nella mente di due persone che si son viste cancellare – per dei banali pagamenti – la storia intera di una già modesta vita e quelle briciole di futuro, alle quali anche loro avrebbero avuto diritto.

La gente non va portata alla disperazione. Altrimenti, ci scappa il morto ed, a volte, non sono solo suicidi.

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