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I diritti umani secondo l’Islam e non solo

25 Gen

Pochi sanno che i paesi di tradizione islamica sottoscrivono una Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo ‘leggermente’ diversa dalla nostra.

Ad esempio, il “diritto alla giustizia” (art. 4) per il quale “ogni individuo ha diritto di essere giudicato in conformità alla Legge islamica e che nessun’altra legge gli venga applicata” , che “nessuno ha il diritto di costringere un musulmano ad obbedire ad una legge che sia contraria alla Legge islamica” e che (art. 5) “nessuna accusa potrà essere rivolta se il reato ascritto non è previsto in un testo della Legge islamica”.

Peggio ancora l’art. 12, che tutela il “diritto alla libertà di pensiero, di fede e di parola” che nei paesi islamici prevede che “ogni persona ha il diritto di pensare e di credere, e di esprimere quello che pensa e crede, senza intromissione alcuna da parte di chicchessia, fino a che rimane nel quadro dei limiti generali che la Legge islamica prevede a questo proposito”.
La Dichiarazione Islamica dei Diritti dell’Uomo segue precisando che “nessuno infatti ha il diritto di propagandare la menzogna o di diffondere ciò che potrebbe incoraggiare la turpitudine o offendere la Comunità islamica”

Infine, il “diritto di famiglia” prevede (art. 19) che “ognuno degli sposi ha dei diritti e dei doveri nei confronti dell’altro che la legge islamica ha definito con esattezza” e precisamente che «le donne hanno dei diritti pari ai loro obblighi, secondo le buone convenienze. E gli uomini hanno tuttavia una certa supremazia su di loro» (Cor., II:228).

I diritti universali, insomma, non sono proprio così ‘universali, se 1/3 della popolazione mondiale vive in stati dove i ‘diritti’ sono solo ‘islamici’.
Ma almeno li hanno firmati e, tra l’altro, la versione islamica dei diritti umani prevede regole ‘migliori’ per lo sfruttamento del lavoro e per l’usura: c’è anche chi non li ha firmati o l’ha fatto solo in parte ed in modo ‘sterile’.

Infatti, saranno probabilmente pochi quelli che si sono accorti che Israele non ha firmato i trattati ONU per il traffico di migranti, le tutele del lavoro, la tortura, la protezione dei civili, la pena di morte eccetera e, soprattutto, che … la Santa Sede non ha firmato nemmeno quelli sulle donne, sulla schiavitù, sul lavoro forzato o quanti relativi ai diritti umani e le libertà fondamentali dell’individuo in Europa.

Demata

Clayton Derrell Lockett, l’assassino di Stephanie Neiman: una fine orribile per un delitto d’odio

30 Apr

Il 4 giugno del 1999, Clayton Derrell Lockett (23 anni ) con il cugino diciassettenne Alfonzo Laron Veasey Lockett e un altro complice, Shawn C. Mathis, di 26 anni, irrompono in casa di Bobby Lee Bornt, dove c’era anche suo figlio di otto mesi, per un debito non saldato.

Shawn C mathis

Shawn C. Mathis

Mentre accadeva il brutale pestaggio, Stephanie Michelle Neiman e Summer Hair, diciottenni, bussavano alla porta dell’abitazione ed erano costrette ad entrare con la violenza. L’amica di Stephanie veniva stuprata dai tre teppisti in più riprese. Dopo di che, Bobby Lee Bornt, il bambino e le due ragazze venivano portati in un’area rurale con il pick up di Stephanie, mentre l’auto della gang, rubata, veniva abbandonata dov’era. Il tutto non prima di essersi procurati una pala e aver imbavagliato le ragazze col nastro adesivo.

Arrivati sul posto, Clayton Derrell Lockett ordinava a Mathis di scavare ad una certa distanza dalla strada, dicendo che “è ora che qualcuno se ne vada”.
Poi, portava solo Stephanie nella buca e le sparava un primo colpo, dopo di che si inceppava la pistola, ma Lockett andava alla luce del pickup per sbloccarla, mentre Stephanie lanciava urla soffocate dal bavaglio e, riparata la pistola, ritornava sulla fossa, sparava di nuovo a Stephanie e ordinava ai suoi complici di interrarla.
Infine,
minacciava tutti di morte, se avessero fatto parola della cosa, e lasciava liberi i suoi ostaggi.

Inutile dire che la polizia venne subito informata.
La sentenza fu quella che si poteva aspettare in Oklahoma, come in tanti altri luoghi: condanna a morte per Clayton Derrell Lockett, carcere a vita per suo nipote Alfonzo e per Shawn C. Mathis.

Alfonzo Lockett

Alfonzo Laron Veasey Lockett

Tre ragazzini nel posto sbagliato – Stephanie, la sua amica e Alfonzo – in balia di un giovane violento (Clayton Derrell) e del suo complice succube  (Mathis).
Una storia maledetta, se persino Jasper Lockett, il fratello all’epoca sedicenne, dichiarava ai giornali che Clayton prelevò Alfonzo con la scusa di portarlo in un locale notturno e che lui aveva cercato di convincerlo a non andare.
Clayton Derrell Lockett a soli 23 anni era appena uscito dal carcere per una sentenza a quattro anni nel 1996, mentre nel 1992, ancora sedicenne, aveva ricevuto una condanna di sette anni, seguita da accuse di intimidazione dei testimoni statali.

Una vita maledetta se addirittura LaDonna Hollins, la madre adottiva di Clayton Derrell Lockett, poco più di un mese fa presentava un sollecito ad eseguire la condanna a morte: Se lo merita? Credo di sìha dichiarato Hollins alla KFOR-TV (channel 4) –  Ha fatto quel che ha fatto e sta andando a morire per questo. Quindi, facciamo questa cosa. Smettiamola di rimandare.”

Esecuzione rinviata da anni a causa di problemi nell’approvvigionamento dei ‘farmaci’ letali, come denunciava la stessa KFOR-TV, perchè i “farmaci usati nelle iniezioni letali sono diventati sempre più difficili da ottenere. I produttori approvati dalla FDA si rifiutano di vendere a qualsiasi reparto di struttura correzione  i farmaci utilizzaii in esecuzioni a causa della controversia che circonda la pena di morte. L’Oklahoma ha il cloruro di potassio che blocca il cuore. Tuttavia, lo Stato non ha fenobarbital, che provoca perdita di coscienza, e vecuronio bromuro, che ferma la respirazione.

    Clayton Derrell Lockett

Clayton Derrell Lockett

Ad ogni modo, la faccenda si risolveva e martedì 29 aprile era prevista l’esecuzione di Clayton Lockett con una procedura diversa, utilizzando come  sedativo il midazolam anzichè il fenobarbital. Nel primo caso, si tratta di una benzodiazepina ad azione breve priva di azione analgesica, nel secondo è un barbiturico piuttosto potente.
Il sedativo è stato somministrato alle 18.23 ora locale, dieci minuti dopo Clayton Lockett veniva dichiarato “non cosciente” e gli iniettavano le altre due sostanze, ma un minuto dopo iniziava a muovere la bocca e, dopo un altro minuto, a contorcersi, a respirare a fatica, a stringere i denti e a cercare di alzarsi. Alle 18.39 gli agenti penitenziari calavano le tende della sala visitatori e solo alle 19.06 Lockett veniva dichiarato morto per attacco cardiaco.

Una morte maledetta, se i suoi avvocati all’uscita della camera di esecuzione raccontano che «È stato molto difficile da vedere. Sembrava una tortura».

L’inefficacia del sedativo – che ha causato un’agonia di oltre 30 minuti – è stata ufficialmente attribuita all’ago fuoriuscito dalla vena, ma il New York Times riporta che la miscela utilizzata per Lockett era stata utilizzata solo in Florida nel 2013 e con un dosaggio molto superiore: il ‘metodo’ verrà verificato prima di procedere a nuove esecuzioni.
E’ notizia ufficiale che il governatore dello Stato dell’Oklahoma, Mary Fallin, ha chiesto «un riesame completo della procedura», che fino al 2011 utilizzava una singola iniezione di pentobarbital, che non aveva mai causato problemi di questo tipo, ma la cui fornitura da parte della casa danese che ne detiene il brevetto fu interrotta per gli stati americani che la utilizzavano durante le esecuzioni capitali.

Una vita e una morte maledetta, dicevamo, quella di Clayton Derrell Lockett, ma prima di addentrarci nel dibattito ‘pena di morte si o no’, teniamo conto che c’erano anche i genitori di Stephanie all’esecuzione di Lockett, giusto per sapere che dopo l’esecuzione gli operatori carcerari hanno trovato un loro biglietto.

Stephanie Neiman

Stephanie Michelle Neiman

God blessed us with our precious daughter, Stephanie for 19 years. Stephanie loved children. She was the joy of our life.  We are thankful this day has finally arrived and justice will finally be served. Susie and Steve Neiman, 4-29-14″

“Dio ci ha benedetto donandoci la nostra preziosa figlia Stephanie che aveva 19 anni.
Stephanie amata bambina. Era la gioia della nostra vita.

Noi ringraziamo questo giorno che è finalmente arrivato e la giustizia che finalmente è compiuta”.

A questo punto, ‘conosciuta la vittima’, è bene sapere che i reati vennero classificati dalla corte come ‘crimine d’odio’.

Stephanie Michelle Neiman venne uccisa perchè bianca,  benestante, inoffensiva, obesa, secchiona.

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Florida: giustiziato un pluriomicida schizofrenico

6 Ago

Un condannato a morte affetto da problemi mentali, John Errol Ferguson, 65 anni, è stato giustiziato ieri sera in Florida, malgrado numerosi appelli e proteste di associazioni di malati, medici ed avvocati, intervenuti presso la Corte suprema degli Stati Uniti per chiedere la stop all’esecuzione. Lo rendono noto le autorità penitenziarie. John Ferguson,  affetto da schizofrenia paranoica, è stato giustiziato con un’iniezione letale. Ogni appello è stato fino all’ultimo respinto.

Secondo Christopher Handman, avvocato della difesa, “Mr. Ferguson aveva una documentata storia clinica per una grave malattia mentale diagnosticata ripetutamente dai medici statali in istituzioni statali.” In realtà, quello che Ferguson aveva commesso per meritarsi la pena capitale non ha nulla a che vedere con la malattia mentale.

Infatti, il 27 luglio del 1977, John Ferguson, operaio della ‘Florida Power and Light’, entrava in  casa di Margaret Wooden in Carol City con la scusa di controllare le prese elettriche. Dopo di che Ferguson estraeva una pistola, legava e bendava la donna e faceva entrare nella casa due uomini, Marvin Francois e Beauford Bianco,  per continuare la ricerca di droga e soldi.

Due ore più tardi, il proprietario dell’abitazione, Livingston Stocker, ritornava a casa con cinque amici ed anche loro venivano legati, bendati e perquisiti, per poi essere rinchiusi nella camera da letto. Dopo poco, arrivava anche il fidanzato della Wooden, Michael Miller, anch’egli legato, bendato, e perquisito. Dopo di che Miller e la Wooden venivano portati in un’altra camera e gli altri sei uomini sono stati spostati nel salotto, dove accadeva l’inevitabile.

Infatti, a Marvin Francois, uno dei complici di Ferguson, cadeva la maschera sul volto e da lì iniziava una spietata esecuzione, alla quale sopravvivevano solo la donna e uno dei visitatori, Johnnie Sala, seppur ambedue gravemente feriti alla testa. Al suo arrivo, la polizia trovava sei cadaveri, tutti avevano le mani legate dietro la schiena ed erano stati colpiti alla nuca. Il massacro di Carol City era avvenuto.

Nel corso di altre rapine, pochi mesi dopo, nel 1978, John Errol Ferguson uccideva anche Belinda Worley, una studentessa diciassettenne di Hialeah, e Brian Glenfeldt, anche lui adolescente della stessa città. Inoltre, Ferguson è stato anche condannato per tentato omicidio durante la rapina di una coppietta ed era sospettato della brutale rapina-uccisione di una coppia di anziani in un motel di Miami.

John Errol Ferguson è stato un noto e pericoloso ‘mass murderer’ degli Anni ’70, con una sentenza alla pena capitale che lo attendeva dal 1978. Un malato di schizofrenia paranoide che credeva di essere il “Principe di Dio”, secondo il suo avvocato, un brutale rapinatore che eliminava i ‘testimoni’, secondo i fatti.

La famiglia di Belinda Worley non ha mai concesso il proprio perdono.

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Carmela Petrucci, una martire italiana

20 Ott

Samuele Caruso, negli Stati Uniti, avrebbe già la sua cella nel Death Row, il braccio della morte.
I media riportano che “non si sarebbe rassegnato alla fine della storia d’amore con la ex fidanzata e l’avrebbe perseguitata per settimane. L’ha aspettata sotto casa e l’ha accoltellata.”

Caruso sarebbe in attesa della pena di morte anche in India, Cina Popolare, Giappone, Indonesia e buona parte del mondi islamico. Stati che rappresentano quasi 2/3 dell’intero genere umano.

Lui racconta “di aver agito in preda ad un raptus e di avere perso la testa”, ma dovrebbe spiegare come mai si era presentato sotto casa della ragazza con un coltello in tasca, perchè ha ucciso senza motivo Carmela Petrucci, la sorella diciassettene di lei, che le ha fatto da scudo ed avrebbe ricevuto le coltellate più violente.

Un delitto infame, di quelli che da sempre l’Umanità ha relegato all’infimo grado della tollerabilità.

Un crimine che, se in tribunale fosse accettata l’ipotesi del raptus, potrebbe implicare una pena effettiva, per Samuele Caruso, di 6-7 anni. Un ‘raptus’ di un giovane, che su Facebook chiedeva, non molto tempo fa, “soltanto la salute per le persone che amo. Perché l’unica cosa che non puoi cambiare è la perdita di qualcuno che ami”.

E, bene che andasse, tra 12-13 anni,  sarà comunque a libero, a 35 anni, di rifarsi una vita, se non sarà condannato per omicidio doloso, ovvero ‘premeditato’.

Carmela Petrucci, però, non avrà questo diritto, la sua sorella Lucia porterà a vita i segni dei fendenti ricevuti, il fratello delle ragazze ricorderà per sempre quelle urla disperate dal citofono, la nonna morirà col peso di essersi ‘allungata’ al supermercato, lasciando la ragazze sole per qualche istante.

Per Samuele Caruso non ci sarà neanche l’ergastolo.

Non c’è giustizia in questo paese.

Eppure, in tempi non lontani, non avremmo esitato a definire la giovanissima Carmela Petrucci una ‘vergine martire’, relegando – senza se e senza ma –  agli inferi il pessimo Samuele Caruso.

Oggi, viceversa, l’Italia ‘vanta’ diversi record negativi riguardo gli omicidi di donne e lo stalking, come anche riguardo l’occupazione femminile e le loro carriere o le pene lievi per chi le offende.
E non se ne vergogna.

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