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Emergenza Malasanità Lazio

31 Mag

Dalle notizie che circolano da alcuni mesi, sembra davvero che i centri di cura cattolici non godano di una buona gestione finanziaria e siano l’epicentro di una geronto-oligarchia.
Infatti, se a Milano il San Raffaele è fallito, la situazione romana degli ospedali cattolici è abissale e, se si parla dei centri di cura pubblici, la situazione è ancor peggiore.

Riguardo il settore ‘cattolico’, l’IDI – San Carlo di Nancy di Roma avrebbe un deficit di 300 milioni del tutto insanabile, il Policlinico Gemelli dell’Università Cattolica si sta rivelando un vaso di Pandora con almeno mezzo miliardo di esposizione finanziaria, l’IFO Regina Elena – San Gallicano è coinvolto nello scandalo del San Raffaele, il San Camillo – Forlanini ha la media di un medico per posto letto (fonte Fp Cgil Roma Ovest), i lavoratori del Santa Lucia attendo da mesi gli stipendi.

Passando agli ospedali pubblici, un medico del Policlinico Umberto I ha recentemente denunciato che “la dignità dei cittadini viene quotidianamente violata in quanto spesso non è possibile assicurare loro le più elementari condizioni di riservatezza legate al loro sesso ed anche le norme di igiene vengono rispettate con grande difficoltà. Alcune volte sono le stesse manovre di rianimazione ad essere ostacolate”.
Il CTO di Garbatella è “mezzo vuoto, con interi reparti buoni solo per ricoverare fantasmi” secondo Esterino Montino, capogruppo Pd alla Regione Lazio.
L’Ospedale Oftalmico sembra sia un cimitero di attrezzature non utilizzate e, dal 1 giugno 2011, l’attività delle quattro sale operatorie nuovissime è stata drasticamente ridotta riducendo di oltre 600 interventi l’attività rispetto al 2010.
Al Santo Spirito, pur essendoci tutte le dotazioni ed attrezzature, la carenza di ginecologi non permette di arrivare ai 1.500 parti all’anno (oggi se ne eseguono circa 1000).

A questo aggiungiamo che diversi municipi, anche se con centinaia di migliaia di residenti, sono del tutto privi di pronto soccorsi e ospedali generali e che la maggior parte dei siti di cura è collocato in luoghi raggiungibili solo con l’automobile o con più mezzi pubblici.

Situazioni quotidiane che sfociano, se è presente un politico od un giornalista in ‘casi eclatanti’ e che finiscono nel nulla se a lagnarli è il solito paziente ‘ossessivo’, visto che non v’è traccia di reclami, esposti e denunce. Eppure, siamo ben oltre il livello di guardia, come al San Camillo dove si è verificato lo scandalo dei pazienti curati a terra, al Policlinico Umberto I quello dei pazienti bloccati da giorni sui lettini del pronto soccorso, al Policlinico Gemelli quello della tubercolosi neonatale e della vigilanza sanitaria sui lavoratori. Oppure al Sandro Pertini, dove, in relazione alla morte di Stefano Cucchi, i medici e agli infermieri sono sotto processo per falso ideologico, abuso d’ufficio, abbandono di persona incapace, rifiuto in atti d’ufficio, favoreggiamento, omissione di referto.

Caso mai la cronaca o i dati finanziari non bastassero a dimostrare il totale dissesto in cui la Regione Lazio ha portato la già carente e sprecona Sanità romana, arriva il Tribunale dei diritti del malato a documentare che nei 27 Pronto Soccorso del Lazio l’attesa per un ricovero varia da 24 ore a 4 giorni.
I dati nazionali ci raccontano che, molto probabilmente, nel Lazio ci sono circa 40.000 malati rari che rinunciano alle cure a causa degli ostacoli interposti dal ‘sistema’, ovvero burocrati e medici.

Una mattanza di malati e denari che è esplosa con l’immobilismo della Polverini verso gli apparati ospedalieri e la classe medica romani, ovvero gli unici responsabili di questo disastro.
Una tragedia collettiva che lede profondamente i diritti costituzionali dei cittadini, oltre ad attentare alla vita dei malati, che trova origine anche nelle improvvide politiche del governatore Marrazzo, visto che in 10 anni si sono tagliati oltre 10.000 posti letto senza alcuna logica, che i centri di eccellenza da anni stanno scemando, che gli ospedali e gli ambulatori sono talmente mal gestiti che o sono ridotti ad astanterie o sono semideserti.

Una classe politica romana che non ha voluto rinunciare al consenso della lobby sanitaria, potentissima in città, e che non ha saputo trasferire personale e servizi dove servono, garantire accesso e tutele ai malati, informazione e trasparenza ai cittadini.

Di tutto questo, la stampa nazionale non ne parla. Probabilmente, lo impedisce la piaggeria degli editori e dei comitati di redazione verso clero e medici.
Eppure, oltre al dissesto miliardario che incombe sulla Regione Lazio e sulle casse italiane, c’è l’evidenza che nella Capitale italiana i malati hanno una vita davvero difficile e perigliosa, non a causa del propri male, ma in conseguenza di un sistema sanitario da pazzi ed una classe medica che non dimostra l’etica cui sarebbe per giuramento tenuta.

Che almeno si abbia la dignità, politici e direttori di testata, di non raccontare ai cittadini, non almeno a quelli malati, di risanamento o di sacrifici, di ‘salva Italia’ ed di altre belle ‘chiacchiere’, se con una Sanità capitolina ‘così’ nessuno (Stato, Ordine dei Medici, media, onlus dei malati, magistratura, revisori dei conti) interviene a tutela della vita umana e dell’Erario.

Difficile parlare, nel Lazio, di Costituzione e di diritti ad un malato, ma nenche il Presidente Napolitano sembra essersene accorto. Tanto, per riempire il crac della sanità romana ci penseranno i cittadini italiani … grazie a nuove tasse e cosa mai?

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originale postato su demata