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Lgbt – Forza Nuova: la scienza medica latita?

26 Ott

Il Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (versione italiana del DSM – Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders) è uno dei testi per i disturbi mentali più utilizzato da medici, psichiatri e psicologi di tutto il mondo, sia nella clinica che nella ricerca.

Fin dal 1973, gli psichiatri americani concordarono nell’escludere l’omosessualità e la bisessualità dall’elenco delle malattie mentali. Nel 1986, la diagnosi di ‘omosessualità’ venne rimossa dal DSM, come disturbo mentale, ma venne introdotto il concetto di ‘omosessualità ‘egodistonica’, ovvero gli omosessuali che ricorrono alla consultazione psichiatrica per difficoltà che sorgono nei rapporti con altre persone e con la legge e quelli che presentano segni di sofferenza psichica legata alla loro scelta di orientamento sessuali in alcune epoche della vita.

Nel 1994, l’aggiornamento del DSM incluse tra i disordini mentali il ‘feticismo da travestimento’, che riguarda coloro che sentono un ‘eccessivo’ bisogno sessuale od erotico nel vestire abiti dell’altro sesso, ed il “disturbo di identità di genere”, che si caratterizza per una intensa e persistente identificazione con il sesso opposto e per un forte disagio di appartenere al proprio sesso.

In due parole, per la scienza psichiatrica, un omosessuale non è di per se un malato mentale, ma arriva a presentare sofferenze psichiche se i rapporti con le persone o con la norma generale confliggono con le proprie pulsioni. Dunque, la società ha il dovere di non costituirsi come un fattore che, interferendo con la scelta sessuale delle persone, ne causa una sofferenza mentale o psichica. E questo a prescindere dall’omosessualità, tra l’altro.

Allo stesso tempo, però, la psichiatria individua come disturbate le persone che non accettano il sesso che la natura gli ha dato. Almeno questo sembra di capire a leggere, da profani, il Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, la bibbia degli psichiatri, alle voci “transvestic fetishism” e “gender identity disorder”.

L’impressione che se ne può ricavare è un po’ come se gli psichiatri avessero fatto rientrare dalla finestra quello che era poco prima uscito dalla porta principale.

Fatto sta che, se le cose stanno scritte sul DSM come sembra che siano, qualcuno potrebbe chiedersi se una persona affetta da “disturbo di identità di genere” o da ‘feticismo da travestitismo’ possa fare il maestro, il vigile od il magistrato, se non il politico o l’ambasciatore.

Vecchi fantasmi di un mondo che fu?

Di certo, la poca informazione mediatica sulla questione ‘omosessualità’ – e su cosa ne pensi la scienza medica – va solo ad alimentare le proteste di organizzazioni come Forza Nuova che chiedono che “le perversioni vadano curate”, come nello striscione apposto davanti alla sede della comunità Lgbt di Bologna. Od una marea di istanze di gruppi anche vistosamente estremi e le conseguenti acerrime polemiche, in tutto il mondo, se si parla di adozioni e procreazione assistita da parte di omosessuali.

Dunque, quello che una società mediatica potrebbe fare per il bene di tutti, specialmente se parliamo di televisione pubblica, potrebbe essere  di diffondere anche una semplice e breve intervista, formulata a dei rappresentativi esperti, come – solo ad esempio – potrebbero essere il prof. Tonino Cantelmi, presidente dell’Associazione Italiana Psicologi e Psichiatri Cattolici – AIPPC, od al prof. Claudio Mencacci, presidente della Società Italiana di Psichiatria, in modo che a tutti gli italiani sia chiaro quando e come sia corretto parlare di ‘disordine’ e quando, invece, l’omosessualità sia nel range dei comportamenti ‘normali’.

Ma i media, questo, non lo faranno mai. Nè in Italia nè nel resto del mondo.
Oppure no?

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Chi ha paura degli omosessuali?

14 Giu

Come se agli Europei di Calcio 2012  non bastasse la vergogna del massacro dei cani randagi e dell’afflusso di prostitute in Ucraina, ci si mette anche l’Italia, prima con le frasi di uno dei suoi calciatori più ‘rappresentativi’ e, poi, con la decisione di mantenerlo in squadra.

«Ci sono froci in squadra? Se penso a quello che dico, chissà che cosa vien fuori. Sono froci? Problemi loro, me la sbrigo così, sennò mi attaccano da tutte le parti. Son froci, se la vedessero loro. Mi auguro che non ci siano veramente in Nazionale» (Antonio Cassano, calciatore)

«Onestamente credo che tra i calciatori di gay non ce ne siano. In quarant’anni non ne ho mai conosciuti, né nessuno che ha lavorato con me in tutto questo tempo e in tante squadre me ne ha mai raccontato. Non escluderei un gay, come un nero, dalla Nazionale. Penso che sarebbe difficile, per come siamo fatti noi calciatori, che un giocatore omosessuale possa vivere la sua professione in maniera naturale» (Marcello Lippi, ex allenatore della Nazionale di calcio)

«I gay nel calcio non ci sono. Se ne avessi scoperto uno quando ero direttore generale l’avrei venduto». (Luciano Moggi, ex dirigente Juventus)

«Il calcio e’ un gioco troppo maschio per i gay» (Gianni Rivera ex calciatore, deputato)

«Un bacio tra omosessuali è come fare pipì in strada» (Carlo Giovanardi, ex sottosegretario alla presidenza del Consiglio)

«Matrimoni gay? Allora perché non anche con gli animali, oppure con più di una persona?» (Francesco Perra, Movimento 5 Stelle)

Un problema di omofobia, certamente, di ‘paura dell’omosessualità’ e cos’altro che l’umana compassione può addirsi a chi vive nella paura.

Si potrebbe pensare che la causa (o concausa) di un atteggiamento  – l’omofobia che nulla ha ache vedere cone tica o morale – possa essere la fede cattolica di gran parte degli italiani e/o la presenza della Santa Sede nella penisola italica.

Questo è probabilmente vero, ma non tanto per il catticesimo in se, quanto a causa delle lobby interne al clero italiano ed alla ‘pessima’ politica (Trasformismo, Giolitti, Mussolini, Democrazia Cristiana, duopolio Berlusconi-Prodi) alla quale storicamente si sono affidati.

Una arretratezza culturale – un fattore (atavico) di de-civilizzazione ben alimentato dall’informazione nazionale – che fa della lotta contro i gay o contro le conquiste delle donne un cavallo di troia, indispensabile per aggregare un corpus elettorale intorno a ‘probi homines’ in tanti (altri) affari affacendati.

Quanto andrebbero meglio le cose in Italia è inutile dirlo, se l’Opera di Dio desse priorità ed attenzione a politici ed amministratori meno ‘votati’ alla cleptocrazia e meno sensibili alle grazie delle ‘cortigiane’, piuttosto che strenuamente omofobi o misogini.

E chissà cosa ne sarebbe della ‘pubblica opinione’ italiana, se i nostri media, oltre a pubblicare gli outing di personaggi famosi, pubblicassero anche le dichiarazioni di augusti prelati cattolici?

«La sessualità è un argomento molto complesso, sul quale esiste anche un “conflitto di interpretazioni”. Non è male che due omosessuali abbiano una certa stabilità di rapporto e quindi in questo senso lo Stato potrebbe anche favorirli. Non condivido le posizioni di chi, nella Chiesa, se la prende con le unioni civili» (Carlo Maria Martini, ex arcivescovo di Milano)

«Credo che noi dovremmo essere d’accordo e di fatto siamo d’accordo che nel giudizio su una tale relazione o un tale rapporto c’è una grande differenza di giudizio quando le persone si assumono la responsabilità l’uno per l’altro, quando vivono e si relazionano in un rapporto omosessuale durevole, come similmente avviene in un rapporto eterosessuale» (Cardinale Rainer Maria Woelki, arcivescovo di Berlino)

«Sono come gli altri e meritano la dignità. Secondo la nostra fede, sono le azioni che rendono buone o meno le persone. La Chiesa Cattolica deve essere aperta a tutte le persone con sentimento religioso» (Cardinale Lluís Martínez Sistach, arcivescovo di Barcellona)

Anche le squadre di calcio e le tifoserie dovrebbero ‘essere aperte’ a tutte le persone con sentimento sportivo. Ma questo, a quanto pare, la Federcalcio non lo sa.

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