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Roma: il conto (salato) degli elettori e della finanza

29 Ago

L’avventura di Ignazio Marino sindaco di Roma iniziò nel 2013: si era ad aprile e si erano appena concluse tra le polemiche le Primarie che gli avevano permesso di diventare candidato del Pd, con quasi 100.000 votanti ed i ‘cavalli di razza’ Gentiloni e Sassoli surclassati.

In quell’occasione, Antonio Funiciello, portavoce del comitato “Gentiloni per Roma” denunciava che: “stanno arrivando al comitato numerosissime telefonate e segnalazioni di irregolarità e disservizi nei seggi elettorali. Invito tutti a vigilare affinché il voto si svolga in maniera regolare. Sarebbe davvero grave se una giornata di democrazia come quella di oggi venisse funestata da vicende poco chiare”. (Fatto Quotidiano – 7 aprile 2013)

E la renziana Cristiana Alicata – blogger membro della direzione regionale del Pd Lazio – ebbe a scrivere su Facebook: “Le solite incredibili file di Rom che quando ci sono le primarie si scoprono appassionatissimi di politica” e “Sono voti comprati. Punto. Chi lo nega è complice dello sfruttamento della povertà che fa il clientelismo in politica”. (Repubblica – 7 aprile 2013)

Con l’emergere di Mafia Capitale, il ministro della Pubblica Amministrazione Marianna Madia denunciò: “Nel Pd a livello locale e parlo di Roma facendo le primarie dei parlamentari ho visto, non ho paura a dirlo, delle vere e proprie associazioni a delinquere sul territorio”. Così sul territorio si muovevano le truppe cammellate dei ras locali che muovevano persone, voti e tessere. C’era anche un tariffario: 10 euro per un voto al proprio candidato di fiducia, 20 per la tessera. Tessera che a volte veniva assegnata anche all’insaputa dei malcapitati. (Huffington Post – 11 dicembre 2014)

“Pacchetti di tessere comprate in bianco dai capibastone e restituite compilate, come e da chi però non si sa. Code di extracomunitari ai seggi delle primarie. Pulmini di anziani prelevati dai centri ricreativi e ricompensati con buste alimentari. Soldi distribuiti fuori dai circoli per incentivare il voto.” Tutti episodi che «sono stati però ignorati dal Pd cittadino, che ha convalidato quel voto e non ha mai preso provvedimenti disciplinari, anzi» – Andrea Sgrulletti, ex segretario pd di Tor Bella Monaca – «Noi che abbiamo denunciato siamo finiti sul banco degli imputati e io stesso ho rischiato l’espulsione dal Pd». (Repubblica – 11 dicembre 2014)

Facendo la conta dei primi nomi coinvolti dalle prime indagini di Mafia Capitale troviamo Mirko Coratti (presidente del Consiglio comunale di Roma), Daniele Ozzimo (assessore alla Casa), Micaela Campana (responsabile welfare nella segreteria del partito), Pierpaolo Pedetti (presidente della commissione Patrimonio in Campidoglio), Andrea Tassone (presidente del Municipio X), Franco Figurelli (segreteria di Coratti), Luca Odevaine (ex vice capo di gabinetto con Walter Veltroni, ex capo della polizia provinciale con Nicola Zingaretti, inserito nel Coordinamento nazionale sull’accoglienza per i richiedenti asilo del ministero dell’Interno), Maurizio Venafro, Regione Lazio, Massimo Caprari (consigliere di Centro Democratico, nella maggioranza del sindaco Marino), Daniele Magrini (dirigente della Regione Lazio, responsabile del dipartimento Politiche sociali). (Fatto Quotidiano – 6 aprile 2015)

E da circa un mese, l’opinione pubblica ha avuto conferma che “sono , i circoli “dannosi” del Pd romano identificati dalla Oggi, la relazione di Fabrizio Barca, incaricato dal commissario Matteo Orfini di condurre la mappatura nella Capitale dopo lo scandalo delle tessere false, conferma che 27 circoli , sui 108 esistenti, “bloccano il confronto sui contenuti, premiano la fedeltà di filiera, emarginano gli innovatori”, altri 17 sono i cosiddetti “di inerzia”, mentre addirittura 2 sono definiti “presidio chiuso”, ovvero “circoli segnati da forte degrado sociale ed istituzionale”. “In particolare si registrano “irregolarità” di iscrizioni in corrispondenza di votazioni o congressi. Inoltre il “38,3% degli iscritti non frequentano il circolo”. (TGcom24 – 15 luglio 2015)

Gli appelli del Comitato Gentiloni e le denunce della renziana Cristiana Alicata di quell’aprile 2013 erano fondati. Inoltre, le siste che sostenevano Ignazio Marino come sindaco raccoglievano solo 512.720 voti su 2.359.119  elettori e di questi  solo il 15,9% era ‘solo sindaco’: parlare di voto ‘popolare’ è un’iperbole, mentre è quasi atto dovuto lagnare un difetto di democrazia (viste specialmente le primarie, ma anche arresti e defezioni /incompatibilità successivi).

A parte la questione se e chi “non poteva non sapere”, in questi due anni Ignazio Marino, con la ‘sinistra’ che lo sostiene, non ha voluto confrontarsi con l’evidenza che la sua stessa candidatura a sindaco (come in parte quella di Zingaretti in Regione) si fondarono sulle Primarie e sulle Sezioni del PD di cui sopra.

La soluzione è tutta un equivoco, visto che si evita il commissariamento per mafia del comune di Roma, ma si commissaria il Sindaco, delimitandone l’ambito a “traffico e decoro” (polizia municipale,  viabilità e giardini, forse la raccolta rifiuti e i trasporti Atac e Metro, eccetera).

“Il Consiglio dei ministri non ha avuto il coraggio di dire a chi fa politica perché ci crede o perché c’è costretto: signori, state uccidendo Roma … si scende dal carro e fine della giostra, tutti a casa. … Decisione complessa ma doverosa, in linea con la dignità smarrita della politica, messa da canto e sacrificata sull’altare del chissà chi vincerà a Roma se cacciamo adesso Marino e andiamo presto ad elezioni anticipate.”

“Gli impegni, le decisioni, i programmi e in qualche caso anche il personale politico per governare bene Roma dovevano essere di ben altra fattura. Così non è stato. E questa volta, persi tutti i treni possibili, i romani si preparano a presentare il loro conto. Che sarà salatissimo.” (Repubblica – 29 agosto 2015)

Un conto che si prevede salato anche a livello nazionale, se Roma e il Governo Renzi non sapranno dimostrare che la Capitale è la prima a rispettare le leggi che emana.
Forse è pretendere troppo, c’è già chi parla di ‘questione culturale’, ma chi vuole raccogliere e rappresentare il voto ‘popolare’ – come Sinistra  e sindacati reclamano – dovrà vedersela con i tanti cittadini che in questi anni recenti si son trovati in situazioni anche drammatiche a causa di sprechi, ruberie, disservizi, impunità mentre piovevano tasse, tagli, licenziamenti. 

A proposito, quanto ci costa la situazione di Roma in termini di spread dei nostri buoni /titoli, ad esempio, o di capacità di ripresa del Bel Paese o di efficienza finanziaria degli enti a controllo pubblico?

Sapientemente Alfano e il Centrodestra prendono progressivamente le distanze ed, a questo punto – per Roma, per il Partito e per l’Italia – dovrebbe essere il sindaco ad avere un colpo di umiltà” … “Pensate quale dignità se avesse detto: mi arrendo, rimetto il governo di una città che non sono riuscito a capire, con la quale non c’è mai stato un vero feeling. Applausi e onore delle armi.” (Repubblica – 29 agosto 2015)

E chissà che Piazza Affari non risalga persino di qualche punto …
Demata

Atene scoppia, ma è Roma sull’orlo del baratro

10 Apr

In Grecia, proprio mentre il governo annuncia di stare uscendo dalla crisi ed emette bond per 3 miliardi di euro, viene collocata una potente bomba dinanzi alla sede della Banca di Grecia, ad Atene.
Atene che sarebbe un comune di circa 650.000 abitanti ed una densità di 16.814 ab/kmq, ma che – in realtà – è un’area metropolitana di 412 kmq con almeno 4 milioni di abitanti, ovvero la metà della popolazione greca, che include la prefetttura del Pireo, dove si raggiungono punte di 17.677 ab/kmq (Korydallos).

Difficile dire di cosa possa vivere tutta questa gente ammassata con una densità pari a tre volte quella di Hong Kong, anche dopo l’acquisizione del sistema portuale del Pireo (Pier II e III) da parte della compagnia cinese Cosco, con un incremento del traffico container che è passato da 850,000  twenty-foot equivalent units (TEUs) del 2010 ai 2,7 millioni del 2012 con una previsione di 150.000 nuovi posti di lavoro entro il 2018.

L’obiettivo – secondo la National Bank greca –  è di raggiungere entro il 2018 ricavi per 5,1 miliardi di euro o il 2,5% del PIL greco.
Se per l’economia e la stabilità finanziaria della Grecia si tratta di passi avanti enormi, non si può dire lo stesso se parliamo di consenso e stabilità politica greca, considerato che il PIL greco del 2012 era di 140 miliardi di euro e che nel 2008 i greci erano abituati a vivere con circa il 30% in più, cioè circa 245 miliardi di euro.

Un’economia costruita sul nulla fino al crash dei subPrime del 2007 e che, a luglio 2012, contava un tasso dei senza lavoro in Grecia al 25,1% con punte molto più elevate nella capitale, mentre i disoccupati tra i giovani oltrepassavano il 54%.

E se le cose vanno così per la Grecia e la sua capitale Atene, nel 2015 – secondo l’FMI – le cose andranno peggio per l’Italia e – secondo statistiche, articoli e fatti di cronaca – molto, molto peggio per Roma.

Infatti, secondo dati della Confeserenti, a Roma e Provincia, solo nel corso dl primo trimestre 2013, hanno cessato l’attività oltre 700 imprese nei settori del commercio, dell’alloggio e della ristorazione e hanno perso il lavoro quasi 3mila occupati. In tutto il 2012, 7.440 imprese attive a Roma e Provincia hanno cessato la loro attività (10 imprese al giorno) con una perdita di oltre 16.000 lavoratori.  Il tutto, mentre gli immobili commerciali sfitti sono aumentati del 16% e mentre il mercato degli affitti commerciali è tra i più alti del Paese, anche in questa fase di recessione. “Per un negozio di 70/100 metri quadrati, in centro storico si arrivano a pagare anche 25mila euro al mese e nel complessi commerciali anche 10mila euro al mese, senza contare i costi condominiali.” (affaritaliani.it)

Secondo Romano Benini – esperto di politiche del lavoro e giornalista economico, autore con Paolo De Nardis, ordinario di Sociologia a La Sapienza di Roma, del libro ‘Capitale senza Capitale. Roma e il declino d’Italia’ – “Roma ha, per diversi motivi, accumulato ricchezza, ma una ricchezza che crea difficilmente opportunità”.
Si è generata una situazione di profondo disagio, esplosa con il crollo dei posti di lavoro prodotti tra il 2003 e il 2007. Roma ha creato una economia fragile, spingendo su alcuni fattori di rendita che non hanno garantito la produzione di opportunità.”
Roma, “al terzo posto in Italia per ricchezza, con uno straordinario potenziale economico, ha un disastroso mercato del lavoro, che la fa precipitare al 67simo posto per opportunità. Roma ha più disoccupati di Atene ed è circondata da un territorio, il Lazio, che è la Regione oggi in Europa che ha il peggior rapporto tra buone potenzialità economiche e pessima gestione del mercato del lavoro.” (Corriere della Sera)

Ma a Roma, da un anno circa, c’è anche il problema della sicurezza dei cittadini e dell’ordine pubblico, se ladri d’appartamento e venditori abusivi imperversano, mentre di manutenzione e di pattugliamento, anche in pieno centro, se ne vede poco o pochissimo, al punto che mesi fa fece scalpore la rapina in banca con finti candelotti di dinamite alla filiale dell’Unicredit a piazza di Spagna e della facilità con cui il rapinatore aveva potuto dileguarsi.
E’ di ieri la notizia che l’on. Carfagna, a nome di Forza Italia, abbia chiesto al ministro dell’Interno «se sia a conoscenza della grave situazione in cui versa il patrimonio storico e culturale della città di Roma; se intenda attivarsi, nei limiti di competenza, presso l’amministrazione competente al fine di verificare quali siano gli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria intrapresi e finalizzati ad impedire il degrado e il pericolo di crolli dei palazzi e delle opere architettoniche».
«Il luogo simbolo di Roma trasformato in una casbah è l’istantanea della deriva permissivista che sta trascinando la Capitale giù nel baratro»,
mentre le immagini pubblicate dal Messaggero che documentano il degrado in piazza di Spagna sono sotto gli occhi e su tutte le boche dei romani.

Roma che annovera anche un settore senza acqua potabile, frane di rilievo lungo la Salaria, l’Olimpica e la Panoramica,  circa 300.000 abitazioni sfitte, allagamenti diffusi in caso di pioggia, accampamenti qua e là. Oltre ad una manutenzione stradale scadente o inesistente, un sistema di trasporti insufficiente, obsoleto e mal dislocato, una burocrazia lenta e autoreferenziale, un sistema delle relazioni sindacali che non antepone la buona amministrazione a parametro generale.

Una Capitale italiana che, come quella greca, è cresciuta a dismisura e convulsamente inseguendo il mito della finanza creativa e dell’allargamento della base fiscale, senza tener conto che – prima o poi – c’è da rendere con gli interessi i denari anticipati (ndr. e per Roma ormai il buco potrebbe aggirarsi su oltre 20 miliardi di euro, tra quelli resi, quelli commissariati e quelli ancora in circolo) e senza considerare che una gran massa di redditi bassi non alimenta le tasse, quanto i sussidi … specie se ogni 15-20 anni arriva una crisi strutturale …

Roma Capitale che adesso si trova con un overflow di personale stimabile nel 25%, con aziende di cui ha preteso di mantenere il controllo assoluto arrivate al baratro, con le reti profonde e le infrastrutture da rifare, dopo 20 anni di manutenzione al minimo.
E, andando ai romani, la situazione futura si dimostra ben peggiore.

Attualmente, infatti, secondo i dati Istat, i romani percettori di pensione dovrebbero essere almeno un milione, mentre il mercato del lavoro dovrebbe contare su due milioni di persone potenzialmente attive con un tasso di disoccupazione al 10% ed un altro milione in età scolare o poco più.
Pensioni di cui non poche dorate che finora hanno garantito il decoro di alcuni quartieri e una ‘rendita fiscale’ alla Capitale e che andranno scemando, mentre tra i giovani della fascia 25-34 disoccupati il 72% ha laurea e/o master, ma molto spesso non si tratta di studi tecnici o scientifici e mentre la macchina dell’intrattenimento culturale e contenimento del disagio sociale non trova più gli spazi di finanziamento su cui si era strutturata dagli Anni ’80 in poi.

Abbiamo creato una sorta di Gardaland per turisti frettolosi ‘assetati di passato’. È la conseguenza dell’affermarsi di una cultura, di una crescita economica usa e getta, che ha il suo principale presupposto in una cattiva gestione del mercato del lavoro“, afferma Benini.
Un mercato del lavoro, a Roma, che non può essere gestito per indirizzarlo verso una qualunque ripresa se ci sono i Palazzinari, Parentopoli, l’AMA e Malagrotta, il lavoro nero nell’edilizia, nel commercio e nella ristorazione. E non può essere alimentato da nuove competenze, se esiste una disaffezione diffusa verso le tecnologie e, soprattutto, verso gli standard che tutto il mondo usa  pretende, per non parlare delle profonde carenze di attenzione generale alla sicurezza sul lavoro e negli ambienti come vediamo, aad esempio, in tanti edifici scolastici o sanitari od uffici pubblici e … per le strade.

Servirebbe (serviva) un sindaco che avesse il coraggio e la forza di annunciare ai romani la triste situazione e, nel chiedere a tutti un impegno rinnovato, ricordare – come fece Menemio Agrippa – che le dita di una mano sono più forti unite che divise.
Un sindaco che avesse la volontà e l’orgoglio di ‘portare il fardello’, accettando il ruolo di Commissario Governativo per la questione rifiuti, avviando i tagli che servono per determinare gli organici e i turni effettivi del personale comunale, dismettendo l’ATAC e riformulando il sistema di licenze per i taxi, cedendo consistenti pacchetti di AMA e ACEA e privatizzandone la gestione, trasferendo a fondazioni e onlus le aziende controllate minori a partire dalla Farmacap, vistto che il modello senese è fallito.
Un primo cittadino che, nel promettere ‘lacrime e sangue’, potrebbe anche incalzare sia la Regione per la (ri)formazione professionale in vista di una capitale e di un turismo ‘moderni’, ovvero tecnologici e attenti alla qualità della conservazione storica.
Come dovrebbe incalzare il governo perchè Roma non può di sicuro permettersi di mobilizzare /esodare decine di migliaia di dipendenti pubblici o parapubblici, la cui gran parte sarebbe andata in pensione entro pochi anni, se Elsa Fornero non ci metteva lo zampino …

Secondo le stime contenute nel World Economic Outlook (Weo) del Fmi, la disoccupazione resterà intorno al 12%  anche nel 2015, mentre la performance dell’economia italiana sarà uguale a quella della Grecia (+0,6%).
Thomas Helbling del Fondo Monetario Internazionale (Fmi)
, nel presentare il report, ha voluto precisare che “in Italia la ripresa è in corso ma il potenziale di crescita resta basso. C’è un insieme definito di riforme strutturali per le quali il Fondo ha fatto pressioni e che comprendono riforme del lavoro, tasse sul lavoro più basse e una pubblica amministrazione più efficiente … è necessario andare avanti con le riforme, soprattutto la riforma del lavoro e quella giudiziaria“.

Concetti ‘mondiali’ che hanno una ricaduta immediata sulla città dei ministeri e degli enti, dei palazzi di giustizia e dei sindacati, delle mille facoltà umanistiche e del concorso pubblico: processi brevi e leggi non ‘deformabili a mezzo circolare’, meno dipendenti pubblici ma a parità di servizi, riequilibrio delle fasce pensionistiche, contratti nazionali leggeri e maggiori controlli sulla regolarità dei luoghi di lavoro, tanta formazione ‘seria’ e tanta innovazione tecnologica.

Dicevamo di Atene … ma il vero problema è Roma e nè l’Italia nè l’Europa possono permettersi il lusso di aspettare.
Una Roma Capitale che – oltre del risanamento interno – dovrebbe farsi esempio e alfiere di una rinascita ‘meridionale’, morale e gestionale, visto che le regioni a nord del Lazio sono sempre più floride, popolose e ‘autonome’ …

E per fare questo serve innanzitutto una giunta comunale di larghe (e poco mangerecce) intese – altro che l’eterno gioco dei ‘rossi contro neri contro bianchi’ – e con un governo energico e ‘dalla giusta parte’ se ci sarà la prevedibile reazione di coloro che attualmente sono beneficiati dalla sorte o possono vivere senz’arte nè parte o confidavano in qualche prebenda o proroga da estendersi anche al proprio pronipote.

Chiacchiere … fantasticherie di chi vorrebbe una Roma bella, efficiente, cosmopolita.
La realtà è che ogni giorno che passa le aziende capitoline si svalutano di un tot e le nostre infrastrutture  senza manutenzione si consumano di un tot altro, mentre punto su punto l’insicurezza cresce di percentuale e la coesione sociale diminuisce e mentre i giovani hanno fatto e continuano a fare scelte di studio che li relegheranno alla marginalità occupazionale.

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Ritornare a Sanremo

15 Feb

Lo scorso anno, l’audience massima del Festival della Canzone Italiana di Sanremo si  era registrata durante la serata finale,  alle ore 22:13, mentre una Lorella Cuccarini “desnuda” attraeva ben 15.195.000 telespettatori, secondo Auditel. Mediamente, la serata si era mantenuta su un tetto di 14 milioni di telespettatori.

Un anno fortunato per Sanremo, il 2010, che aveva conquistato uno share elevato, ovvero vicino o superiore al 50% dei telespettatori nei momenti di punta, relegando le altre reti a quote infime, fatta eccezione per qualche singolo programma come Santoro od il Milan in Champions oppure il Kubrick di “Eyes wide shout” o, ancora, la prima visione Premium Crime.

Auditel, però, non ci dice che età abbiano e dove vivano i telespettatori di Sanremo.

Un dato di cui Auditel è in possesso certamente e che andrebbe reso pubblico, come andrebbe reso pubblico il bilancio finanziario, a consuntivo, del Festival di Sanremo e che invece viene fagocitato nel rendiconto generale della RAI.

Tre o quattro informazioni, da cui farci un’idea di possa essere “il popolo di Sanremo”, però, le abbiamo ed arrivano proprio da Auditel per Sanremo 2010.

  • Prima serata: la partita del Milan in Champions tiene un 15% dello share, Canale5 va sotto il 10% con Notting Hill, Ballarò mantiene comunque un modesto share
  • Terza serata: RaiDue con Michele Santoro si avvicina al 20% di share, mentre il Festival raggiunge una punta di 28 milioni di contatti durante la serata “revival” dedicata ai festeggiamenti della 60° edizione.
  • Quarta serata: Premium “Crime” si attesta tra i 2 ed i 4 milioni di telespettatori.
  • Finale: RaiUno si attesta sui 3 milioni con il Kubrick di “Eyes wide shout”

L’impressione che si riceve da questo questo quadro è che questi telespettatori – che evitano il festival – siano relativamente giovani, preferibilmente maschi, probabilmente acculturati, “più europei e meno italiani”. Altra impressione è quella di ritrovarsi dinanzi ad una sorta di rito da teledipendenza che si perpetua di generazione in generazione.

Tenuto conto che sul palco ci sono Morandi (1944) e Celentano (1938) e che sempre e solo di “canzone melodica” parliamo, il “quadro d’insieme” coincide con i pochi dati di confronto.

Potremmo, addirittura, approssimare l’ipotesi – viste le percentuali “bulgare” di share pro Sanremo – che una buona parte dei telespettatori del Festival siano coloro che comunque vedono la televisione in quella fascia serale, ovvero che la costosa iniziativa della RAI non comporta un incremento “importante” del pubblico televisivo, bensì sottrae semplicemente attenzione a quant’altro accade in televisione in quei giorni.

In termini di “democrazia” non è una gran bella notizia, quella di sapere che c’è una settimana in cui gli italiani vedranno “solo” Sanremo e TG RAI, ma non è questo il problema, anche se dovremmo sempre ricordare che la televisione pubblica dipende direttamente dal governo e non dal parlamento, tramite un consiglio d’amministrazione ed un ministero affidatario.

Il problema è che il Festival di Sanremo si è già ampiamanete dimostrato un costoso carrozzone, afflito da scandali ed indagini, che non ripaga l’investimento fatto – a carico delle tasse degli italiani e delle aziende che sponsorizzano – nè in termini di notorietà della musica italiana all’estero, nè in termini di maggiore opportunità di intrattenimento, nè, visto a cosa assistiamo, di qualità – minima e dovuta – di un servizio pubblico e di una televisione di Stato.

Infatti, il solo cachet per “una serata con” Adriano Celentano è costato alla Rai quello che costano “le sedi giornalistiche Rai nel Sud del mondo (in Africa, in Asia, in Sud America) e farle funzionare per un anno intero”.

In un’Italia che si dibatte tra la neve e gli arrangiatevi, mentre l’Euro affanna, con Monti ed i partiti che perdono consenso interno, non resta che chiederci quanti telespettatori seguirebbero il Festival di Sanremo – per cosa è diventato – se non spendessimo i soldi dei contribuenti per ospiti e star “fine a se stessi”.

L’epoca dei festival si conclude nel lontano 1976, quando venne abbandonata la sede del Casinò di Sanremo, che originariamente – e più propriamente – gestiva l’evento, per trasferire il tutto presso il Teatro Ariston di Sanremo. Uno “snaturamento” che segnò il passaggio dalla manifestazione canora al format televisivo, per un’iniziativa che, originariamente, nasceva dall’esigenza, in febbraio, di offrire un evento di rilievo – tra Natale e Pasqua – per i VIP che americani ed europei che venivano a “svernare” sulle rive del Tirreno.

Riportiamo il Festival agli splendori di una manifestazione canora italiana: neanche uno share del 50% in 4 giorni può giustificare un evento televisivo, sprecone e fine a se stesso, visto che i cachet più alti vanno agli ospiti e che le vendite discografiche raramente, ngli ultimi decenni senremesi, riflettono l’andamento effettivo di royalties e vendite nel corso dell’anno, nè abbiamo visto proseguire nella carriere molti, probabilmente troppi, dei tantissimi partecipanti a Sanremo.

Chiudiamo con “questa” “Sanremo – RAI” e ritorniamo al  Festival della Canzone Italiana di Sanremo.

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Roma, ancora violenza

5 Gen

Ancora morti per strada a Roma: padre e figlia di nove mesi uccisi durante un tentativo di rapina fallito.

Intorno alle 21. Zhou Zheng, un cinese, gestore di un bar con money transfer, ritornava a casa con la famiglia e con il, forse, magro incasso della giornata. Un tentativo di reazione, tre colpi andati a segno, due morti ed un ferito.

Altri due omicidi che vanno a sommarsi ai 33 avvenuti nel 2011 e che confermano che a Roma qualcosa è cambiato.

Di chi le responsabilità?

Inequivocabile il commento di Walter Veltroni, su Twitter, secondo il quale le responsabilità sarebbero della Giunta Alemanno, come se il degrado delle periferie e l’impunità diffusa fossero un problema di questi ultimi tre anni.
“Hanno tolto l’anima alla città, il senso di comunità e di solidarietà, e la violenza la fa da padrone.”
Più realisticamente, Alessandro Onorato, capogruppo Udc in Campidoglio, si rivolge al Governo Monti, chiedendo mezzi, uomini e risorse: “la Capitale non può rimanere da sola ad affrontare questa impressionante scia di sangue. Roma ha bisogno di più uomini, più mezzi e più fondi per combattere questa deriva violenta che pervade ormai quotidianamente le nostre strade e i nostri quartieri”.

Come non considerare, innanzitutto, che “questa Roma” è il frutto di ben 17 anni di politiche di sinistra, che poco hanno inciso sulla formazione e sulle tecnologie, se parliamo di lavoro, e che tanto hanno speso in sussidi ed interventi “sociali” nelle periferie, senza pretendere in cambio operosità e legalità.

Giunte che non hanno realizzato un piano di mobilità funzionale, pur incrementando vertiginosamente il numero di abitazioni e residenti, rendendo la città, strozzata dal traffico e frammentata in mille rioni, impattugliabile.
Entità politiche che pensavano, ricordiamolo, di contrastare il disagio giovanile, tollerando le occupazioni abusive e le “zone grigie”, in vece di finanziare centri giovanili e sportivi oppure, meglio ancora, investendo i finanziamenti per il diritto allo studio in qualcosa che non fosse esclusivamente l’intercultura.

Roma violenta?

E perchè non dovrebbe esserlo, specie in tempo di crisi, se in certi quartieri, malgrado l’obbligo scolastico, il 15% dei maschi non ha conseguito la terza media e solo un altrettanto 15% è arrivato alla maturità? Oppure se circa 800.000 dei suoi cittadini sono talmente indigenti e deprofessionalizzati da aver bisogno di una casa popolare da, ormai, due o tre generazioni.

A proposito, andrà meglio, secondo voi, con il decreto “svuota carceri”?

Leggi anche Roma, città violenta?

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Roma, città violenta?

4 Set

Che a Roma le cose non andassero come di dovere, era dai tempi di Walter Veltroni, “sindaco di tutti”. Non che fosse tutta responsabilità sua, ma è quello il periodo in cui Roma è cambiata.

Del resto, come non poteva esserlo se durante i sette anni di Veltronismo si espandeva enormemente la città, senza dotarla dei trasporti ed infrastrutture, senza che vi fosse una realtà produttiva atta  da dar da vivere ai nuovi arrivati e  senza che questi fossero accompagnati nell’integrazione .

Un sistema, che è parimenti proseguito con la Giunta Alemanno, solo rallentato dalla crisi economica, … tanto le delibere del piano urbanistico (e della nuova cementificazione) le avevano lasciate belle e pronte Morassut e gli assessori di Uòlter.

Ma cosa è accaduto a Roma, alla città di Roma, da giustificare l’allarme che, ormai tutti, lanciano da anni?

Innanzitutto, in 15 anni siamo aumentati del 30%, tra residenti, domiciliati, pendolari, regolari ed irregolari. Ovviamente, come in tutte le grandi città, una parte di noi non è registrata e spesso si sposta annualmente da una casa all’altra, inclusa la cintura dei comuni esterni, alla ricerca di un affitto migliore o seguendo il lavoro che cambia.

Inoltre, la politica locale, fortemente clientelare, non si rivolge ai “nuovi romani”, non li conosce neanche e non ne conosce le istanze ed i bisogni: li ammassa a ridosso del raccordo e finisce lì.

Così accade che si vedano poche auto con lampeggiante in giro e che le stazioni di pubblica sicurezza chiudano al calar della notte,  in una città che ha quartieri da pattugliare come a New York, Parigi o Londra. Oppure, si scopre da qualche trafiletto del Messaggero che c’era una linea notturna in balia dei teppisti e che alcuni bus delle corse notturne hanno l’abitacolo del conduttore blindato.

In aumento anche gli omicidi, che sono 28 dall’inizio del’anno, come fa notare il sindaco Gianni Alemanno, tra cui sono sette gli “omicidi irrisolti che hanno il sapore di un regolamento di conti. Sono omicidi di cui non si è trovata la causa. E’ un arrivo della criminalità organizzata su Roma?”

Secondo il sindacato di polizia Silp Cgil Roma, “Ventotto omicidi in otto mesi sono un record per la nostra città   e se il trend è questo, entro la fine dell’anno, Roma si attesterà tra le città più pericolose, con un numero di omicidi che potrebbe arrivare attorno ai 40”.

D’altra parte, a cosa servono le telecamere, in una città affollata da turisti e pellegrini, se non attivano un pronto intervento, come si è, purtroppo, verificato per la fontana di Piazza Navona? E dove sono mai, telecamere o pattuglie, nelle smisurate periferie di larghi viali e palazzine basse o villette, dove l’anomimato è pressochè assoluto?

Non credo che si possa riportare sicurezza a Roma in breve tempo, anche se è evidente che una Capitale non possa sopravvivere ad una situazione così, speriamo solo che la smettano di costruire altre case e di far arrivare altra gente …

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