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Obama ed il debito USA allo shut down?

8 Apr

Se il braccio di ferro che Obama ha instaurato con il Congresso non troverà una rapida soluzione, tra pochi giorni 800mila dipendenti federali resteranno a casa senza stipendio.
Ma non solo.

Si spegneranno decine di migliaia di Blackberry “di servizio”, i neopensionati dovranno attendere per lo smaltimento delle loro pratiche, sarà rallentata l’approvazione di nuovi prodotti farmaceutici e medicali, cesseranno i contributi a garanzia dei mutui-casa.
Gli stipendi dei militari non saranno incassabili, dato che “la Casa Bianca prepara gli americani alla chiusura del governo facendo sapere che «la crescita economica ne risentirà» e tutti i militari, anche quelli in Afghanistan e Iraq, «saranno pagati ma non riceveranno gli assegni finché il Congresso non ridarà i fondi necessari al governo».”
Inoltre, siccome Washington è un distretto federale, nella capitale andranno in difficoltà diversi servizi, tra cui la raccolta dei rifiuti, che altrove sono gestiti dagli Stati.

L’origine dello scontro istituzionale è ben sintetizzato dal corrispondente da Washington di La Stampa, Maurizio Molinari: “Barack Obama chiede al Congresso di approvare un piano decennale di uscite per 45.950 miliardi di dollari che porterà la spesa al 24% del Pil nel 2021, mentre il piano redatto dal repubblicano Paul Ryan, capo della commissione Bilancio alla Camera, somma uscite per 39.960 miliardi in dieci anni promettendo di far scendere la spesa al 20% del Pil.”

Una differenza di circa 5mila miliardi di dollari, come dire due anni di PIL italiano; non è poca cosa.
Gran parte della differenza (oltre 3500 miliardi) riguarda settori diversi dalla Sanità, Previdenza e Difesa, che sono specificamente attribuiti al Governo Federale. Un’enorme quantità di risorse pubbliche che si perdono in mille rivoli clientelari, dal Festival della Fioritura dei Ciliegi di Washington alle quasi inutili previsioni del tempo “a cinque giorni”.


Una differenza che conta, se addirittura Mr. President pretende di incrementare le spese del 20%, a fronte di dati forniti dal suo stesso governo, che indicano una previsione di 2162 miliardi di dollari di entrate fiscali a fronte di 3456 miliardi di spese nel 2010.

 

Un crash istituzionale e politico atteso da un anno, dato che, già nel 2009, il noto storico Niall Ferguson, professore ad Harvard, dichiarava che: “Gli Stati Uniti si sono messi su un sentiero fiscale non sostenibile. Sappiamo anche che il percorso si conclude in due modi: o si azzera il debito o si svaluta la moneta.”

Dunque, non è improbabile che questo braccio di ferro sulla pelle dei lavoratori e dei cittadini statunitensi sia l’ultima spiaggia di Barak Obama.

Un fallimento che i Tea Party avevano presagito e che, comunque andrà, peserà moltissimo sulla futura rielezione del presidente.

Se dovessero passare tutte le proposte della Casa Bianca, non è improbabile che ci ritroveremo ad assistere ad un progressivo indebolimento del dollaro e ad un calo del potere d’acquisto negli States, ovvero ad un generale impoverimento degli Stati Uniti .

Intanto, a tanti ormai appare evidente che Obama sia di fronte al fallimento del suo programma politico, sia come politica interna insostenibile fiscalmente sia come politica estera con i fronti regionali che si allargano e con gli alleati, vedi Francia o Germania, che prendono iniziative.