Sulle Pensioni sono poche le cose da sapere, ma pochi le ricordano. Facciamo dei casi concreti della “Quota 100”.
Nell’ipotesi di pensionarsi con 36 anni di contribuzione e 64 anni di lavoro, ricordando che non si prevedono grandi incrementi stipendiali per il prossimo decennio:
- una persona nata nel 1959, ha iniziato a lavorare nel 1982 e oggi percepisce uno stipendio (al netto di tasse, ma anche dei premi) di 2.000 euro. Nel 2018 compie 36 anni contributivi, ma ha solo 59 anni anagrafici: dovrà comunque attendere il 2024 per andarsene con 64 anni d’età e oltre 42 anni di contributi, che saranno circa il 40% dell’ultimo stipendio. Tale e quale ad oggi.
- una persona nata nel 1955, optò per il lavoro autonomo o artigiano ed ha pochi contributi ed oggi percepisce uno reddito dichiarato (al netto di tasse) di 1.500 euro. Nel 2019 compie 31 anni contributivi ed avrà 64 anni anagrafici: può andare in pensione, ma dovrà campare con poco più di una pensione minima e molto meno di un reddito di cittadinanza. Finirà per mettersi a lavorare in nero, togliendo lavoro ai giovani ed evadendo le tasse, tale e quale ad oggi.
- una persona nata nel 1963, ha iniziato a lavorare nel 1993 e oggi percepisce uno stipendio (al netto di tasse, ma anche dei premi) di 2.000 euro. Nel 2019 compie 26 anni contributivi ed avrà 57 anni anagrafici: dovrà attendere il 2029 per i 36 anni contributivi, quando però avrà 66 anni minimi, e la rendita sarà circa il 40% dell’ultimo stipendio. Tale e quale ad oggi.
Come siamo arrivati a questo? Complicato se non si conosce tutta la storia, semplice, se si è abbastanza vecchi da ricordarselo:
- in base alla Costituzione ogni italiano con reddito dovrebbe versare una quota allo Stato per la previdenza pubblica di indigenti od invalidi e una rata assicurativa ad un Ente o Assicurazione per la propria pensione
- fino alla metà degli Anni ’70, esistevano l’Inps e le Casse previdenziali, come esistevano l’Inam e le Mutue sanitarie. Poi, l’Inps e l’Inam fallirono a causa dell’assistenzialismo populista e la soluzione fu quella di “risanarli” come fosse una bad bank pubblica ed assorbendo progressivamente nella ‘good company’ Casse e Mutue sane
- la voragine creata da chi a Bankitalia doveva dare l’allarme fin dalla metà degli Anni ’60 non era finita, però, e negli Anni ’90 arrivò la riforma delle pensioni Amato-Dini, quella che garantiva l’ultimo stipendio per intero ai pensionati con sistema retributivo, ma prospettava una pensione al 40% dello stipendio base per i contributivi
- la norma era ‘pesante’, colpiva chiunque non avesse contribuzione almeno di quindici anni: c’era un esercito di pensionandi con pochi contributi (la generazione del ’68) e una massa di giovani disoccupati (la generazione degli ’80) a causa della voragine nei bilanci e la svalutazione della Lira rispetto al petrolio.
- dunque, venne previsto un quinquennio di transizione, durante il quale le pensioni contributive sarebbero state adeguate a quelle retributive, e venne introdotta la possibilità di integrare la pensione consentendo – tra l’altro – ai Sindacati di ricostituire come Fondi assicurativi quel che prima erano le Casse e le Mutue
- invece accadde che le perequazioni sulle pensioni contributive continuarono fin al 2011, i Sindacati si batterono non per le Mutue, ma per una ‘salute uguale per tutti’ e quando si parla di ‘abolire Fornero’ è di questo che si tratta, non solo l’età e l’aspettativa in vita: il primo problema è quanto si è contribuito, quale è il capitale a monte accumulato e se c’è da compensare una pensione infima
- nel 2011 Elsa Fornero pose un tetto sull’età contributiva, pervenuto a 42 anni e 10 mesi, e sull’età anagrafica a 67 anni, ma – lo scrive uno che è stato pesantemente danneggiato da quelle scelte – sono restava da chiarire cosa succede ai pensionandi contributivi, specie se vogliono anticipare. ed avrebbero dovuto farlo il parlamento ed i sindacati nel 2011
- arrivati al 2017, ci ritroviamo che la norma Fornero diventa una norma di diritto (nessuno può farmi lavorare più di 42 anni e 10 mesi od oltre i 67 anni. Chi ha iniziato giovanissimo e chi è troppo anziano per lavorare sono tutelati) ed un meccanismo trappola, dato che da quest’anno chi non avesse ambedue i requisiti rischia di finire in un meccanismo-trappola. Il Partito Democratico non fa nulla
- forse lo farà questo governo Lega-Cinque Stelle. Ma per ricreare la previdenza sociale, che è spesa pubblica da tasse versate, e ripristinare gli Enti Assicurativi, che restituiscono come rendite i contributi versati, serve che per alcuni anni l’Italia sfori il proprio debito di tantissimi miliardi, per rimediare a pasticci fiscali, assistenziali e previdenziali dell’epoca di Prodi, Carli e Savona
- per farlo è necessario attingere alla Cassa Depositi e Prestiti, dovevamo farlo con Renzi, non badando solo alle banche ed agli investitori/risparmiatori, con Gentiloni era troppo tardi. Il problema è che CDP non è Pantalone, bensì raccoglie anche i depositi postali degli italiani e ‘garantisce’ la liquidità di Bankitalia. Da qui l’interesse diretto e legittimo dell’Eurozona: non a caso per ora esultano sterlina e rublo, mentre il dollaro ci da embargo …
Meglio girare intorno al problema, mentre i lavoratori invecchiano comunque ed i giovani pure, e promettere una Quota 100 che è tale e quale alla situazione lasciata da Elsa Fornero ?
E, per lo meno, è possibile (Di Maio, Conte, Salvini eccetera) rassicurare gli italiani che la Quota 100 non danneggi chi ha lavorato fin da ragazzo e che anche in futuro sarà possibile pensionarsi con 42 anni e 10 mesi a prescindere dall’età oppure gli eletti dal Popolo vorranno penalizzare proprio chi appena maggiorenne si cercò un’occupazione?
Demata
Addendum:
Focalizzandosi su “in base alla Costituzione ogni italiano con reddito dovrebbe versare una quota allo Stato per la previdenza pubblica di indigenti od invalidi e una rata assicurativa ad un Ente o Assicurazione per la propria pensione”, c’è la soluzione e se na parlava già 15 anni fa.
Il dettame costituzionale nel III Millennio può significare diverse cose:
– una ‘bad bank’ per smaltire il retributivo e le pensioni d’annata
– un sistema di Enti assicurativi (sanità, previdenza, assistenza, vita) per tutti i lavoratori, vigilato (ergo garantito) dallo Stato
– un Inps che torna alle origini e bada alla previdenza pubblica sociale, in base a parametri internazionali, ma anche per scelte politiche sociali temporanee può far leva sulla tassazione (apposita)
A parte che questo è il sistema nel resto d’Europa e pure in USA (+ o -), è anche l’unica via per risolvere il problema più immediato è che i più giovani si troveranno a vivere in un paese senza consumi, se tra 5-10 anni la maggior parte dei residenti saranno pensionati sotto i 1.000 euro al mese o disoccupati?
Come sostenere con la previdenza sociale pubblica questi futuri indigenti ex lavoratori per 40 anni, se non almeno con esenzioni ed accessi? … e cioè facendo leva fiscale sociale (c’è sempre l’articolo delle pari opportunità …) su alcune tipologie di redditi, tra cui le pensioni apicali – ad esempio – ed il cerchio si chiude.
P.S. ci si lamenta dei populismi, ma sono stati i partiti a mettere un eletto dal popolo (governatore regionale) a capo di un ente assicurativo come il Servizio Sanitario Regionale, sorto dalle ceneri delle Mutue.
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