La bozza di riforma del Codice della Strada, in corso di approvazione nella Commissione apposita al Senato, sembra che consentirà a ciclisti e motociclisti di percorrere le corsie preferenziali riservate agli autobus e ai taxi.
E, secondo i media, questa ed altre importanti novità saranno l’effetto di precise richieste della Confindustria Ancma, che – ricordiamolo – rappresenta i nostri produttori di biciclette e motocicli, ovvero le categorie che si batterono per quasi 50 anni contro le targhe per i motorini e oggi contro quelle alle biciclette.
Paolo Gandolfi, Pd, relatore del provvedimento, è entusiasta: “La sicurezza stradale in città è possibile anche per i pedoni e i ciclisti. Per farlo occorrono più educazione, più controlli e una riforma profonda delle regole di comportamento e dei nuovi criteri di costruzione delle strade. Questa riforma del codice della strada, quando sarà approvata definitivamente, sarà uno straordinario cambiamento verso una realtà diversa, verso città più sicure. Un cambiamento possibile, basta volerlo.”
Ma volere non è potere e neanche dovere.
Innanzitutto, iniziamo col dire che “più controlli e una riforma profonda delle regole di comportamento” significano più vigili e più multe. Cosa forse credibile se qualcuno volesse sbloccare il Patto di Stabilità e consentire ai Comuni di assumere e se qualcun altro decidesse di perseguire adeguatamente i reati contro i pubbblici ufficiali, raddoppiando ipso facto il numero di detenuti.
Aggiungiamo che “nuovi criteri di costruzione delle strade” significa almeno la responsabilità civile per gli amministratori locali (o ANAS) che consentissero l’accesso a determinate strade o corsie per ciclisti e motociclisti se esistono condizioni di rischio. Non a caso ‘in Europa’ gli enti preposti tengono statistiche aggiornate delle infrazioni e degli incidenti adattando la segnaletica e i semafori secondo bisogna.
E cosa dire dell’ennesima incredibile promessa di “straordinario cambiamento verso una realtà diversa, verso città più sicure”, se si vive a Roma con i suoi 6.000 km di strade di cui almeno 4.000 di buche, cordoli, tombini e sconnessioni, con corsie preferenziali dove di norma si affollano – oltre ai taxi, le auto blu e gli autobus – migliaia di autovetture diplomatiche e centinaia di pattuglie e ambulanze?
Per non parlare dei pericolosi ostacoli fissi a bordo strada, come i pali dei cartelli stradali, di cui la Capitale abbonda oltre ogni limite e da cui il Comune incamera in abbondanza.
Una nuova tegola per il sindaco Ignazio Marino?
originale postato su demata
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