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Roma, liceo Albertelli occupato: cosa fa la Regione Lazio?

27 Ott

Dopo le violenze avvenute all’universita La Sapienza di Roma e che hanno richiesto l’intervento della polizia, alcuni studenti liceali hanno occupato ieri il centrale istituto Pilo Albertelli.

“La risposta migliore alla repressione poliziesca e alla deriva reazionaria che abbiamo visto ieri alla Sapienza. Seguiamone l’esempio e portiamolo in tutte le scuole di Roma per far ripartire la lotta degli studenti. Verso e oltre la Mobilitazione nazionale studentesca del 18 novembre. Ogni scuola sarà una battaglia”.

Fatto sta che a La Sapienza c’era una manifestazione autorizzata come c’era una piccola folla di persone che voleva impedirla: se non la repressione cosa era preferibile, la rissa o – peggio – il linciaggio?
Dunque, cosa c’entri questo con l’educazione e le scuole è davvero tutto da capire, specialmente se gli studenti universitari non sembra siano particolarmente turbati dall’episodio della Sapienza.

Come anche ci si può solo chiedere cosa abbiano insegnato finora i docenti dell’Albertelli ai propri studenti, se questi occupano per abolire l’alternanza scuola-lavoro (dimenticando che è un diritto oltre che un requisito formativo internazionale) e per difendere il diritto all’aborto (evidentemente ignorando che nessuna legge in nessuno stato ha sancito quanto).

Viceversa, secondo il Collettivo di una sessantina di studenti, di prettamente scolastico a causa della loro protesta c’è una “scuola che si sta spopolando“, c’è un “forte disagio psicologico degli studenti fragili” come ci sono “i problemi di edilizia scolastica“.

Dunque, cosa fa la Regione Lazio che ha la competenza per il dimensionamento delle istituzioni scolastiche a fronte di un centro storico romano che ‘pesa’ solo il 5% della popolazione nel Comune di Roma ed ancor meno se si parla di giovani?

Come anche cosa fa la Regione Lazio che – tramite le ASL – ha il dovere sia di verificare l’agibilità degli edifici scolastici sia di intervenire per manutentarli come ha la competenza per intervenire con i Servizi Sociali per i minori a rischio, cioè studenti dichiaratamente fragili?

Dulcis in fundo, “ogni scuola sarà una battaglia“?
Uno dei diritti dei minori riguardo lo studio è che nelle scuole sia garantito e tutelato il ‘sereno andamento delle lezioni’
. Anzi, a proposito di scuole che si spopolano, chi manderebbe i figli a scuola senza lezioni e senza – soprattutto – serenità?

Insomma, se in un edificio scolastico affetto da problemi di edilizia ci sono dei minorenni ‘fragili’ che vogliono trasformare un luogo di armonia e apprendimento in un campo di battaglia, se tutto questo è stato segnalato non solo dal dirigente scolastico ma anche dai media e dai giornali … cosa aspetta l’Ente Proprietario – cioè la Regione – a sollecitarne lo sgombero quanto meno per mettere a norma l’immobile?

Lo scorso anno il liceo Pilo Albertelli è stato il teatro di due occupazioni, l’ultima delle quali ha lasciato l’istituto con migliaia di euro di danni.

Demata

Perchè il sovranismo USA paga e quello italiano ci rovinerà?

3 Ott

In Italia, ad oltre 100 giorni dall’affermazione sovranista di Di Maio e Salvini, il debito pubblico è cresciuto dell’1% rispetto lo scorso anno. Tantissimo.
Intanto, Istat annuncia che in Italia il  tasso di occupazione mai è stato così alto dal 1977. Pochissimo: in Europa siamo terzultimi.
Non ne parliamo della leva fiscale, notoriamente esosa quanto palesemente recessiva, e, andando al Bilancio, come avrebbe detto il buon Nino Taranto quasi un secolo fa,  l’ha capito anche Di Maio: ‘Bambole, non c’è una lira”.

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Negli Stati Uniti, invece, i dati relativi al mercato del lavoro nel mese di settembre dovrebbero confermare, una dinamica occupazionale positiva con il tasso di disoccupazione previsto in ulteriore calo a 3,8% da 3,9% del mese precedente.
Intanto, arrivano dati positivi dalla rilevazione delle richieste di sussidio settimanali correnti.
Secondo i report di IntesaSanPaolo, “gli occupati non agricoli sono previsti in crescita di 185mila unità”  con il settore manifatturiero che dovrebbe crescere di 13mila unità”.

Per Natale si prevede un ulteriore calo del tasso di disoccupazione, mentre i salari orari sono previsti in crescita mensile di 0,3%, “supportando le previsioni per un altro rialzo dei Fed Funds a dicembre da parte della Fed”.

Bravo Trump? E’ presto per dirlo, ma si sicuro è un buon investimento affermare ‘sovranismo’ se si è a capo di un ‘imperium’ …

Il problema è se si afferma ‘sovranismo’ essendo a capo di uno delle decine di stati che compongono un continente e ci si ritrova anche pieni di debiti, con i servizi mal funzionanti, l’agricoltura che costa un occhio e la manifattura che recede un po’ dovunque. 

Infatti, le notizie che arrivano dagli USA (ma anche dalle nazioni europee che hanno garantito parametri ed infrastrutture da Eurozona) sono relativamente buone, le nostre no.
Andando a leggerle oltre il titolo, la faccenda è puntualmente la stessa: “andrà peggio”. E volendo prendersi la briga di rispolverare quelle del 2010-2011, il problema è sempre lo stesso: l’incapacità politica di modernizzare il Paese.

Demata

Reddito, occupazione, pensioni: l’oro che rilancerà l’Italia?

25 Giu

Il problema delle pensioni future non risiede nelle pensioni del passato, bensì nell’occupazione e negli ammortizzatori sociali mancati, tra cui le pensioni integrative, di cui a partire dal 1992 c’era evidente necessità. 

La generazione di chi ha oggi tra i 30 e i 45 anni – non avendo una storia lavorativa precoce / assidua / produttiva – non ha modo di lavorare almeno quei 35 anni a circa 25 ore di media alla settimana se non pensionandosi ben oltre i 65 anni d’età.

Viceversa sono le pensioni “correnti”, cioè i lavoratori over55 e con già 30 anni di lavoro, ad essere afflitte dalle enormi facilitazioni del passato, come lo sono gli invalidi e gli indigenti ai quali l’Inps sarebbe innanzitutto preposta, ma non ha le risorse.
Circa 200.000 pensioni oltre i 5.000 euro mensili netti sono davvero tante, specie se non contribuite e rivalutate con i parametri del 2002, mentre il PIL è regredito a quello del 1994.

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Pensioni al netto

 

Il problema delle pensioni future riguarda chi oggi versa i propri contributi, non confondiamoci, ed ha le sue radici nelle mancate riforme della Seconda Repubblica.

Tagliare le pensioni d’oro, quello oltre i 5mila euro netti, equivarrebbe a dire un alleggerimento dei conti Inps di 3-4 miliardi annui effettivi per i prossimi vent’anni e la possibilità di trovare le risorse per sbloccare il turn over (e l’innovazione) e per liberare da lavori usuranti i lavoratori anziani, cioè riavviando i percorsi tradizionali di occupazione stabile e non solo sussidiare un reddito con relativa produttività e sicura temporaneità. 

C’è da superare le mancate riforme della Seconda Repubblica, non intervenire con misure temporanee, e di concerto con il Mef e la Cdp: le economie non sono dell’Inps ma dello Stato e saranno diversi i miliardi risparmiati che non affluiranno alle Poste Italiane.

Non è regredito al 1994 solo il PIL.

Demata

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Approfondimento:

Partendo dalla durata di vita lavorativa media, scopriamo che in Europa è salita a 35,4 anni nel 2015, secondo Eurostat. In Germania, si lavora di media 38 anni (+2,4 anni sul 2005), che varia dai 40,1 anni tra gli uomini ai 35,8 anni tra le donne. Il “gender gap” tedesco è di 4,3 anni, meno della metà di quello italiano (9,7 anni), con le donne italiane che lavorano di media 25,7 anni.

Per i lavoratori italiani maschi, invece, si prevede che – di media – trascorreranno al lavoro appena 30,7 anni, ben cinque in meno rispetto alla media dei paesi UE.
In Italia la ‘carriera lavorativa attesa’ è salita di 1,1 anni nel corso dell’ultimo decennio, molto meno della media europea, e c’è chi lavora oltre 40 anni per pagare le pensioni di chi ha lavorato o lavorerà poco più di vent’anni.

La Francia e la Spagna non sono certamente “l’operosa Germania”, ma di media la carriera lavorativa è di 34,9 anni in ambedue le nazioni, e le francesi lavorano 30,6 anni mentre le spagnole 32,5 anni, cioè tanto quanto un maschio italiano se non di più.

Inoltre, secondo uno studio di Harvard e Dartmouth, se in Italia un adulto non disabile lavora 18,4 ore a settimana di media, c’è che in Francia le ore trascorse al lavoro sono 19,3 , Germania 20,2 , Spagna (21,2), Grecia 22,2 , Portogallo 22,7.
Vale a dire che, in Italia, chi lavora oltre 40 anni – per pagare le pensioni di chi ha lavorato o lavorerà poco più di vent’anni – è spesso anche quello che ‘compensa’ con le proprie 36 ore settimanali chi di ore ne fa molte di meno, disoccupato o privilegiato che sia.

Intanto, da almeno un decennio, in Italia si inizia a lavorare più tardi, spesso in settori ‘effimeri’ come produttività e si hanno carriere contributive più discontinue rispetto agli anni Sessanta e Settanta, quando il boom demografico e dei consumi garantiva ben altra crescita e richiesta occupazionale.
La generazione di chi ha oggi tra i 30 e i 45 anni – non avendo una storia lavorativa precoce / assidua / produttiva – non ha modo di lavorare almeno quei 35 anni a circa 25 ore di media alla settimana se non pensionandosi ben oltre i 65 anni d’età.

Dunque, il problema delle pensioni future non risiede nelle pensioni del passato, bensì nell’occupazione e negli ammortizzatori sociali mancati, tra cui le pensioni integrative, di cui a partire dal 1992 c’era evidente necessità.

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Quegli Anni ’90 durante i quali si creavano le premesse dell’attuale carenza occupazionale e produttiva, cioè fiscale, contributiva e previdenziale, con lo smantellamento dell’industria manifatturiera meridionale come la scarsa innovazione del settore agro-alimentare-turistico extra-sussidiato da Stato ed Europa, o la speculazione edilizia ‘da sempre’ che ha trasformato le maestranze in padroncini con partita Iva e l’altrettanta speculazione ‘new economy’ che ha fatto altrettanto degli impiegati italiani, oggi call center esteri.

Il problema delle pensioni future riguarda chi oggi versa i propri contributi, non confondiamoci, ed ha le sue radici nelle mancate riforme della Seconda Repubblica.

Viceversa sono le pensioni “correnti”, cioè i lavoratori over55 e con già 30 anni di lavoro, ad essere afflitte dalle enormi facilitazioni del passato, a partire dalle Pensioni d’Oro, come lo sono gli invalidi e gli indigenti ai quali l’Inps sarebbe innanzitutto preposta.

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Infatti, nel nostro paese tra 2009 e 2014, l’età effettiva di pensionamento è stata di 62,5 anni (la cifra indicata da Boeri nella sua audizione del 2015) contro una media OCSE di 64 anni: basta che riparta l’occupazione giovanile (o che tuteliamo un po’ meglio i lavoratori malati cronici) e ci siamo.

Il vero problema è che “fino agli anni Settanta, l’età media di pensionamento effettiva è stata intorno ai 65 anni. Soltanto negli anni successivi ha iniziato ad abbassarsi, fino al record del 1994, quando l’età media effettiva scese a 57 anni. In sostanza, le generazioni nate prima della Seconda guerra mondiale, sono andate in pensione molto tardi anche per i nostri standard. I “baby boomers”, cioè coloro che sono nati subito dopo la guerra, e quelli nati immediatamente prima, hanno invece goduto di regimi pensionistici tra i più generosi d’Europa, le cui conseguenze vediamo ancora oggi.” (Il Post)

Questo enorme buco radicatosi proprio mentre si legiferava per correggere un sistema anacronistico, ricade in primis sugli indigenti e sugli invalidi per i quali l’Inps e lo Stato non possono destinare sufficienti risorse.
A seguire, c’è tutta la generazione nata negli Anni ’50 e ’60 che ha già pagato e sta pagando un prezzo molto alto, solo per ricordare gli esodati o le pensioni pari al 40% dell’ultimo stipendio, che a loro volta causeranno per un ventennio una capacità di acquisto e di consumi di gran lunga inferiore rispetto a quella dei pensionati che hanno alimentato il PIL italiano in questo ventennio.

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Le pensioni “correnti” dei prossimi 10 anni sono quelle afflitte dalle enormi facilitazioni del passato, che risucchiano le risorse necessarie per un intervento perequativo statale e che hanno ritardato ad oggi l’avvento di strumenti integrativi e di adeguate norme assicurative per i lavoratori, invalidi e indigenti.

Il Ministro per il Lavoro ed il Welfare, Luigi Di Maio , afferma che “è una questione di giustizia sociale, dobbiamo ricominciare a mettere al centro alcuni segnali istituzionali, passeremo anche alle pensioni d’oro, che sopra i 5mila euro netti vanno tagliate se non hai versato i contributi”.

Tagliare le pensioni d’oro, quello oltre i 5.000 euro netti, equivarrebbe a dire un alleggerimento dei conti Inps di 3-4 miliardi annui effettivi per i prossimi vent’anni e la possibilità di trovare le risorse per sbloccare il turn over (e l’innovazione) e per liberare da lavori usuranti i lavoratori anziani, cioè riavviando i percorsi tradizionali di occupazione stabile e non solo sussidiare un reddito con relativa produttività e sicura temporaneità.
Un reddito di cittadinanza, che va accompagnato da adeguate misure per il turn over, l’innovazione e la salute sul lavoro, se non vogliamo ritrovarci – tra qualche anno come 20 anni fa – con la sorpresa  di lavori comunali ‘socialmente utili’ mal fatti, di un precariato ancor più diffuso e di mancata innovazione.

Demata

2015: previsioni facili per un anno difficile

31 Dic

Giorni fa, chicchierando con due politici locali, mi trovavo a segnalare che la ‘gente’, per l’anno che verrà, proprio non ha ‘sogni nel cassetto’, niente speranze, niente prospettive. Al massimo il sogno di andare via, per se e/o i propri figli, emigrando a nord o all’estero.
E ricordo sia le loro facce sgomente nell’esser posti dinanzi al dovere di ‘dare un futuro alla polis’ sia il loro silenzio attonito sia il mio corrispettivo stupore, dinanzi a tale vacuità.

Cosa ci aspetta per il 2015? Cosa ci lascia il 2014?

Sul fronte dei partiti italiani, ciò che accade è ormai evidente: il Paese è bloccato a causa della faida perpetua che attangaglia la Sinistra (Italia, Grecia o altrove è uguale) e quella che è de facto una minoranza degli italiani riesce ancora a bloccare riforme attese da 20 e passa anni.

Riguardo l’economia, il 2014 è stato un altro ennesimo anno nero ed infatti ci siamo beccati ben due abbassamenti di rating, finendo nella sentina del BBB+ oltre la quale c’è solo la quarantena, dato che l’attuale parlamento – a ben vedere – non ha reso esecutive le tante e troppe riforme che servirebbero. Anzi in molti casi non le ha proprio approvate neanche a livello di norma generale.
Inoltre, la spesa pubblica aumenta, nonostante i tagli su tutti i servizi e il blocco degli stipendi e delle pensioni, ma nessuno ci spiega quale ne sia la causa, come anche i conti vengono puntualmente smentiti, ma nessuno paga per gli errori fatti.

Intanto, sul fronte della ripresa, Napoli e Milano stanno dimostrando che – nonostante il malaffare – un rilancio infrastrutturale e d’immagine è possibile, Roma no. Non solo il fiasco dei Fori pedonali e di Malagrotta o le vergogne di Parentopoli e di Mafia Capitale oppure l’incapacità a costruire in tempi ‘ordinari’ un palazzo congressi o uno stadio, ma anche l’imprevidenza di un’espansione urbanistica decisa proprio mentre i mutui-casa andavano in tilt in tutto il mondo (subPrime) o il mantenimento di una lunga filiera di enti, consigli d’amministrazione e direttivi, prebende e busillis, gerontocrazie e partitocrazie che dimostrano solo che Roma – allo stato attuale – riesce a stento ad essere capitale di se stessa.

Andando fuori dai confini italiani, il 2014 è stato un anno fosco, con la Sinistra europea che ‘domina’ ma ‘brilla’ per gli scandali e ‘flette’ per le solite faziosità, mentre Obama alla fine di un doppio mandato piuttosto scialbo e zeppo di errori in politica estera, cerca di recuperare il consenso perduto puntando sui cavalli di battaglia kennediani: diritti civili e questione cubana. Intanto, ISIS, Putin e un tot altri mostrano i muscoli e il petrolio flette, ma … saranno problemi del prossimo presidente, mica suoi.

E il 2015?

Si dice che Italia e Francia siano protette dalla buona sorte ed, infatti, allorchè cadde il Muro di Berlino fu la carneficina yugoslava a dissuadere tanti post-comunisti nostrani dal giocarsi la ‘sfida all’OK Corral’ anche a casa loro. Oggi c’è la Grecia di Tsipras.
Infatti, il ‘problema’ è che ormai i greci sono ‘padroni’ solo della bandiera e della cartina geografica del loro paese, tutto il resto, in un modo o nell’altro, è in mano a stranieri: la tentazione di nazionalizzare o iperfiscalizzare ciò che si è ceduto per debiti accumulati è una tentazione antica come il mondo.
Cosa dire? Speriamo che i greci facciano presto a seguire le solite promesse e che si rovinino ulteriormente con le proprie mani, in modo che l’Italia e, soprattutto, la Francia dei solotti buoni aprano gli occhi su un gauchisme che ha sempre portato sangue e prevaricazione?

Come anche, sarà Hillary Clinton o Jeb Bush il prossimo inquilino della Casa Bianca, è davvero difficile che Italia e Francia possano cavarsela come finora, grazie all’inerte benevolenza dell’Imperatore. Nel primo caso, difficile che si continui a tollerare l’instabilità italiana in un Mediterraneo-Mar Nero sempre più bellicosi, nel secondo caso dovremo vedere cosa ne sarà dell’armata statunitense al momento stanziata nell’Africa Equatoriale ‘contro Ebola’.

Venendo a noi, i tempi della politica (e dei processi) non sono allineati con quelli dei mercati (rating, trend, spread, eccetera) e davvero sarà difficile evitare il BBB-, se andiamo a questa velocità. Inoltre, Roma non sembra in grado di badare a se stessa, figurarsi il paese, e soprattutto ‘costa un botto’. Andrebbe commissariata – ma sul serio – sia al Comune sia in Regione, come dovrebbero esserlo Napoli e Palermo, almeno finchè gli apparati locali non si rendessero efficienti, economici e affidabili come il resto d’Italia.

Quanto alla ripresa e al lavoro, basti dire che il 2014 si conclude con un ulteriore differimento di quattro mesi dell’età pensionabile, mentre il turn over langue, ed inizia ad essere aastanza chiaro a tutti che l’attenzione della Sinistra alle pari opportunità (invalidi, disoccupati, donne, giovani) è un mero ricordo del passato, dopo uno sciopero generale che chiedeva il mantenimento dello status quo e dopo il veto di Matteo Renzi al neodirettore dell’Inps, Tito Boeri, a riformare alcunchè.

Detto questo, le cose potrebbero andare così:

  1. staremo a cincischiare tra elezione presidenziale, legge elettorale, jobs act e quant’altro fino a primavera, quando si capirà se la Grecia ha crashato ulteriormente, se e come si affermeranno Clinton e Bush, se lo Stato Islamico ‘tiene’,  et cetera
  2. a ridosso dell’estate le agenzie di rating potrebbero anche star tranquille – l’elezione di un nuovo presidente porta di solito bene – e può anche darsi che Damiano e Boeri riescano ad invertire il meccanismo della Riforma Fornero e che Renzi abbia il coraggio di sottrarre ai sindacati il controllo – tramte la loro presenza nei CdA – dell’Inps e di tanti altri Enti
  3. se accadesse questo – ma è fantapolitica – si andrebbe ad elezione in settembre, cioè prima che  qualcuno possa far bloccare o annullare con cavilli le norme emesse e andando al voto con il PD di Renzi alleato i Centristi, mentre quello ‘sindacalizzato’ dovrebbe necessariamente costituirsi ‘a se stante’ e … farsi carico – come oneri e come immagine – dell’enorme patrimonio immobiliare ereditato dall’ex PCI o trasferitogli ope legis dai beni dell’erario subito dopo la II Guerra Mondiale e di un sistema opaco come quello delle elezioni /decisioni sindacali nell’era dell’Edemocracy e del voto on line
  4. molto più prevedibilmente, le cose continueranno a stare come sono, magari in attesa di vedere come andranno le presidenziali USA o sperando in qualche miracolo di San Pietro intento a far lavanderia a casa sua, mentre per l’occupazione persisterà la stagnazione e per i servizi pubblici non ci resta – ahimé – che ‘privatizzare’ tutto. Così, tra settembre o novembre, se va bene, arriverà qualche solita batosta, mentre le aziende straniere avranno comprato tutto quanto ci sia da lucrare nel nostro Bel Paese. Basti dire che da due anni i benefit di una nota azienda autostradale italiana vanno ad ingrassare un fondo pensioni canadese … mentre noi ieri abbiamo elevato l’età media dei nostri pubblici impiegati di quattro mesi per i prossimi dieci anni, perchè Inps e ambienti governativi considerano ancora l’Inps come fosse un salvadanaio, neanche fossimo alla fine dell’Ottocento.

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Poi, arriverà il 2016 e, dunque, poi si vedrà. Intanto, saranno passati il raccolto delle olive 2015, la ridislocazione delel filiera produttiva toscoemiliana per via dei terremoti e le diverse indagini in corso sul reticolo delle cooperative  e avremo scoperto (l’impresa italiana è tutta qui) cosa ne è stato del nostro sistema agro-alimentare, del Paesaggio Italiano e … della Dolce Vita.
Siamo Italiener, ‘noi’ viviamo nella Grande Bellezza, na klar. Scuola, giustizia, sanità? Abbiamo delle tradizioni: basta consultare Pinocchio di  Collodi per saperlo …

P.S. A proposito, voi vi mettereste in affari con uno che ragiona così?

originale postato su demata

Tagli alla Rai, Grillo contro Renzi. Ma c’è qualcosa da sapere

19 Mag

Consultando la Guida Rai scopriamo che ha 15 canali televisivi in chiaro e sei radiofonici.
Sono Rai1, Rai2, Rai3, Rai4, Rai5, RaiMovie, RaiPremium, RaiGulp, RaiYoYo, RaiStoria, RaiScuola, RaiNews24, RaiSport1, RaiSport2, Rairadio1, Rairadio2, Rairadio3, Rai Isoradio, Rai GR Parlamento, Raiweradio6, Raiwebradio7, Raiwebradio8.

Ma quella che tutti credono essere la televisione commerciale di Stato italiana è una società per azioni, concessionaria in esclusiva del servizio pubblico radiotelevisivo in Italia, i cui rapporti sono regolati da una convenzione triennale che scadrà il 6 maggio 2016. È una delle più grandi aziende di comunicazione d’Europa, il quinto gruppo televisivo del continente a corrispettivo di ampia fascia  della popolazione italiana che vede quasi solo Rai e non ha mai navigato su internet.

Sulla piattaforma digitale terrestre in chiaro, i canali del gruppo Rai ottengono il 6,78% di share, mentre i canali del gruppo Mediaset il 6,51%; nella piattaforma satellitare, invece, Rai quasi ‘scompare’ e i gruppi preferiti sono Discovery (5,43% nelle 24 ore), Sky (4,99%), Fox (1,64%).
Semimonopolista a casa propria, un nano in termini internazionali.

Lo sperato accesso al ‘mondo’ tramite l’upgrade satellitare è venuto meno, in questi vent’anni, per la carenza di una produzione autonoma di cartoon, di documentari, di serie televisive avvincenti, di un reale supporto alla musica italiana, che anche su Youtube ha una presenza ‘povera’.

Radio Televisione Italiana Spa è un’azienda prettamente romana, con sedi in ogni capoluogo di regione e provincia autonoma e un vasto numero di sedi di corrispondenza dall’estero dove lavorano stabilmente diversi giornalisti , ma gran parte dei Centri di produzione televisiva sono nella capitale italiana con le sedi di via Teulada (8 studi) e Saxa Rubra  (14 studi), più i sei Studi Dear, il Teatro delle Vittorie, l’Auditorium del Foro Italico. Società controllate sono Rai Pubblicità, RaiNet, Rai Way, Rai World, Rai Cinema, 01 Distribution; società collegate risultano San Marino RTV, Tivù, Auditel, Euronews.

La corresponsione di una quota del canone televisivo (imposta)  alla Rai Spa da parte del governo in carica dovrebbe essere determinato dal rispetto del Contratto di servizio, che prevede:

  • Articolo 2.3 “La concessionaria è tenuta a realizzare un’offerta complessiva di qualità, rispettosa dell’identità, dei valori e degli ideali diffusi nel Paese, della sensibilità dei telespettatori e della tutela dei minori, rispettosa della figura femminile e della dignità umana, culturale e professionale della donna, caratterizzata da una ampia gamma di contenuti e da una efficienza produttiva”
  • Articolo 3.1 La Rai riconosce come fine strategico e tratto distintivo della missione del servizio pubblico la qualità dell’offerta ed é tenuta a … improntare, nel rispetto della dignità della persona, i contenuti della propria programmazione a criteri di decoro, buon gusto, assenza di volgarità, anche di natura espressiva”
  • Articolo 12.4 “La Rai si impegna affinché la programmazione dedicata ai minori … proponga valori positivi umani e civili, ed assicuri il rispetto della dignità della persona e promuova modelli di riferimento, femminili e maschili, egualitari e non stereotipati”
  • Articolo 13.6 La Rai si impegna a collaborare, con le istituzioni preposte, alla ideazione, realizzazione e diffusione di programmi specifici diretti al contrasto e alla prevenzione della pedofilia, della violenza sui minori e alla  prevenzione delle tossicodipendenze”

Da quello che vediamo da anni in televisione, parlare di pieno rispetto del contratto da parte di Rai spa è davvero difficile.

Ovvio che vada a finire che il bilancio di Radio Televisione Italiana  è una frana, tra inandempienze al contratto e cittadini che si rifiutano dal pagare il canone e tra le folli spese (senza dimenticare lo strabordante organico ed i super-compensi) di quella che è una televisione commerciale con vip, star e tanti lustrini.
Il dato per il 2014 è di 350 milioni di debiti che saranno ripianati con le tasse degli italiani, onde  – soprattutto – evitare all’elefantico apparato radiotelevisivo romano di subire tagli occupazionali e qualche dismissione.

E’ evidente che chiunque voglia un’Italia diversa dall’attuale, voglia anche una televisione pubblica con meno sprechi e meno pubblicità, con programmi adatti ai bambini e a chi voglia apprendere od informarsi, che non trasformi le donne in soubrette sboccate e gli uomini in machos tracotanti, che è non ‘talmente pubblica’ da dover usare troupe esterne persino per le partite di calcio che si giocano a Roma.

Detto questo, sarebbe da capire perchè, se il governo vuol mettere mano a questa annosa e vergognosa questione, arriva Beppe Grillo e ci annuncia che “continua il saccheggio di un bene comune e adesso tocca alle infrastrutture della tv pubblica. … Tutti restano sul vago…”cominceremo solo col vendere un 40% di quote di Raiway…” e poi “faremo un nuovo piano industriale…” e ancora: “anche negli altri paesi si privatizza”, con l’immancabile citazione finale della BBC.”

Bene comune?
Ma se lo stesso Grillo, due mesi fa, strillava all’Ariston di Sanremo che «la Rai è la responsabile del disastro di questo Paese», «La Rai è un servizio pubblico? Vi sembra un servizio pubblico un’azienda che perde 7,8 milioni nel 2010, 7,5 nel 2011 e quasi 5 milioni nel 2012. Adesso la Corte dei Conti ha detto state spendendo troppo, dovete abbassare i costi».

E, poi, sul proprio portale, sotto il titolo #BeppeaSanremo2014, precisava: «Il bilancio della RAI al 31 dicembre 2012 si è chiuso con una perdita di 250 milioni di euro. Il bilancio del 2013 dovrebbe chiudersi con una perdita che sfiora i 400 milioni di euro». «Per il festival di Sanremo in tre edizioni (2010/2011/2012) la Rai ha perso circa 20 milioni di euro».  «In sintesi l’andamento dei costi, risulta ancora nettamente superiore ai ricavi pubblicitari con negativi riflessi sul Mol (margine operativo lordo) aziendale; è necessario pertanto che vengano adottate adeguate iniziative volte a conseguire una più significativa razionalizzazione dei costi».

E quali iniziative se non l’afflusso di nuovi capitali, privatizzando una quota di minoranza di Raiway, e un piano industriale che concentri risorse e potenzialità?

Intanto, prendiamo atto che Beppe Grillo in meno di tre mesi è passato dal considerare la Rai ‘responsabile del disastro di questo paese’ a ‘bene comune’ e … che – anche per quest’anno – la cara tivù ‘italiana’ ci costerà qualche soldo in più del dovuto.

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Disastro Italia: -14% sulla media UE dei giovani laureati. I dati. Quali responsabilità per la scuola italiana?

13 Mag

UNIVERSITÀIn Italia, solo il 22,4% dei giovani è laureato e nella classifica delle 28 nazioni europee il nostro paese si colloca inderogabilmente ultimo su una media generale al 37%.

In Gran Bretagna, la percentuale di 30/34enni in possesso della laurea è al 47%, in Francia al 44%, in Germania è del 33% (ndr. ma il livello dei titoli tecnici superiori è elevato).  Intorno al 25% – in vantaggio, cioè, sull’Italia – troviamo Romania, Malta, Repubblica Ceca, Slovacchia e Portogallo.

Un disastro ‘non annunciato’, stando ai prorompenti ed entusiastici dati che il MIUR ed il sistema universitario forniscono da due decenni, con apertura di nuove sedi ed incremento delle cattedre, accompagnata da tanti blablabla su turismo, cultura e tradizione italiana … quasi che l’Università fosse un percorso enogastronomico …

Quali le cause?

Di sicuro, al primo posto, annoveriamo l’atavica disaffezione culturale italiana per ciò che è scientifico (matematica, chimica, fisica) e per ciò che è tecnico, ovvero riguarda la ‘società di massa’ (economia, informatica, ingegneria, logistica, finanza, management, governance), con una particolare disattenzione generale verso agricoltura e navigazione, che dovrebbero essere, viceversa, parte del ‘genoma nazionale’.

Una carenza tecnico-scientifica del sistema di istruzione-formazione italiani che si manifesta a partire dagli Anni ’60, quando si videro i primi effetti di un sistema di istruzione finalizzato all’acculturamento generale e non all’avviamento al lavoro e agli studi universitari.
Due scopi diversi, due risultati ben differenti …

Con gli Anni ’70, la distorsione delle finalità della scuola pubblica iniziarono a ricadere sulle università, con l’enorme superfetazione delle lauree umanistiche – specie lettere, medicina e giurisprudenza, psicologia, sociologia – e con l’enorme crescita delle facoltà universitarie nelle due città dove la tradizione tecnico-scientifica, Bologna e Roma, aveva dimostrato nei secoli scarso radicamento.
Fu allora che Milano, Napoli, Ferrara, Pisa, Genova iniziarono ad essere ‘troppo selettive’, come iniziarono a collocarsi sedi universitarie in località diverse dai capoluoghi regionali – dove la concentrazione dei cervelli assicurava osmosi, competizione e meritocrazia – finendo per ‘delocalizzarsi’, ai giorni nostri, anche in sparuti/sperduti paesini di montagna con poche decine di allievi …

GrafDomOffLaureati2009

Dati 2009 – datagiovani.it

Al disastro strutturale si aggiunse la piaga del ‘sei politico’ seguita dai famigerati ‘corsi abilitanti’ e/o concorsi ‘riservati’, per non parlare delle poco legittime graduatorie ad esaurimento (ndr. ce ne sono ancora in giro …), tramite la quale venne ‘ampliata’ l’attuale schiatta di docenti e dirigenti italici.
Eh già, senza di loro forse saremmo al 15% di laureati in Italia, qualche ottuagenario ancora in politica ci racconterà che “l’Italia doveva upgradarsi” … ma i risultati (ndr. disastri) si vedono.

Dulcis in fundo, i percorsi formativi delle scuole superiori (che sempre meno sono finalizzati alle competenze necessarie a proseguire gli studi), la difficoltà ad inserirsi nel mondo del lavoro se si è giovani laureati (ma ciò non dovrebbe essere per i titoli di studio tecnici postdiploma, che avremmo dovuto/potuto finanziare con fondi europei da 20 anni), la sempre maggiore disaffezione scolastica verso l’impegno ed il merito dei nostri alunni, a partire dai compiti a casa e dall’oggettività ed omogeneità nazionale dei test di valutazione.
Persino l’Esame di Stato si ridusse ad una mera formalità da disbrigarsi con i docenti della stessa classe … mentre prima – con i commissari provenienti da altre regioni – si garantiva, a piccolo costo, molto di più.
E, ancora oggi, continuiamo da dare il posto fisso a docenti che non hanno svolto 2-300 ore di formazione psico-pedagogica certificata da una Università e dirigenti che non possiedono gli analoghi requisiti (universitari o parauniversitari) per quanto riguarda management, gestione finanziaria e norme giuridiche. Lo stesso dicasi per i medici.

Ma il peggio non ha mai fine … e dovremmo parlare dei libri di testo scolastici ed universitari, che ormai dimostrano un serio e imbarazzante distacco dalle conoscenze ccomunemente recepite a livello internazionale.
Ad esempio, il paradosso di far studiare a 15 anni una ‘Storia della Filosofia’ europea (l’Italia non ha prodotto filosofi di rilievo mondiale) nel III Millennio senza alcun riferimento al pensiero del resto dell’Umanità, come se Lao Tze, Confucio, Budda non fossero stati antecedenti e ‘limitrofi’ ai Sofisti ed a Socrate, come a Platone o Aristotele.
Per non parlare della Biologia, di cui insegnamo ancora la versione ‘pre Cavalli Sforza’, mentre troppi giovani (non trovando risposte a scuola) si affidano alla disinformazione in rete. O della Matematica, mai utilizzata per statistiche, tabelle, prospetti, eccetera. Peggio ancora la Fisica, che si occupa della realtà delle cose, presentata a dei 13enni con un groviglio di formule anche se si tratta di una biglia che rotola su un piano.
Lasciamo perdere la lingua italiana (se volessimo insegnarla come in Germania /Francia / Gran Bretagna), che siamo un paese dove notoriamente ognuno compila/trascrive ‘a modo suo’ anche il più semplice dei modelli.

Peggio ancora i così detti ‘compiti a casa’ e le ‘esercitazioni in classe’ che non sono un dovere ‘generalmente riconosciuto da tutti’ se per gli alunni e per gli insegnanti abbiamo dovuto normare un Patto Formativo ad hoc per ogni scuola, per tentare che siano assegnati e svolti in modo omogeneo.
Fino all’abisso delle competenze per i laboratori delle scuole, specie quelle tecniche, per le quali non è chiaro chi debba provvedere da ben 15 anni, cioè da quando la Conferenza Stato-Regioni avrebbe dovuto/potuto occuparsene.

Così accade che, in fatto di lauree, tra dieci anni saremo alla stregua di un paese postcoloniale, visto che le iscrizioni scemano e le lauree anche, tra  crisi finanziaria e quel pizzico di selettività in più, che non inducono a ‘sogni di gloria’ chi non abbia basi solide per proseguire gli studi.
E di sicuro non possiamo abbassare il livello degli studi postdiploma, che tra l’altro dovrebbero corrispondere a standard internazionali.

situazione-laureati-italiani

C’è chi chiede di eliminare il numero chiuso per le lauree sanitarie e mediche, ma dimentica che l’Italia non ha certo bisogno di aumentare il numero degli addetti … visti i tagli che corrono, mentre la nostra medicina avrebbe di sicuro l’esigenza di internazionalizzare gli insegnamenti di queste facoltà e mentre la nostra Sanità dovvrebbe iniziare a parlare di costi standard …

Quello che serve all’Italia sono tanti laureati e postdiplomati in ambiti tecnici con compensi decenti. A partire dall’ingegneria e dalla cultura ingegneristica, visto lo stato di demanutenzione e deinfrastturizzazione del Belpaese. Passando da tutto ciò riguardi l’economia, in primis la gestione dei beni (logistica) e dei dati (analisi e progettazione informatica), le tecnologie Green (dov’è finita la grande tradizione elettronica italiana?), l’agroalimentare (che di diplomati periti agrari in Italia ce ne sono davvero troppi senza però studi corrispettivi).
E il turismo, per il quale qualcuno dovrebbe peritarsi di aprire scuole e di contrastare il lavoro nero, se vogliamo che i nostri giovani vadano a lavorare in grandi e solide aziende internazionali, piuttosto che tentare la sorte, prima come cameriere/commessa con la III media e poi … come ex gestore di pizzetteria/bar con procedimento fallimentare a carico …

Questa è l’Italia, ma a differenza degli altri casi,  quasi tutte le compenze del caso sono in capo al Ministero dell’istruzione, dell’università, della ricerca, che vennero accorpate proprio per ovviare a quanto raccontato, mentre quello che riguarda la formazione professionale ricade sulle singole territorialità e, dunque, sull’effimera Conferenza Stato-Regioni, una sorta di malfunzionante ‘terza camera parlamentare’ di cui ci siamo dotati, ma non si sa perchè …

Laureati Italia - Mondo

Altrove il ministero che si occupa di istruzione bada innazitutto che le scuole forniscano diplomati adeguatamente formati per il mondo del lavoro o per gli studi universitari e, spesso, le scuole tecniche sono gestite direttamente dai ministeri specifici (agricoltura, industria, infrastrutture e ricerca, eccetera).
Ed il reclutamento dei docenti è fortemente selettivo – dentro o fuori prima dei 30 anni: altro che graduatorie ad esaurimento e precari a vita – come lo sono le prove che gli alunni devono superare e che sono predisposte a livello statale ogni anno.

Riforme a costo zero, forse una manciata di miliardi per anticipare i pensionamenti.
Eppure, non c’è verso di farle: Luigi Berlinguer e Letizia Moratti ne sanno qualcosa …

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Salva Roma, salvi tutti? O solo alcuni?

23 Dic

Il Governo Letta era nato grazie ad una meticolosa applicazione del redivivo Manuale Cencelli – di democristiana memoria – e arriva alla fine (dell’anno) ponendo la fiducia su un decreto ‘Salva Roma, salvi tutti’ degno del miglior/peggior Amintore Fanfani.

Tra la ‘tanta roba’ contenuta nel ‘Salva Roma’, troviamo spese incompatibili – almeno nelle logiche e nella sostenibilità – con una sana pianificazione economica. Ad esempio,

  • 864 milioni per i ‘nuovi’ debiti nei conti di Roma Capitale,
  • 20 milioni per ‘vecchi’ debiti del trasporto pubblico calabrese e 23 milioni per i treni valdostani,
  • 1/2 milione per il Comune di Pietrelcina, paese di Padre Pio, e altrettanto per la torre anticorsara di Porto Palo,
  • 1 milione per le scuole di Marsciano, in Umbria, come anche per il restauro del palazzo municipale di Sciacca e per Frosinone, 3 milioni a Pescara, 25 a Brindisi,
  • 50 milioni di euro dal 2014 per rifinanziare il Fondo integrativo statale per la concessione di borse di studio,
  • 30 milioni di euro per il 2014 e di 50 milioni dal 2015 per le scuole di specializzazione in medicina.

Ma il ‘Salva Roma, salvi tutti’ di trasformista memoria, contiene di tutto di più: norme per il Teatro San Carlo di Napoli e la Fenice di Venezia, una minisanatoria per i chioschi sulle spiagge, disposizioni sulle slot machine, sulle isole minori, sulla Croce Rossa, sul terremoto dell’Emilia-Romagna, sui beni sequestrati alla criminalità organizzata, sull’istituzione di una sezione operativa della Direzione investigativa antimafia all’aeroporto di Milano Malpensa per prevenire le infiltrazioni mafiose nell’Expo 2015, … per inserite lampadine a basso consumo energetico nelle «lanterne semaforiche».

E se può sembrare strano che serva una legge per cambiare le lampadine ai semafori, vogliamo parlare della necessità di dotarsi della partita Iva per il diritto d’autore online? Oggi, nel mondo di WordPress e gli aggregatori di blogger oppure in quello di Flicker ed Istagram, per non parlare di Youtube, Myspace eccetera?

Una follia o, meglio, una iattura. Specialmente se andiamo a guardare cosa accade alle famose ‘misure di risanamento finanziario e per la ripresa dell’occupazione’.

Infatti, se per ‘salvare Roma’ si prevedono più di 850 milioni, sono solo 55 i milioni stanziati per il triennio 2014-2016, per sperimentare “nuove forme di politiche attive per il lavoro”. Giust’appunto si legifera l’assunzione di 120 “figure per gestire correttamente gli interventi finanziati dai fondi europei” e il tetto al cumulo di redditi da lavoro e da pensione per chi svolge un incarico nella pubblica amministrazione non dovrà superare i 302mila euro.
Utile sapere che il Segretario Generale del Ministero degli Esteri britannico percepiesce annualmente 261.338 euro, al tasso di cambio di 1.1615 euro per sterlina.

Un’elemosina agli esodati – 950 milioni di euro tra il 2014 e il 2020 – con soli 17.000 beneficiati, ma le pensioni oltre i 3.000 euro mensili godranno di un adeguamento pari al 95% del costo della vita e non al 90% come precedentemente previsto.

Sul fronte lavoro si registra anche  una spesa di 126 milioni di euro, in favore dei lavori socialmente utili (da non confondersi affatto con i disoccupati) nei territori di Napoli, Palermo e della regione Calabria. Inoltre, si prevede un massimo di 50 milioni per aumentare il trattamento salariale dei contratti di solidarietà ed incentivi per la stabilizzazione dei precari dei call center. Tutto qui.

C’è, poi, la norma che permette di revocare gli affitti d’oro, inserita nel Decreto Salva Roma, ma resa vana da un emendamento nella Legge di Stabilità che cancella la norma prim’ancora che sia emanata … come anche accade per il il “Fondo per la riduzione della pressione fiscale”, alimentato dai risparmi che derivano dalla spending-review e dagli introiti della lotta all’evasione fiscale, che, però, risultano già riservati alla razionalizzazione della spesa pubblica in nome della Stabilità …
Inoltre, “i fondi derivanti dall’attività di contrasto all’evasione (per il biennio 2014-2015) dai quali attingere sono al netto di quelli derivanti dal recupero svolto da Comuni, Province e Regioni” e, secondo Squinzi, ‘sono insufficienti’ già ora. Secondo il governo, con questi fondi faremo miracoli con l’Irap e gli esodati …

Intanto, per Banca d’Italia e Cassa depositi e prestiti si va con il passo del gambero ed il il periodo transitorio passa da 24 a 36 mesi, mentre arriva la specificazione dell'”italianità” dei quotisti e l’abbassamento del tetto dal 5% al 3% per le quote.

Dulcis in fundo, troviamo l’ennesima follia iniqua su tasse e tributi locali.

Infatti, la tassa sui Servizi indivisibili dei Comuni (come l’illuminazione e la manutenzione stradale)  potrà raggiungere il 2,5 per mille del valore catastale per la prima casa, come per la seconda casa, colpendo prioritariamente i residenti dei grandi agglomerati urbani, che sono pravalentemente lavoratori dipendenti e piccoli imprenditori. Allo stesso tempo, la proprietà terriera esulta per l’Imu, dove cala la base imponibile per i terreni e vengono esentati i fabbricati strumentali, i quali godranno di un tetto massimo della Tasi all’1 per mille.

Ciliegina sulla torta, arriva il megasconto anche per i canoni non pagati da parte dei gestori di stabilimenti balneari. Incredibile, ma vero: basterà pagare il 30% entro la fine di febbraio o, se si vuole un rateizzo, il 60% in nove rate.

Quanto sia diversa – tra i comuni cittadini ed i decisori – la percezione delle cose, dello stato dell’arte e del successo possibile, è ben delineata da una frase detta da Enrico Letta, pochi minuti fa, durante la conferenza stampa di fine anno: ‘Nel 2013 la svolta dei 40enni. Non possiamo fallire‘ …

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No Tav. Ma a Roma la Costituzione è vigente?

21 Nov

Ieri, 20 novembre, il sindaco di Roma, Ignazio Marino,  ha autorizzato un sit in a Campo dei Fiori da parte dei No Tav che solo il giorno prima avevano annunciato “assedieranno Roma, capitale del malaffare”.

“”Abbiamo chiesto il sitin a Campo dè Fiori ma non ci limiteremo a questo, abbiamo intenzione di muoverci in corteo”, annuncia Paolo Di Vetta, dei Blocchi precari metropolitani, una delle componenti romane più forti. “Stiamo lavorando perché in piazza scendano almeno cinquemila persone: aspettiamo due o tre pullman dalla Val di Susa e gruppi in arrivo da Bologna, Napoli e Milano oltre a una delegazione dall’Aquila e dalla Sicilia. Cosa chiediamo? Che i soldi destinati alle grandi opere vengano dirottati sull’emergenza abitativa, sul precariato, sul reddito per chi non ha niente”. (La Repubblica)

Alla fine di una giornata di guerriglia urbana – messa in atto da poche centinaia di violenti – sette agenti feriti, di cui almeno due alla testa con sampietrini e fioriere, diversi assalti tra cui addirittura la sede di un partito, un cameramen ed un militante del PD feriti, il centro storico della Capitale messo a sacco, uno o più milioni di romani bloccati nel traffico per ore, ambulanze incluse.

In tutto ciò apprendiamo che “la giornata era iniziata con l’incontro tra gli studenti No Tav scesi nella capitale e quelli romani, che si sono riuniti assieme in assemblea all’interno del liceo Mamiani, uno degli istituti entrati in occupazione dopo la mobilitazione nazionale del 15 novembre.” (La Repubblica)

Abbiamo, dunque, un sindaco che autorizza per la terza volta in un mese manifestazioni che si propongono di ‘assediare Roma’ e di sforare dai limiti/permessi ricevuti ed una scuola superiore dove, a quanto sembra, non solo c’è interruzione del servizio, ma ci sono anche un tot di estranei, ma nessuno interviene pur essendo coinvolti anche ragazzini di 15 anni, eventualmente all’insaputa dei genitori.

In una Capitale di alcun luogo tutto questo sarebbe del tutto impossibile.
Un sindaco deve garantire la sicurezza dei trasporti, dei soccorsi, delle emergenze e non dovrebbe autorizzare manifestazioni che si annunciano non pacifiche, a norma di Costituzione.
Una scuola deve garantire tot ore di lezione all’anno come diritto allo studio e la vigilanza – almeno – di chi minorenne, a norma di Costituzione.
Chi organizza una manifestazione annunciando che saranno violati i permessi, viene denunciato se poi questo si avvera. A norma di buon senso …

Ma a Roma non è così.

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Quel che (non) resta del Made in Italy: dati e riflessioni

29 Lug

Da quando è iniziata la Crisi, in soli tre anni, sono 363 le aziende italiane acquisite, per un controvalore di circa 47 miliardi di euro, da imprenditori/fondi d’investimento/fondi sovrani. Questi i risultati dello  studio realizzato dalla società di revisione Kmpg per il Corriere della Sera, sul periodo 2009-2013.
Parliamo del famoso Made in Italy, le cui esportazioni sorreggono quel poco che resta dell’Italia che fu.

Parliamo di Bulgari, Fendi, Emilio Pucci, Acqua di Parma e Loro Piana ormai parte della LVMH Hennessy Louis Vuitton SA, come di Gucci, Prada, Bottega Veneta e Sergio Rossi, in mano alla Ppr di Francois-Henry Pinault, oppure di Moncler (The Carlyle group), Ferrè (Paris Group Dubai), Valentino (Mayhoola for Investment), come anche Coin (Bc Partners) e la Rinascente, di proprietà della tailandese Central Retail Corporation.

Nel settore agroalimentare, siamo messi davvero male, con la Parmalat, la Locatelli e la Galbani, entrate nel Groupe Lactalis SA, poi Lactalis Italia, la AR Industrie Alimentari SpA (leader settore inscatolamento), controllata da Princes Limited (Gruppo Mitsubishi), la Star, oggi della spagnola Galina Blanca, la Gancia, inglobata nell’impero finanziario dell’oligarca russo Rustam Tariko, proprietario della vodka Russki Standard, il Riso Scotti, il cui 25% è del colosso industriale spagnolo Ebro Foods, la Casanova – Ripintura Chianti Docg del Gallo Nero, rilevata da un privato di Hong Kong, la Pernigotti, acquisita dal gruppo turco Toksoz, l’Invernizzi, che andò al 100% alla Kraft, l’Orzo Bimbo, passata alla Nutrition&Santè di Novartis, la premiata ditta Cesare Fiorucci, andata alla Bongrain Europe Sas / Campofrio Food Holding,  la Findus Italy, rilevata al 100% da Birds Eye Iglo Group Ltd, il Gruppo Bertolli (Maya, Dante, and San Giorgio olive oil), acquistato da SOS Cuétara S.A. che controlla anche la Carapelli e l’Olio Sasso, come la Perugina, la San Pellegrino e la Buitoni, da molto tempo andate alla Nestlè, la Peroni, da dieci anni di proprietà della sudafricana Sabmiller, il gruppo lattiero caseario Ferrari Giovanni, acquisito al 27% dalla francese Bongrain Europe, le quote della Del Verde Industrie Alimentari finite al gruppo Molinos Rio de la Plata, la Stock, acquisita nel 2007 dalla Oaktree Capital Management e chiusa per trasferire la produzione nella Repubblica Ceca.

Praticamente buona parte del nostro export porta ricavi ed utili ad azionisti stranieri. Ottimo affare, a prima vista …

Nel settore finanziario, ci sono la banca Unicredit, il cui 11% è diviso tra Aabar Investments PJSC e PGFF Luxembourg S.A.R.L., il Marazzi Group, passata alla Mohawk Industries,  la N&W Global Vending S.p.A., acquisita da Barclays Private Equity Limited.

Andando all’energia, reti ed infrastrutture, vediamo il passaggio in mano straniera di Terna, al 65% della Companhia Energetica de Minas Gerais,  di SAECO, acquisita da Koninklijke Philips Electronics N.V., di Ansaldo Energia, al 45% di First Reserve Corporation, di Gruppo Tenaris, finito alla General Electric Co, di Transalpina, andata alla EDF Electricity de France SA, Investcorp SA, del Gruppo Telecom Italia S.p.A., finito alla Iliad S.A. e alla Telefonica Deutschland Gmbh, del Gruppo Enel S.p.A. (assets), finito alla E.On AG, di Impregilo, passata alla Primav Construçoes e Commercio S.A. e BTG Pactual.

Nel campo della meccanica, abbiamo perso Ducati (Audi-Volkwagen),  Mv Agusta (Harley-Davidson) e Ferretti Yacht (SHIG-Gruppo Weichai). La FIAT è gruppo con la Chrysler, l’Alitalia è controllata dal Air France-KLM e, riguardo Finmeccanica, il 42% del capitale fa capo ad investitori istituzionali esteri.

Addirittura, il Gruppo Atlantia SpA, che controlla Autostrade S.p.A., è stato acquisito da un fondo pensionistico estero, il Canada Pension Plan Investment Board, quasi mentre Mario Monti ed Elsa Fornero falcidiavano le pensioni di chi oggi è al lavoro. Oppure, andando alla Sisal, che opera anche nel settore dei Servizi di pagamento alle P.A., ricordiamo che, nell’autunno del 2006, la Direzione Generale della Concorrenza della Commissione Europea evidenziò la sussistenza di un controllo congiunto sul Gruppo da parte dei fondi Apax, Permira e Clessidra.

Detto questo, non restano che poche e schiette riflessioni, visto che – a ben vedere – anche nell’andamento dell’import-export c’è qualcosa che andrebbe valutato meglio, a partire dalla quota di produzione che gli stessi imprenditori italiani hanno trasferito all’estero a causa di una fiscalità esosa, di servizi carenti e costosi, di una tristemente famosa complessità amministrativa e contrattuale. Specialmente, se nonostante tutto le cose non andassero affatto male …

Infatti, è evidente che una certa parte dell’Italia è ancora un buon investimento, che gli stranieri accorrono e che diventa davvero difficile comprendere la continua emissione di titoli di Stato da parte della Repubblica Italiana, mentre aumentano dubbi e perplessità sull’autorevolezza che possiamo ancora concedere a tanti guru della nostra finanza pubblica – sempre dediti alla ‘caccia agli evasori’, al taglio delle spese e al finanziamento (sprecone) di salvataggi impossibili e di apparati inutili – se accade che i pensionati canadesi verranno sostenuti anche (soprattutto?) dai pedaggi autostradali degli italiani. Interessante anche sapere se i capitali derivanti dalla vendita di tali aziende siano entrati e, soprattutto, rimasti in Italia.

Come anche dovremmo prendere atto che il ‘sistema’ su cui si è retto finora il Bel Paese – quello immortalato nei film di Sordi, Proietti, Verdone e Mastroianni – ha fino trasformato il Welfare in ‘volemose bene’ e ‘salti chi può’, mentre il Futuro, trascorrendo gli anni, si confermava essere Degrado e Corruzione. La ‘strana’ vicenda kazaka ha portato in luce, come pubblicato da Der Spiegel, un nesso profondo tra alcuni padri fondatori dell’Europa, nonchè ex leader di partito, e certi ‘benzinai’ oltreuralici, oligarchi di professione.

Ed, ormai, esistono anche degli indicatori affidabili e la lancetta è sul rosso.

Naturalmente, se i capitali derivanti dalla vendita di tante belle aziende fossero rimasti in Italia e fossero stati reinvestiti in fondi pensione, crescita ed occupazione, potremmo evitare di porci parte delle presenti questioni … e se la Germania – di cui attendiamo le prossime elezioni – non avesse intrapreso una escalation finanziaria e commerciale (incalzando il nostro export) non staremmo parlando, forse, neanche del resto.

Un trend avviatosi dal 2010, quando la Germania di Angela Merkel perfezionò una politica finalizzata a trattenere il turismo giovanile (con le note ricadute su Grecia e Spagna), poi seguita dalla svendita dei titoli di Stato italiani da parte delle Deutsche Bank di Josef Ackermann.
Una Germania al bivio, come rilevano gli analisti, ma anche un’Europa ed un Euro al pit stop, se gli indicatori di potenziale concorrenza qualitativa di segnalano che, nonostante quanto importi dall’Italia, sia Berlino – e ben distaccata Pechino – ad attuare politiche finanziarie e commerciali che ostacolano il nostro export e, di riflesso, le nostre capacità produttive, occupazionali e di leva previdenziale e fiscale.

Oggi, a due mesi circa dall’esito delle elezioni tedesche e con la sentenza di Cassazione per Silvio Berlusconi passata in giudicato, almeno una parte della Destra italiana dovrebbe chiedersi se continuare a far capo dai cristiano-popolari targati Deutschland od iniziare a rapportarsi con i laici conservatori di base a Londra. Allo stesso modo, una parte della Sinistra – mentre si prepara al congresso di novembre del PD – potrebbe provare a chiedersi se non sia il caso di passare dallo stato sociale del FSE, modellato sull’impronta francese e comprovata fonte di ampia corruttela, ad un più standardizzato (sobrio ed equo) welfare di stile anglo-germanico.

Questioni che sono sottointese nei “mal di pancia” delle monarchie costituzionali nordeuropee che hanno ben presente l’eccesso di ‘nazionalismo’ insito nel modello di socialcapitalismo, che un certo cristianesimo europeo (bavarese) ha recentemente ispirato, e l’importanza di uno stato laico e liberale, che altro cristianesimo europeo preferì, dopo aver constatato nei secoli che di buone intenzioni sono lastricate le vie dell’Inferno.
Un tema meritevole di un’enciclica, forse, visto anche il New Deal che Papa Francesco ha pre-annunciato al suo gregge romano.

Un tema ‘europeo’ che coinvolge anche e soprattutto il Movimento Cinque Stelle di Grillo & Casaleggio – guardando oltre gli schemi tradizionali di destra-sinistra – che dovrà pur iniziare a raccogliere e canalizzare su candidati di qualità il prevedibile consenso che raccoglierà anche alle possibili ri-elezioni nazionali ed alle già previste europee.
Un M5S che dovrà fornire volti, programmi e risposte a chi fa impresa ed amministrazione, se vuole essere credibile come partito di governo per le riforme strutturali che servono.

Intanto, su gran parte di quello che si produce Made in Italy, da quache tempo c’è un’option, ovvero un ‘valore’, che va all’estero e questo ci fa sempre più somigliare ad uno dei tanti paesi ispanici d’oltre oceano. Loro in crescita e noi in calo, ma per sempre lavoratori dipendenti di qualche holding mondiale anche se cervello, prodotto e risultato sono tutti made in Italy.

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Miliardi sottratti al fisco … per darli al malaffare

17 Lug

I Radicali Italiani stimano che in Italia vengano consumate circa 120 tonnellate all’anno di marjuana o hashish, con un valore al consumo di circa 10 miliardi di euro (costo medio 10 euro per grammo, (dati Huffington Post) ed una percentuale di consumatori in Italia (14,6%) pressochè identica a quella olandese e statunitense.
Se lo Stato applicasse, banalmente, un’Iva del 21%, incasserebbe 2 miliardi di euro l’anno, con minori spese per la sicurezza, le carceri ed i servizi sociali che oggi derivano dall’illegalità delle così dette ‘droghe leggere’.
Inoltre, i dati agroalimentari USA confermano che “la California è lo stato che produce la maggiore quantità assoluta di piantina da fumare, per un guadagno (illegale) che supera persino quella del grano e del frumento messi insieme” e, soprattutto, che i raccolti, nonostante la crisi, non hanno subito grosse variazioni di prezzo come invece è accaduto per i cereali.”

In poche parole, tra uso legale in Italia e possibilità di esportare marjuana a scopo medico nei tanti stati USA e nordeuropei che stanno legalizzando il settore, lo Stato italiano potrebbe beneficiare di diversi miliardi di euro annui tra tasse e proventi di monopolio, senza incrementare particolarmente il numero di consumatori, che è già uno dei più alti del pianeta, e sottraendo alle narcomafie un mercato miliardario ed un notevole fattore di attrazione verso droghe più lucrative e micidiali.

Ma c’è dell’altro.

In Italia, secondo La Repubblica, ‘lavorano’ 50-70.000 prostitute/i, che rendono mensilmente ai loro sfruttatori tra i 5.000 ed i 7.000 euro mensili: un volume di ‘affari’ superiore ai 5 miliardi di euro annui. Stando ai numeri di Spagna (300.0000) e Germania (400.000), dovrebbero essere molte di più, almeno il doppio (150.000), specialmente se volessimo tenere conto di probabili sottostime del fenomeno, come nella cattolicissima e gauchista Francia, dove le fonti ufficiali (OCRTEH) vorrebbero farci credere che in Allemagne vi sarebbero oggi solo 18-20.000 prostitute.

Sempre applicando un’Iva al 21% (ma dovremmo forse parlare di Irperf e tassa comunale?), su una base realistica di 100.000 prostitute/i, ci ritroviamo un altro paio di miliardi di  euro di minore gettito fiscale annuo, oltre a mancati contributi previdenziali per oltre 300 milioni annui.
Senza dimenticare che legalizzare la prostituzione è l’unico modo per evitare che aumentino ancora quei 10-15.000 minorenni che si prostituiscono  in Italia e per rallentare il contagio del virus dell’AIDS, che è cresciuto addirittura del 10% nel solo 2012, arrivando a 4000 nuovi casi annui, secondo fonti del Ministero della Salute.

Solo applicando l’Iva alla marjuana e alla prostituzione lo Stato italiano ricaverebbe un benefit fiscale e dei minori costi per la sicurezza e la giustizia ben superiore ai tre miliardi annui. Figuriamoci se mettessimo in conto quelli derivanti dall’occupazione nei settori agricolo, commerciale, ristorazione e intrattenimento, impiantistica ed edilizia.

A proposito, non dimentichiamo che il PIL di Las Vegas è di 90 miliardi di dollari annui con soli due milioni di abitanti ed un flusso di 40 milioni di turisti all’anno provenienti da tutto il mondo, e che, al netto dei contributi che i singoli casinò devono versare ai propri comuni, a San Remo l’utile 2012 tocca i 13 milioni, a Venezia tra i 25 e i 28 e a Saint Vincent gli undici. Più tutto quanto deriva dai prelievi fiscali sulle vincite dei songoli giocatori e dalle tasse che arrivano dal’indotto e dalle migliaia di lavoratori occupati.
Parliamo del gioco d’azzardo vero, quello che attira turismo e capitali internazionali, non quello che raschia pensioni e stipendi di tanti italiani e sul quale lo Stato lucra direttamente, come accaduto nel 2011 con oltre 13 miliardi di ‘utili’, sottratti alla produzione ed al commercio per alimentare la spesa pubblica.

In poche parole, liberalizzando prostituzione, gioco e droghe leggere, le casse pubbliche si ritroverebbero con non pochi miliardi di euro annui in maggiori entrate, mentre l’Italia guadagnerebbe non meno di 200.000 occupati e tanto spazio in meno per l’illegalità e lo sfruttamento.
Ovviamente, per realizzare almeno una sola Las Vegas da 50 miliardi di PIL annui, non basta solo liberalizzare quello che già esiste agli angoli delle nostre strade: servirebbe anche una giustizia semplice e snella (Common Law) e dei contratti di lavoro nazionali che possano essere ampiamente integrati in sede locale.

Dunque, se qualcuno fosse ancora del parere di mantenere le leggi attuali che almeno ci spiegasse il perchè, visto che parliamo di ‘costi a perdere’ e che, molto probabilmente, il volume di affari, l’occupazione e la leva fiscale potrebbero rivelarsi di gran lunga superiori alle stime di questo post.

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