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ILVA Taranto: l’Italia che proprio non vogliamo

29 Nov

Nella vicenda ILVA di Taranto c’è il condensato dell’Italia che non vogliamo, che non volevamo e che non vorremmo.

Una fabbrica nata male sulle (non dalle) spoglie della gloriosa Italsider di Bagnoli (NA) e dopo aver sprecato miliardi per un polo siderurgico a Gioia Tauro, dove sappiamo com’è andata a finire.

Una fabbrica che era inquinante a Napoli e non si sa perchè non avrebbe dovuto esserlo a Taranto, creata con denaro pubblico (tanto), mai effettivamente produttiva (la colpa fu data alle Tigri Asiatiche) e comprata (non si sa perchè) dalla famiglia Riva, quella dei motoscafi e dello scandalo di Beirut.

Un sito industriale devastante per la salute dei tarantini, come ha dimostrato il magistrato di turno, e fonte di clientele ed oscure convergenze, tra cui la manipolazione delle perizie e dei dati sanitari.

Una fabbrica tecnicamente ‘chiusa’ che continua ad esistere per volontà di Roma, dove, però, l’inquinamento da metalli pesanti non arriva. Una fabbrica che il sindacato difende in nome del salario degli operai, ma non della loro salute.
Un impianto dove, ieri, non doveva esserci nessuno, che invece era occupato dai lavoratori, in barba alle ordinanze, mentre nessun ambientalista protestava nè intervenivano le forze dell’ordine per lo sgombero.

Così accade che – in un complesso industriale privo di un datore di lavoro che attui ed imponga la sicurezza sul lavoro – arrivi una tromba d’aria, vada giù una ciminiera ed una gru, scoppi un incendio con fiamme alte decine di metri, ci siano morti e dispersi tra gli occupanti.

Dunque, visto come è andata per la Thyssen a Torino, ci aspettiamo lo stesso peso e la stessa misura: chi ha organizzato l’occupazione deve andare alla sbarra ed essere severamente processato; i morti sono morti.

Come anche dovremmo aspettarci che si sigilli l’ILVA e la si smantelli. Dovremmo …
Infatti, non il ministro delle Infrastrutture, ma quello dell’Ambiente, Corrado Clini, annuncia incredibilmente: «Chiudere Ilva è favorire i concorrenti», l’Ilva  «prosegua l’attività per 2 anni», «non si può distinguere l’ambiente dalla crescita sostenibile quindi dall’economia».

That’s Italy.

originale postato su demata

Landini contro tutti

28 Gen

Oggi, i sostenitori della FIOM hanno organizzato cortei e presidi dinanzi alle fabbriche per protestare contro gli accordi siglati dagli altri sindacati ed accettati dai lavoratori degli stabilimenti Fiat di Pomigliano e Mirafiori.

Il segretario generale della FIOM Maurizio Landini annuncia: «Federmeccanica e Confindustria devono sapere che, se fanno quello che fa la Fiat, ci sarà un conflitto che non ha precedenti nel nostro Paese».

Eh già, con la situazione politica, finanziaria e produttiva che abbiamo ci manca solo il “conflitto” di Landini, in modo che, dopo la Tunisia e l’Egitto, anche l’Italia abbia le sue giornate di morte e di sangue.

Cos’altro mai, visto che si annuncia un conflitto?

 

I comunisti e la logica del conflitto

28 Gen

Il principale problema insito nel confrontarsi con dei comunisti è l’idea che la società sia divisa in classi e che queste siano in conflitto tra di loro.

E’ una questione che puntualmente riemerge, inficiando profondamente sia la credibilità democratica dei comunisti stessi sia, soprattutto, il perseguimento di soluzioni pienamente condivise.

Oggi, il segretario generale della FIOM ha prefigurato un conflitto sociale prossimo venturo “che non ha precedenti nel nostro Paese”, che, ricordiamolo, ha già vissuto, in 150 anni, le insurrezioni del primo dopoguerra, il Fascismo e gli Anni di Piombo.

Un conflitto probabile, se c’è chi soffia sul fuoco ed indottrina giovani; un conflitto sterile, dato che impoverirebbe il paese come accadde negli Anni ’70; un conflitto inutile, perchè i comunisti farebbero bene a capire che il “nemico è anche tra di loro”.

Un esempio banale può chiarire facilmente l’assurdità di quello che accade. Giorni fa, infatti, si annunciavano gli utili azionari della Fiat a fronte del nuovo contratto di lavoro peggiorativo. Non pochi hanno associato i dividendi a squallidi personaggi di grotziana figura ed i contratti a schiere di lavoratori Fiat schiavizzati come solo Fritz Lang seppe fare.

A nessuno è venuta l’idea che tanti di quegli azionisti siano normali lavoratori dipendenti che hanno puntato i loro risparmi, poche migliaia di euro, sulla ripresa di un’azienda italiana che da lavoro agli italiani.

Nessuno ha pensato che tra i “fortunati” azionisti Fiat ci possano essere anche non pochi lavoratori della stessa azienda.

Quanti sono gli “schiavi” che sono anche “padroni” di se stessi?

Anche questo è il Terzo Millennio.