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Roma, omofobia ma non solo

18 Lug

“I reati a Roma secondo dati certi fino al dicembre 2010, sono in calo, c’e’ stata infatti, una riduzione del 2,18% e anche per i primi mesi del 2011 si riscontra la stessa tendenza”, questi i dati della Prefettura di Roma per il 2010.
Il prefetto di Roma, Giuseppe Pecoraro,  durante l’incontro del Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica a Palazzo Valentini, ha anche precisato che gli omicidi volontari si sono ridotti dai 28 del 2009 ai 9 del del 2010 e come non ci sia nessun riscontro che provi che Roma sia sotto il controllo di organizzazioni criminali.
Del resto, la cosa non meraviglia, se già un analogo rapporto, relativo al 2008, raccontava una criminalità in calo per la provincia di Roma.

Va tutto bene, anzi meglio di prima, e Roma è l’unica città al mondo dove droga, pizzo, usura, gioco non siano sotto il controllo di una mafia, italiana o straniera che sia.
Tutto vero? Forse no.

Infatti, per il 2008, parliamo sempre di 7 stupri denunciati ogni 100 mila abitanti (320 l’anno), che sono tanti, quasi uno al giorno, il 7% del totale nazionale. E poi c’erano  ben 3,62 borseggi (circa 15.000 l’anno) e una rapina ogni 1000 abitanti (circa 4300 l’anno), sempre restando alle denunce, e quasi una frode informatica ogni 500 abitanti  (oltre 7mila l’anno), neonati inclusi.

Certo non siamo a Bologna, che vede il 3,1% delle imprese subisce danni o attentati e l’1% ha denunciato frodi informatiche, dove gli stupri ogni 100mila abitanti erano addirittura 11,5 e dove si verifica il record italiano di furti negli esercizi commerciali.
Od a Milano, al primo posto per i furti, i danneggiamenti e le minacce e, da sempre, la “città criminale” d’Italia, con le gang, le sale da gioco e l’azzardo, la prostituzione e la cocaina.
Certo, c’è sempre Napoli a portar la nomea, ma, anche in questo caso, se parliamo di rapine ed usura la Capitale segue a ruota.

Ci sarebbe da aggiungere che in una città ridotta a brandelli, tra palazzinari, degrado, incuria, movidas e aggregazione “sociale”, è evidente che una bella quantità di reati contro il patrimonio non siano non solo denunciati, ma addirittura percepiti come tali.  
Come anche che solo allo Stadio Olimpico (e dintorni) assistiamo ancora alle devastazioni che masse di ultras (non quattro gatti) sono più o meno liberi di commettere.
Oppure, annotare che, in quella che viene dipinta come una tranquilla metropoli internazionale, si verifichino così tante aggressioni omofobe, spesso non denunciate per timore di rappresaglie.

Possibile che quegli stessi bulli, che lasciano così evidente traccia di se a danno di cose e persone, trascorrano il resto della giornata nella legalità più assoluta?
Non credo proprio.

Coppie omosessuali, l’ONU ed il diritto di culto

15 Lug

Il Vaticano è allarmato per la «road map» Onu sui diritti dei gay fissata dall’ONU, in quanto teme che il riconoscimento di una piena parità giuridica possa prestarsi alla rivendicazione del matrimonio religioso tra due uomini o due donne.
Infatti, la “norma” che arriva dal contesto internazionale non permette alcuna distinzione morale, politica o giuridica in relazione al matrimonio, all’adozione o all’inseminazione artificiale per le coppie e le persone non eterosessuali.
Un timore, quello cattolico, ribadito nell’ottobre 2009 al Sinodo dei vescovi dedicato in Vaticano all’Africa, dal cardinale Antonelli, all’epoca presidente del Pontificio consiglio per la Famiglia: «Una cosa sono i diritti individuali delle persone, altro è il riconoscimento giuridico della coppia omosessuale equiparandola alla famiglia».

La Santa Sede ha una posizione chiara, ovvero di ripudio dei comportamenti non eterosessuali come gravemente peccaminosi.
Tra i cristiani riformati, luterani, valdesi, anglicani e metodisti hanno di recente aperto le porte alle coppie omosessuali, mentre le chiese evangeliche restano contrarie.
Anche l’Islam è contrario in toto alla sodomia, etero ed omo, mentre considera i rapporti omosessuali come fossero adulterio, a prescindere del la persona sia sposata o meno.
Per il Giudaismo i rapporti sessuali tra uomini sono un «abominio», punibili come un crimine capitale, ma non vi è menzione dell’omosessualità femminile.
Nella tradizione religiosa induista non vi è traccia di condanna e biasimo nei confronti dell’omosessualità, fino all’arrivo degli Inglesi, poiché, “in tutto ciò che concerne l’amore, ognuno deve agire in accordo con i costumi del proprio paese e con le proprie inclinazioni”.
Nel buddismo, il terzo dei Cinque precetti di Sakiamuni afferma che è necessario astenersi dai comportamenti sessuali “non appropriati”, cioè al di fuori del matrimonio, senza il consenso del/la partner e, ovviamente,  lo stupro, l’incesto e il bestialismo. “L’omosessualità, sia che sia tra uomini o tra donne, non è sconveniente di per sé. Quello che è sconveniente è l’uso di organi già ritenuti inappropriati per il contatto sessuale”,  secondo la lectio magistralis del Dalai Lama.
Parlando di religioni laiche, ricordiamo che il Comunismo, come il Nazismo, fu fortemente omofobo, internando i “diversi” nei campi di concentramento.

In parole povere, se l’ONU dovesse imporre una “Carta dei diritti LGBT” così radicale come vorrebbero le lobbies laiche, andrebbe a finire che i diritti sessuali delle persone andrebbero ad inferire con i diritti di  libero culto, che ricordiamolo, sono ugualmente e maggiormente sanciti sia a favore dei fedeli sia delle chiese.

Una contraddizione in termini, che è ancora più evidente se consideriamo che la Carta dei diritti dell’Uomo, stilata dall’ONU nel 1955, non prevede il diritto alla famiglia ed alla prole, che, viceversa, sono affermati dalle norme per la parità giuridica degli omosessuali.

Infatti, cosa significherebbe in termini di Welfare dover assicurare il “diritto alla famiglia ed alla prole”, non alle coppie LGBT, ma quelle eterosessuali, giovani, marginalizzate e disoccupate?