Tag Archives: privatizzazioni

Comune di Roma: la cruda verità

2 Set

Prima della ‘volontà popolare’ c’è sempre la legge di bilancio: senza denari non si cantano messe. Per questo motivo, da otto anni, tra il dire – in campagna elettorale – ed il fare – pervenuti al potere – c’è di mezzo il mare, sempre che non sia stato questo il motivo del frettoloso addio di Walter Veltroni, la cui consigliatura fu all’origine di tutti i mali.

E_001_Degrado_San_Lorenzo_Roma

Da otto anni , Roma vive con la spada di Damocle del debito pregresso accumulato dal Comune e furono rateizzate somme per diverse decine di miliardi, di cui circa quindici ancora correnti verso Ubi Bank.

E doveva cambiare qualcosa, dagli appalti, alle forniture, alla spesa sociosanitaria, alla previsione di bilancio, alle dismissioni, fino agli ammortamenti passivi. Invece – oggi, a bilancio 2016 – per l’ennesima volta  troviamo che le spese prive di effettiva copertura ammontano a circa il 15% del bilancio complessivo, che nel 2013 l’Atac era in rosso per ‘soli’ 139 milioni e AMA copriva solo il 25% della raccolta differenziata con tassi di assenteismo, mentre  il disavanzo e il disequilibrio strutturale sostanzialmente coincidono, confermando un buco annuo di circa 440 milioni.

Infatti, “i revisori rilevano, tra i vari problemi, «il costante ricorso all’anticipazione di tesoreria, che denota la carenza cronica di liquidità», ma anche «l’ingente importo dei pignoramenti da parte dei terzi nei confronti di Roma Capitale, che evidenzia l’incapacità dell’Ente di provvedere al pagamento dei propri debiti nei modi e nei tempi stabiliti dalla legge». Per questi motivo «appare indispensabile la dismissione» delle partecipate di secondo livello e «la razionalizzazione delle società rientranti nel perimetro di Roma Capitale».” (Il Messaggero)

Essendo il parere dei revisori ‘prescrittivo’, come lo è il Piano di Rientro, speriamo che almeno questa volta chiunque vorrà candidarsi a Sindaco del Comune di Roma sentirà il dovere di ‘promettere’ ai cittadini:

  • riduzione del 10% delle spese per la dirigenza e contrazione di 2,6% della quota non fissa del monte salari nelle spese di personale
  • solo il 40% delle economie derivanti dal blocco del turn over può concorrere a nuove assunzioni; il restante 60% va acquisito come ‘risparmio’
  • revisione di tutti i contratti di affitto adeguandoli ai valori non catastali, bensì dell’Osservatorio del Mercato Immobiliare
  • rimozione dei debiti fuori bilancio nell’ambito della razionalizzazione di beni e servizi
  • risparmio di spesa del 30-40% derivante dalla revisione dei contratti di acquisto di energia elettrica per l’illuminazione pubblica – attualmente eccedenti la tariffa unica nazionale (sic!) – e interventi sugli impianti per il risparmio energetico
  • contenimento del 7% sulle spese di gestione delle mense perchè eccedenti i valori Consip e riduzione degli oneri di spesa correnti per 10 milioni di euro, onde garantire l’incremento dei servizi di asilo nido
  • spesa da raddoppiarsi (da 20 a 47 milioni) per la manutenzione stradale
  • risparmio di almeno il 30% sulle spese di assistenza sistemistica (informatica) attualmente “circa 8 volte quella desumibile dagli indicatori standard”
  • sostanziali risparmi nell’assistenza anziani – causati dalla segmentazione e dal mancato ricorso a procedure competitive di acquisto – da destinarsi al potenziamento del servizio stesso
  • revisione di tutti i contratti di fornitura (riscaldamento, elettricità, acqua, telefonia), per i quali “il Comune di Roma Capitale fa rilevare scostamenti significativi dagli standard nazionali”
  • recupero  dalla Regione Lazio di circa 20 milioni annui ripristinando il contributo regionale per le residenze sanitarie assistenziali, su cui la Regione “ha legiferato in maniera non ortodossa, disponendo autonomamente un maggiore onere per il Comune”
  • riduzione di almeno il 25% della spesa per le assicurazioni RCA dei propri automezzi e cessione delle Assicurazioni di Roma, che “costituisce un unicum nel panorama nazionale e internazionale” e che “vista la morosità dei clienti, versa in uno stato di difficoltà”
  • dismissione di tutte le società partecipate che non svolgono attività strumentale a quella del Comune, perchè “lesive della concorrenza” e mantenimento delle società partecipate solo in quei casi in cui “la presenza di privati non è in grado di garantire l’erogazione di beni pubblici”
  • cessione o liquidazione da parte di AMA delle quote di Roma Multiservizi, Fondazione Insieme per Roma, Cisterna Ambiente, Centro Sviluppo Materiali, Società per il Polo Teconologico Romano, Acea, Consel Scarl
  • cessione o liquidazione da parte di Atac delle quote di Trambus Open, Bravobus, SMS Sicurezza Mobilità Consel Scarl, Banca Etica, BCC Roma, Polo Tecnologico
    fusione pe rincorporazione di AMA con “AMA Soluzioni Integrate” e di Atac con OGR e con “Atac Patrimonio”
  • ulteriori cessioni o liquidazioni di Servizi Azionista Roma, Roma Patrimonio, Agenzia Turistica per il Lazio, Agenzia Comuale tossicodipendenza e delle quote in BCC Roma, Alta Roma, Centrale del Latte; incorporazione di Cargest e del Centro Ingrosso Fiori nel Centro Agroalimentare Romano, per la gestione diretta e non dei mercati ortofrutticoli ed ittici all’ingrosso di Roma e dintorni; salvataggio di Farmacap salvaguardando i profili di economicità e solo entro le finalità istituzionali.

Questo è quello che il comune di Roma deve fare da anni e questo è il Piano di Rientro approvato: non c’è riuscito Gianni Alemanno, idem per Ignazio Marino, adesso tocca a Virginia Raggi.

Senza denari non si cantano messe e … non si può cavar sangue dalle rape: il Comune di Roma andrà elezioni a breve? E che dire della Regione Lazio che non sembra cavarsela molto meglio?

Demata

 

Borse giù: gli errori e le prospettive

9 Feb

Ormai è chiaro a tutti: il parlamento dei quarantenni – dal 2013 ad oggi – non è riuscito a portarci fuori dalla Crisi. Anzi, potrebbe averla aggravata.

Padoan, ministro dell’Economia e, soprattutto, delle Finanze, cerca di rassicurare mercati, famiglie ed investiri con il solito “quest’anno il debito calerà” … peccato che lo sentiamo dire dal giorno stesso dell’Unificazione italiana.

E se il debito cresce ogni anno, ormai sappiamo tutti che il problema sono quel 37% di spesa pubblica per rendite pensionistiche dei lavoratori che di norma non fanno bilancio pubblico e che anche questa legislatura non ha cessato decine di migliaia di aziende ed enti pubblici del tutto inutili od in folle perdita da decenni.

Dunque, i mercati e gli stati esteri sono vivamente preoccupati dall’estate scorsa nel constatare che è il 2016 e nulla si è fatto in Italia per riequilibrare il bilancio pubblico, mentre ripresa e crescita mondiale ritornano in stato comatoso.
Allo stesso modo, sono seri i dubbi che il già iniquo, sprecone e costoso Welfare italiano possa sostenere l’impatto (e la spesa) di milioni di nuovi arrivi.

Ma, per ridurci in queste condizioni, sono stati necessari alcuni gravi errori governativi nel settore finanziario:

  1. il crack di Banca delle Marche, Popolare dell’Etruria e del Lazio, Cassa di risparmio di Ferrara e Cassa di risparmio di Chieti è stato scaricato sul sistema bancario per quasi 4 miliardi di euro, di cui due erogati dal Fondo di risoluzione  e altri 2 miliardi arrivano da una linea di credito attivata da Intesa Sanpaolo, Unicredit e Ubi, nella speranza di riuscire a recuperare negli anni successivi almeno una parte dei fondi erogati attraverso la vendita delle aziende risanate o di parte dei loro asset.
    E, con un salasso del genere, tutto questo si traduce in minore disponibilità finanziaria per le aziende produttive che avranno bisogno di un fido e … per le politiche sociali e di crescita dal governo.
  2. negli stessi giorni, il Fondo strategico italiano (Cassa depositi e prestiti) rileva da ENI  il 12,5% del capitale di Saipem e sottoscrive l’aumento di capitale da 3,5 miliardi di euro, nell’ambito del nuovo piano strategico della società. Poi, salta fuori che Saipem attingerà dal sistema bancario finanziamenti per 4,7 miliardi di euro, di cui 3,2 miliardi serviranno a rimborsare i crediti residui verso Eni e che l’interruzione del progetto South Stream  ha comportato per Saipem un ‘danno’ corrispettivo di oltre 750 milioni.
    Intanto, con l’entrata di FSI (Cassa depositi e prestiti) e l’annuncio di aumento di capitale le azioni erano state collocate a 7 euro ed oggi valgono la decima parte se non meno.
  3. e più o meno contemporaneamente, Consob poneva paletti alla privatizzazione di Poste Italiane, che – con Enav e tant’altre ‘imprese pubbliche’ tra cui Inps e FS – attende la quotazione in borsa da anni ed anni.
  4. un paio di mesi dopo, Renzi annunciava che la diga di Mosul «è seriamente danneggiata e se crollasse Baghdad sarebbe distrutta. L’appalto è stato vinto da un’azienda italiana».
    Anche in questo caso il popolo dei risparmiatori /azionisti investiva sul titolo e le azioni di Trevi Group schizzavano da 1,075 € del 15 dicembre a 1,82 € del 30 dicembre; oggi sono intorno a 1,2 € pur avendo vinto la maxi commessa da 2 miliardi dollari.
  5. sempre sul finire del 2015, ENI presentava al Senato il piano di ENI riguardo lo sfruttamento dell’enorme  giacimento di gas scoperto alla fine di agosto di fronte alle coste egiziane. Grande entusiasmo finanziario e politico, siamo contenti per ENI, ma è ancora da capire quanto di quel gas arriverà davvero in Italia e in Europa visto che l’Egitto è un paese assetato di energia, senza parlare di contese territoriali (il giacimento è ‘quasi’ off shore) e di scombussolamenti politici in Egitto o (come nel presente) di crisi diplomatiche con l’Italia.

Intanto, quali siano i risultati di questa legislatura sono tutti in un grafico.

1_livelloPIL

L’Italia è ritornata ai livelli del 2000 ed è dal 2012 che non si vede ripresa del PIL, solo una frenata nella caduta. Intanto, rispetto al 2000 c’è l’euro anzichè la liretta ‘fai da te’, l’11 settembre neanche ptevamo immaginarcelo, c’è il 15% in più di pensionati e l’età media degli occupati in alcuni settori supera ormai i 50 anni.

Intanto, l’agenda politica è focalizzata sulla riforma del Senato, sulle nozze gay e sulle improponibili candidature di tanti aspiranti sindaco, mentre abbiamo bruciato non si sa quante risorse, che potevano andare a risanare bilanci pubblici anzichè privati.

E, se sei mesi fa l’agenzia internazionale Fitch confermava il rating dell’Italia a BBB+, avvertiva anche che “l’Italia altamente esposta a potenziali shock avversi” per il debito, per il rapporto deficit /Pil, per la “meno ambiziosa” riforma della spesa pubblica, per la solvibilità garantita solo grazie ai risparmi delle famiglie e ad “un sistema delle pensioni sostenibile” (sic !).

Come anche son quasi 3 anni che il secondo partito, i Cinque Stelle, non spinge per le riforme che servono e che languono nelle Commissioni, mentre Renzi riconferma l’antica regola (violata dal PSI di Bettino Craxi) che non si governa bene o affatto, se si è nella doppia veste di premier e segretario di partito.

Dunque, non sono le amministrative o il referendum costituzionale nè l’esigente Europa quello che deve preoccupare Renzi, il suo partito e la sua generazione: i prossimi bollettini di rating arriveranno prima delle elezioni.

Servirebbe che il governo mettesse in calendario le norme su pensioni e privatizzazioni che attendono nelle varie commissioni e che – emendate al meglio – fossero sostenute anche dalle opposizioni. La Grecia con i suoi quarantenni ‘soli al governo’ è finita con un indebitamento maggiore e condizioni peggiori: questo dovrebbe insegnarci qualcosa.

Demata

Genova: ecco l’Alba Dorata di Beppe Grillo

22 Nov

Si parla tanto di spesa pubblica insostenibile ed è ben chiaro che la voragine dal mille miliardi del PIL italiano di certo non può dipendere dai quattro ‘spiccioli’ (milioni di euro) che vanno in malora per le prebende dei politici.

Il problema sono i ‘miliardi di euro’ che spendiamo ogni giorno per servizi malandati e tutele che neanche in Svezia se le sognerebbero.

In prima fila, tra i servizi spreconi, iniqui e malandati troviamo il sistema pensionistico pubblico, che – cosa nota a tutti orma – de facto regala quasi 10 miliardi di euro all’anno ai pensionati di fascia alta (over 3.000 euro mensili), visto che la stessa INPS ha dovuto ammettere di recente che la contribuzione effettiva di lor signori è molto lontana da ammortizzare l’ingente spesa.
Miliardi di euro ai quali si aggiungono, ad esempio e non solo, il buco di circa cinque miliardi ereditato dalle casse prvidenziali dei dirigenti per tramite dell’INPDAP.
Non deve stupire se l’INPS registri una perdita di circa 12 miliardi annui nè dobbiamo meravigliarci se pian piano l’ira verso la riforma Fornero serpeggia tra tutti coloro che abbiano versato finora 15 o più anni di contribuzione.

In seconda fila abbiamo una pletora di dipendenti pubblici e semipubblici di cui davvero non sappiamo che farcene.
Si parte dall’istruzione dove – sulla base di 1000 alunni per istituzione scolastica – basterebbero 4-5.000 dirigenti scolastici e, invece, ne abbiamo il doppio. Oppure i docenti, che dieci anni fa erano forse 700.000 ed oggi quasi un milione, mentre gli alunni iscritti son calati ed il numero di maschi adulti non diplomati era, è e sarà all’incirca il 70% dell’intera forza lavoro.
E si arriva all’Università, che ha dimensioni elefantiache, nonostante il nostro paese sia il fanalino di coda dell’OCSE in quanto a numero di laureati (15% circa), specialmente se consideriamo solo quelli scientifici (5-7%).

Andando agli apparati ministeriali e degli enti locali, stracolmi di sessantenni subinformatizzati tutti al massimo della carriera e largamente incapaci sia di usare un computer decentemente sia soprattutto disavezzi all’efficienza oppure un esercito di laureati che senza aver mai studiato un rigo di matematica o di project management vengono reclutati per quantificare e gestire tagli. Quanto danno abbiano arrecato all’Italia queste persone ed i sindacati che li tutelano è impossibile dirlo, ma basta ricordare che un qualunque certificato che ‘ritorni indietro’ o ‘non sia necessario’ provoca dei costi a catena esorbitanti per la P.A., per le imprese e per i cittadini.

C’è la macchina del welfare gestita da Comuni e Regioni, che ci costa un occhio della testa con i risultati che conosciamo.  Milioni e milioni di italiani ai quali diamo casa, esenzione e sussidio/cassa integrazione, senza neanche verificare se in realtà lavorino in nero e, in caso di famiglie allargate, se abbiano altri redditi. Senza neanche chiedere loro – non in un anno, ma in un decennio – di frequentare corsi di formazione o di ‘restituire’ una parte del benefit erogato collaborando in servizi socialmente utili. Ormai, a parlare di case popolari, ci troviamo dinanzi a case ‘tramandate’ di bisnonna a pronipote … e, parlando di onlus, troviamo troppi volontari che ne hanno fatto dei rimborsi spese un primo o secondo lavoro esentasse.

E c’è il comparto trasporti. Quello che vede Genova in ginocchio per gli scioperi, sommersa dall’immodizia non raccolta con Beppe Grillo e Andrea Gatto, sindacalista della Faisa/Cisal, che sbraitano contro le privatizzazioni. Anzi, ad essere esatti, Grillo parla di ‘lotta all’ultimo sangue’ e i sindacati di ‘scintilla di un incendio che si espanderà in tutta Italia’.

L’idea balzana è che, in un paese con un debito ed un deficit pubblici come il nostro, «le autostrade, il gas, i trasporti, l’acqua sono un bene pubblico e nessuno deve arrogarsi il diritto di venderli ai privati».
Balzana perchè autostrade e energia sono già private: sono delle società per azioni, il non plus ultra del ‘Capitale’. Balzana perchè se l’azienda trasporti di Genova sta per fallire, la questione è del tutto ovvia: i prezzi dei biglietti sono troppo bassi.

L’idea eversiva è che, in un paese democratico e ultragarantista, dove si viaggia in autobus sottocosto, accada che “la città è rimasta a piedi, prigioniera dell’ingorgo provocato dallo sciopero selvaggio degli autisti, non un bus è uscito dalle rimesse. Poi buona parte dei 2300 dipendenti Amt ha dato l’assalto a Palazzo Tursi, aperto di forza le porte del Consiglio comunale, invaso l’aula rossa, intonato cori di «dimissioni», interrotto la seduta e l’intervento del sindaco. Infine un gruppetto ha cercato di colpire il primo cittadino. Doria è stato scortato fuori dall’aula dai vigili, nel tafferuglio un vigile è caduto e si è rotto un dito, altri quattro (fra cui una vigilessa) sono andati al pronto soccorso.” (Corsera)
Non a caso, per garantire il regolare svolgimento dei lavori comunali s’è dovuto ricorrere alla forza pubblica e, come ha precisato è stato il Prefetto di Genova, Giovanni Balsamo: «Dobbiamo preservare la democrazia. Fare uno sciopero a oltranza è da irresponsabili. La tollerabilità di una protesta scende man mano che passa il tempo e il disagio per i cittadini cresce. In questo caso la tollerabilità è scesa a picco».

Il tutto mentre Roma era assediata e completamente bloccata da un migliaio, forse meno, di NO TAV, precari, occupanti di case eccetera, che hanno assaltato ben due sedi di partito. E mentre, come da quarant’anni le solite scuole superiori erano occupate e di far lezione sul serio se ne riparlerà a gennaio, che Natale è alle porte ed il futuro del paese può attendere. Ovviamente, gli occupanti saranno men che cinquanta di media per scuola, mentre i loro compagni che saltano le lezioni saranno almeno 6-800 …

Dunque, se qualcuno stesse cercando l’Alba Dorata italiana – ovvero la giunzione tra pubblica amministrazione intoccabile e movimenti di protesta irresponsabili e violenti – eccola trovata. In Grecia ammantata di nero ed in Italia – oggi come negli Anni ’70 – con la bandiera rossa in mano, come quella degli operai FIAT che sono rimasti al lavoro – ope legis – dopo aver bloccato l’impianto e messo a rischio la sicurezza.

Cose che accadono solo in Italia. Enrico Letta si è detto dispiaciuto, ma son lacrime da coccodrillo.

originale postato su demata

P.S. Esiste un’Alba Dorata italiana?
La domanda giusta è: perchè i promotori dello sciopero selvaggio e illegittimo dei bus genovesi non sono stati denunciati per interruzione di pubblico servizio? Perchè le scuole che non denunciano gli occupanti non vengono perseguite per omessa denuncia? Perchè vengono autorizzati sit in e cortei i cui stessi organizzatori preannunciano atti illegali e non c’è verso di arrestarli in flagranza?

Come può accadere che un organo democratico come lo è un Comune, una Regione, un Parlamento, o peggio delle scuole che con la politica nulla hanno a che fare, vengano assaltate, occupate, assediate da sparuti gruppi di facinorosi se – nel pieno dei suoi poteri ed in nome del popolo italiano – determinano strategie aziendali e piani di rientro?
Quale parte della Pubblica Ammistrazione italiana de facto avalla quelli che protestano con violenza, bloccano intere città, assaltano partiti e consigli comunali e che, come da statistiche, possono contare su una sostanziale impunità?