La Corte Costituzionale ha bocciato il referendum per la Cannabis, come c’era da aspettarsi.
Il quesito – infatti – chiedeva che sia abrogato il DPR 309 del 9 ottobre 1990 all’Articolo 73, comma 1, limitatamente al termine “coltiva”, ma il comma 1 è riferito alle “sostanze stupefacenti o psicotrope di cui alle tabelle I e III”, cioè vieta di coltivare oppio, coca, allucinogeni e varie sostanze chimiche tra cui i tetraidrocannabinoli. Ma la coltivazione della cannabis (indica) è nella tabella II …
La cannabis indica per uso personale, poi, entra in ballo al comma 5: “per i mezzi, per la modalita’ o le circostanze dell’azione ovvero per la qualita’ e quantita’ delle sostanze, i fatti previsti dal presente articolo sono di lieve entità, si applicano le pene della reclusione da sei mesi a quattro anni e della multa da lire due milioni a lire venti milioni se si tratta di sostanze di cui alle tabelle II e IV”.
Non sappiamo quale fosse il motivo per cui si volesse legalizzare la coltivazione di oppio, coca e allucinogeni: confidiamo che si tratti di pressappochismo e non che fosse qualcosa di voluto.
Piuttosto, è abbastanza evidente che a voler legalizzare la cannabis indica per uso personale bastava chiedere di abrogare il comma 5 agli incisi “della reclusione da sei mesi a quattro anni” e “ a lire venti milioni“, lasciando la multa “da lire due milioni” (1.000 euro circa), visto che abrogando del tutto il comma 5 si abroga anche il concetto di lieve entità.
E la cannabis sativa? Beh, resta il fatto che il DPR fu una norma scritta davvero male, sulla base di credenze e pregiudizi: in botanica la differenza tra cannabis indica e sativa è a livello esteriore. La distinzione fu introdotta dal biologo e botanico americano Richard Evans Schultes, padre della moderna etnobotanica, alla prima metà del secolo scorso: sativa, se la pianta è alta, con rami allungati e foglie strette, indica, se è più bassa, dalla forma conica e con foglie larghe.
Ma come insegna la Scienza odierna (e come sanno bene i narcos messicani che la producono) è impossibile distinguere geneticamente se una pianta di cannabis è Indica o Sativa: l’effetto dipende “oltre che dal tipo di coltura, anche dalle condizioni del suolo, dalla presenza di contaminanti e da molti altri fattori ambientali” (fonte Istituto Superiore Sanità) e dalle condizioni ambientali di raccolto, essiccazione e conservazione.
Dunque, ‘coltivare cannabis’ resta qualcosa di arbitrario secondo la legge italiana, dato che produttore e ispettore sanno se la piantina sia in tabella I o II solo a prodotto testato (o fumato).
Non sarebbe tutto più semplice, se il Parlamento ammettesse che i tetraidrocannabinoli – per effetti e soprattutto per eventuale dipendenza – sono molto molto diversi e lontani da eroina, cocaina, metanfetamina, fentanyl eccetera e che le sanzioni per il consumo di una canna sono veramente sproporzionate rispetto a quelle per abuso di alcolici.
E, sempre riguardo ai compiti del Parlamento,“in Italia ogni giorno in media sono 48 le persone che muoiono a causa dell’alcol, oltre 17.000 ogni anno” (fonte Istituto Superiore Sanità) e basta guardare cosa c’è sugli scaffali dei supermercati per saperlo.
I dati dell’Organizzazione Mondiale per la Salute per il 2012 segnalano che a livello globale si consumano 6,2 litri annui di alcol puro a persona.
Considerato che il 38,3 per cento della popolazione mondiale non consuma alcolici e aggiungendo un altro 40% che beve poco o pochissimo, arriviamo a non meno di 15-20 litri annui di alcool puro a testa di media per i così detti bevitori abituali, moderati o esagerati che siano.
La media italiana (6,7 lt) e bielorussa (17,5 lt) sono una conferma esemplare del dato, anche se, forse, c’è qualcosa che non torna nei dati italiani: se un comune vino italiano, in bottiglia da 0,75 litri, contiene l’11 %Vol di alcool, mezza bottiglia (o quattro bicchieri colmi) al giorno e siamo già arrivati a 15 litri annui di alcool consumato …
A dispetto di un consume medio di alcol in Italia relativamente rassicurante, l’8% dei maschi italiani si è ubriacato pesantemente (consumando oltre 30 grammi di alcol puro) almeno una volta nell’ultimo mese. I dati dell’ISTAT indicano che il 75% degli italiani consuma alcool (l’87% degli uomini e il 63% delle donne). Il primo bicchiere viene consumato a 11-12 anni; l’età più bassa dell’intera Unione Europea (media UE 14,5 anni).
Esempio di pubblicità di alcolici con bambini testimonial
In condizioni simili, i dati spagnoli fissano l’inizio del consumo di alcol tra i minorenni a soli 13,9 anni di media, il che significa che molti iniziano ben prima, e, infatti, l’82% degli adolescenti ha bevuto alcol nell’ultimo anno e il 74% nell’ultimo mese. Sei su 10 ragazzi tra i 14 e 18 anni si sono ubriacati più di una volta, e di questi uno su cinque afferma di averlo fatto negli ultimi trenta giorni.
I bevitori a rischio in Italia sono oltre 3 milioni (> 5% popolazione, almeno il 10% dei maschi adulti), che vanno ad aggiungersi ad un milione di alcolisti classificati.
Nel 2000 817.000 giovani di età inferiore ai 17 anni hanno consumato bevande alcoliche e circa 400.000 bevono in modo problematico. Nel 2012, il 7% dei giovani dichiara di ubriacarsi almeno tre volte alla settimana ed è in costante crescita il numero di adolescenti che consuma alcool fuori dai pasti (+ 103% nel periodo 1995-200 tra le 14-17enni).
Anche i dati sul Binge Drinking sono in crescita come nel resto dei Paesi europei e, presumibilmente, sottostimati, specialmente per gli adolescenti, dato che consiste nel restare alticci per ore e ore, bevendo almeno 5 drinks per i maschi e 4 per le femmine in un breve lasso di tempo.
Danni dell’alcol
Un ‘bravo’ binge drinker evita di passare da brillo a ubriaco, ma il binge drinking – nonostante quanto credano i bevitori che lo praticano – è comunque associato a tutti i problemi cognitivi e comportamentali, anche a lungo termine, di tutti gli etilisti, oltre a quelli connessi con la gravidanza.
L’etilismo durante la gravidanza è associato alla sindrome alcolica fetale, complicazioni alla nascita e disturbi di tipo neurologico del nascituro. Scompensi nella memoria e nei modelli cognitivi possono riscontrarsi in tutti gli etilisti critici, così come l’incapacità a controllare gli impulsi, specialmente nelle ragazze. In aggiunta, la percezione delle informazioni per via orale o visuale risulta ritardata. Gli studi compiuti sugli adolescenti dimostrano che il consumo etilico critico continuato può causare scompensi cognitivi a lungo termine.
In Italia, il 10% dei ricoveri totali è attribuibile all’alcool. Nel 2000 si stimava fossero 326.000, di cui 100.000 con diagnosi totalmente attribuibile all’alcool (relazione al Parlamento del Ministro della Salute) e, ogni anno, sono circa 40.000 le persone muoiono a causa dell’alcool per cirrosi epatica, tumori, infarto del miocardio, suicidi, omicidi, incidenti stradali e domestici e per incidenti in ambienti lavorativi. Nel mondo la stima è di un morto ogni dieci secondi per cause derivanti o correlate all’alcol, praticamente un decesso ogni 20 è dovuto a consumo di alcol: più vittime di Aids, tubercolosi e omicidi messi insieme.
In Inghilterra, l’etilismo costa al Welfare circa 20 miliardi di sterline l’anno, pari a 17 milioni di giorni di lavoro perduti dovuti alle patologie alcol-correlate, con un costo annuale sul sistema sanitario nazionale di circa 3 miliardi di sterline l’anno. Nel 2013, uno studio pubblicato dal British Medical Journal, The Lancet, e finanziato dal Centre for Crime and Justice Studies (UK) ha certificato l’alcol come la droga più dannosa di una lista di 20 sostanze diverse. Contrariamente alla percezione popolare, l’alcol è stato posizionato come più distruttivo rispetto sostanze di “classe A” come l’eroina e crack. Lo studio, condotto da un gruppo di esperti del Comitato scientifico indipendente sulle droghe, considera gli effetti nocivi di ciascuna sostanza in base ad una serie di criteri per ricaduta fisica, impatto psicologico e sociale.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità raccomanda la totale astensione dal consumo di alcol fino ai 15 anni. Per questo motivo, per i minori di 11-15 anni viene considerato come comportamento a rischio già il consumo di una sola bevanda alcolica durante l’anno.
La stessa OMS stima che i costi annuali sociali e sanitari, sostenuti a causa di problemi collegati all’alcool sono pari al 2-5% del Prodotto Interno Lordo (PIL), il che significa che in Italia staremmo parlando di 30-100 miliardi di euro annui per i costi sociali e sanitari, derivanti dal consumo critico di alcol.
Andando all’industria del vino, La Repubblica racconta come “l’Italia si conferma anche nel 2013 il principale produttore di vino al mondo con 44,9 milioni di ettolitri contro i 44,1 milioni della Francia e i 40 della Spagna”.
Il valore della produzione italiana di vini nel 2012 “è stimabile in 9,1 miliardi di euro e quello del consumo apparente in 4,7 miliardi, assorbiti principalmente da alberghi e ristoranti con oltre sei decimi del totale”. CANTINE RIUNITE & CIV (Campegine – Re) sono il primo produttore di vini con 204,3 milioni di bottiglie. (fonte Mediobanca del 2014)
Un’industria del vino ‘primaria’, che tiene nonostante gli italiani negli ultimi 10 anni abbiano quasi dimezzato il consumo di vino e che da lavvoro ad oltre 200.000 addetti, ma che ci costa anche molto se Agrinotizie ci spiega anche che, oltre alle normali misure di ‘aiuto’ all’agricoltura, per l’industria del vino italiano è previsto un Programma Nazionale di Sostegno (PNS) abbastanza provvido ed esteso:
Ristrutturazione e riconversione dei vigneti – 110 milioni di euro
Promozione dei vini sui mercati extra-Ue – 82,4 milioni di euro per il 2011-2012 e di 102 milioni per il 2012-2013
Investimenti – fondo di 15 milioni di euro per il 2010-2011 e di 40 milioni per il 2011-2012
Vendemmia verde – 30 milioni di euro all’anno
Assicurazione del raccolto – fondo di 20 milioni di euro
Distillazione dei sottoprodotti – 1,1 euro/grado/hL per le vinacce e in 0,5 euro/grado/hL per le fecce, senza dover pagare un prezzo minimo di acquisto a favore dei produttori, come invece era in passato
Distillazione di vino per la produzione di alcol alimentare – 400 euro/ha per il 2010/2011 e a 350 euro/ha per il 2011/2012, per un volume minimo di vino di 25 hL e massimo di 30 per ogni ettaro richiesto
Aiuto all’utilizzo di mosti – 1699 euro/grado ettolitro per l’uso di mosto concentrato, e a 2206 euro/grado ettolitro per il mosto rettificato ai produttori della zona mediterranea
Consulenza aziendale – rimborso dell’80% delle spese sostenute per i servizi di consulenza aziendale atti a migliorare il rendimento dell’impresa agricola (con un limite massimo di 1500 euro)
Politiche per il ricambio generazionale – contributi massimi di 70 mila euro per gli imprenditori new entry con età minore di 40 anni
Politiche strutturali – contributo dal 40 al 60% agli investimenti che migliorano il rendimento globale dell’azienda agricola in conformità con le norme comunitarie in materia, tra cui l’acquisto di terreni per un costo non superiore al 10% del totale delle spese ammissibili
Accrescimento del valore aggiunto dei prodotti agricoli – 40 al 50% sugli investimenti atti a migliorare il rendimento globale dell’impresa agricola
Cooperazione per lo sviluppo di nuovi prodotti, processi e tecnologie – contributi, che possono toccare il 100% dei costi ammissibili
Politiche per la qualità – contributo annuale per cinque anni di 10,000 euro all’anno per azienda
Sostegno alla partecipazione a sistemi di qualità – contributo massimo di 3000 euro per azienda agricola
Sostegno all’attività di informazione dei consumatori e di promozione dei prodotti alimentari di qualità- cofinanziamento al 70% le attività di informazione dei consumatori e quelle di promozione dei prodotti agroalimentari di qualità che si tengono sul mercato interno europeo (eventi fieristici inclusi)
Politiche agroambientali – indennità a favore degli agricoltori che producono nelle zone montane, nelle aree svantaggiate o in altre aree con vincoli ambientali e naturalistici, con un limite massimo di 250 euro/ha
Contratti di filiera e di distretto – investimenti (dai 5 ai 50 milioni di euro, senza alcuna percentuale massima per regione) senza parametri minimi per gli investimenti di filiera e del rapporto minimo tra investimenti e produzione agricola
Contratti di sviluppo – finanziamento dai 7,5 milioni di euro (per programmi riguardanti solo le attività di trasformazione e commercializzazione di prodotti agricoli) ai 30 (per programmi di sviluppo industriale o commerciale)
Agevolazioni Invitalia (in qualsiasi settore) – lavoro autonomo (fino a 25.823 euro iva esclusa per chi vuole avviare una ditta individuale, microimpresa (fino a 129.114 euro per chi vuole avviare una piccola attività imprenditoriale in forma di società di persone
Agevolazioni Ismea – fino a un milione di euro per progetto ai giovani imprenditori agricoli che vogliono subentrare nella conduzione di un’azienda
Promozione dei prodotti agricoli – finanziamento fino al 90% dellle spese ammissibili di chi promuove e valorizza le caratteristiche qualitative dei prodotti agroalimentari italiani
Ecco perchè un litro di vino qualunque in tetrapack, al supermercato, costa meno di 2 euro e vini decenti si trovano anche a meno di cinque euro: praticamente li paghiamo noi con le nostre tasse.
Ed, a fronte degli oltre 200.000 addetti e un valore 4,7 miliardi di euro in consumi interni, c’è da considerare – quando si esulta per la crescita dell’industria del vino – che gli alcolisti sono un milione, gli etilisti critici arrivano a tre e che i costi sociali e sanitari dell’alcol in Italia sarebbero di diverse decine di miliardi di euro, mentre gli under40 alticci (e i ragazzini ubriachi) aumentano.
Un altro soldato italiano, Tiziano Chierotti, è morto in Afganistan, altri 3 sono feriti. Un pattugliamento a soli 20 km dalla base Lavaredo, nell’abitato del villaggio di Siav, dove li attendeva un’imboscata.
E non resta che chiedersi perchè l’abbiamo mandato lì.
Forse, perchè siamo stanchi di vedere l’eroina tra i nostri giovani, visto che, nel 2011, ‘le Nazioni Unite affermarono che la porzione di territorio afgano destinato alla coltivazione dell’oppio era incrementato del 7%, arrivando ad un’estensione complessiva di 1,310 chilometri quadrati, di cui la maggior parte nelle ‘meno sicure’ aree del sud e dell’est dell’Afganistan’. (fonte Reuters)
Secondo il Servizio Federale per il Controllo dei Narcotici russo, solo i talebani ricaverebbero 150 milioni di dollari l’anno dal traffico di droga. ‘Un’enorme massa di eroina prodotta in un territorio piccolo quanto New York City’, ha dichiarato Ivanov, lo ‘zar dell’antidroga’, mentre Barack Obama ha promesso – con troppa faciloneria – di lasciare agli afgani il controllo del paese entro la fine del 2014, mentre è ormai certo che una buona parte dei traffici avvengono sotto la copertura di militari del posto.
Dicevamo di Tiziano, caporal Chierotti, alpino di Arma di Taggia, in provincia di Imperia, morto per le viuzze di Siav, provincia di Farah, in Afganistan, in nome di una guerra che i talebani hanno dichiarato al mondo 30 e passa anni fa, prima migrando in Afganistan al seguito degli integralisti che Cina Popolare e Stati Uniti appoggiarono e poi occupandola definitivamente, dopo aver raso al suolo la capitale Kabul, nonostante si fosse arresa, al solo scopo di disarticolare l’organizzazione statale.
Una banda di milioni di razziatori tribali pachistani che da due generzioni ha messo gli occhi sul redditizio traffico di armi e oppio su cui si regge l’economia afgana.
Diversi anni fa, scrivevo controcorrente come fosse corretto denominare il ‘nemico’ come insorgenti o insorti, visto che le Nazioni Unite così li chiamava, limitando questa definizione al Wiziristan, dove vivono gruppi tribali non ostili, originariamente, alle ‘forze di pace’.
Oggi, credo che sia importante iniziare a chiarire chi siano gli insorgenti, ovvero le tribù che non si riconoscono col governo di Kabul, chi i talebani ‘fuori zona’ come a Siav, che è al di fuori della zona di infiltrazione storica dal Pakistan dei pastun/ talebani e chi i ‘narcos’ che stanno di casa a Siav, che come tante altre località di quella provincia è tra le tappe dei corrieri che dalle province confinati con l’Iran vanno e vengono con il Pakistan.
Ragioni troppo astratte per accettare la morte di uno dei nostri ragazzi, mentre troppi altri, a casa nostra, soccombono all’eroina?
Uno studio pubblicato dal British Medical Journal, The Lancet, ha certificato l’alcol come la droga più dannosa di una lista di 20 sostanze diverse. Contrariamente alla percezione popolare, l’alcol è stato posizionato come più distruttivo rispetto sostanze di “classe A” come l’eroina e crack.
Lo studio, condotto da un gruppo di esperti del Comitato scientifico indipendente sulle droghe, considera gli effetti nocivi di ciascuna sostanza in base ad una serie di criteri per ricaduta fisica, impatto psicologico e sociale.
Lo studio, finanziato dal Centre for Crime and Justice Studies (UK), è stato condotto utilizzando un processo chiamato di modellazione dei dati di analisi decisionale multicriterio (MDA), attribuendo un punteggio per gli effetti sugli individui e ad altre persone.
Tra le ricadute fisiche di un singolo farmaco sono considerate anche la mortalità specifica, mortalità legata alla droga, dipendenza e compromissione del funzionamento mentale. L’impatto su altri considera il crimine, il danno ambientale, il costo economico, gli effetti sulle famiglie.
Dei 16 criteri utilizzati in totale, nove sono relativi all’impatto di un solo individuo e sette sulle altre persone. Questi criteri sono stati poi ponderati in base al relativo impatto complessivo.
L’eroina, il crack e la cocaina, le metanfetammine sono risultati essere i farmaci più dannosi per chi le usa, mentre l’alcol, l’eroina, il crack e la cocaina sono stati indicati come i più dannosi per gli altri, ma nella classifica complessiva l’alcol non ha “rivali”.
Nel complesso, l’alcol ha ricevuto un punteggio di 72, battendo tutti gli altri farmaci dello studio, dominando i punteggi nei criteri di costo economico, avversità della famiglia e lesioni. La mortalità correlata al farmaco è anche elevata, equiparabile, ad eroina e tabacco.
Riguardo la cocaina, in particolare, è probabile che lo studio sottostimi il danno sociale, in termini di corruzione dei poteri e invasività delle mafie, ma è evidente che le norme in uso – in Italia come altrove – sottostimano il danno causato dagli alcolici e sono troppo benevole con le “movide”.
Lo studio, infatti, arriva alla conclusione che l’approccio del governo britannico per la determinazione delle sanzioni penali per possesso e spaccio di droga ha “poco a che fare la prova del danno” e raccomanda vivamente che “una strategia valida e necessaria per la salute pubblica miri ad incidere sui danni causati dall’alcol”.
Tra l’altro, secondo un’altro studio pubblicato da The Lancet in questi giorni, molte ragazze tra i 13-15 anni, specialmente in USA, Austria e Irlanda – sono delle “binge drinker”, cioè bevono cinque o più bevande alcoliche in un giorno. Il coma alcolico tra i teenagers è in allarmante aumento.
Mandando in galera i ragazzini con uno spinello, tollerando gli assembramenti di migliaia di giovani in gran parte “bevuti”, consentendo la pubblicità di alcolici anche in fascia protetta, per non parlare dei bambini usati come testimonial di alcolici (come nella pubblicità di San Crispino delle Cantine Ronco, un “vino per tutti”), certamente non si fa molto per evitare che i nostri giovani siano in cattiva salute.
Come anche, non legalizzando alcuni consumi – come viceversa accade per la droga più dannosa, l’alcol – si lascia tutto un “mercato” nelle mani delle mafie (il 2-5% del PIL?) e si rinuncia ad una leva fiscale di molti miliardi, mentre la droga circoli a fiumi senza nessun controllo sulle sostanze usate e senza tener conto che, in non pochi casi, i tossicodipendenti sono quasi ridotti in schiavitù.
Una grande contraddizione che la “civile” Europa deve andare ad affrontare, un “peccato originale” che gli “atlantici” si portano dietro da quando si tentò di colonizzare la Cina con l’oppio turco.
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