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Convenzione di Istanbul, cosa cambierà in Italia?

20 Giu

Il Parlamento Italiano ha approvato la Convenzione di Istanbul, ma è solo l’inizio: ci sono tutte le leggi e i decreti correlati da concordare, approvare e rendere esecutivi. Anni e anni ancora dovremo aspettare, se andrà come è andata per i Classificazione Internazionale del Funzionalità, della Disabilità e della Salute come “standard di valutazione e classificazione di salute e disabilità”, ancora in attesa di essere pienamente adottati, dal 2001.

E sono molte le cose che dovranno cambiare, si spera in fretta, se l’articolo 12 (Obblighi generali) ci impegna ad adottare “le misure necessarie per promuovere i cambiamenti nei comportamenti socio-culturali delle donne e degli uomini, al fine di eliminare pregiudizi, costumi, tradizioni e qualsiasi altra pratica basata sull’idea dell’inferiorità della donna o su modelli stereotipati dei ruoli delle donne e degli uomini”.
Come sarebbe stata l’Italia con una legge del genere e senza le pin up di Colpo Grosso e di Drive In? E delle copertine dei magazine ‘di tendenza’ con donne sempre ‘spogliate’ e maschi ‘ordinariamente macho’, ne vogliamo parlare? E delle donne sempre maestre ed infermiere e dei maschi sempre primario e capufficio? Per non parlare di quello strano limbo femminile, pressochè ignorato dal Welfare, in cui essere casalinghe o disoccupate è una non-scelta …

Non a caso l’articolo 14 impone agli stati di attuare “le azioni necessarie per includere nei programmi scolastici di ogni ordine e grado dei materiali didattici su temi quali la parità tra i sessi, i ruoli di genere non stereotipati, il reciproco rispetto, la soluzione non violenta dei conflitti nei rapporti interpersonali, la violenza contro le donne basata sul genere e il diritto all’integrità personale, appropriati al livello cognitivo degli allievi.”
Potremo continuare a finanziare od equiparare scuole ed istituti privati che non garantiscano “materiali didattici su temi quali la parità tra i sessi e i ruoli di genere non stereotipati”?
Sembrerebbe proprio di no.

E che ne sarà  tanti processi finiti come sappiamo, anche grazie a tanti appelli ‘al perdono’, se i costumi, la religione, la tradizione non potranno essere in alcun modo utilizzati per giustificare nessuno degli atti di violenza sulle donne?

E’ evidente che sarà necessario molto tempo, prima che la Convenzione di Istanbul diventi legge dello Stato italiano con tutele garantite, sanzioni apposite, procedure percorribili.
Una necessità di tempo che deriva anche da una contingenza: lo Stato del Vaticano non ha firmato la Convenzione di Istanbul, come non ha firmato la “Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità del 2008”, che, all’art. 6, riporta l’obbligo per gli Stati firmatari di “prendere misure appropriate per assicurare il pieno sviluppo, avanzamento e rafforzamento sociale delle di garantire loro l’accesso e l’esercizio dei diritti umani e delle libertà fondamentali”.

Più chiaro di così …

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Corigliano – Istanbul, la violenza sulle donne andata e ritorno

28 Mag

A Corigliano Calabro un ragazzo quasi maggiorenne, Davide M., prima tenta di obbligare una ragazza sedicenne ad atti sessuali, poi la sequestra, poi, ancora, l’accoltella 20 volte, va a prendere della benzina ed, infine, la uccide bruciandola viva, mentre lei tenta, esangue, di difendersi e lo prega di non farlo.

Per un fatto del genere, in altri paesi del mondo è prevista la pena di morte, da noi no: Davide M. sarà processato come minore, nonostante gli manchino solo pochi mesi per la maggiore età e nonostante l’organizzazione dimostrata nel crimine commesso, e potrebbe essere condannato ad un massimo di 10 anni, se verrà usato lo stesso metro applicato per Erika ed Omar, che uccisero la madre ed il fratellino di lei.

Troppo comodo uccidere in modo efferato a 17 anni ed essere liberi a 27, con un posto di lavoro che ti aspetta ed una laurea pagata dallo Stato, grazie ai servizi sociali.

C’è, dunque, da rimanere impressionati se La Repubblica – come altri quotidiani – riporti acriticamente che:

  1. la mamma di Fabiana ha detto che “anche lui è una povera vittima”, riferendosi all’assassino 17enne
  2. l’arcivescovo di Rossano-Cariati, monsignor Santo Marcianò ha parlato di un possibile recupero dell’omicida
  3. la madre di Davide M. “porta dentro di sè un grande dolore per la scomparsa di una ragazza che conosceva, un dolore che solo un genitore può capire”.

Ricordato che bisogna “dare a Cesare quel che è di Cesare”, qui si tratta, ancora una volta, di una violenza travestita da amore, un orrore. Nessuna violenza può essere debellata fino a quando il rapporto uomo-donna non si libererà di concetti come subalternità e possesso.”

E mentre l’Italia ribadisce giorno su giorno un primato in fatto di donne uccise  e di perdono verso gli omicidi, è arrivata anche la ‘tirata d’orecchie’ di Laura Boldrini, presidente della Camera, dicendosi dispiaciuta “di vedere un’aula così vuota” durante la discussione sulla Convenzione di Istanbul.

Ma cosa contiene questa Convenzione di Istambul da necessitare dei richiami di Laura Boldrini ad una maggiore presenza alla Camera, mentre Federico Gelli, deputato del Partito Democratico e componente della Commissione Affari Sociali della Camera, si trova addirittura a dover auspicare il voto all’unanimità, come se non fosse un atto dovuto?
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Facile a capirsi, sfogliando la Convenzione e ben conoscendo l’Italia.
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L’articolo 12 (Obblighi generali) prevede che si adottino “le misure necessarie per promuovere i cambiamenti nei comportamenti socio-culturali delle donne e degli uomini, al fine di eliminare pregiudizi, costumi, tradizioni e qualsiasi altra pratica basata sull’idea dell’inferiorità della donna o su modelli stereotipati dei ruoli delle donne e degli uomini” e che si vigili “affinché la cultura, gli usi e i costumi, la religione, la tradizione o il cosiddetto “onore” non possano essere in alcun modo utilizzati per giustificare nessuno degli atti di violenza che rientrano nel campo di applicazione della presente Convenzione.”
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Inoltre, vanno adottate “le misure necessarie per promuovere programmi e attività destinati ad aumentare il livello di autonomia e di emancipazione delle donne” e (art.14) vanno intraprese “le azioni necessarie per includere nei programmi scolastici di ogni ordine e grado dei materiali didattici su temi quali la parità tra i sessi, i ruoli di genere non stereotipati, il reciproco rispetto, la soluzione non violenta dei conflitti nei rapporti interpersonali, la violenza contro le donne basata sul genere e il diritto all’integrità personale, appropriati al livello cognitivo degli allievi.”
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I costumi, la religione, la tradizione non potranno essere in alcun modo utilizzati per giustificare nessuno degli atti di violenza sulle donne. Bel problema per tanti processi finiti come sappiamo e tanti appelli ‘al perdono’ …
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Bisognerà attuare programmi e attività destinati ad aumentare il livello di autonomia e di emancipazione delle donne e ad includere nei programmi scolastici di ogni ordine e grado dei materiali didattici su temi quali la parità tra i sessi, i ruoli di genere non stereotipati. Bel guaio per un sistema scolastico dove un’enorme quantità di ragazzi/e  frequentano scuole confessionali …
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