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TAV Torino-Lione, un’escalation di attentati

13 Gen

Un giornalista della Stampa, Massimo Numa, per anni è stato controllato e filmato da ignoti, che pochi giorni fa gli hanno recapitato via mail un video con un collage di riprese che risalgono anche a due anni fa. Filmato per la strada, in macchina, in luoghi pubblici, come anche la moglie.
Il video – diffuso anche on line – si conclude con l’indirizzo del cronista e un’immagine con falce e martello su sfondo rosso. Lo scorso 3 ottobre 2013, Massimo Numa aveva ricevuto in redazione un hard disk carico di esplosivo. Il 13 aprile 2013,  durante un corteo antagonista, Massimo Numa era già stato aggredito da alcuni manifestanti, dopo essere stato individuato mentre osservava da lontano. Alla fine di marzo 2013, un gruppo hacker aveva violato il computer di un familiare del cronista per inviargli lettere di minacce, facendo riferimento anche a dati sensibili del cronista e diffondendo in rete alcuni documenti personali.

Il 28 febbraio 2013, era già stato aggredito un collaboratore del giornale locale «Cronaca qui Torino» davanti al Cie di corso Brunelleschi. Il 29 febbraio tre tecnici operatori di Corriere Tv erano stati aggrediti allo svincolo di Chionocco, in Val di Susa. Il 10 agosto 2013 tre antagonisti avevano minacciato e costretto ad allontanarsi una collaboratrice del quotidiano La Repubblica mentre era in servizio a una manifestazione No Tav, nei boschi della Val Clarea.

Ieri, la moglie del senatore Stefano Esposito (PD) ha trovato tre molotov sul pianerottolo di casa, mentre si accingeva a portare i figli a scuola. Anche in questo caso, il  parlamentare era stato più volte minacciato per la sua posizione favorevole alla Tav Torino-Lione.
Poche ore dopo il ritrovamento delle bombe, i bagni del Palagiustizia di Torino che si trovano nei corridoi davanti agli uffici del pm Antonio Rinaudo e del giudice Federica Bompieri sono stati otturati con palline di polistirolo e alcune biro.

Il 30 gennaio 2013, lettere di minacce contenenti una polvere sospetta venivano recapitate a Renzo Pinard, il sindaco di Chiomonte, a Gemma Amprino, sindaco di Susa e a Patrizia Ferrarini, presidente dell’ Ascom valusino nonché proprietaria dell’ Hotel Napoleon. Il 30 aprile, accedeva lo stesso per Adele Cottechio, sindaco di Meana di Susa. Il 5 luglio, il sindaco Amprino ed il magistrato Costanza Goria, giudice della sezione distaccata del tribunale di Susa, ricevevano lettere con polvere da sparo.

Il 9 settembre 2013 un attentato incendiario distruggeva tre betoniere e l’officina della Imprebeton, azienda impegnata nei lavori della Torino-Lione,  vicina officina, veniva chiuso per precauzione un tratto dell’autostrada del Frejus.
Il 21 marzo 2013, ignoti davano fuoco al portone d’ingresso del palazzo dove ha sede lo studio di architettura Geo Studio Servizi, che collabora tramite la Geovalsusa alla progettazione della Tav. Lo studio era stato già oggetto di un vero e proprio raid, il 25 agosto 2012, e i lavoratori erano stati minacciati, mentre  società che stava partecipando ad una gara per attività connesse al progetto Tav. La maggior parte degli autori del raid non erano valligiani.

Il 12 settembre scorso si registrava il tredicesimo attentato in due mesi e per la terza volta la Italcoge di Gravere ha visto gli automezzi bruciati e danneggiati. Il Corriere della Sera, nel riportare la notizia, scriveva che “gli attacchi ai giornalisti però non sono una novità di questa estate. Negli ultimi due anni sono stati almeno dieci quelli aggrediti, ma se per aggressione si tiene conto anche degli insulti verbali o degli spintoni ricevuti i casi si moltiplicano. Ad eccezione di pochi però, quasi nessuno ha denunciato. In primo luogo perché molti sono free lance e hanno paura di perdere la possibilità di scrivere di Tav denunciando dei noTav.

Se qualcuno cercava una descrizione di ‘squadrismo’, eccolo accontentato.

E dire che tutto era iniziato il 25 maggio del 2006 con il ministro prodiano  Pecoraro Scanio che, alla Sacra di San Michele, monumento simbolo della Valle di Susa, annunciò: «Ci sara’ una svolta per la Torino-Lione come per tutte le opere pubbliche: verranno studiate e fatte con il consenso della gente, non contro i cittadini. Accenderò un cero a San Michele. È il secondo, un terzo lo accenderò quando si arriverà alla soluzione definitiva della Torino-Lione».

Oggi siamo arrivati al pedinamento di giornalisti, alle bombe sulla porta di casa di un senatore o nella redazione di un importante quotidiano, a decine di attentati contro aziende e alle minacce ai loro lavoratori, alle intimidazioni ai magistrati inquirenti.
Il tutto dopo sette anni di roghi, botte, assalti, minacce, attentati, arresti. Centinaia di milioni di euro in contributi ai comuni e benefit alle popolazioni senza neanche un grazie …

E’ vero che siamo il Paese dove le mafie smaltiscono rifiuti tossici sotto le autostrade che lo Stato costruisce. E’ vero anche che non esiste in Italia un monumento alle vittime delle Brigate Rosse, anche se – dal 199 al 1988 – furono almeno 428 i morti e 2.000 i feriti nei 14.615 attentati computati. (Sergio Zavoli, “La notte della Repubblica”, Mondadori, 2009).

Ma c’è chiedersi cosa stia facendo lo Stato in Val di Susa ed in Piemonte.

Non dimentichiamo che gli Anni di Piombo iniziarono con quattro gatti – i militanti delle BR –  che, per diffondere le proprie idee e dimostrare la forza e la spregiudicatezza dell’organizzazione, dal 1970 prendono di mira quadri e dirigenti delle aziende con aggressioni e attentati incendiari, stilando vere e proprie ‘liste di proscrizione’.  Solo nel maggio 1974 e solo dopo il rapimento del sostituto procuratore Mario Sossi, vennero diffuse dagli inquirenti le foto di alcuni dei presunti capi delle Brigate Rosse.

Come il 7 maggio 2012 a Genova, dove il Nucleo Olga della Fai-Fri gambizzavano l’ad di Ansaldo Nucleare, Roberto Adinolfi. Nicola Gai uno degli autori dell’attentato, condananto a 9 anni e 4 mesi di reclusione, ha pubblicato un documento nel luglio 2013, dove esprime concetti chiari e compendiosi.
“Gli anarchici devono colpire ed attaccare con tutte le loro forze, altri con tensioni simili prenderanno esempio dal nostro agire, troveremo nuovi complici e quando, finalmente, anche tutti gli altri sfruttati decideranno di sollevarsi scoppierà l’insurrezione.”

“Questo non vuol dire che non si debba partecipare alle lotte che nascono spontaneamente, ma lo dobbiamo fare con i nostri metodi: il sabotaggio e l’azione diretta. Se in una certa località le persone scendono in piazza per opporsi ad una nocività non è necessario che cerchiamo di conoscerle una ad una, che prepariamo la polenta con loro e un passetto per volta cerchiamo di fargli alzare di qualche centimetro la barricata che hanno costruito. Questo non avvicinerà la prospettiva insurrezionale, anzi fiaccherà le nostre forze, dobbiamo colpire l’azienda che la costruisce, chi la progetta, chi la finanzia: dobbiamo rendere evidente che chiunque può prendere in mano la propria vita e distruggere ciò che lo distrugge.”

Dobbiamo scontrarci con la polizia, non solo quando tenta di sgomberare il presidio di turno, ma provocarla ed attaccarla, far vedere che è possibile, che si può/si deve colpire per primi chi ci opprime” …
Più chiaro di così …

Meno chiaro, pochi giorni dopo, il 17 agosto 2013, Gianni Vattimo – europarlamentare (IdV) e filosofo – intervistato da Repubblica, dove dichiarava che “la vera violenza è quella dello Stato che militarizza il territorio per realizzare un’opera inutile”. Il 1 settembre 2013, Erri De Luca – scrittore e filosofo – commentando all’Huffington Post riguardo due ragazzi arrestati con molotov a bordo dell’auto, affermava che “la Tav va sabotata” e, riguardo sabotaggi e vandalismi, spiegava che “sono necessari per far comprendere che la Tav è un’opera nociva e inutile”. Cattivi maestri di oggi? No. Nè cattivi, nè maestri …

Come spiegare ai ‘giovani’ quarantenni di oggi, che si ostinano a ripercorrere le orme dei ‘cattivi maestri’ di ieri, quello che un signore nato nel ’22, Pier Paolo Pasolini, scrisse tanti anni fa?
E come spiegargli che quel signore, mentre si nascondeva ai rastrellamenti nazisti per l’arruolamento forzato, invece di nascondersi in montagna, dava lezioni gratuite ad intere classi di studenti che a causa dei bombardamenti non potevano raggiungere le scuole?

“A Valle Giulia, ieri, si è cosi avuto un frammento
di lotta di classe: e voi, amici (benché dalla parte
della ragione) eravate i ricchi,
mentre i poliziotti (che erano dalla parte
del torto) erano i poveri. Bella vittoria, dunque,
la vostra! In questi casi,
ai poliziotti si danno i fiori, amici.”

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Fiducia a Letta in Parlamento, ma non nel Paese

11 Dic

Il Governo Letta ha ottenuto la fiducia alla Camera con 379 voti a favore, 212 contrari e due astenuti su un totale di 593 presenti.

Trecentosettantanove voti favorevoli – rapportandoli ai 630 eletti totali – significa che hanno votato a favore i 292 onorevoli del PD, più gli undici del Centro Democratico e del SVP, più i 45 di Scelta Civica o UdC che sia ed ancora una sessantina di voti dal PdL di Alfano e Formigoni.

In pratica, c’è tutta l’Italia della Prima Repubblica.

Nel Parlamento – tra i banchi del M5S o di Fratelli d’Italia e di La Destra – e fuori dal Parlamento – nelle strade assediate da cittadini che protestano inferociti – c’è un’altra Italia.
Un’Italia blocca uffici e snodi logistici, con qualche rissa e alterco o poco più, ma ben diversa da quella – a tutt’oggi impunita – che per ben tre volte aveva assaltato a Roma palazzi e agenti con bastoni e bombe carta.

E’ l’Italia che non ce la fa più a pagare per tutti. E’ quella che i dati del Tesoro individuano come il ‘motore fiscale’ italiano da cui arriva oltre il 50% dei prelievi. Quella dei dati sanitari che raccontano come quasi metà dei malati rari sia ben lontano da ricevere le cure dovute: Quella che i dati strutturali vedono disperdere il 30% del proprio tempo/lavoro/opportunità nel correr dietro a lacci e lacciuoli della burocrazia e del ‘ritenta sarai più fortunato’.

Non a caso Maurizio Landini, segretario nazionale della Fiom, racconta che ”arrivano anche alcuni segnali un po’ strani, ci sono imprenditori di ditte che lavorano con Fincantieri che dicono ai lavoratori che devono scioperare. Queste cose mi inquietano”.

Eh già, è davvero strano, inquietante, che padroni e operai la vedano allo stesso modo … le classi sociali dovrebbero ‘odiarsi’. Per fortuna che è l’appello di Beppe Grillo ad essere potenzialmente eversivo …

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Alba Dorata: rischi per l’Italia?

4 Nov

In Grecia sale la tensione, dopo l’attentato alla sede di Alba Dorata, con due morti e diversi feriti, che fa seguito ad attentati a giornalisti e uffici avvenuti nel 2013. Una tentata strage attuata proprio mentre la Grecia cercava di fare piazza pulita dei suoi neonazisti e con il solo scopo di gettare in paese nel caos e non per ‘vendetta’, visto che l’omicidio del rapper antifascista era scaturito da una lite da bar e non da un complotto.

In una sua lunga disanima, Harry van Versendaal – noto editorialista della versione inglese del quotidiano greco I Kathimerini – invita non solo la Destra neonazista, ma anche la Sinistra antagonista a “sviluppare una comprensione più inclusiva della violenza, condannandola in ogni sua forma: sia essa razziale, sessuale o politica“.

Un invito che andrebbe esteso anche all’Italia, dove i nostri media in questi anni ci hanno poco o punto informati sull’escalation anarco-insurrezionalista e della sinistra radicale, cui fanno da contraltare (come a Weimar) i neonazisti di Alba Dorata.

Intanto, in Italia non possiamo di certo dire che stiamo al sicuro da rischi simili, ma, nel nostro caso,  di neonazisti o neofascisti non è che se ne vedano tanti come in Grecia. Anzi, all’ennesimo anniversario mussoliniano c’erano forse 5.000 nostalgici.

E’ la minaccia anarco-insurrezionalista che rimane «estesa e multiforme», in grado di tradursi in una «gamma di interventi» che può comprendere anche «attentati spettacolari», questo il report dei servizi segreti nella Relazione annuale consegnata al Parlamento nel marzo 2013.
La sola nDrangheta, secondo il rapporto Eurispes 2008, avrebbe un giro d’affari di 44 miliardi di euro annui e potremmo stimare in almeno 150 miliardi annui il PIL (ndr. attivo o passivo?) derivante da attività crimine organizzato. Il disastro ambientale campano, le fabbrichette della moda o le rivolte degli immigrati schiavizzati comprovano una dimensione ‘messicana’ dei rapporti tra governance nazionale, sistema produttivo e cartelli locali.

La nostra governance – a differenza di quella spagnola – non è riuscita a far altro che congelare il debito interno e quello estero, mentre il Parlamento è in ostaggio di una legge elettorale indecente e di un’informazione pubblica che Freedom House nel suo report annuale considera ‘semilibera’, collocandoci alla stregua degli stati ex-satellite dell’URSS (Ungheria, Romania, Bulgaria, Serbia eccetera) o delle traballanti repubbliche africane (Egitto, Tunisia, Benin, Namibia eccetera).

Indice di Competitività UE 2013

Aggiungiamo che un malgoverno durato 150 anni ha ormai creato e sigillato tre aree geografiche ben distinte: un Settentrione con una produttività paragonabile a quella tedesca, un Meridione ormai ridotto a vicereame ispanico (come il Messico, Columbia e quant’altri), un Centro che sopravvive – oggi come ieri – di speculazioni finanziarie e immobiliari in nome del ‘paesaggio italiano’ e della ‘bona fidae’.

PIL pro capite UE 2009
Tenuto conto dell’irriducibilità di Silvio Berlusconi e di Matteo Renzi nell’anteporre una visione personale all’interesse generale, oggi, come durante la Guerra Fredda, l’Italia sta andando a porsi al centro di una serie di ‘affari internazionali’, di cui un ‘assaggio’ sono state le montagne russe dello spread del 2011.

Dunque, se la Grecia prendesse fuoco, l’Italia potrebbe non esserne esente.

In assenza di un sufficiente numero di ‘fascisti’, per ora, la furia del ‘tanto peggio tanto meglio’ non avrebbe che prendersela con le istituzioni – che non sono nè i partiti nè gli speculatori – e con chi le difende, a danno di gran parte della popolazione, che è ‘moderata’, ‘conformista’, ‘populista’ …

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Cobas + NO Tav = quattro gatti? Forse si, forse no

21 Ott

La Repubblica riportava “circa 20 mila partecipanti alla manifestazione indetta dai Cobas e dai Sindacati di Base”, di venerdì 27 ottobre. Il giorno dopo – per il corteo di NoTav, NoMuos, Migranti, Movimenti per la Casa e Antagonisti in lotta contro l’Austerity e la Precarietà – “secondo gli organizzatori, sono 70mila i partecipanti alla manifestazione” (L’Unità).

la casa si prende Roma No Tav foto Tiscali

Foto di Tiscali

Lasciamo perdere se quello che chiedono sia o non sia legittimo in un paese democratico, come anche se si condividono o meno le idee o le opinioni. Sono molti o sono pochi?
La risposta è nei numeri.

Secondo i Cobas, oltre ai 20.000 manifestanti di Roma, si sono contati “molte centinaia di migliaia di scioperanti, nella scuola, sanità, pubblico impiego, Telecom, trasporti urbani, principali fabbriche a partire dal gruppo Fiat, trasporto aereo e controllori di volo”. Il personale della scuola conta almeno un milione di dipendenti, come anche il settore sanitario, ed in totale i dipendenti pubblici in Italia superano i 3 milioni di unità. Poi, c’è un altro milione e mezzo di addetti del settore industriale e tot altre centinaia di migliaia di addetti dei settori minori.
Alla fine dei conti della serva, viene fuori che parliamo di almeno 4 milioni di lavoratori e che – se anche gli scioperanti fossero stati 4-6 centinaia di migliaia – staremmo parlando forse del 10-15% del totale, forse qualcosa in meno. Comunque una piccola minoranza, non il 30-40%.

Uno su dieci o poco più, come il 6% di elettori votanti ed il 4% degli astenuti alle elezioni, su una base del 100% degli elettori: praticamente tanti quanti la Sinistra ‘radicale’ ha sempre potuto contare in Italia negli ultimi 30 anni. Paradossalmente, oltre alla proporzione pressochè costante nel tempo, sono i pronipoti di quel sindacalismo rivoluzionario e di quell’azione diretta che furono padre e madre del Fascismo delle origini ed i discendenti di quel Giacobinismo libertario che confluì nel Terrore totalitario di Robespierre.

Una componente statica delle nazioni figlie della Rivoluzione Francese (Francia, Italia, Messico, eccetera), che non impara dai propri errori? Forse si, forse no?
Certamente, i movimenti attuali sembrano rappresentare più una reazione al cambiamento, che una spinta alla pacificazione e al rinnovamento contro il declino ed il degrado.

Ritornando al corteo di sabato, tenuto conto che di adesioni da parte di organizzazioni e comitati ve ne erano in abbondanza, specie tra i ‘movimenti’ capitolini, 70.000 sembrano davvero pochi.
Specialmente se in Italia i migranti sono circa 5 milioni, i disoccupati quasi 6 milioni, i giovani senza lavoro oltre 900.000, le donne non occupate almeno al 50%.
O se, la sera prima, allo Stadio Olimpico ve ne erano quasi altrettante a tifare per una squadra di calcio, una volta tanto senza tafferugli.

Riflessioni romane, che circolano da anni nel borbottio del popolino e che da due o tre anni stanno prendendo una forma concreta: quale è il costo – per Roma e i romani – su un PIL che alla fine dell’anno dovrà pur tener conto di questa ‘due giorni’  di blocco e rallentamenti, sia per gli scioperanti, sia per le manifestazioni ed i voli, sia per quanti non sono andati a lavoro perchè ‘de facto’ impediti (traffico, trasporti, figli piccoli), sia per gli ‘accampamenti’ nel bel mezzo di una città che vive anche di turismo.

Foto da Libero

E, messo che il PIL della Provincia di Roma sia nell’ordine dei 300 milioni di euro per giornata lavorativa, possiamo ipotizzare che – se le manifestazioni si fossero svolte al Circo Massimo e solo lì – oggi avremmo qualche milionata di euro in movimento in più nella nostra Capitale e nelle vessate casse dello Stato?

Quanti blocchi semigeneralizzati possa permettersi Roma, mentre cerca di risollevarsi dal declino generale e dalla sua già asfittica mobilità, è una questione che riguarda tutti.
Come è di tutti la spesa pubblica extra necessaria a proteggere diversi edifici pubblici della Capitale e pagare straordinari alle forze dell’ordine, oltre che i soldi che i contribuenti romani, per tramite del Comune, si troveranno in conto spese per pagare i danni (fortunatamente limitati) ad inermi cassonetti, ignare palettature dei marciapiedi e innocue pavimentazioni stradali.

Allo stesso modo, sono di tutti le sacrosante istanze di riconoscimento dei diritti civili dei migranti, come lo sono quelle di tanti giovani e ormai ex giovani laureati ancora ridotti alla precarietà e quelle delle giovani coppie con figli che non sanno come tirare avanti, tra disoccupazione e affitti da pagare.

Questioni, però, che andrebbero meglio poste, se ai migranti serve innanzitutto una legge elettorale ed ai senza casa necessitano meno assistenzialismo (la botte è vuota …) e più poltiche locali del lavoro.
Come se ai laureati e ai giovani servisse da decenni un  mercato del lavoro ed un sistema delle carriere che non può di certo arrivare dal MIUR o dall’INPS o dalle ASL o dall’INA, che sono imperniati su concezioni strutturali di fascista memoria.

Come se sia proponibile a chi manifesta perchè non ha lavoro, casa e futuro di associarsi a chi chiede un aumento della spesa pubblica, scioperando perchè si aumenti il magro stipendio dei docenti, a parità di servizio, di ben 300 euro netti (circa 450 euro lordi) pro capite, come chiedono i Cobas, che – essendo i docenti circa 800.000) – fanno oltre 350 milioni di spesa pubblica extra all’anno con la situazione finanziaria che c’è e la Merkel che, rieletta, ricomincia ad incalzare.

O come se ieri, a Roma, non avessero manifestato insieme, sotto il MInistero delle Infrastrutture, sia quelli che – No Tav, No Muos, No gasodotto /inceneritore/discarica/eccetera – non vogliono certe infrastrutture nel proprio territorio sia gli altri che protestavano per la disoccupazione e la precarietà derivante dai tagli fatti ai già pochi interventi infrastrutturali previsti …

Poche noci nel sacco fan tanto rumore e l’arcobaleno è di mille colori non sempre l’un l’altro complementari, ma i nodi al pettine – sia da un lato che dall’altro – restano, specie se l’Italia è non va nè di quà nè di là e la Capitale bloccata con gli Svevi alle porte.

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