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Il Natale è una festività (solo) cristiana?

22 Dic

Molti studi conclamano la teoria che la festa del Santo Natale cristiano tragga origine dalle celebrazioni celtiche e sassoni per il Solstizio d’inverno e dalle analoghe feste dei Saturnali latini, che si svolgevano dal 17 al 23 dicembre.

 

Nel calendario romano, infatti, il Dies Natalis Solis Invicti (21 dicembre) era la festa dedicata alla nascita del Sole, secondo la tradizione del culto orientale di Mitra, che, adottato prima dai legionari stanziati oltralpe, venne introdotto a Roma da Eliogabalo (218-222 d.C.) e ufficializzato dall’imperatore Aureliano Augusto (273 d.C.).

A conferma di quanto, padri della Chiesa come Ireneo (130–202), Tertulliano (155–230) e Origene (185–254) non menzionano il Natale tra le feste cristiane.

 

Inoltre, è comprovato che le chiese protocristiane d’ Egitto mantennero fino al IV Secolo una parte del canone tradizionale della religione di Iside ed Osiride (Giovanni Cassiano, 360-435).
A riguardo, Clemente d’Alessandria riferisce di “teologi” egiziani che calcolarono, con metodi “astrologici”, non solo l’anno, ma anche il giorno della nascita di Gesù, e che i Balisilidiani celebravano l’Epifania il 6 gennaio.

Osiride

In particolare, Epifanio, patriarca di Costantinopoli nel V Secolo, riferisce di una cerimonia gnostica, tenutasi in Alessandria d’Egitto ad Alessandria in cui, la notte tra il 5 e il 6 gennaio, un disco solare inquartato, ovvero una croce celtica, era portato in processione recitando come litania “Oggi a quest’ora Korê ha dato vita all’Eterno”.
Altri testi confermano che, ai tempi del Concilio di Nicea (325), ad Alessandria d’Egitto, si festeggiava un Dies Nativitatis et Epiphaniae, come anche, nel 433, Paolo di Emesa predica, sempre in Alessandria d’Egitto, che la celebrazione del Dies Natalis era nel mese di dicembre.
Va precisato, a tal proposito, che il Sokar Wesir (Festa dei Misteri di Osiride) era anticamente fissata ai primi di dicembre e che, nei 2.000 intercorsi dalla nascita dell’impero dei Faraoni, era traslata ai primi di gennaio per effetto della Precessione degli Equinozi.

 

Yule

E’, comunque, possibile che la data del 25 dicembre corrisponda a quella effettiva della nascita di Gesù, come riporta Ippolito di Roma, nel suo commento a Daniele, scritto verso il 204, e come tramandato dalle eresie donatiste che presero piede nel Maghreb (Louis Duchesne, Thomas Talley).
Infatti, secondo il Vangelo di Luca, San Giovanni Battista fu concepito sei mesi prima di Gesù e l’annuncio del suo concepimento fu dato al padre Zaccaria, appartenente alla classe sacerdotale di Abia, che era di turno negli uffizi del Tempio. Dai rotoli di Qumran si è potuto ricostruire che uno dei turni della classe di Abia corrispondeva all’ultima decade di dicembre. Anche se l’altro turno, ad essere precisi, cadeva in primavera … come da computo alessandrino.

Cristo

Ad ogni modo, la prima indicazione ufficiale della data del 25 dicembre è nota e rintracciabile in una corrispondenza tra Cirillo di Gerusalemme (315-387)  e papa Giulio I,  si chiede di stabilire la vera data della Natività in base ai documenti del censimento di Tito Augusto, conservati a Roma.

E’ singolare che tale data venga individuata “con certezza” dal Vaticano, a causa del fatto che il clero non voleva doppi festeggiamenti, rispetto alla tradizione del 6 gennaio, ed in ragione della contingenza che, nell’Impero d’Occidente ormai in mano ai barbari calati dal Baltico, la Natività fosse festeggiata a dicembre anzichè a gennaio.
A tal proposito ricordiamo che, prima della riforma del calendario del 1582, il solstizio d’inverno cadeva il 13 dicembre (Santa Lucia) e che la scelta della data del 25 dicembre è esattamente intermedia rispetto al 6 gennaio …

E’ possibile che il Santo Natale sia il capolavoro della grande opera di sincretismo, che il clero romano mise in atto per diversi secoli, e che “abbia fuso in un’unica data” sia la Festa del Solstizio invernale (Alban Arthan per i Celti, Yule nella tradizione germanica), sia la rinascita di Osiride degli Egizi sia di Mitra e dei suoi eserciti?

Probabilmente, si.

Amaterasu

Basti pensare che nel Perù precolombiano gli Inca festeggiavano Inti Raymi, la festa del Sole nel solstizio d’inverno, come in India si festeggiava a dicembre la tradizionale festa del Sole, Makar Sankranti, come in Cina, il 22 dicembre, ricorre il Dōngzhì e come nel Giappone prebuddista si festeggiava, sempre alla fine di dicembre, l’ancora oggi venerata Amaterasu, la dea del Sole.

L’Umanità ha bisogno di un giorno in cui ricordare quanto siamo piccini e sentirsi più buoni.

 

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Preside vieta il presepe: è discrimazione?

5 Dic

All’istituto De Amicis nel quartiere Celadina di Bergamo non ci sarà alcun presepe: il dirigente scolastico, Luciano Mastrorocco, l’ha vietato perchè “la scuola pubblica è di tutti e non va creata alcuna occasione di discriminazione”.

E come dargli torto, se parliamo di scuola primaria (le elementari di una volta) e se i bambini si troveranno per giorni e giorni con pastori e angioletti, Marie e Re Magi, buoi e asinelli fino al Bambin Gesù, non nelle ore che il Concordato ai cattolici per l’Insegnamento della Religione Cattolica, ma nell’intero arco della giornata.

Viceversa,  Matteo Salvini, il segretario della Lega dalle radici celtiche e padane,  prima commenta su Twitter: “Pazzesco. E’ questo modello di ‘scuola’ che dovrebbe educare nostri figli?” e poi rimarca “Perché togliere ai bambini, di qualunque razza e cultura, il bello del Natale? Sabato pomeriggio il presepe a quella scuola lo porto io?”.

Beh, caro dottor Salvini, se parlassimo di Natale, in vece del presepe, proprio i cattolici dovrebbero allarmarsi, visto che quell’albero sempreverde carico di luci e doni ricorda a tutti noi la festa di Yul, il creatore dei mondi adorato dagli Indoeuropei.
Di cristiano non c’è assolutamente un bel nulla nell’albero di Natale … vai a capire perchè ne alzano uno ogni anno anche a San Pietro.

E’ giusto far crescere i figli secondo il nostro credo, poi da grandi saranno liberi se seguirlo oppure no? E quale modello di ‘scuola pubblica’ dovrebbe educare nostri figli?

Certo che è giusto educare i propri figli come si crede a casa propria, ma la scuola pubblica deve fornire istruzione e formazione ‘pubblica’, mentre la religione riguarda la sfera privata dei cittadini.
Dunque, la questione non è se la scuola pubblica debba festeggiare il Natale o fare il Presepe o dipingere uova dedicate a Ostara per la ‘santa’ Pasqua, insegnando contestualmente che c’è un dio, un vangelo e un paradiso … il punto è se dei genitori fermamente cattolici possano iscrivere senza sovracosti i figli in scuole ‘confessionali’ che provvedano anche all’educazione religiosa che preferiscono.

Quanto alla scuola pubblica ‘come dovrebbe essere’ i cristiani farebbero bene  – se vogliono meritarsi il paradiso in cui credono – a ‘amare gli altri come se stessi’, ovvero tentare di mettersi nei panni degli altri.

Crocifisso fra' Umile da PetraliaAd esempio, se vostro figlio non avesse un’educazione cristiana, come la vedreste se nella sua classe – fin dai tre anni – viene esibito un uomo morente, affisso e torturato su una croce? Pensate che possa essere un bello spettacolo per un bimbo?
Eppure la Costituzione Italiana – all’art 7 – prevede che si possano obbligare tutti gli uffici e tutte le classi delle nostre scuole ad affiggere non il ritratto gioioso e accogliente di Maria (Fatima, Ostara, eccetera), ma il corpo seminudo e afflitto di un moribondo.

Oppure, le ore di ‘Insegnamento della religione cattolica’ che in una scuola primaria equivalgono o superano quante date per l’inglese ed assommano all’8% del monte ore complessivo nelle classi a modulo. Praticamente parliamo di cinque euro su cento degli stipendi dei docenti di scuola primaria che se ne vanno per insegnare la religione cattolica ai nostri bimbi: oltre 25.000 docenti di religione cattolica, selezionati dal Vaticano, con una spesa di ben oltre un miliardo di euro annui.
Siamo sicuri che se i cittadini avessero un’effettiva possibilità di scelta (ad esempio meno religione più teatro) ci troveremmo in questa situazione?

Quanto alla ‘tradizione’ italiana, per un cattolico è un trauma ed un’imposizione dover accettare dei limiti ‘a casa propria’, ma se nelle scuole si fosse insegnata un po’ più di storia in vece della religione, forse anche loro sarebbero a conoscenza che la Santa Sede non può vantare un effettivo e legittimo dominio neanche su Roma – mai donata  come ben ricordavano Pasquino e Trilussa – come anche che prima dell’Unità d’Italia solo i Savoia reggevano uno stato ‘confessionale’, gli altri stati addirittura si rifiutavano di versare l’Obolo di San Pietro.

tesoro2

                                Prezzario calici e ostiari

L’Enciclopedia Treccani chiarisce che “per quanto riguarda la Costituzione repubblicana, a differenza di altre esperienze costituzionali (I emendamento Cost. U.S.A. 1787; artt. 135 ss. Cost. Germania 1919; art. 1 Cost. Francia 1946; art. 2 Cost. Francia 1958; art. 41 Cost. Portogallo 1976; art. 16 Cost. Spagna 1978), manca nel testo costituzionale un’affermazione testuale del carattere laico del nostro ordinamento”.
Inoltre, l’art. 8, co. 1 della nostra Costituzione afferma solo che «tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge»: altro è scrivere che “la differenza di culto non forma eccezione al godimento dei diritti civili e politici” come nella legge Sineo 735/1848 oppure, ancora meglio, che “ognuno professa la propria religione con una libertà eguale ed ottiene per il proprio culto la stessa protezione” come all’art.5 della Costituzione francese del 1830, che tanto dovrebbe piacere a Marine le Pen, alleata di Salvini in Europa.

Ma, soprattutto, i cristiani dovrebbero rileggere o rivedere “Natale in Casa Cupiello” di Edoardo de Filippo, opera in cui il ‘diritto a non amare il presepe’ è uno dei temi centrali della vicenda. Ma in questo caso il presepe è simbolo di uno spazio alternativo alla realtà, il luogo del sogno, della creazione  e della contemplazione della scena umana.
Un luogo – agli occhi di Lucariello – dove dominano i pastori, gli angeli, gli artigiani, le donne, il teatro della vicenda umana, mentre l’unico assente è proprio il Bambin Gesù che arriverà solo a scena ultimata, proprio come Tommasino, il figlio del protagonista al quale ‘nun ce piace o’ presepio’.

presepe_Natale_2013
Un teatro, un luogo della rappresentazione che dovrebbe esistere tutto l’anno nelle nostre scuole e non solo per la fede in un dio,  bensì per dare uno spazio all’immaginazione dei bambini che lo costruiscono.

Alla fine del percorso, messi in chiaro quali potrebbero essere i punti di vista degli ‘altri’, la questione del ‘presepe’ a scuola si risolve in pochi termini:

  1. una scuola pubblica non da spazio ad educazioni di tipo confessionale, peggio ancora se trattasi di atti cultuali come presepi o icone come i crocefissi
  2. per le madonne, angeli e santi vari, includendo alberi e babbi natale, la questione sarebbe diversa – incredibile ma vero – dato che, in un modo o nell’altro, sono tutti venerati o rispettati nelle altre religioni, essendo stati assorbiti dalla Chiesa  nell’opera di sincretizzazione e colonizzazione culturale sviluppata nel corso dei secoli
  3. i cittadini che vogliono un’educazione confessionale devono poterlo fare, ma, come a loro non deve essere accollato il costo dell’istruzione di base, altrettanto non può accadere che lo Stato spenda per l’educazione religiosa confessionale
  4. il fatto che la nostra Costituzione, all’articolo 7, contenga delle clausole ‘esterne’ e non rese adeguatamente pubbliche è un serio problema di democrazia, non solo quella ‘astratta’ del diritto ad essere chi si vuol essere senza ‘suggeritori’, ma anche e soprattutto quella ‘sempliciotta’ dei contabili o di chi produce e vuol capire che fine fanno i soldi versati come tasse.

Quanto a Matteo Salvini ed il Centrodestra, piuttosto che reclamare il presepe in un luogo che è di tutti, pagani e atei inclusi, perchè non perorare la giusta causa delle famiglie ad iscrivere i figli in scuole confessionali che ricevano un equo finanziamento dallo Stato e perchè non permettere, per gli studi dopo la scuola dell’obbligo, che le fondazioni educative possano operare in una condizione di libero mercato?

originale postato su demata

Un film per Natale

8 Dic

Nel 2008, in occasione del
60° anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, 22 registi e
artisti noti in tutto il mondo hanno unito le loro forze e realizzato ventidue
cortometraggi della durata di circa tre minuti, ispirati ai sei temi della
Dichiarazione: cultura, sviluppo, dignità e giustizia, ambiente, genere e
partecipazione.


Stories
on Human Rights
è un film che riunisce artisti  visuali e registi cinematografici provenienti da

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più di 20 paesi del mondo. Le 20 opere, in lingue diverse,  possono essere visti come singoli cortometraggi ma anche come un unica opera di 80 minuti, sottotitolata nelle sei lingue ufficiali delle Nazioni Unite (arabo, cinese, inglese, francese, russo, spagnolo).

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L’opera è stata ideata e curata da Adelina von Fürstenberg, perchè “i diritti umani sono la quotidianità, non qualcosa di straordinario. La realtà,
non cose sublimi: per questo abbiamo usato cortometraggi di tanti autori diversi, metà cineasti e metà artisti visivi.
Il
film è su Youtube, e abbiamo scoperto che qualcuno è stato visto da più di 150 mila persone”.


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A proposito di Youtube, fate attenzione:

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i 21 cortometraggi di “Stories for human rights” sono raccolti sul canale di Youtube Art of the world.

Usando un comune motore di ricerca come Google e digitando “human rights” nella sezione video, trovate in
prima videnza diversi videoclip
intitolati Human Rights
, accattivanti e di buona qualità commerciale.
Peccato che non arrivino dall’ONU, ma che siano, viceversa, pubblicati dalla Church of Scientology, la religione sincretica fondata da
Ron Hubbard, l’autore del “metodo” Dianetics.

Fund rising?.