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Il crollo

9 Nov

Ormai è fatta: Berlusconi è sfiduciato, mentre BTP e Borsa crollano.
Fatta? No, è solo l’inizio che arriva dopo una fine.

Si conclude l’esperienza repubblicana italiana per quello che è stata dal Dopoguerra ad oggi: un’Italia che ha sempre rinnovato il “vecchio” e mai innovato per il “nuovo”.
Un paese che non ha ancora superato le Guarentigie e la Questione Meridionale, nè mai ha rinuciato all’architettura mussoliniana dello Stato, delle Regioni, dei Sindacati, degli Enti.

Una nazione che mai ha superato il duopolio democristiano e comunista, rinominandolo “bipolarismo”, nè ha mai rinunciato alla propria elefantiaca pubblica amministrazione.

Un mondo a parte, dove le sentenze son sempre tardive e dove non ci sono premi od incentivi, ma solo sussidi. Tanto altro ancora se ne potrebbe dire, in fatto di vetustità e furbizia; basti sapere che è così che ci vedono nel mondo e che, per questi misfatti, Berlusconi ha poco a che vedere.

Una delle domande che, da oggi, possiamo, finalmente e doverosamente, porci è se questa situazione poteva essere prevista.

Possiamo iniziare a chiederci non solo se Berlusconi, Tremonti e Bossi (nel 2009), ma anche Prodi, Padoa Schioppa e Visco (nel 2007) avrebbero potuto prevedere questa situazione.
La risposta, terribile, è che avrebbero potuto farlo e che enormi sono le responsabilità di chi ha guidato l’Italia negli ultimi cinque anni.

Infatti, già nel 2006 sapevamo che quest’anno sarebbero andati in scadenza buoni per un valore assai prossimo alla metà del nostro PIL , già sapevamo che i subPrime traballavano, che la Crisi era iniziata e che la Cina era ormai dominante su tutti i mercati.

Cosa fece il Governo Prodi? Incrementò la stretta fiscale, contrasse nuovi debiti, si impegnò in maggiori spese, come se il futuro fosse, non dico roseo, ma almeno alla pari del passato.
E cosa ha fatto il Governo Berlusconi? Ha incrementato la stretta fiscale, ha contratto nuovi debiti, impegnandosi in maggiori spese, negando addirittura che la crisi esistesse e confidando nella tecnocrazia all’amatriciana e nel federalismo in salsa padana.

I primi promisero un tesoretto che era pura follia ed aumentarono le spese della PA (che era pura follia), i secondi ancor di più: il Paese del Bengodi, più lavoro, meno tasse, più sicurezza, più tutto … sappiamo come è andata.

Un problema non tanto di latrocinio, quanto di approccio ideologico: nel primo caso “perchè anche i ricchi devono piangere”, nel secondo “perchè la colpa è tutta dei romani e dei meridionali”. Non è un caso che proprio Lega e Partito Democratico siano i due partiti meno disponibili (oltre ai Berluscones ovviamente) a sostenere un governo di unità nazionale, che intervenga con la rapidità che il mondo ci chiede.

Due partiti, Lega e Partito Democratico, che adesso vorrebbero sopperire alla mancanza di idee il dar la colpa “alle banche” od “all’Europa”, come se gli sprechi ed il conseguente deficit avessero cause esterne all’Italia.

L’Italia è un paese ricco e gli italiani sono famosi anche per la loro operosità: se oggi siamo al crollo, nessuno tra chi ha governato negli ultimi 5-10 anni può dirsi esente, ma, soprattutto, dovrebbero essere proprio i tre partiti egemoni (PdL, Lega e PD) a rinnovare le proprie dirigenze con immediatezza.

Questo sarebbe il segnale che dovremmo dare, prima ancora che votare un Patto di Stabilità, “licenziare” Berlusconi, mettere in campo un governo di unità nazionale od andare alle elezioni anticipate.
Senza tutto questo le nostre promesse valgono quanto valgono: meno di un soldo bucato secondo i mercati.

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La manovra aggiuntiva e le bugie dei giornali

9 Nov

I giornali di stamane esordiscono tutti (o quasi) annunciando che l’Unione Europea chiede “misure aggiuntive”, pubblicando sia la lettera del Commissario Olli Rehn (link) sia il questionario allegato (link).

A ben leggere, nella lettera troviamo una “richiesta di ulteriori chiarimenti”, in particolare riguardo “un piano di azione concreta”, fissando il termine della richiesta per il prossimo 11 novembre. Nulla di più.

Inoltre, il questionario allegato non chiede altro che indicare, per ciascun provvedimento “promesso” dall’Italia, se sia già stato varato e se ci sono stati progressi e/o quali saranno i tempi necessari, se è un nuovo provvedimento e quale sarà il piano d’azione concreto. A seguire, una lista delle tante riforme e dei molti interventi che sottintendono alle lettera d’intenti e che, comunque, sono stati ventilati dal Governo nel corso di questi ultimi tre mesi.

L’unico accenno a “nuove misure” è in relazione  alla Legge di Stabilità ed agli emendamenti che il Parlamento italiano stesso introdurrà nel corso dell’approvazione.

Andando a leggere i quesiti, infine, si può notare come essi siano rivolti al governo italiano, certamente, ma le problematiche che chiedono di dettagliare sono dell’Italia e non solo questo governo o parlamento, ma anche altri a venire, dovranno porre rimedio ad un disastro accumulatosi nell’arco di questo ventennio.

Si va dalle aziende di Stato al sistema previdenziale, dal rilancio dell’istruzione alla semplificazione dei contratti di lavoro, dall’efficienza della Giustizia alla mobilità per il Pubblico Impiego, dalle politiche aereoportuali al pareggio di bilancio, dalla riduzione del numero dei membri del Parlamento al miglioramento dell’intero iter decisionale, dalle class action contro la PA alle misure concrete per promuovere l’occupazione dei giovani e l’occupazione femminile.

Non sono misure aggiuntive: sono le riforme che ci avevano promesso nel 1996, quando nacque la Seconda Repubblica, e che sono ancora da farsi. Riforme che non si risolvono con “più innovazione tecnologica” o “più equità sociale”, ma che richiedono grandi cambiamenti, tagli incisivi, premialità assicurate, snellimento generalizzato, rilancio ed investimenti. E la “sfida”, ricordiamolo ancora, non è per questo governo, ma per quello che verrà.

Di cosa parlino gli “esperti” nei talk show è davvero tutto da capire …

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