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Berlusconi lascia tra qualche mese, si va al governo tecnico?

1 Set

La manovra, che il Parlamento si ripromette di varare, somiglia sempre di più ad un enorme TIR, pieno di scatoloni vuoti ricoperti da etichette tra le più disparate, alcune ben apposte altre staccate e riappiccicate, come dimostrano gli strappi sul cartone dello scatolone più vicino.

Un TIR che non riesce a far manovra per uscire da un enorme slargo ed imboccare una qualunque via, semplicemente perchè lo sterzo è bloccato, ci sono tre autisti al posto di uno, i semafori lampeggiano all’impazzata ed i freni (l’Opposizione e gli altri poteri) sembrano proprio non funzionare.

Un enorme veicolo che è esso stesso, in realtà, il tesoro da trasportare, perchè si tratta dell’Italia e del suo futuro.

L’Europa chiede di rientrare di soli 80 miliardi di euro in tre anni, su un PIL che è 25 volte tanto: non sarebbe un’impresa affatto difficile, se non fosse che Lorsignori hanno raschiato il fondo del barile e, adesso, si tratterebbe di toccare i loro interessi ed i loro quattrini.

Prendiamo atto che questo Parlamento proprio non riesce a legiferare (vedi il caso di L’Aquila), che questo Governo ha già troppo spesso emanato norme incostituzionali, che questa classe politica ha concluso il suo ciclo e che i fatti giudiziari stanno iniziando a raccontare abissi peggiori di Tangentopoli.

Ci vorrà ancora un mese, mentre i ministeri rientrano dalle ferie ed il paese prende atto del disaccordo e della inconcludenza di tanto discutere, dopo di che, i mercati non sono mai pazienti, non resterà che andare al  governo tecnico istituzionale per la manovra e le elezioni.

D’altra parte, è lo stesso premier, Silvio Berlusconi, a pensare che non ci sia altra strada … altrimenti, perchè affermare: “Tra qualche mese me ne vado …vado via da questo paese di merda…”.

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Una manovra contro di noi

30 Ago

Questo è tutto quello che le generazioni nate tra il 1925 ed il 1950 hanno riservato a noi che siamo nati dopo di loro.
E’ iniziata quando avevamo ancora 15 anni, cambia poco se fossero gli Anni Settanta, Ottanta o Novanta e, dopo 20-30 anni, continua ad andare così.

Una letale e brutale corsa senza traguardo e senza vincitori: una generazione in esubero da “smaltire”.

Siamo tutti vittime di due generazioni abbarbicate alle poltrone del potere, che mai hanno voluto ascoltare ipotesi, teorie e soluzioni diverse da quelle che a loro facevano comodo in quel momento.
Predatori, che ci hanno portato alla rovina arraffando tutto quello che c’era, durante il Boom economico, e che intendono continuare a farlo finchè ci sarà sangue e linfa da succhiare.

Le loro pensioni non si toccano, le nostre si.
Fuckin’ bastards …

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Le pensioni dei laureati e l’iniqua manovra

29 Ago

Le prime anticipazioni dei media su quanto concordato dagli esponenti della Lega e del PdL riuniti a Villa Certosa raccontano di un’altra iniqua legge a carico dei lavoratori italiani.

I titoli recitano il canonico “stretta sulle pensioni”, ma nella realtà si tratta di una stretta sui lavoratori laureati del settore pubblico: “il calcolo verrà effettuato solo in base agli “effettivi anni di lavoro” e non dovrebbe più tener conto degli anni di servizio militare prestato e degli anni universitari.”

In pratica, sono 4 anni di servizio in più per tutte le posizioni da laureato del settore pubblico.

Cosa giusta? No, iniqua e controproducente.

Innanzitutto, precisiamo che i laureati del settore pubblico devono pagare una congrua somma per riscattare gli anni di studio universitario, spesso versando l’intero equivalente dei contributi dovuti.

L’INPDAP, l’ente di previdenza che copre questi lavoratori, è  in ottima salute ed è talmente ricco che, se svincolato dal Ministero dell’Economia, avrebbe addirittura i capitali per rinegoziare i prepensionamenti necessari a far posto a giovani ed innovazione, nelle scuole, come negli ospedali o nelle  università.

Inoltre, l’INPDAP, in base alle regole di bilancio europeo, non dovrebbe vertere direttamente sulle spese dello Stato e non si comprende quale sia il beneficio in termini di manovra o di minor spesa.

Va anche aggiunto che il “computo degli studi universitari” è frutto di lunghi anni di battaglie professionali e sindacali, dato che  i laureati entrano nel mercato del lavoro diversi anni dopo i diplomati, perchè devono, a proprie spese, acquisire le conoscenze e le competenze di livello universitario necessarie al lavoro che faranno, in un paese che non è affatto prodigo di ostelli, borse di studio e meritocrazia.

Una vera cattiveria, specialmente se consideriamo che non tutte le categorie sono effettivamente colpite da questa norma: i docenti universitari, i magistrati ed i medici già adesso tendono a rimanere in servizio fino od oltre il 65° anno di età. Le categorie di laureati effettivamente colpite dall’azzeramento del riscatto pensionistico degli studi universitari sono quelle della scuola (precari ed alunni inclusi), dei neoassunti (che difficilmente matureranno i 40 anni di base pensionistica) e dei malati cronici (costretti a trascinarsi al lavoro per quattro anni extra).

La cattiveria, per inciso, non sta solo nel tipo di categorie colpite, ma nel sistema pensionistico pubblico, che non consente alcuna forma di negoziazione su TFR e computo pensionistico per i malati, come invece è possibile nel settore privato e con le assicurazioni.

Una vera iniquità, non solo verso giovani ed invalidi, ma anche verso chiunque non sia già pensionato, visto che restano intatte le pensioni d’anzianità e d’annata, cioè proprio quelle per le quali i contributi versati sono esigui a confronto con le somme percepite.

Una svista epocale, quella di prolungare il servizio ad un paio di milioni di laureati, se consideriamo i promessi tagli alla pubblica amministrazione, la quantità di precari che attendono da anni, l’urgenza ultraventennale di riformare ed innovare.

Una vergogna, che non sarà facile emendare.

Manovra: le (poche) proposte del PD

23 Ago

Dal Partito Democratico, da molto tempo ormai, erano attese proposte per riformare il paese e per uscire dalla crisi. Proposte mai arrivate, nè durante il flebile Governo Prodi bis nè in questi tre anni di “eccesso di Berlusconismo”.

Forzati dagli eventi (e da una possibile debacle elettorale), i Democratici in questi giorni si affrettano a studiare, assemblare e proporre proposte alternative da proporre al Parlamento per alleggerire i nostri debiti di 80 miliardi di euro, come ci chiedono l’Europa ed il buon senso.

Rispetto alle proposte, piuttosto variegate e da rivedere, che arrivano dal PdL-Lega, è abbastanza interessante notare come il Partito Democratico:

  1. non sembra interessato a ridurre il personale politico, riassorbendo i piccoli comuni e le provincie negli altri enti locali senza, ovviamente, cancellarne le funzioni ed i servizi;
  2. non manifesta una qualche sensibilità riguardo l’esenzione pressochè totale da tasse e tributi di cui beneficiano lo Stato del Vaticano e le sue attività clericali ed imprenditoriali in Italia;
  3. insiste sulla necessità di riformare le pensioni, in nome di un non ben chiarito “patto generazionale”, senza però fare cenno alle pensioni doppie, triple e d’annata od ai TFR e,soprattutto, alla liberalizzazione del sistema assicurativo di cui proprio Bersani era, solo 5 anni fa, l’alfiere;
  4. non intende offrire a Berlusconi nessuna “mano tesa”, nonostante le sue evidenti difficoltà a proseguire l’attuale mandato di governo unitamente con la Lega per l’indipendenza della Padania.

Per non parlare del Meridione (ed infatti non se ne parla), a fronte di una disoccupazione sempre più crescente, specialmente tra le donne ed i giovani, i Fondi per il Sud stornati su Roma, L’Aquila e non si sa cosa, la Cassa Integrazione Speciale che ha beneficato quasi esclusivamente i disoccupati del Nord, i tagli della Gelmini che colpiscono principalmente scuole e docenti del Centrosud.

A riprova di una difficoltà progettuale di vecchia data, Stefano Fassina, Responsabile del PD per l’economia intervistato ieri da RAINews, seppur chiedendo la reinclusione del “falso in bilancio” tra i reati perseguibili, non ha avanzato particolari proposte “strutturali” riguardo la manovra o la crisi: solo ritagli da apportare per sostenere, nella sostanza, i fornitori degli Enti Locali, cioè molto spesso artigiani, Coop e Onlus.

Anche riguardo il sindacato, la posizione espressa da Fassina è significativa della situazione “a Sinistra”: a difesa della pluralità del Sindacato, cioè della CGIL rispetto a CISL e UIL. Non si parla di tagliare le reti RAI, non si parla dei privilegiati (e spesso benestanti) inquilini di edifici (pubblici) ormai di valore storico, non si parla della scuola negletta o delle Università spendaccione e neanche della Sanità costosa e di bassa qualità.

Ci si aspettava qualcosa di più.

E, così andando l’umore degli elettori, arriva la proposta di Bersani e Letta, che, annunciata per domani, si articolerà “in pochi punti. Primo: una terapia choc contro l’evasione” con “sette o otto grimaldelli. Secondo, una imposta sui patrimoni immobiliari rilevanti. Terzo: un ridimensionamento drastico di pubblica amministrazione, istituzioni e costi della politica. Quarto: un contributo di solidarietà che finalmente gravi non sui tassati ma sui condonati. A questo aggiungiamo liberalizzazioni, dismissioni ragionevoli del patrimonio pubblico e un po’ di politica industriale e di sostegno all’economia”.

Le parole suonano bene … speriamo.

I Comuni protestano? No, solo i sindaci …

23 Ago

La notizia del giorno è la protesta organizzata dall’ANCI, l’Associazione nazionale Comuni Italiani, contro il taglio dei piccoli e piccolissimi comuni.

I media parlano di protesta dei Comuni, ma, a ben vedere, sui teleschermi ci sono i Sindaci e i loro Consiglieri.

Esattamente loro: i (giustamente) trombati dai tagli agli sprechi … ma i Media non danno (ancora) a vedere di essersene accorti. Chissà cosa ne pensano i cittadini, sia quelli che vivono nei comuni con 600 abitanti sia quelli che, nelle grandi città, per eleggere un municipio devono essere in 400.000 …

 

Nascerà il “nuovo” PdL di Angelino Alfano?

21 Ago

Angelino Alfano è segretario del Popolo delle libertà, indicato da Silvio Berlusconi e non dal partito stesso o dalla base, ammesso che ne esista una.
Intervistato da Lucia Annunziata su La Stampa, ha ben chiarito quali siano i rapporti interni al partito.

“Sapevo che il mio compito sarebbe stato quello di trovare un punto di convergenza”.
Quale sarebbe, dunque, il livello di “divergenza” nel partito e come misurarlo, visto che nel PdL non si vota praticamente mai?

“Ognuno di noi nella vita deve qualcosa a qualcuno e nessuno si può sottrarre a questa regola. Nel mio caso, il qualcuno è Berlusconi cui devo ben più di qualcosa”.
Parole che evocano concetti del tutto antidemocratici, come “cooptazione”, “delfinato”, “investitura”, eccetera.

“Il passaggio da un partito carismatico in mano a coordinatori ad un segretario è stato possibile perché il Titolare del Carisma ha favorito questo processo. Il Carisma rimane in mano a lui”
Il PdL, dunque, resta un partito carismatico e questo carisma è nelle mani di un uomo, Silvio Berlusconi, che, quantomeno per motivi d’età anagrafica, sta per uscire di scena?

“Non possiamo permetterci come partito di essere una caserma”.
Una conferma della scarsa democrazia interna al partito in questi 15 anni di gestione dei Coordinatori ed una conferma che l’insofferenza di Gianfranco Fini fu percepita come un ammutinamento?

“Fini è un leader che si è caratterizzato soprattutto per la sua azione contro Berlusconi”.
A dire il vero, Gianfranco Fini manifestò, un anno e passa fa, insofferenza per il codazzo di coordinatori di partito, per le notti del bunga bunga, per la scarsezza di interventi in piena crisi, per lo storno di rilevanti risorse destinate al Sud.

Tramonta Berlusconi, dunque, ma resta il Berlusconismo ed il “portabandiera”, a quanto pare, è davvero Angelino Alfano. Vedremo se i suoi compagni di partito lo seguiranno.

Per ora prendiamo nota che una parte di loro non verrà rieletta e che molti sono di una certa età …

Angelino Alfano: quali margini di manovra?

21 Ago

Angelino Alfano, nuovo leader del PdL, sta lavorando tenere in piedi questo goveno, che oltre l’80% degli italiani, secondo le statistiche di La Stampa, non ritiene adeguato alla situazione.
Intervistato da Lucia Annunziata su La Stampa, ha ben chiarito quali siano le posizioni del suo partito.

“La riduzione dei tagli agli enti locali può essere bilanciata da un intervento sulla riforma delle pensioni”, cosa che potrebbe equivalere ad un mantenimento dei costi della politica (appalti e servizi esternalizzati) a carico dell’età pensionabile, dei TFR e delle pensioni.

“A noi del Pdl le nuove tasse procurano l’orticaria”, come se i servizi pubblici e le infrastrutture si creassero dal nulla …

“La Iva è di sicuro una tassa. Su questo tema bisognerà essere concreti e poco ideologici” … vincerà l’orticaria od il buon senso?

“Il mio primo incarico è stata la Commissione Bilancio per sette anni”, … e abbiamo tutti sotto gli occhi come sia aumentato il debito ed il deficit. Inoltre, il suo primo provvedimento come neoministro della Giustizia, il cosiddetto “Lodo Alfano”, è poi stato dichiarato illegittima dalla Corte Costituzionale.

“La famiglia è un tema centrale, tutelando la famiglia possiamo rendere ancor più equa la manovra”, belle parole che si traducono come meno interventi per i giovani, disoccupati e, dunque, poco inclini a prolificare, meno interventi per gli anziani, che (soprav)vivono di pensione, e meno interventi per investimenti ed infrastrutture, ovvero per il Sud.

“Sulle dismissioni di immobili dello Stato non si tratta di un intervento strutturale, ma di una una tantum”, che è un’idea molto rassicurante che quegli inquilini di case popolari (magari di epoca fascista in centro città), ormai lì da generazioni ad equo (per loro) canone.

“Negli anni ci sarà uno spegnimento progressivo di quelli che ora appaiono grandi casi, come la P3 e la P4” … insabbiamento tramite leggi ad hoc, come per Tangentopoli, colpo di spugna, come per la P2, o cos’altro?

Questo è quello che passa il governo.

Edilizia Residenziale Pubblica: uno spreco da almeno 30 miliardi di Euro

20 Ago

Secondo quanto riportato da La Stampa, “l’Edilizia Residenziale Pubblica può contare su un patrimonio valutabile fra i 50 ed i 150 miliardi” e “la parte dell’Edilizia Residenziale Pubblica che ha perso le finalità sociali per cui era stata realizzata, circa il 60% del totale.”

Questo significa che, solo dalla vendita delle case popolari affittate a persone che non ne avrebbero più la “necessità sociale”, potremmo racimolare dai 30 ai 90 miliardi di Euro, ovvero coprire  buona parte se non tutta, la manovra che dovrà recuperare 80 miliardi in 3 anni.

Un’operazione finanziaria che sarebbe risolutiva, specie se  aggiunta alla patrimoniale fissa, all’abolizione delle pensioni di anzianità, alla messa in busta paga dei TFR ed all’abolizione delle Provincie, come propone da molto tempo questo blog.

Un atto di equità e giustizia verso i contribuenti e di liberazione di risorse attualmente sprecate.

Cosa stiamo aspettando?

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Il Parlamento Italiano e la black list degli indagati

28 Lug

Una lista di 84 parlamentari inquisiti (o condannati) sta girando sulla rete da giorni ed anche La Repubblica l’ha pubblicata.
Un elenco che dice tutto e non dice nulla, che mette insieme reati legati alla concussione, la corruzione e la mafia con quelli “fisiologici” della politica, come il danno all’erario o la resistenza ad un pubblico ufficiale, se non, ahimè, la banda armata.

Una sorta di classifica dell’orrore, in cui, però, non si tiene conto che in Italia, 20 anni fa, è venuto a galla che i partiti, non i singoli politici, si erano ben organizzati per introitare fondi e spartirseli.

La lista pubblicata da Repubblica non rappresenterebbe, dunque, un dato oggettivo sulla “salute” dei partiti, che potrebbero operare tramite portaborse ad esempio, ma ci offre, comunque, uno spaccato del Parlamento inquietante, visto che i dati sui “nostri” inquisiti raccontano, quantomeno, come “loro” siano ben diversi dal gran parte del popolo italiano.

Infatti, i reati “preferiti” da un non irrilevante gruppo di nostri parlamentari sono quelli finanziari (10,7%), quelli di falso o favoreggiamento (14,2%), di abuso d’ufficio (8,3%), di corruzione/concussione (28,6%), di violazione delle norme sui partiti (7,1%), di vicinioreità alla mafia o alla camorra (7,1%).

Nella sostanza, almeno un parlamentare italiano su 39 ha avuto rapporti con la giustizia per fatti di corruzione o concussione, uno ogni 79 ha dichiarato per falso o favoreggiamento, uno su cento per reati finanziari, uno ogni 150 circa per abusi o rapporti con la mafia o la camorra. Circa il 9% degli attuali parlamentari è stato indagato o condannato per reati spesso antitetici all’opportunità di candidarli.

Considerato che la media nazionale degli indagati o condannati penalmente, è molto, ma molto più bassa, specie se consideriamo il tipo di reati  di cui parliamo, dovremmo chiederci, noi cittadini, se siamo realmente rappresentati.

Bersani, il PD e il fango che sale

27 Lug

Bersani attacca magistrati e giornalisti: “macchina del fango contro il PD”, ma, a leggere i giornali, l’unico fango sembra essere quello in cui il Partito Democratico si ritrova a galleggiare, dopo averlo creato, vistoche l’azione deimagistrati appare più che legittima.

Le notizie che arrivano, senza particolare scandalismo, se le confrontiamo con quelle che solitamente leggiamo, raccontano di un network di corrotti che sembra operare su base associativa e travalicando i limiti territoriali dell’appalto o della fornitura, con estensioni su tutto il territorio nazionale. (vedi scheda alla fine)

In un caso del genere, qualunque organizzazione si sentirebbe in dovere di verificare internamente, allontanando i funzionari sospetti, sia per fugare ogni dubbio sull’organizzazione stessa sia per evitare infiltrazioni criminali e prevenire comportamenti illeciti dei propri dipendenti o associati sia, soprattutto, per non essere ritenuta responsabile.

Infatti, la gravità dei reati ipotizzati nelle inchieste contro diversi politici del Partito Democratico (vedi il caso Penati di Milano) consiste nella possibilità che il reato associativo si sia realizzato tra le mura del partito e delle sue propaggini storiche. Cosa ben diversa dalla corruttela che coinvolge uomini del PdL, svoltasi entro le “mura amiche” di lobbies e comitati d’affari.

E, d’altra parte, questa sarebbe la seconda volta in 20 anni che dei funzionari del partito (ieri Greganti, oggi, eventualmente, Penati &co.) si trovano coinvolti in operazioni tangentizie enormi senza che il partito non ne abbia avuto nessun sentore.

Non è un caso che Bersani chieda  al Partito Democratico un “codice etico”, pur ribadendo che «è totalmente estraneo a tutte le vicende di cronaca di cui si parla».

Peccato che sia la mastodontica macchina elettorale ed immobiliare, ereditata dal partito comunista, non dovrebbe esistere in una democrazia reale ed in un sistema di mercato: nessun finanziamento pubblico dei partiti potrebbe sobbarcarsi un costo del genere.

Non a caso l’On. Paolo Guzzanti scrive: “il Pd, non essendo nato ieri ma molti decenni fa, sia pure nascosto da una selva di sigle, prima di somministrare ricette dovrebbe dimostrare di essere sano. E Bersani stesso ammette nella sua lettera che così non è.”

 

Scheda: il PDgate in 4 stralci

Del resto – ha concluso l’imprenditore (Di Caterina) – io avevo vantaggi dall’operazione in quanto mi proteggevano da Atm, mi hanno fatto entrare nel Consorzio trasporti (pubblici di Sesto San Giovanni) e mi hanno consentito di partecipare a operazioni per me lucrose.

Si è trattato di pagamenti in cambio di favori e quindi ora io attendo la restituzione”. (La Repubblica)

“La pista del denaro è lunga più o meno duecento chilometri. Parte da Sesto San Giovanni e scende fino all’Emilia, per poi sparire in un mistero di carte e operazioni finanziarie sospette. Ci sono quei finanziamenti per 100 milioni di lire che nel 2000 dall’imprenditore Piero Di Caterina arrivano a Botteghe Oscure” e “altri due milioni e mezzo di euro, nel 2002, sono finiti a due società emiliane come pagamento per prestazioni di dubbia natura.

L’ipotesi della Procura è che quei soldi siano stati destinati al finanziamento della politica.” (Il Giornale)

“Il “sistema Sesto” è un po’ come il vaso di Pandora: ovunque ti giri, spuntano tangenti. Non tutte chiare, non tutte destinate all’ex sindaco di Sesto San Giovanni Filippo Penati e soprattutto non tutte servite per finanziare le attività politiche dei Ds tra la provincia e Milano.
Ad esempio, “il versamento di quei famosi 2 milioni e 400 mila euro alle due piccole società di consulenza di Modena e Ravenna. Che fine hanno fatto quei soldi? A chi erano destinati veramente? Il sospetto degli investigatori, anche in questo caso, è che si sia trattato di un pagamento per i vertici nazionali del partito di Penati dell’epoca, ovvero i Ds.” (La Stampa)

“Infine il caso Penati, il più scabroso per Bersani, poiché ne era il braccio destro.

La pietra dello scandalo è la spericolata operazione con cui la Provincia di Milano guidata da Penati comprò azioni di una società autostradale, peraltro già a maggioranza di capitale pubblico, … frutto dell’ipertrofia, se non peggio, di una politica che invece di privatizzare acquista fette di aziende, gioca a Monopoli e fa scambi impropri con le imprese usando il denaro dei contribuenti?” (Corsera)