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La Sinistra di Matteo Renzi e i dati sul lavoro USA

9 Dic

Matteo Renzi vince le Primarie del PD, mentre – dal 2005 ad oggi – la platea dei votanti alle primarie passa dai 4,3 milioni del 2005 ai soli 2,5 milioni (sedicenni inclusi) di oggi.

“Io capitano, fine degli inciuci”, intona il neosegretario, come se nel ‘suo’ Comune di Firenze non ce ne siano.
“Cambiano i giocatori”, come se fosse lui a deciderli e non gli elettori (ndr. come ha ribadito la Corte Costituzionale). E “anche il sindacato deve cambiare”, ma “è la fine di una classe dirigente, non della Sinistra”.

A quale Sinistra e a quale Sindacato faccia riferimento Matteo Renzi è presto detto: parliamo di Obama e degli Stati Uniti. Mica di microeconomia e di equo-solidale, come vorrebbe Ignazio Marino, o di Meridione e rilancio industriale, come senso civico e giustizia sociale suggerirebbero.

Dal Washington Post di sabato apprendiamo che “l’economia americana ha aggiunto 203.000 posti di lavoro nel mese di novembre, secondo i dati del governo pubblicati venerdì mattina, aumentando le speranze che la ripresa è pronta per il decollo.

Il rapporto del Dipartimento del Lavoro ha anche mostrato che il tasso di disoccupazione è sceso al 7 per cento, il livello più basso degli ultimi cinque anni. Il calo riflette una ripresa nelle assunzioni piuttosto che una riduzione della forza lavoro, che ha spinto verso il basso il tasso di disoccupazione nei mesi precedenti. Si stima che circa 455.000 persone sono entrate nel mercato del lavoro nel mese di novembre.”

Come? Flessibilizzando e parcellizzando il lavoro on demand, con buona pace delle organizzazioni sindacali statunitensi. E lo stesso sta chiedendo di fare la SPD tedesca, mentre appoggia sottobanco la richiesta di infrazione per surplus contro la sua stessa Germania.

Visto cosa accadeva (e accade) nelle fabbrichette cinesi in Toscana, l’idea – per quanto efficace – non è del tutto rassicurante, specie se ricordiamo che mezzo paese è Gomorra, che Roma vive di servizi offerti ai propri cittadini, che il Triveneto è una zona ‘fiscalmente opaca’ e i dati denunciano da molti anni orari settimanali ben superiori alle 40 ore.

Basta un click per votare, ma non per governare.
Molti ravvisano una certa somiglianza tra Berlusconi, Grillo e Renzi, sia nell’uso dei media sia nel concetto che hanno di ‘premiership’. Probabilmente possiamo aggiungere una certa ingenuità … o la facilità con cui si promette.

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Arrivano le elezioni. E i temi concreti?

14 Gen

Si va alle elezioni e, finora, nessuno dei nostri partiti ha finora chiarito cosa intenderà fare riguardo i ‘temi concreti’ della politica e dell’economia italiana.

Ad esempio, dove prendere i soldi con i quali far ripartire la crescita e rilanciare il paese dopo dieci anni di stagnazione economica causata dall’inadempienza dei governi e dei parlamenti alla necessità di riforme strutturali ed innovazione.

E la patrimoniale “secca”, va fatta sui redditi privati, come propone Bersani, o sugli immobili pubblici, come chiede Oscar Giannino, leader di Fare per Fermare il Declino? Come anche cosa sarà della riforma delle concessioni demaniali e cessione di aree demaniali per edilizia turistica, in agenda entro la fine della prossima legislatura?

Oppure, manteniamo il deprimente ed iniquo caos sulle pensioni oppure andremo al riordino, visto che oggi 700.000 italiani percepiscono, senza aver adeguatamente contribuito, quanto altri 20 milioni di pensionati ben più poveri, incrementando il debito pubblico di almeno 10 miliardi di euro all’anno? E per quanto tempo ancora potremo assistere all’antropofago spettacolo di pensioni ben superiori al corrente stipendio d’ingresso per la stessa qualifica/posizione?

Porremo limiti all’espansione della grande distribuzione che sta svuotando i centri abitati dagli esercizi commerciali ed imporremo un sistema di packaging che eviti ai cittadini di dover costosamente smaltire enormi quantità di plastica e plastificati? Reintrodurremo la mezzadria e riformeremo dei sistemi consortili e cooperativi nell’agricoltura, una via per abbattere costi vivi e prezzi al consumo?

Arriveremo al contingentamento delle dirigenze pubbliche e dei redditi derivanti da incarichi plurimi, come nel caso dei primari dei policlinici universitari? Privatizzeremo il sistema assicurativo dei lavoratori del settore privato? Defiscalizzeremo i premi ai lavoratori e dei contributi previdenziali od assicurativi? Attueremo una riforma del sistema delle contrattazioni sindacali con maggiore apporto per gli accordi locali?

Introdurremo nuove leggi sul conflitto di interessi e sulla Par Condicio? Arriveremo all’immissione sul mercato (ed allo smantellamento) della televisione commerciale di Stato? Attuaremo la riforma delle norme sull’editoria, sia per quanto relativo ai finanziamenti pubblici sia per quanto relativo i rapporti tra editore e comitati di redazione?

E cosa ne sarà delle inutili Province e degli inutili comuni al di sotto dei diecimila abitanti? O delle tante aziende a capitale o partecipazione pubblici, che costano diversi miliardi per stipendi e rimborsi del personale?

Troveremo una via per prepensionare il pubblico impiego, che arranca da anni e decenni dietro un’innovazione tecnologica sempre più esigente, e così poter procedere alla riorganizzazione della Pubblica Amministrazione?

Fosse solo in nome dell’ambiente, avvieremo politiche fiscali che incentivino il trasporto su rotaia o via mare? Visto che almeno il 60% dei maschi adulti non è diplomato, avvieremo una campagna di formazione permanente per gli adulti e una qualche razionalizzazione della rete formativa post-diploma ed universitaria? Introdurremo l’obbligo per tutti i detenuti di attività di studio e lavorativa, in carcere per quelli pericolosi, eventualmente all’esterno per i recuperandi?

Attueremo una vera riforma della giustizia con totale separazione delle carriere tra inquirenti, giudici ed avvocati? Ci sarà la riforma del Consiglio Superiore della Magistratura, come organismo “interno” al sistema giudiziario e con forti poteri disciplinari? avremo una definizione degli standard di qualità e di best pactices nel sistema giudiziario? Otterremo delle sentenze “in base alle prove presentate” e non “in base a giusto convincimento”? E che dire della semplificazione dei codici di procedura giudiziaria e del sistema di notifica degli atti?

Quanto alla malasanità a macchie di leopardo, ci sarà l’istituzione di un qualche servizio ispettivo nazionale per il sistema ospedaliero e di medicina di base, visto che il monitoraggio dell’Istituto Superiore di Sanità è palesemente poco descrittivo del disastro in corso e, soprattutto, non ha poteri di intervento?
Visto il caos burocratico e gestionale di tanti siti sanitari, a partire da certe astanterie chiamate sale d’attesa, ci sarà l’obbligo per i medici dirigenti di superare una prova giuridico-amministrativa?

Visto che in molti ospedali non si vede un volontario uno, cosa farne delle Onlus operanti nel settore sociale e salutistico? Le obbligheremo ad utilizzare almeno il 30% del fund rising in interventi diretti per i malati, come accompagno, assistenza e supporto, eccetera? Ed il mercato nero degli alloggi, vogliamo sanarlo obbligando i grandi ospedali di dotarsi, anche con convenzioni ad hoc, di strutture ricettive (bed & breakfast) per pazienti e familiari? Ed i 2-6 milioni di malati cronici e/o rari dovranno ancora macinare ore e chilometri per una fiala, oppure avranno il diritto di essere curati presso ospedali generali o poliambulatori di propria scelta, con abbattimento dei rischi terapeutici e dei costi per accertamenti e cure?

La smetteremo di inseguire il miraggio di 100-200 miliardi da recuperare dall’evasione fiscale e, piuttosto, prenderemo atto che qualche calcolo è, evidentemente, troppo ottimistico e che, probabilmente, è il sistema che utilizziamo che non funziona, visto che la pressione fiscale è esosa e sfilacciata? E come non considerare quanto stamane Oscar Giannino spiegava ai telespettatori durante la trasmissione Omnibus, ovvero che siamo in un paese dove la pressione fiscale è almeno al 43% a fronte di stipendi molto bassi e che per questo è necessario attenuare il carico sui redditi, sulla produzione e sul lavoro?

E che dire di uno Stato ‘guardone’ che pretende di analizzare persino i consumi di sapone nelle nostre case, ma non onora i propri impegni ed i propri debiti?

Alcune delle tante domande per le quali vorremmo leggere le soluzioni nei programmi elettorali e delle quali vorremmo sentir parlare nei talk show televisivi.

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Servizio pubblico televisivo: più informazione e meno fazione?

14 Gen

Il confronto tra Silvio Berlusconi e Michele Santoro, su Servizio Pubblico giorni fa, verrà forse descritto, dagli storici dei media, come il canto del cigno di un certo modo di fare televisione, che – prima sulla RAI e poi su alcune reti private – ha preso piede in Italia da oltre un decennio.

berlusconi santoro

Parliamo delle trasmissioni politiche dove è sempre necessario confortarsi con i lazzi di qualche comico (anche un vignettista va bene), dove vengono sciorinate accuse madornali senza un accettabile diritto di replica, dove il conduttore assurge a catalizzatore del basso ventre popolare.

Non è un caso che gran parte dei critici ed analisti mediatici, che si sono espressi in questi giorni, hanno puntato il dito sull’acrimonia di Santoro verso Berlusconi, sulla scaletta rigida del programma che ha permesso a Berlusconi di vincere praticamente tutti i round, sul giustizialismo ‘facile’ che si è ritorto contro, sul sarcasmo truculento che ha trovato ‘pan per i propri denti’ nell’umorismo dell’ospite/accusato.

Il tutto con uno share abissale, ovvero sotto il naso degli italiani, che hanno toccato con mano come andrebbero certe ‘trasmissioni di informazione’, se il diretto interessato può giocare ad armi pari, come ha potuto pretendere Silvio Berlusconi.

Eppure, Santoro – come tanti altri – avrebbe potuto evitare la solita saga dei processi, delle frequentazioni e delle escort, che toccano diffusamente il mondo della politica e della finanza, come raccontano le vicende dell’ex-cancelliere socialista tedesco Gerhard Schröder, nel consorzio Nord Stream AG della Gazprom russa, o quelle di Dominique Gaston André Strauss-Kahn, ex ministro socialista francese, con non poche donne a New York come altrove, per non parlare dei sospetti di rapporti tra mafia e politica addirittura nell’assassino del presidente statunitense John Fitzgerald Kennedy. Una realtà alla quale le popolazioni dei paesi democratici sembrano essersi rassegnate, visti i livelli di astensionismo.

dati della London School of Economics and Political Science

Ben altro avrebbe interessato i cittadini telespettatori e consumatori dal confronto Santoro-Berlusconi.

Ad esempio, le critiche a Mario Monti che ambedue hanno palesato nel corso di questi 12 mesi. Meglio ancora che l’ex premier esponesse la sua versione di come l’Italia sia finita in una tale congiuntura, prima che ‘eventuali cospirazioni’ determinassero la sua caduta/defenestrazione.
Contraddittori che avrebbero potuto toccare le cause della diffusa e costosissima malpractice che vessa Sanità e Welfare, ormai in balia di una sottocasta politica e professionale, sgradita per motivi diversi ad ambedue.

Ancora, avremmo potuto apprendere, stante il populismo di ambedue i protagonisti, se e come potrà essere raddrizzata la sbilenca barca della produttività e del lavoro italiani, su cui tutte le parti politiche non sembrano andare oltre le manifestazioni di intento nelle loro promesse.
Addirittura, si sarebbe potuto parlare di sistema televisivo e pubblicitario, che ha un bel costo anche lui e che, da come stiamo messi, ci spinge verso consumi e stili di vita che forse non possiamo permetterci.
Argomenti che avrebbero permesso di capire, a tutti noi, cosa ci aspetta dietro l’angolo delle prossime elezioni.

Dunque, quello di cui ha preso atto il pubblico dei telespettatori, futuri elettori, è che di tutto questo non se ne è parlato e che è stata di Michele Santoro la decisione di non farlo, nell’evidente tentativo di gestire una trasmissione-processo, mentre a noi tutti, inclusi gli antiberlusconiani duri e puri, interessava l’informazione-dibattito. Un discorso che vale anche per la RAI, dove andrebbe considerato il dato che una somma di fazioni non fa di certo nè libertà d’informazione nè servizio pubblico.

Preso atto che abbiamo assistito ad un programma talmente a senso unico che è stato un gioco da ragazzi ribaltare il tavolo e prevalere mediaticamente, resta solo da rimpiangere le Tribune Elettorali di  Zatterin e Iacobelli e chiedersi se Santoro abbia, involontariamente, ‘prodotto consenso’ per Silvio Berlusconi ed il PdL con meno del 5% o anche di più.

N.B. La vignetta non era dedicata dall’autore al contesto italiano, bensì alla malasanità statunitense, e ne sono state cancellate le scritte.

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Automobili: la Cina supera l’Europa

2 Gen

Il Financial Times annuncia che la Cina, nel 2013, per la prima volta supererà l’Europa nella produzione di autovetture e veicoli leggeri. La previsione è di  19,6 milioni di veicoli rispetto ai 18,3 milioni europei.

Le proiezioni si basano sui dati della IHS, LMC Auto e consulenza PwC, gli investimenti banche UBS e Credit Suisse. Essi dipingono un quadro di lieve ripresa nel 2013 per l’industria automobilistica mondiale con un’Europa la cui produzione ha perso il 10% della fetta di mercato rispetto al 2001 ed il 30% rispetto al 1970, quando quasi una ogni due auto prodotte nel mondo nasceva in una fabbrica in Europa.

Non a caso, Norbert Reithofer, amministratore delegato della casa automobilistica tedesca BMW, ha detto di aspettarsi le condizioni per la vendita di autovetture in Europa rimangono “molto impegnative” nel 2013.

Una criticità che era stata prevista in Europa come conseguenza del un forte calo delle vendite di auto in tutto il continente dopo la crisi finanziaria, che non sembra essere cessata, con gravi difficoltà anche per i produttori di veicoli di grandi dimensioni, in particolare francese PSA Peugeot Citroën, che sta tagliando quasi 10.000 posti di lavoro ed è in attesa di un pacchetto di € 7 miliardi per il salvataggio del suo braccio finanziario da parte del governo francese.

Un’Europa che è generalmente riconosciuta come il luogo in cui l’industria automobilistica mondiale ha avuto inizio con un rudimentale  veicolo a tre ruote, prodotto nel 1885 dall’inventore tedesco Karl Benz.

Un’Europa dove oggi, Håkan Samuelsson, amministratore delegato di Volvo Cars,  dice che “per quanto riguarda l’industria automobilistica europea, si può solo pregare”. E c’è da credergli se teniamo in conto che la Volvo, solo due anni fa, è stata ceduta dalla Ford alla società cinese Zhejiang Geely Holding Group, che ha l’ha pagata 1,3 miliardi di euro.

Del resto, come competere se ‘lo stipendio medio mensile di un operaio cinese della Fiat a Shan Chat è di 250,00 euro’ (fonte Paolo Longo – RAI) ed ‘il costo salariale medio nell’industria automobilistica è di 1 euro all’ora’ (Les Echos , France , 25/03/2006)?
Operai che svolgono 12 ore di attività giornaliera, senza accantonamenti previdenziali, che mangiano, vivono e dormono in strutture messe a disposizione dalle fabbriche e da loro regolate. Per non parlare dei detenuti, inviati ai lavori forzati anche e spesso perchè ‘divergenti’, costretti ai lavori più rischiosi senza neanche un salario.

Condizioni di vita subumane che la nostra civilizzazione si vanta, rispetto a quelle orientali, di aver superato. Anzi, essendo la nostra europea una società di uomini liberi, una tale costrizione è degna del nome di schiavismo, come quello denunciato in una disperata richiesta di aiuto, arrivata dalla Cina nascosta in un gadget di Halloween, e trovata giorni fa una donna dell’Oregon all’interno di una confezione acquistata da Kmart.

Cattivi cinesi, allora? Non esattamente.
Le fabbriche dove si lavora in quel modo e/o con quei salari sono di proprietà di Haier Group Co, Benetton Group S.p.A., Hermès International, Vivarte ex-André Groupe, Liz Claiborne, Inc., Hi-Tec Sports plc, Giovanni Crespi Spa, Cone Denim, Cortefiel, S.A., Geox Spa., Dainese, Triumph International, H&M (Hennes & Mauritz), Rossignol SA, Samsonite Corp., Beaumanoir, FIAT, Citroen, Dell Computer, Acer Inc., Apple Inc., DC Leisure, DeCoro, Hewlett-Packard Co., Mattel Inc., Merton Company Ltd, New Balance Athletic Shoe Inc., Polo Ralph Lauren Corp., Nokia, Brown Shoe Company, Timberland Co.,Wolverine World Wide, Liz Claiborne, Phillips-Van Heusen Corp, Toys “R” Us Inc., Wal-Mart Stores, Nestlé SA, C&J Clark International Ltd, Fila Holding SpA, McDonald’s, Reebok International Ltd., Disney (Walt), Hasbro Inc., Polo Ralph Lauren Corp., Adidas, Nike Inc., Levi Strauss & Co., Volkswagen, eccetera eccetera.

E non v’è necessità di pensare in grande, dato che la presenza delle aziende italiane solo nell’area est della Cina e’ stimata in circa 900 unità, con un aumento del 291% rispetto al dato registrato nel 2006 (230 unità). La sola rilevazione dell’ufficio ICE di Shanghai, per il territorio di competenza, aggiornata a novembre 2011 (sulla base delle richieste volontarie delle imprese) comprende 443 società italiane.

Un’idea brillante – ma solo in termini di bolla speculativa generazionale – quella di far produrre cose agli operai cinesi pagandoli un quinto degli operai nostrani ai quali rivendere cose per il doppio od il triplo del costo di produzione.
Ma quanto potrà durare? O meglio, come non prender atto che è già finita?

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Italia in balia delle lobbies

5 Dic

In questi giorni si legge esultanza per lo spread – il famigerato spread – ritornato intorno ai valori di marzo scorso, quando ci strappavamo i capelli per quanto andassero male le cose.
Uno spread, così catastrofico, generato dall’eccessiva quantità di titoli che lo Stato Italiano immetteva sui mercati, offrendo tassi di interesse generosissimi, che rappresenteranno un’onerosa palla al piede per circa un decennio.

Un decennio cruciale che vedrà arretrare l’Italia sempre di più, se le premesse sono queste.

crash test

Assistiamo ad una lotta serrata, all’interno dei vari Poteri, come per la Cassa Depositi e Prestiti, che va consolidata al più presto, oppure per le pensioni, che appaiono sospese ad libitum, ma anche per le prebende e le iniquità di cui nessuno sembra voler spogliarsi. In tutto ciò, vorremmo tutti sapere che fine hanno fatto Unicredit e Monte Paschi di Siena, come vorremmo sapere da dove prendiamo i soldi per finanziare la fabbrica di caccia F-35, per comprarne in largo numero e per manutentarli nei prossimi 15 anni.

Si va avanti a colpi di blitz, più o meno riusciti, come quello di Profumo sull’orario e le sostituzioni dei docenti, senza però toccare il costo dei libri di testo, che sono ‘unificati’ e forniti dallo Stato in molti paesi più democratici e trasparenti del nostro, alle concessioni trentennali delle spiaggie richieste da un governo che afferma di voler vendere parte del Demanio.

Oppure, il gioco d’azzardo che, grazie ad un migliaio di nuove autorizzazioni on line, arriva nelle case alla vigilia di Natale e nessuno pensa, almeno, a vietarne la pubblicità in televisione. E nel giorno della vittoria del democratico Bersani rivediamo pugni chiusi ben alti verso il cielo, come se il tempo non scorresse e gli errori non fossero diventati Storia.

La Consulta, non i Servizi Segreti, che ordina di distruggere le intercettazioni che coinvolgono il Presidente della Repubblica nell’inchiesta sulle ‘trattative Stato-mafia’. Il ministro dell’Ambiente interviene riguardo l’ILVA, una fabbrica chiusa dai magistrati per i diffusi danni alla salute delle persone, auspicando che si sia ragionevoli e la si riapra. Intanto, giusto per ricordarci il naturale ordine delle cose, la terra trema nel Piceno, scossa di magnitudo 4, e secondo Mario Monti dovremmo avere tutti un’assicurazione contro i danni geosismici.

adac crash test

L’altro ieri, a Montalcino, qualcuno ha distrutto 600 ettolitri di Brunello pregiato e gli indagini parlano di ‘vandali’,mentre il mondo degli adolescenti deve essersi fatto davvero triste, se i bulli (eufemismo che sta per youngster, ovvero giovane criminale) imperversano a danno di omosessuali, passanti e persino soccorritori, come leggiamo sulle cronache. Intanto, L’Espresso riporta che si verifica circa un caso al giorno di laser negli occhi dei piloti, in fase di atterraggio negli aeroporti italiani.

Di legge elettorale, risultati zero. Il governo auspica una riforma, ma noi cittadini prendiamo atto che è dal 1994 che devono farne una che funzioni e che, ormai, questi nostri partiti si son convinti di poter governare con il 30% dei consensi su una base di votanti del 60-65%, ovvero il 20% circa dell’elettorato complessivo. Intanto, Patroni Griffi avvisa che “nella P.A. ci sono 260.000 precari e non è possibile stabilizzare tutti”, mentre Balduzzi, alla Sanità, lancia tagli per oltre un miliardo, ma è pronto a cederne quasi altrettanto al Lazio per risanare i conti di Polverini.

Dopo un anno di governo del probo Mario Monti, la corruzione in Italia peggiora di tre posizioni nel rapporto annuale di Transparency International: siamo 72mi alla pari della Tunisia. E che l’appeal per le aziende globali sia basso, lo conferma il ministro Passera che, riguardo alla FIAT, non vede “la determinazione a superare la crisi con gli investimenti e la volontà nel campo dell’auto”.
Ovviamente, basta sfogliare Quattroruote per prendere atto che FIAT, Alfa Romeo e Lancia di modelli ne facciano pochini, di motori ancor meno e che il marchio è presente nei segmenti medio ed alto solo con la Giulietta-Delta e la ‘vecchia’ 159, il resto è Chrysler.

Quanto al bilancio complessivo del Paese, l’aver investito in cemento, anzichè tecnologia, comporta che da quasi 20 anni non esportiamo hardware, ma lo importiamo ampiamente, e che un quarto circa della nostra spesa estera consiste in energia, mentre tutto il settore agroalimentare fornisce un misero 4-5% al PIL complessivo del paese. Giusto notare che il nostro export, oltre all’agroalimentare, consiste principalmente nel Made in Italy e vedremo quanto uscirà indebolito dall’overtaxing montiano e dagli aiuti contro la crisi ricevuti a caro prezzo, in un paese che non restituisce in servizi, innovazione e sicurezza quanto i cittadini versano come tasse, tributi e previdenza.

crash test 1

Per non dimenticare 2,9 milioni di disoccupati (con il welfare che ci ritroviamo), una marea di casalinghe ‘obbligate’, qualche milione di precari e contratti a termine, 400.000 lavoratori a nero nell’agroalimentare, una ventina di milioni di pensionati che campano con redditi inferiori ad un salario minimo. O la totale inazione del governo nel bloccare, ope legis, i vitalizi che i politici locali si sono regalati nel corso di questi mesi, e la poca incisività nel trasformare le Province in distretti amministrativi, eliminando un migliaio di politici e almeno 200 milioni di spese.

Dunque, dopo un anno, le chiacchiere stanno a zero e le cose vanno peggio.
Questo sarà il lascito per il Paese di Mario Monti, ex consulente di Goldman Sachs, di Giorgio Napolitano, che l’ha incaricato, e di Eugenio Scalfari, che l’ha fortemente voluto.

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Landini contro tutti

28 Gen

Oggi, i sostenitori della FIOM hanno organizzato cortei e presidi dinanzi alle fabbriche per protestare contro gli accordi siglati dagli altri sindacati ed accettati dai lavoratori degli stabilimenti Fiat di Pomigliano e Mirafiori.

Il segretario generale della FIOM Maurizio Landini annuncia: «Federmeccanica e Confindustria devono sapere che, se fanno quello che fa la Fiat, ci sarà un conflitto che non ha precedenti nel nostro Paese».

Eh già, con la situazione politica, finanziaria e produttiva che abbiamo ci manca solo il “conflitto” di Landini, in modo che, dopo la Tunisia e l’Egitto, anche l’Italia abbia le sue giornate di morte e di sangue.

Cos’altro mai, visto che si annuncia un conflitto?

 

I comunisti e la logica del conflitto

28 Gen

Il principale problema insito nel confrontarsi con dei comunisti è l’idea che la società sia divisa in classi e che queste siano in conflitto tra di loro.

E’ una questione che puntualmente riemerge, inficiando profondamente sia la credibilità democratica dei comunisti stessi sia, soprattutto, il perseguimento di soluzioni pienamente condivise.

Oggi, il segretario generale della FIOM ha prefigurato un conflitto sociale prossimo venturo “che non ha precedenti nel nostro Paese”, che, ricordiamolo, ha già vissuto, in 150 anni, le insurrezioni del primo dopoguerra, il Fascismo e gli Anni di Piombo.

Un conflitto probabile, se c’è chi soffia sul fuoco ed indottrina giovani; un conflitto sterile, dato che impoverirebbe il paese come accadde negli Anni ’70; un conflitto inutile, perchè i comunisti farebbero bene a capire che il “nemico è anche tra di loro”.

Un esempio banale può chiarire facilmente l’assurdità di quello che accade. Giorni fa, infatti, si annunciavano gli utili azionari della Fiat a fronte del nuovo contratto di lavoro peggiorativo. Non pochi hanno associato i dividendi a squallidi personaggi di grotziana figura ed i contratti a schiere di lavoratori Fiat schiavizzati come solo Fritz Lang seppe fare.

A nessuno è venuta l’idea che tanti di quegli azionisti siano normali lavoratori dipendenti che hanno puntato i loro risparmi, poche migliaia di euro, sulla ripresa di un’azienda italiana che da lavoro agli italiani.

Nessuno ha pensato che tra i “fortunati” azionisti Fiat ci possano essere anche non pochi lavoratori della stessa azienda.

Quanti sono gli “schiavi” che sono anche “padroni” di se stessi?

Anche questo è il Terzo Millennio.