Eugenio Scalfari, nel suo domenicale, rievoca una delle frasi celebri di Guido Carli, storico governatore della Banca d’Italia: «Dobbiamo liberarci dai lacci e lacciuoli che rallentano lo sviluppo dell’economia italiana».
Il tutto per annunciare che “i lacci e lacciuoli dell’epoca di Carli non esistono più ed hanno cambiato natura”, per bacchettare Ignazio Visco che “avrebbe dovuto spiegarlo alla platea che lo ascoltava” e Matteo Renzi che dimentica che “al sindacato resta anche il compito e il ruolo di controparte per quanto riguarda il nuovo welfare e i nuovi ammortizzatori sociali”.
E così, leggendo il pensiero dell’ispiratore principale della Sinistra italiana del dopo-Berlinguer, ci troviamo a prendere atto – come al solito, direbbe qualcuno – che i nostri ‘augusti’ ottuagenari sembra che da decenni vedano un film che non comprendono più.
I lacci e lacciuoli di cui Guido Carli parlava esistono ancora tutti.
Se così non fosse, la paralisi dello Stato non avrebbe nè permesso il disastro ambientale della Terra dei Fuochi nè la lavanderia delle porcherie pubbliche che sembrano essere stati per anni INPS, INPDAP e Cassa Depositi e Prestiti.
Come anche, non avremmo più uno stereotipo culturale toscano-centrico e non vedremmo crollare Pompei, avremmo frotte di turisti che sbarcano anche a Palermo anzichè solo a Roma, Milano avrebbe l’aeroporto che merita, il Veneto non agognerebbe l’autonomia, avremmo dei sistemi di istruzione e sanitari a finanziamento pubblico come quelli che esistono nel resto d’Europa, eccetera.
E se non esistessero quei lacci e lacciuoli, non avremmo una ‘fabbrica insostenibile’ come quella degli F35 per salvare quel che resta del Piemonte, il trattato con il Vaticano sarebbe vincolato alla nostra Costituzione e non viceeversa, avremmo tanti campanili e mezzadri in meno invece che lo stallo delle province e dei piccoli comuni.
Lacciuoli, per così dire, come quelli che costringono il pontefice ad interventi ‘forti’, se non drastici, come quello che racconta lo stesso Eugenio Scalfari: «Alle sette del mattino Papa Francesco aveva convocato a messa in San Pietro 500 membri del Parlamento e tutti i ministri del governo e li ha bistrattati di santa ragione. Non li ha abbracciati, non li ha perdonati, non li ha salutati. Li ha soltanto bastonati».
Una ‘battaglia finale’ – visto il sovraffollamento, il Climate Change, il risorgere potenziato dei network della schiavitù, la decadenza dei costumi, la corruzione del potere e la spettacolarizzazione dell’atrocità – e non una ‘nuova alba’ come il non credente Scalfari auspicherebbe, convinto che ‘se tutti i detentori del potere lo usassero per realizzare questa finalità, il mondo affronterebbe quella che Berlinguer chiamò la questione morale. Due domeniche fa, rievocando Berlinguer, scrissi che tra lui e Francesco esistono molti punti in comune ed è vero.”
Ci scusi, dottor Scalfari, ma – a parte la differenza di ‘caratura’ con Gesù di Betlemme – Enrico Berlinguer i mercanti dal tempio proprio non li cacciò. Anzi, siglò il Compromesso Storico ed il Partito Comunista rimasto invischiato in Tangentopoli era proprio il suo, come lo fu il PCI artefice dei ‘sacrifici’ del 1977 e della ‘riforma delle pensioni’ del 1994.
Come anche la Luciana Castellina di ‘quel partito’, nel presentare un libro-film intitolato ‘Comunista’ e a lei dedicato, su La7 nel salotto buono di Lilly Gruber, teneva a precisare, venerdì scorso, che lei mica ‘ha un’idea di come dovrebbe essere il mondo’ …
Dunque, c’è poco da dire: la generazione dei nostri ottuagenari, i giovani degli Anni ’60, passerà certamente alla Storia per l’assoluta incapacità di autocritica e, soprattutto, di farsi indietro in buon ordine.
Intanto, tramite i loro ‘discepoli’ sessantenni, continuano a condizionare le nostre esistenze. Come se qualcuno gli avesse dato il diritto di farlo …
originale postato su demata
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