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Superbonus facile: i responsabili politici

15 Feb

Erano i tempi del governo Conte quando venne stanziato il superbonus per ben 18 miliardi fino alla fine del 2022, favorendo una truffa «tra le più grandi che la Repubblica abbia mai visto», perchè « si è voluto costruire un sistema che prevede pochi controlli». 

A dirlo non è un uomo qualunque, ma quel Mario Draghi che per decenni ha firmato i bilanci della Banca d’Italia e della Banca Centrale Europea: non un’opinione personale o un parere tecnico, ma un verdetto: “chi tuona sul Superbonus è chi ha scritto la legge e ha permesso di fare lavori senza controlli. Oggi il bonus rallenta per i sequestri e le frodi”.

Del resto, quel che è avvenuto è particolarmente grave: truffe per 4,4 miliardi, sequestro preventivo di 2,3 miliardi di crediti ceduti (e per 1,5 miliardi già incassati), Poste italiane e Cdp, che hanno sospeso le piattaforme di acquisto dei crediti.

Ma chi è stato il responsabile politico?


Il Superbonus fa capo al Decreto Bilancio (D.L. 19/05/2020, nr. 34) firmato “SU PROPOSTA del Presidente del Consiglio dei Ministri e del Ministro dell’economia e delle finanze”, cioè il leader dei Cinque Stelle, Giuseppe Conte, e il sindaco PD di Roma Capitale, Roberto Gualtieri, ed il Guardasigilli era il Ministro della Giustizia, il grillino Alfonso Bonafede.

Il motivo per cui quel Consiglio dei Ministri incluse quel Superbonus nel Decreto Bilancio fu “la straordinaria necessità ed urgenza di stabilire misure in materia sanitaria, di sostegno alle imprese, al lavoro ed all’economia, in materia di politiche sociali nonché misure finanziarie, fiscali e di sostegno a diversi settori in connessione all’emergenza epidemiologica da Covid-19”.

Un anno dopo, il Governatore della Regione Lazio e leader del PD, Nicola Zingaretti, scriveva (link) che “sul superbonus si sta andando avanti e bene. Può essere una svolta vera” e che “è molto importante che il governo proroghi fino al 2023 uno strumento rivoluzionario”.
Ed era maggio 2021 quando al convegno del Consiglio Nazionale Ingegneri:

  • Enrico Letta si spendeva per l’estensione del Superbonus (link)  “E’ un impegno che ci prendiamo in modo significativo, è un bene per la ripartenza, è una misura fra le piu’ importanti. “E’ una questione di buon senso e di amore per il Paese”
  • Giuseppe Conte, non più premiere e non accora leader del M5S, assicurava che “la misura del Superbonus 110% ora viene studiata anche da altri paesi europei. Il M5S si farà garante della sua estensione fino al 2023. No a battute di arresto” 
  • Alberto Bagnai (Lega) si lagnava che “la complicazione delle procedure del Superbonus 110% è uno strumento inconsapevole di austerità”.

Ma non mancava qualche voce critica, come l’intervento alla Camera del 20 gennaio 2021 di Luca Squeri (deputato Forza Italia e dirigente Confcommercio), che sottolineava come “abbiamo un piano che manca di coerenza, disperde risorse importanti nella giungla degli incentivi e dei superbonus, fa finta di accontentare tutti ma non è altro che l’ennesima occasione mancata”.

“Però così lasciamo languire altri settori, più strategici per l’Italia”, mentre “dobbiamo sostenere le nostre filiere industriali”, come precisa oggi il vice-leader della Lega e Ministro delle Infrastrutture, Giancarlo Giorgetti. (link) “Stiamo drogando l’edilizia, un settore in cui l’offerta di imprese e manodopera è limitata”, mentre “ci sono da affrontare la rivoluzione digitale ed energetica, e lo choc dell’automotive che deve affrontare il passaggio all’elettrico. E invece diamo soldi ai miliardari per ristrutturare le loro quinte case delle vacanze. Ride tutto il mondo”.
E aggiunge che il Parlamento (cioè anche la Lega) ha “allargato troppo le maglie” dopo che “il governo aveva cercato di limitarlo in legge di Bilancio”.

In effetti – nonostante le inchieste stavano facendo emergere un sistema di truffe per miliardi – il 22 dicembre 2022, la Camera dei Deputati approvava una serie di emendamenti al Bilancio:

  • estensione del superbonus per mini-condomini e villini presentato (link) dai deputati dei Cinque Stelle e PD on. Sut , Benamati, Moretto, Bersani, Nardi, Deiana, Pezzopane, Fregolent, Muroni, Rotta, Pastorino, Alemanno, Berardini, Carabetta, Chiazzese, Giarrizzo, Masi, Papiro, Paxia, Perconti, Scanu, Vallascas, Mor, Serracchiani , Fassino, Sensi, Pagano, Fragomeli, Piccoli, Quartapelle, Viscomi, Incerti, Carnevali, Borghi, Gribaudo, Bonomo, Manca, Soverini, Zardini, Braga, Berlinghieri, Bruno, Buratti, Cantini, Cantone, Cenni, Ciampi, Critelli, De Giorgi, De Menech, Frailis, Losacco, Madia, Miceli, Navarra, Pellicani, Prestipino, Romano, Rossi, Sani, Topo, Zan, Del Barba, De Maria , Spadoni, Gagnarli, Gallinella, Adelizzi, Buompane, Donno, Flati, Gallo, Gubitosa, Lorenzoni, Lovecchio, Manzo, Misiti Carmelo, Raduzzi, Sodano, Torto, Trizzino, Berti, Sarti, De Carlo, Romaniello, Olgiati, Cancelleri, Caso Andrea, Giuliodori, Scerra, Grimaldi, Maniero, Martinciglio, Migliorino, Ruocco, Troiano, Maglione, Zanichelli, Ascari, Saitta, Grippa, Dori, Terzoni, Serritella, Alaimo, Galizia, Barbuto, Villani
  • cessione del credito e sconto in fattura per tutti fino al 2025 – presentato (link) dai deputati della Lega on. Comaroli, Garavaglia, Bellachioma, Borghi, Cattoi , Cestari , Frassini, Gava, Paternoster e (link) di Forza Italia on. Mandelli, Squeri , Occhiuto, Prestigiacomo, Cannizzaro, D’Attis, Pella, Russo, Giacomoni
  • estensione dei benefici fiscali fino al 2024 – presentato (link) dai deputati della Lega on. Frassini, Garavaglia , Bellachioma, Borghi, Cattoi, Cestari, Comaroli, Gava, Paternoster, Guidesi, Piastra, Ribolla, Di Muro, Fogliani, Covolo, Patelli, Fiorini, Maggioni, Andreuzza, Murelli, Cecchetti, Cavandoli, Tombolato, Lucentini , Gusmeroli
  • agevolazioni per asseverazioni e visto di conformità (link) – presentato dai deputati di Forza Italia on. Mazzetti, Gelmini, Occhiuto , Prestigiacomo, Pella, Cortelazzo, Rosso, Ruffino, Fontana, Tartaglione, Cappellacci, Ripani.

Emendamenti che si sono aggiunti al testo già emendato in Commissione, proposti e votati dai partiti di governo eccetto Italia Viva e Fratelli d’Italia (che non è nel Governo).

Ma … da dove si prenderanno i soldi secondo gli emendamenti di PD, Cinque Stelle, Lega e Forza Italia?
Una bella fetta dovrebbe arrivare (secondo loro) dalle imposte derivanti da servizi digitali, da innanlzare al 15%. Eh già …

Se questo è quel che passa nella testa di chi fa politica … è ben chiaro a tutti perchè Mario Draghi deve restare a capo del Governo, rinunciando (per ora) al settennato?

Demata

MPS & co: il disastro annunciato dal 2005

3 Gen
Era il 6 marzo 2013 quando moriva, apparentemente suicida, David Rossi, 51enne capo dell’area comunicazione del Monte dei Paschi di Siena e fedelissimo di Giuseppe Mussari, l’ex presidente della banca .
 
Rossi non era indagato nell’inchiesta della Procura di Siena sull’acquisizione di Antonveneta e sui contratti derivati siglati dalla banca.
Era solo una persona informata dei fatti, in particolare per la sua funzione di collegamento tra gli indagati Mussari e Vigni, ed evidentemente gli inquirenti erano a caccia di prove, e-mail, documenti e riscontri riguardo fatti rivelatisi a partire dal 2005.
bancopoli
 
Riguardo Antonveneta, la storia è ben nota, come riporta Wikipedia:
 
– Il 2 maggio 2005 “la procura di Milano apre un fascicolo contro ignoti per la scalata alla Antonveneta. Dalle indagini la procura ipotizza che a novembre 2004 sarebbero stati effettuati acquisti di titoli per circa 500 milioni di euro, in modo da spingere il prezzo delle azioni Antonveneta sopra a quello dell’Opa di 25 euro.
Qualche giorno dopo la Consob delibera che Fiorani, di concerto con altri soci di Antonveneta (in totale un gruppo di 18 imprenditori tra cui Emilio Gnutti) avrebbe stretto un patto occulto per superare la soglia del 30% di Antonveneta, oltre il quale la legge impone l’opa sul totale del capitale della società scalata. Quindi la Bpl viene costretta a effettuare l’offerta entro una settimana.”
– 18 maggio 2005 “avvengono le prime iscrizioni nel registro degli indagati per ipotesi di reato di insider trading, aggiotaggio e ostacolo all’attività di vigilanza. Si sospetta che 18 imprenditori siano stati finanziati dalla Bnl con 552 milioni di euro per rastrellare il 9,48% delle azioni Antonveneta tra il 14 dicembre 2004 e il 25 febbraio 2005.
Fra le 23 persone indagate spiccano i nomi di Fiorani ed Emilio Gnutti, importante finanziere proprietario di Fingruppo, Gp Finanziaria e Hopa e coautore della clamorosa scalata a Telecom Italia, assieme alla Olivetti di Roberto Colaninno, vicepresidente del Monte dei Paschi di Siena, condannato in precedenza per insider trading.
A seguito delle indagini, l’8 giugno il tribunale di Padova decide di sospendere il consiglio di amministrazione della Antonveneta.”
 
– 27 luglio 2005 nasce l’espressione “i furbetti del quartierino” che … “sono stati colpiti da varie inchieste giudiziarie per i metodi presuntamente poco leciti con cui si apprestavano a scalare la Banca Nazionale del Lavoro (BNL), RCS e Antonveneta e per le modalità, presuntamente fraudolente, con cui avevano conseguito in modo improvviso una enorme fortuna economica di dubbia provenienza.”
 
– “il 26 settembre 2005, a seguito della vicenda Bancopoli, ABN AMRO sottoscrive con la Banca Popolare Italiana e con i partecipanti al patto di sindacato di Antonveneta (Emilio Gnutti, Fingruppo Holding S.p.A. G.P. Finanziaria S.p.A., Tiberio Lonati, Fausto Lonati, Ettore Lonati, Magiste International S.a. e Stefano Ricucci) un contratto per l’acquisto del 39,373% del capitale dell’istituto padovano a 26,5 euro per azione.”
 
– ad agosto 2005 “il gip Clementina Forleo sequestra tutte le azioni Antonveneta acquistate da Fiorani, Ricucci e dagli altri. L’intervento dei magistrati fa scendere il valore delle azioni e diminuisce la garanzia che Ricucci aveva offerto alle banche.”
Inoltre, ” Forleo chiese l’autorizzazione all’utilizzo delle intercettazioni che coinvolgevano alcuni parlamentari (Piero Fassino, Massimo D’Alema, Romano Comincioli, Nicola Latorre, Salvatore Cicu), non soltanto come prova contro gli imprenditori inquisiti, ma anche come materiale indiziario per poter inquisire alcuni degli stessi parlamentari che, secondo quanto scrisse nella richiesta, “appaiono […] consapevoli complici di un disegno criminoso”.
 
– “il 31 dicembre 2005 il Giornale ha pubblicato stralci di un’intercettazione telefonica tra Fassino e Giovanni Consorte, manager della Unipol e all’epoca coinvolto nello scandalo di Bancopoli; nell’intercettazione Fassino chiedeva a Consorte: «E allora siamo padroni di una banca?» “
 
– “nel 2007 ABN Amro viene acquisita dal consorzio Royal Bank of Scotland – Banco Santander – Fortis, e nello “spezzatino finanziario” Antonveneta finisce sotto il controllo spagnolo. L’8 novembre del 2007, il Monte dei Paschi di Siena annuncia con una nota di aver raggiunto un accordo con Banco Santander per l’acquisto di Banca Antonveneta per 9 miliardi di euro”
– il 28 maggio 2011 Antonio Fazio – governatore “a vita” della Banca d’Italia dal 1993 e dimessosi nel 2005 –  “è stato condannato dai giudici della seconda sezione penale del Tribunale di Milano a 4 anni di reclusione e un milione e mezzo di euro di multa per aggiotaggio nel processo sulla tentata scalata ad Antonveneta da parte della Banca Popolare di Lodi (c. d. Scandalo della Banca Antonveneta); nello stesso processo, è stato condannato anche Giovanni Consorte. Dopo una lieve riduzione della pena in appello (da 4 anni a 2 anni e mezzo di reclusione), la condanna è stata confermata in via definitiva dalla Corte di Cassazione il 28 novembre 2012”
 
– “il 31 ottobre 2011 il tribunale di Milano conferma a Ricucci la condanna in primo grado a 3 anni e sei mesi più 900.000 euro di multa per la scalata BNL-Unipol. Nel dicembre 2013 la Cassazione assolve Ricucci in quanto il fatto non sussiste.”
 
– a fine aprile 2013 (ndr. dopo la morte di David Rossi e nonostante numerose indagini in corso) la banca viene completamente assorbita dal Monte dei Paschi.
 

Oggi, paghiamo NOI (e non, viceversa, gli artefici di questa enorme bolla di sapone ‘consociativa’ e speculativa) …

Resta solo da chiedersi “perchè” i nostri media non abbiano rievocato oggi le stesse notizie che avevano diffuso tra il 2005 ed il 2013 o come mai non se ne sia neanche accennato in Parlamento.

Demata

Elezioni del Presidente: senza il Centro mancano i numeri

10 Nov

L’elezione del Capo dello Stato è regolata dall’articolo 83 della Costituzione. Il presidente viene eletto dal Parlamento in seduta comune, integrato da tre delegati per Regione eletti dal Consiglio regionale (la Valle d’Aosta ha un solo delegato): per l’elezione dalla terza seduta in poi, servono, quindi, 505 voti, ovvero la metà più uno dei 630 deputati, 320 senatori (315 eletti e 5 senatori a vita) e 58 delegati delle Regioni.

Allo stato attuale i Gruppi Parlamentari sono così divisi e questo permette di prevedere quali alleanze o priorità siano realmente perseguibili e quali ‘meri specchietti per allodole’.

Alleanze voto presidenziale 1

Dunque, se l’obiettivo è superare la soglia dei 504 voti, le alleanze che potranno credibilmente sostenere un candidato sono le seguenti, dando per assunto che dalle regioni arriveranno delegati più o meno conformi alla distribuzione media nazionale dei partiti.
I colori dal rosso al verde evidenziano quali candidature potrebbero essere indebolite da più o meno rilevanti fazioni, resistenze e defezioni interne dei partiti, in particolare nel PD.

Alleanze voto presidenziale a1

In parole povere, se il candidato stesse bene ad Alfano & co. ci sarebbero buone possibilità di essere eletto, mentre, se il Centro Destra fosse fuori dai giochi, PD e alleati potrebbero permettersi al massimo una cinquantina di voti dispersi e comunque dibattersi tra mille anime e una dozzina di nomi.
Allo stato attuale del PD e del M5S, un candidato che non possa contare sull’attuale alleanza di governo (più qualcosina in più) potrebbe veder deluse le proprie aspettative per una manciata di voti, venuti a mancare proprio dal partito di maggioranza …

E’ già accaduto due anni fa e si dovette rieleggere Giorgio Napolitano di fretta e furia. Speriamo che la componente ‘avventurista’ del PD non perseveri nell’errore.

Mantenersi ‘neutrali’ tra NCD e M5S e proporre un candidato autorevole e appropriato – cioè appetibile agli ‘uomini di buona volontà’ di ambedue i gruppi parlamentari – è l’unica carta vincente del PD per uscire dall’assedio della sua posizione dominante, ma stazionaria e pericolosamente sterile.
Renzi il pragmatico lo sa e se, poi, i cinquanta o cento ‘dissidenti’ volessero dichiararsi fin da principio, tanto di guadagnato.

originale postato su demata

Napolitano lascia: nomi, curricoli, lobbies, probabilità

9 Nov

Giusto il tempo di deporre a porte chiuse nell’udienza del processo Stato-mafia del 28 ottobre scorso e Giorgio Napolitano lascia trapelare che ‘a Natale’ lascerà il Quirinale.

Perchè non lasciarlo prima e perchè non lasciarlo qualche mese dopo è il mistero di questi giorni che mistero non è: Renzi è ormai assurto da sindaco di una piccola città a demiurgo della politica nazionale, mentre il suo mandato europeo è agli sgoccioli e si va a superare il Patto del Nazareno.

Dunque, non c’è da meravigliarsi se i ‘nomi’ dei papabili a Presidente della Repubblica facciano tutti capo al Partito Democratico.

GLI IMPOSSIBILI

Alcuni dei nomi che circolano non hanno i ‘pieni requisiti’ per divenire presidenti, non almeno quelli di prassi necessari: assenza di conflitti di interessi – se non scandali in famiglia – come anche l’aver mai commesso gravi errori politici o emanato norme inique. Questioni che, fondate o meno, li ha resi – per un motivo o un altro – sgraditi a una discreta parte di italiani, in un momento in cui il Paese ha bisogno di un ‘presidente di tutti’.

Anna Finocchiaro, presidente della Commissione Affari costituzionali del Senato, il cui marito, Melchiorre Fidelbo, è stato rinviato a giudizio nel processo per l’affidamento senza gara dell’appalto per l’informatizzazione del Presidio territoriale di assistenza (Pta) di Giarre, in cui è coinvolto anche il  senatore PD Antonio Scavone, nominato – mesi fa – dal presidente del Senato Pietro Grasso come componente della commissione di vigilanza Rai, azienda partecipata dallo Stato, pur essendo rinviato a giudizio con l’accusa di truffa aggravata ai danni dello Stato e abuso d’ufficio

Walter Veltroni, il sindaco che lasciò Roma con miliardi di debiti, migliaia di interventi manutentivi inevasi come di operatori dei servizi esternalizzati poi rimasti disoccupati, milioni di multe poi demandate ad Equitalia, decine e decine di norme o regolamenti nazionali ed europei inevasi

Romano Prodi, lo smantellatore dell’industria manifatturiera (IRI) che oggi rimpiangiamo e l’inventore della Cassa integrazione (Maserati) che oggi malediciamo, l’economista che  – tra il 2007 e il 2008 quando era al governo – incrementò ulteriormente la spesa pubblica narrando di un ‘tesoretto’ che ‘deficit’ era, il politico del ‘si può fare’, dell’Eurozona delle banche e della Costituzione europea che nessuno ha adottato, il premier che pretese la spedizione militare italiana in Libano

Giuliano Amato, ex  sottosegretario alla Presidenza del consiglio nei due governi Craxi I e Craxi II, ex presidente del Consiglio, che approvò, l’11 luglio 1992, un decreto legge da 30.000 miliardi di lire (retroattivo al 9 luglio) per il prelievo forzoso del sei per mille dai conti correnti bancari degli italiani, ex  ministro dell’Interno ha impartì per primo a tutti i prefetti e sindaci italiani la disposizione di non trascrivere i matrimoni gay celebrati all’estero, perché considerati contrari all’ordine pubblico, autore della riforma delle pensioni del 1992 che salvaguardò le pensioni d’oro, escluse i nati prima del 1950 dall’introduzione del regime contributivo, dimenticò milioni di invalidi

Piero Fassino, nipote di uno dei fondatori del Partito Socialista Italiano, figlio del comandante della 41ª brigata partigiana Garibaldi, laureatosi a 49 anni in Scienze Politiche, del quale il 31 dicembre 2005 il Giornale pubblicava stralci di un’intercettazione telefonica – illegittima perchè coperta da segreto – in cui Fassino chiedeva a Giovanni Consorte, manager della Unipol e all’epoca coinvolto nello scandalo di Bancopoli: «E allora siamo padroni di una banca?»

GLI IMPROBABILI

Altri dei nomi circolanti sono ‘deboli’ a causa di aspetti inerenti la carriera svolta, tutti – per un motivo o un altro – sgraditi a una discreta parte di italiani, ma che sono ‘rafforzati’ dal consenso che gli perviene da  alcuni Poteri Forti o ‘grandi elettori’ che dir si voglia.

Roberta Pinotti, ex capo educatore nell’AGESCI, laureata in lettere moderne, sposata con un medico, attuale ministro della Difesa, finora non è riuscita nè a far liberare i nostro marò che l’India detiene senza processo nè a procurarci un posto al sole (o almeno all’ombra) nello scenario politico-militare del Mediterraneo, commissariati dall’UE per i pattugliamenti in mare ‘entro le acque territoriali’, con il disastro libico che incombe, mentre forniamo droni contro IS e gli F35 restano un enigma

Pier Carlo Padoan, ex direttore esecutivo per l’Italia del Fondo Monetario Internazionale, ex vice segretario generale ed ex capo economista dell’OCSE, poco carismatico Ministro dell’Economia e delle Finanze del Governo Renzi

Sergio Chiamparino, presidente della Regione Piemonte ed una vita nel PCI, stop

Piero Grasso, presidente del Senato, ex magistrato, noto anche per le sue controverse frasi verso i magistrati antimafia Caselli, Falcone e Borsellino

Pierferdinando Casini, ex presidente della Camera e attuale presidente della Commissione esteri del Senato, marito della ricchissima Azzurra Caltagirone, ex strenuo sostenitore di Mario Monti ed Elsa Fornero

I PAPABILI

Sono coloro i quali hanno un curriculum o una carriera che li rende – in un modo o nell’altro – ‘esponenti del nuovo’.

Luigi Zanda, ex Margherita, capogruppo del Pd a Palazzo Madama, ex consigliere di amministrazione del gruppo editoriale L’Espresso con Eugenio Scalfari, ex segretario-portavoce di Francesco Cossiga al Ministero dell’Interno (1976-1978), ex presidente del Consorzio Venezia Nuova, concessionario dello Stato per gli interventi di riequilibrio ambientale e di difesa di Venezia e della sua laguna, ex presidente di Lottomatica, ex presidente ed amministratore delegato dell’Agenzia romana per la preparazione del Giubileo del 2000, ex Consigliere di amministrazione della RAI. Mai coivolto in scandali

Marta Cartabia (14 maggio 1963), autorevole docente e costituzionalista italiana, giudice costituzionale dal 2011. Esperta di diritto europeo, forse l’unica che potrebbe portare l’Italia alle riforme dell’infrastruttura normativa e della giustizia

Dario Franceschini, ex Margherita, Ministro dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, figlio di un partigiano cattolico poi deputato per la Democrazia Cristiana , è in politica dall’età di 16 anni. Potrebbe risultare gradito a gran parte dei partiti

Graziano Del Rio, medico endocrinologo, cattolico praticante, nove figli, dal 2013 ai vertici dei governi Letta e Renzi, ex  consigliere regionale dell’Emilia-Romagna ed ex sindaco di Reggio Emilia (la patria della famiglia Prodi) eletto al primo turno con il 63,2% dei voti, ex presidente dell’Associazione dei Comuni. Potrebbe risultare l’esponente giusto per la ‘provincia profonda’ italiana largamente rappresentata in Parlamento

Paolo Gentiloni, neoministro degli Affari Esteri, discendente della famiglia dei conti Gentiloni Silverj, ex direttore del mensile “La Nuova ecologia”, ex portavoce del sindaco di Roma Francesco Rutelli ed antagonista di Ignazio Marino alle scorse Primarie romane. Il volto dell’Italia che attende di cambiare da venti anni e passa

Mario Draghi, governatore della Banca Centrale Europea, ex governatore di Banca d’Italia, ex consulente di Goldman Sachs. L’unico che in questi ultimi dieci anni ha dimostrato di amare l’Italia e saper tenere la barra al centro

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Collegno, Grugliasco ed il profondo Nord

16 Set

Silvana Accossato (ex PCI) è il sindaco del Comune di Collegno (50.137 residenti), eletta la prima volta nel 2004 con oltre il 70% dei voti. Ha fatto parte del Comitato Promotore di Torino 2006 e, in seguito, del CdA del Comitato Organizzatore di XX Giochi Olimpici Invernali (Toroc), è esponente capolista della Lista “A Sinistra per Veltroni” all’Assemblea Costituente Nazionale del Partito Democratico, membro del Direttivo e del Consiglio Nazionale ANCI (Associazione Nazionale Comuni Italiani).
Esistono, dunque, tutti i presupposti per pensare che Silvana Accossato, docente di Scienze Agrarie presso l’Istituto Professionale di Stato per l’Agricoltura di Carmagnola, sia un esempio abbastanza credibile di cosa potrebbe essere il PD del futuro e di come è concepita da loro la finanza pubblica.

Il paese adiacente a Collegno è Grugliasco (37.870 residenti), guidato dal Sindaco Marcello Mazzù (ex Margherita), un medico di famiglia, consigliere comunale dal lontano 1994, docente della Scuola di Medicina Generale della Regione Piemonte e presidente del Comitato dei Sindaci del Distretto 1 ASL TO3, eletto con quasi il 70% da una coalizione che vedeva ben 8 liste collegate: Ulivo, Rifondazione Comunista, Comunisti Italiani, Sdi, Moderati, Verdi per la pace, Udeur e Italia dei Valori.
Un potenziale caso di conflitto di interessi, se consideriamo che una base di 1500 assistiti sono un serbatoio di voti enorme, specie in una piccola località, ai quali si vanno ad aggiungere i pazienti di attività specialistica di medicina del lavoro, che il Comitato dei Sindaci influisce sulla politica sanitaria della stessa ASL dove esercita e che la docenza è presso una scuola regionale e non statale.

I due comuni sono l’uno adiacente all’altro. Il primo, Collegno, è attraversato da Corso Francia, un ampio viale con tre corsie per senso di marcia che serve agli abitanti della Provincia per entrare in Torino e sul quale vanno a confluire sia la Tangenziale Sud sia la Tangenziale Nord. Il secondo, Grugliasco, ha Corso Allamano, che costeggia a sud il comune senza attraversare il centro abitato.

Considerato il volume di traffico e le esigenze dell’Area Metropolitana di Torino, la ragione e la sicurezza dei cittadini avrebbero voluto che Collegno intersecasse Corso Francia solo con un paio di grandi incroci e che si costruissero dei sottopassi adeguati.
Invece no, l’ampio viale è tecnicamente inglobato nel sistema viario comunale e ci sono anche gli attraversamenti pedonali, sia sulle striscie apposite sia “spontanei”, come se stessimo ancora negli Anni ’60.

Grugliasco, invece,ha trasformato in una trincea gli 8 chilometri che vanno da Rivoli alla Tangenziale Sud attraversando quel poco che resta di area industriale in paese.

Situazione nel 2008 – fonte La Stampa

Inoltre, scandalo nello scandalo, i due comuni hanno trovato il modo per attuare un congruo salasso a danno degli automobilisti di passaggio, piazzando una ridda di autovelox.
Il primo autovelox di Collegno, installato a luglio del 2007, dopo due anni aveva collezionato oltre 31 mila multe, a Grugliasco, nel solo novembre 2008 furono 5000.

Le delibere comunali fanno riferimento agli incidenti mortali avvenuti, ma le statistiche dimostrano che anche senza autovelox fossero di gran lunga inferiori all’atteso per una strada così.
Le dichiarazioni dei sindaci raccontano di lotta ai “ferraristi”, peccato che i limiti di velocità fissati dalle loro giunte siano spesso di 40 kmh.

Un vero business, come confermano Marco Scolaro, assessore al Bilancio di Collegno, «Dei 5 milioni incassati con le multe, 3,5 milioni sono dovuti ai velox», e Roberto Montà, assessore di Grugliasco, «Noi incassiamo circa 2 milioni». (fonte La Stampa)

Introiti enormi per due piccoli comuni, che non sembra siano stati utilizzati per mettere in sicurezza il viale, ad esempio costruendo dei sottopassaggi, e che garantiranno per lungo tempo la maggioranza a chi amministra questi fondi tutti da finalizzare.

Un’economia di rapina, come descrivono i trattati di economia, per gli aspetti generali, ed i libri di storia, per quello che riguarda il Piemonte preunitario.

Ed anche un’ennesima dimostrazione dell’inutilità delle Provincie, visto che nessuno interviene, e del forte decadimento dei diritti civili nel nostro Paese, visto che si impongono limiti esasperati e, pur avendone le risorse, non si provvede agli interventi risolutivi.

Un’altra prova, caso mai ne sentissimo il bisogno, dell’enorme spreco che consumiamo in infrastrutture politico-amministrative che non badano all’interesse generale ma solo a quello, forse, dei propri diretti elettori, e che, soprattutto, non riescono ad attuare forme di finanziamento pubblico diverse dalla bassa macelleria.

Viene solo un dubbio: rientrerebbero le proteste in Val di Susa se i valligiani potessero mettere l’autovelox ai treni delle TAV, riducendone la velocità a 40 all’ora?