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Riportate a casa i marò

27 Mar

In una Camera che accoglieva con una certa indifferenza o sorpresa le polemiche dimissioni del Ministro degli Esteri Giulio Terzi, date al termine di un’audizione, per pochi attimi si è udito il grido dolente di Vania Girone, moglie di Salvatore, uno dei fucilieri di Marina riconsegnati alle carceri indiane: «riportate a casa mio marito».
«Non possiamo abbandonarli», dirà ai cronisti Franca Latorre, sorella dell’altro marò, il pugliese Massimiliano.

Una situazione paradossale, se non fosse tragica e caotica, con il ‘solito’ Mario Monti colto da «stupore», dato che Giulio Terzi non gli aveva preannunciato «le sue intenzioni, benchè in mattinata si fosse tenuta presso la presidenza del Consiglio. In Mario Monti che non sorprende più nessuno nel tenere a precisare che  «le valutazioni espresse alla Camera dal ministro Terzi non sono condivise dal Governo».
Un Premier che non sa cosa frulla nella testa del suo Governo? A quanto pare si.

Una situazione tragica e caotica che vede la stessa BBC esprimere perplessità su tutto il comportamento italiano in generale, riportando alcuni elementi essenziali che non hanno avuto particolare risonanza in Italia:

  • esistono dubbi significativi sul fatto che i colpi di avvertimento siano effettivamente stati sparati. La testimonianza dei pescatori superstiti è credibile ed accurata e, inoltre, la posizione della petroliera sembra essere fuori questione, ovvero nelle acque territoriali indiane e non fuori giurisdizione come sostiene la ‘versione’ italiana;
  • i nostri marines potevano essere immediatamente trasferiti fuori dalla giurisdizione indiana, come di prassi per gli altri eserciti in casi simili e come accadde nel caso del disastro della funivia del Cermis, in val di Fiemme, il cui cavo fu tranciato da un aereo militare USA;
  • la vicenda dei marò, fin troppo procastinatasi, si è ormai intrecciata, specie sui tabloid indiani, con una denuncia per complotto e frode che la polizia criminale indiana (Cbi) ha formalizzato contro Agusta Westland (Finmeccanica) nelle indagini svolte su presunte tangenti nella fornitura di 12 elicotteri.

Il ministro alla Difesa, ammiraglio Di Paola, ha voluto precisare: «Non abbandonderò la nave in difficoltà con Massimiliano e Salvatore a bordo fino all’ultimo giorno di governo, verrei meno al senso del dovere delle istituzioni che ho sempre servito e alle scelte del governo che ho condiviso».

Ma qui la faccenda si complica. Infatti, agli occhi degli indiani, il fatto che la Procura Militare abbia avviato un’indagine per violata consegna e dispersione di armamento militare verso i due marò appare decisamente tardivo e, soprattutto, insufficiente, visto che ai due reati in ipotesi si poteva anche aggiungere qualche altra cosa, come l’omicidio colposo.
Un percorso che avrebbe, col senno di poi, certamente avvantaggiato di due fucilieri.

Infatti se, per l’art. 44 del Codice Penale Militare di Pace, “non è punibile il militare, che ha commesso un fatto costituente reato, per esservi stato costretto dalla necessità di impedire fatti tali da compromettere la sicurezza della nave”, è anche vero che per l’articolo successivo (45), “quando si eccedono colposamente i limiti imposti dalla necessità, si applicano le disposizioni concernenti i reati colposi, se il fatto è preveduto dalla legge come reato colposo.”

Dunque, se fin dal primo giorno di rimpatrio dei due marò si fosse cambiata linea difensiva ed aperta un’indagine per mancata consegna e dispersione di armamento militare, andando a dimostrare l’eccesso colposo, sarebbe stato possibile detenere i due fucilieri, processarli per omicidio colposo e condannarli ad una pena mite (la reclusione va da sei mesi a cinque anni), che, sommando la detenzione indiana ed un po’ d’attesa di giudizio, si sarebbe trasformata in un rilascio.
Nel frattempo, un equo e congruo indennizzo alle famiglie dei pescatori morti ed alla loro comunità avrebbe aiutato a riassorbire rancori e pretese.

Una vicenda, agli occhi degli inglesi, politicamente maldestra fin dall’inizio, quando ritardi, sottovalutazioni e pressappochismo portarono all’attracco della petroliera in India con tanto di marò a bordo, a disposizione della polizia del Kerala ben pronta ad arrestarli.

Una sottovalutazione che potrebbe costare molti anni di carcere ai due militari italiani e solo una costante e capillare azione diplomatica e legale potrà, ormai, garantire che vengano scontati in Italia.

Giulio Terzi ha espresso «la propria riserva per la repentina decisione del loro ritrasferimento in India, la mia voce è rimasta inascoltata. Finalmente avevamo in patria i due fucilieri di marina. Mi dimetto perchè per 40 anni ho ritenuto e ritengo oggi in maniera ancora più forte che vada salvaguardata l’onorabilità del Paese, delle forze armate e della diplomazia italiana. Mi dimetto perchè solidale con i nostri due marò e con le loro famiglie».

Ed allora chi ha deciso tutto e chi deciso cosa in questa vicenda?
C’è Roberto Formigoni a twittare: «Il governo chiarisca chi ha voluto rimandare i marò in India». Ma gli oltre 101 eletti del Movimento Cinque Stelle non hanno nulla da dire? Che ‘tutto taccia’ era prevedibile, ma, se non anche di questo, di cosa altro mai pensavano di doversi occupare?

Riportiamo a casa i nostri marò e basta figuracce ed ipocrisie, ingenuità ed incertezze: la nostra diplomazia non può permetterselo, ma soprattutto non può permettersele la nostra Marina: annunciando le dimissioni in piena seduta della Camera, Giulio Terzi – nel bene e nel male – ha passato il testimone al Parlamento ed al Presidente della Camera, non al Governo Monti.

Il nostro paese – già molti mesì fa, quando la Ferrari corse in India esibendo la bandiera della Marina Italiana – avrebbe dovuto impegnarsi a dimostrare l’innocenza dei nostri fucilieri o, quanto meno, la loro non intenzionalità nell’uccisione dei due pescatori indiani.

Ed invece ancora si sostiene che le raffiche furono sparate a vuoto …

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The Italian Job: notizie dai giornali indiani

15 Mar

Dalla vicenda dei marò Massimilian Latorre e Salvatore Girone, l’Italia ne sta venendo fuori nel peggiore dei modi e vale la pena che le sue aziende inizino a prepararsi alle conseguenze del duro contraccolpo in termini di credibilità internazionale, di peso politico in Europa ed ai G8 e di speculazione finanziria ‘ostile’.

Infatti, come riporta la BBC, il ministro degli Esteri indiano ha ben chiarito in quali termini, nell’attuale e nel futuro, si manterranno i rapporti con il nostro Paese: “l’India si aspetta che la Repubblica d’Italia  mantenga l’impegno sottoscritto di onorare il termine ordinativo dato ad essa dalla Corte Suprema, come qualunque altra nazione che voglia considerarsi uno Stato di diritto“.

E’ stato solo a seguito di questo impegno sottoscritto (ndr. dal nostro ambasciatore Daniele Mancini), che la Corte Suprema ha consentito ai due marines di viaggiare e rimanere in Italia per un periodo di quattro settimane e tornare in India sotto la cura, la supervisione e il controllo della Repubblica Italiana.

Rincara la dose Rajiv Pratap Rudy, un portavoce del principale partito di opposizione Bharatiya Janata Party, affermando che “questo è un tradimento ed un bluff da parte del governo italiano. Si tratta di una violazione di fiducia tra due nazioni sovrane e l’atto è del tutto inaccettabile“.

Queste le notizie riportate dalla BBC che riprende i giornali indiani, come quelli di seguito:

  • The Hindu:  il rifiuto dell’Italia per la restituzione Massimilian Latorre e Salvatore Girone “può far vincere al nuovo governo italiano punti sporchi in casa propria, ma è un  comportamento disdicevole per una nazione responsabile” e che il governo indiano è troppo “esposto per lasciarsi prendere in giro così facilmente da un governo straniero“.
  • The Times of India:  “livello spaventoso di ingenuità da parte delle istituzioni indiane nel consentire ai marines di andare, nella convinzione che gli italiani avrebbero poi voluto mandarli indietro. Nel caso in cui c’è poco che New Delhi può fare ora. Nella migliore delle ipotesi si può fare una manifestazione di rabbia diplomatica ed espellere l’ambasciatore italiano, ma tutto ciò ben poco servirebbe alla causa della giustizia per i pescatori“.
  • Mint Newspaper:  “l’episodio verrà ricordato come una macchia nera nella storia del diritto dell’India: i diritti dei due stranieri erano più importanti quelle dei poveri pescatori, il cui unico obiettivo era quello di guadagnar da vivere per le proprie famiglie“.
  • The Indian Express: l’India starebbe valutando “dure opzioni diplomatiche, tra cui la rottura delle relazioni e l’interruzione dei rapporti commerciali“.
  • Hindustan Times: “se l’India vuole davvero essere una superpotenza regionale, non può essere colta alla sprovvista da un paese che negli ultimi tempi non è stato solo travolto da una crisi economica, ma si è anche dimostrato politicamente instabile e ingovernabile in più occasioni“.

Questa, dunque, la situazione di un continente, quello indiano, dove vivono oltre un miliardo di persone e questo è quanto leggono i traders della Borsa di Londra.

A buona connotazione è utile sapere che, consultando le cronache anglofone, emergono alcuni elementi essenziali che non hanno avuto particolare risonanza in Italia:

  • esistono dubbi significativi sul fatto che i colpi di avvertimento siano effettivamente stati sparati. La testimonianza dei pescatori superstiti è credibile ed accurata e, inoltre, la posizione della petroliera sembra essere fuori questione, ovvero nelle acque territoriali indiane;
  • i nostri marines potevano essere immediatamente trasferiti fuori dalla giurisdizione indiana, come di prassi per gli altri eserciti in casi simili e come accadde nel caso del disastro della funivia del Cermis, in val di Fiemme, il cui cavo fu tranciato da un aereo militare USA;
  • da ieri l’ambasciatore d’Italia a New Delhi, Daniele Mancini, è sotto arresto – invitato a non allontanarsi dalla propria residenza – al posto dei due marò, che, prevedibilmente, avrebbero ricevuto una condanna da scontare in Italia, ovvero a piede libero in attesa di ricorso;
  • la polizia criminale indiana (Cbi) ha formalizzato, l’altro ieri, una denuncia per complotto e frode, nell’intento di approfondire le indagini svolte su presunte tangenti nella fornitura di 12 elicotteri Agusta Westland (Finmeccanica).

The Hindu, principale organo d’informazione indiano, racconta di “Finmeccanica, che ha una presenza abbastanza grande in India, in diversi progetti di difesa tra cui quello per la prima portaerei in corso a Kochi, è probabile che questo induca il governo ad un approccio ‘morbido’ nei suoi rapporti con l’Italia.”

Secondo l’ammiraglio Uday Bhaskar, autorevole analista della Difesa indiana, “il rifiuto dell’Italia di mandare indietro due dei suoi marines, sotto processo in India per aver ucciso due pescatori indiani fuori Kerala, e l’indagine di CBI sul gigante della difesa (ndr. Finmeccanica) e la sua controllata AgustaWestland avrebbero un impatto politico a lungo termine con un’elevata posta in gioco. Il governo italiano deve avere fatto i suoi calcoli e studiato la situazione prima di rinnegare la sua promessa di mandare indietro i marines per essere processato in India. Il CBI, che ha inviato un team di invastigatori, lo scorso mese, a Milano, in relazione con le indagini sullo scandalo per corruzione nell’acquisto degli elicotteri, è probabile che ponga ostacoli pretendendo l’aiuto delle autorità italiane di andare avanti con la sua indagine“.

Gli investigatori indiani accusano due intermediari di aver pagato tangenti per la compravendita di 12 elicotteri a favore di AgustaWestland, in un paese dove di recente è stata adottata la linea dura chiesta dal ministro della Difesa AK Antony: inserire in una “lista nera” qualsiasi società che viola le leggi anti-corruzione. Non a caso il Ministero della Difesa ha chiesto al nuovo CEO di Finmeccanica, Alessandro Pansa, “qualsiasi informazione che potrebbe essere in grado di fornire su transazioni sospette“.

The Hindu precisa anche che “la presenza di Finmeccanica in India risale ai primi anni 1970, quando il gruppo ha fornito 41 elicotteri Sea King della Marina Militare indiana. Il gruppo ha un tie-up per i progetti chiave con le industrie partner BHEL, BEL, Bharat Dynamics Limited, HAL e Tata Sons.

Finmeccanica e le società controllate hanno contratti per il valore di migliaia di milioni di rupie da parte del governo indiano e hanno una presenza enorme in molti settori. Queste aziende sono SELEX Galileo, Ansaldo STS e AgustaWestland.
Ansaldo STS è una società tecnologica multinazionale che produce sistemi di segnalamento e automazione per l’utilizzo da parte degli operatori ferroviari e di trasporto rapido. Ansaldo STS ha sede a Genova, in Italia, e Finmeccanica ha un 40 per cento delle azioni della società. L’azienda ha 240 dipendenti in India e, secondo fonti del settore, occupa un’importante quota di mercato nel mercato del segnalamento ferroviario.
SELEX ES fornisce sistemi di navigazione e di comunicazione per le principali piattaforme avioniche indiane dal 1995 e ATC sistemi VHF per la Airports Authority of India e i radar di precisione per l’aeronautica militare indiana dal 2001.
Nei sistemi di difesa, OTO Melara, altra società del gruppo, ha fornito armamenti di grosso calibro ed unità navali medie e piccole alla Marina Militare indiana.

E questo è quanto afferma la brochure “Finmeccanica & India, in the spirit of partnership”: “l’India è un paese di fondamentale importanza per Finmeccanica. La crescita economica sostenibile, i crescenti investimenti per la difesa, la sicurezza e le infrastrutture, la grande base industriale e la forza lavoro qualificata hanno favorito la presenza di Finmeccanica e gli investimenti con una visione a lungo termine. Per i prossimi anni, le nostre operazioni in India saranno destinate a migliorare la nostra presenza e aumentare la nostra reputazione come un partner solido e affidabile.

Dunque, è ben chiaro quale enorme pasticcio stia combinando la nostra Casta – politicamente instabile e ingovernabile in più occasioni, come afferma Hindustan Times – a danno del nostro ‘complesso industrial-militare’, distruggendo una presenza ed una friendship nel continente indiano ormai consolidate e creando tutte le premesse per la frammentazione di un importante patrimonio pubblico (Finmeccanica e non solo), cui non potrà far altro che seguire un’instabilità finanziaria ed una minore occupazione nel lungo periodo.

My compliments: it’s another Italian job.

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Marò in India verso la scarcerazione?

17 Mag

Anche oggi, Roma, ormai in piena campagna elettorale, in rossi, neri, bianchi e gente comune.
Il “pretesto” di oggi è la polemica intorno l’iniziativa dei consiglieri del Pdl di indossare in aula delle magliette con le foto dei due fucilieri della Marina Militare detenuti in India.

Il problema, secondo la presidente della Commissione delle Elette di Roma Capitale, Monica Cirinnà, è stato che ” in apertura di seduta dell’Assemblea capitolina gli uffici di Presidenza hanno distribuito una maglietta nera raffigurante i due marò detenuti in India. Oltre a chiedere la sottoscrizione al momento del ritiro della t-shirt, ai consiglieri presenti è stato chiesto di indossarla al momento dell’esecuzione dell’Inno di Mameli. Ritengo questa iniziativa del tutto sbagliata, indebita, non concordata in conferenza dei capogruppo e soprattutto un uso improprio dell’istituzione da parte del presidente Pomarici il quale lui stesso ha indossato la maglietta distribuita”.

Ugo Cassone, consigliere Pdl di Roma Capitale, parla di “stupefacente reazione antitaliana”, affermando che “è inaccettabile che, invece di aderire spontaneamente alla simbolica manifestazione l’opposizione abbia indegnamente sollevato per questa occasione questioni procedurali e di regolamento, indicative solo del suo atteggiamento ostile e per niente patriottico”.

Un po’ come a Costantinopoli, quando erano in assise per determinare il sesso degli angeli, mentre le mura cadevano sotto l’assedio dei turchi.

Possiamo tutti immaginare il profondo scoramento che potrebbe cogliere, dinanzi a tale “veemente polemica”, non solo i nostri marò ed i loro colleghi o familiari, ma tutti i nostri concittadini che, per lavoro, sono andati per mare e per terra in terra straniera.

La buona notizia è che le autorità dello stato indiano del Kerala hanno disposto il trasferimento, tra 20 giorni, dei due marò italiani Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, dal carcere di Trivandrum ad un’altra struttura della città.

La Corte Suprema Indiana, infatti, aveva, nei giorni scorsi, invitato le autorità locali a dare seguito all’impegno di trasferire i militari italiani in una struttura diversa dal carcere, in risposta ad una petizione del procuratore generale aggiunto, Harin P. Raval,  “perchè lo Stato del Kerala non ha giurisdizione, essendo l’incidente avvenuto in alto mare dove la competenza è dell’Unione Indiana e non dei singoli stati.”

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Ostaggi in Nigeria, Cameron ignora l’Italia

9 Mar

Dopo l’arresto dei nostri fucilieri in India, arriva la notizia, a fatto compiuto, del blitz britannico in Nigeria per liberare degli ostaggi di Al Quaeda, tra cui un italiano che ci ha rimesso la vita.

Intanto, in questi mesi, abbiamo scoperto che lo spread, i mercati ed il default vanno “a prescindere” da cosa faccia (o meglio non faccia) il nostro governo, mentre, con tanta nonchalance, abbiamo permesso a Marchionne di “regalare” la FIAT alla Chrysler.

Ricordate gli entusiastici commenti giornalistici sulla “rinnovata immagine dell’Italia” od il “ci hanno apprezzato” di Mario Monti, quasi fossimo figli di un dio minore?

Beh, dalle chiacchiere, lusinghiere, stiamo ai fatti. Pessimi.

Intanto, mentre Repubblica titola on line: “L’ira di Monti”, a leggere l’articolo salta fuori che il messaggio “di protesta” a Cameron, Primo Ministro britannico regolarmente eletto, è stato “perché non ci avete avvertito prima? Dovevamo avere il tempo di dire la nostra, di fare delle valutazioni insieme. Vogliamo approfondire, chiediamo dei chiarimenti, un supplemento di informazioni.”

Senza parole …

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Marò, la tensione sale

6 Mar

Le sorti dei due marinai del reggimento San Marco sembrano prendere una piega sempre peggiore, anche e soprattutto a causa del poco pragmatismo e della scarsa incisività del personale diplomatico scelto dall’attuale governo per gestire la vicenda.

Ieri sono sono stati condannati a tre mesi di arresti preventivi, da trascorrere in un carcere comune a Trivandrum, e solo in extremis si è potuto ottenere che i due marines mantengano la divisa militare e stiano in una piccola struttura separata all’interno del centro di detenzione.

La sorte dei due marò, Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, è dunque la peggiore possibile, rispetto allo scenario iniziale, quando sarebbe, forse, bastato pagare 200.000 Euro di “risarcimento” a dei poveri pescatori, di fede cattolica tra l’altro, e quando, comunque, non andavano assolutamente consegnati i militari alle forze dell’ordine indiane.

Intanto, l’azione diplomatica “che conta” parte in forte ritardo e l’iniziativa deve prenderla il presidente della Camera Gianfranco Fini, in visita a Washington, coinvolgendo il segretario di Stato alla Sicurezza nazionale Janet Napolitano e l’ex Speaker del Congresso, Nancy Pelosi.

Infatti, è l’ambasciatore italiano negli Usa Claudio Bisogniero, con Gianfranco Fini in tutti i suoi appuntamenti istituzionali a Washington, a chiarire che sono emersi “due significativi punti di convergenza” : “La determinazione a proteggere in ogni modo i militari impegnati in queste difficili operazioni” e “la preoccupazione per azioni che, come quelle dell’India, potrebbero indebolire gli sforzi della comunita’ internazionale contro la pirateria”.

Come se non bastasse questo a confermare che “qualcosa di più” andava fatto, questa mattina, a Roma, diverse centinaia di giovani hanno manifestato, in più riprese, sotto l’Ambasciata Indiana, la propria indiganzione per la detenzione dei due marinai italiani.

Cosa pensare se il ministro degli Esteri, Giulio Terzi, ha convocato alla Farnesina l’ambasciatore indiano , solo dopo tali fatti e dopo tanti giorni, per ribadire soltanto che nei confronti dei due marò italiani sono state messe in atto ”misure inaccettabili” e per definire  ”non soddisfacenti” le condizioni della loro detenzione.

Per non parlare di Staffan De Mistura, l’inviato del Minstero degli Affari Esteri sul posto, che, da buon diplomatico ed in un momento così, precisa cripticamente che andrebbe fatta un’inchiesta in Italia sulla decisione di far sbarcare i marò presa dal Console Generale Giampaolo Cutillo: “Sono arrivato il 22, quindi a cose fatte …  Qualunque sia stato il motivo della decisione, confermo che andrebbe fatta una bella inchiesta su questo.”

Intanto, la stampa indiana esulta per la “fermezza del proprio governo”, ma non solo.

Secondo le fonti locali, la polizia aveva chiesto la custodia di tutti e sei i marò membri dell’equipaggio della Enrica Lexie, che vede imbarcati ben 19 marinai di nazionalità indiana, e che “se necessario si aggiungeranno altri dopo aver interrogato gli arrestati”, come precisato da alti funzionari della polizia, a quanto pare piuttosto irritati dai “cavilli diplomatici”, che la stampa indiana descrive come “tattiche dilatorie delle autorità italiane che mostrano i motivi inconsistenti”.

Il tutto mentre sia il ministro degli interni sia quello degli esteri del Kerala, oltre al primo ministro Oommen Chandy,  insistono nel parlare di “assassinio a sangue freddo”.

Andiamo bene …

Leggi anche Il caso Enrica Lexie

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Il caso Enrica Lexie: l’incapacità politica di un governo tecnico

6 Mar

Il Distretto di Kollam è parte dello stato federale indiano del Kerala, che si affaccia sul Mare Arabico. Un territorio di antica civilizzazione (pre-indoeuropea), con una popolazione dalla marcata indole commerciale, dato che furono in “affari” con i Fenici ed Portoghesi collocarono fin dal 1502 una base commerciale a Tangasseri, non lontano dall’attuale porto di Kollam. Non a caso il comandante del peschereccio colpito dai marò italiani si chiama Fredy John Bosco.

La diffusione araba, storica, si fonde con la presenza di popolazioni dravidiche, che abbracciarono l’Islam per sottrarsi al dominio delle caste hindu, cosa che oggi si connota con una forte presenza della “cultura” Tamil sul territorio, comprovata dalla primarietà linguistica di un suo dialetto, il Malayalam e dalla presenza di un partito comunista, fortemente egemone.

Un partito comunista indiano che rappresenta l’unico effettivo oppositore del “sistema Gandhi”, ovvero di quel populismo che, avviato dal Mahatma e dopo un iter palesemente “dinastico”, oggi vede al potere Antonia Edvige Albina Maino, vissuta a Torino prima di sposare Rajiv Gandhi, assumere il nome di Sonia Gandhi, restare vedova ed prendere il potere divenendo la nona persona più potente del mondo secondo Forbes.

Un partito comunista dal Kerala, che possiamo immaginare “amico della Cina Popolare” e che, in possimità di elezioni, non esita a mettere in gioco il sistema di protezione contro la pirateria che esiste praticamente su tutte le navi che attraversano il Mare Arabico: militari o contractors a bordo e fuoco a volontà, dopo il segnale d’avvertimento.

Iniziamo, dunque, col dire che Massimiliano Latorre e Salvatore Girone sono, oggi e non nelle prime fasi dell’approdo a Kollam, degli ostaggi di un non si sa quale gioco o, più probabilmente, intreccio di giochi. E’ evidente che, dopo le turbolenze di Borsa delal fine del 2011, c’è un “attacco all’Italia”, che, ricordiamolo, è l’unico paese UE a sostenere “senza se e senza ma” la politica militare USA ed è, allo stesso tempo, il tallone d’Achille del sistema germanocentrico dell’Eurozona.

Buon senso avrebbe voluto che il governo italiano intervenisse in altro modo.

Far fuggire, anche senza azioni di forza, i due militari al primo sentore di “stranezze”, liquidare una extralarge “beneficenza” e chiudere la partita lì, rifiutare la consegna delle armi, portando il caso all’attenzione dell’Unione Europea e del Governo Centrale indiano, eccetera.

Ciò che è incredibile è che la via del risarcimento non sembra essere stata affatto perseguita, nonostante la possibilità data dalla presenza storica di chiese cristiane e cattoliche e, soprattutto, dal fatto che è padre Richard Regison, segretario del vescovado di Kollam, ad assistere i familiari delle vittime, che sono dei cattolici.

Infatti, fin dai primi giorni, la questione era chiara, per come posta dal comandate del peschereccio St. Anthony: «Nel pomeriggio di mercoledì 15 febbraio ero sotto coperta a riposarmi. L’equipaggio è composto in genere da 11 uomini, tra cui alcuni parecchio anziani. Io generalmente sto al timone ma quel pomeriggio invece c’era Valentine, che era bravo quanto me. Valentine era un marinaio esperto, conosceva i segnali, tendo ad escludere che non li abbia visti. Come è stato possibile confondere il peschereccio con i pirati? I  nove sopravvissuti dell’equipaggio non riescono più a lavorare, alcuni sono ancora in ospedale …».

Una richiesta “in denaro” non di “giustizia”.

Il nulla nel nulla da parte di un governo “apprezzato” da Obama, Merkel, Sarkozy, che avrebbe riportato  in auge (e  si vede ..) il nome dell’Italia.

Per chi lo desiderasse, ricordiamo anche che non possiamo “bombardare” il Kerala, perchè l’India ha una marina decisamente superiore alla nostra, anzi, per l’esattezza, che non ne abbiamo una vera e propria, né civile né militare, grazie ai trattati della Seconda Guerra Mondiale ancora vigenti.

Dunque, l’unico esito chiaro di questa storia e, soprattutto, di come questo governo l’ha gestita è che si sconsiglia alle nostre navi mercantili di oltrepassare Suez …

Aggiornamento.

Aggiungo la “testimonianza” ricevuta da un amico con una lunga eseprienza di imbarco come ufficiale di marina mercantile.

Concordo e aggiungo:
1) la gravità del fatto di consentire l’ispezione a bordo da parte delle autorità marittime indiane quando la tragedia e avvenuta in acque internazionali;
2) il Governo e la politica italiana deve ricordarsi che gli indiani, insieme ai filippini, costituiscono la comunità più numerosa degli equipaggi di navi italiani, che a bordo godono di massimo rispetto ricoprendo anche ruoli di comando anche se non sempre sono all’altezza dei compiti a loro assegnati.
3) che incrociare i pescherecci dei paesi del terzo mondo in mare aperto è sempre pericoloso perchè non sempre rispettano le norme del diritto internazionale della navigazione e della prevenzione degli abbordaggi in mare.

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