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La bella Narni e il mistero delle scuole chiuse

10 Gen

La Presidente della Regione Umbria, Donatella Tesei, era stata chiara (link): “a meno che di nuovo norme nazionali al momento non ci sono problemi talI da prolungare la chiusura delle scuole di ogni ordine e grado in Umbria.

Ed anche le norme per la ‘chiusura delle scuole (link) sono chiare:

  1. Regioni e Sindaci possono derogare esclusivamente in zona rossa e in circostanze di eccezionale e straordinaria necessità”
  2. è data “facoltà ai dirigenti scolastici, in assenza di disposizioni da parte delle Aziende Sanitarie, di poter farsi carico della chiusura dei plessi/istituti/classi in caso di cluster e/o mancanza di personale”

Fa, dunque, notizia che il Sindaco di Narni in Umbria (link) ha ordinato da oggi l’interdizione delle attività in presenza delle scuole di ogni ordine e grado, la sospensione dei i servizi socio-educativi per la prima infanzia, pubblici e privati, e lo svolgimento di attività sportiva di gruppo.

Un vero mistero, anche senza chiedersi perché chiudere i campi sportivi all’aria aperta, ma non i laboratori scolastici a stretto contatto.

Infatti, il Comune di Narni – innanzitutto – indica l’art. 32 della Costituzione: “la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività”. Infatti, la Costituzione (art. 117) prevede che “la potestà regolamentare spetta alle Regioni in ogni altra materia. I Comuni … hanno potestà regolamentare in ordine alla disciplina dell’organizzazione e dello svolgimento delle funzioni loro attribuite”.
Ma, se la “Repubblica” è il soggetto competente, cioè lo Stato e le Regioni innanzitutto, è spontaneo chiedersi in che termini un sindaco ha “l’esercizio delle funzioni in materia di igiene e sanità pubblica” in piena autonomia e “motu propriu” rispetto allo Stato e alla Regione?

La scelta del Sindaco Francesco De Rebotti, noto esponente PD in Umbria, sembra pervenire su sollecitazione dei dirigenti delle Istituzioni Scolastiche autonome di Narni: “in data 8 gennaio 2022 si è tenuto un incontro tra l’Amministrazione comunale, le Dirigenti scolastiche e una rappresentanza della USL Umbria 2, nel quale è emerso un elevato numero di contagiati in tutte le fasce di età scolastica, un numero di alunni vaccinati risulta ancora limitato, una parte del personale scolastico risulta essere in isolamento preventivo o contagiato, non è possibile effettuare un tracciamento efficace e puntuale.”
Perché il Comune di Narni chiude istituti, scuole, asili e campi sportivi per quelle che sono facoltà (ed adempimenti) dei dirigenti scolastici proprio per la chiusura dei plessi/istituti/classi in caso di cluster e/o mancanza di personale?

L’ordinanza sindacale di Narni indica la legge 23 dicembre 1978, n.833 art. 32, che concede ai Comuni il potere di “ordinanza di carattere contingibile ed urgente”, che è un atto emanato in casi eccezionali di particolare gravità e urgenza, per le finalità indicate dalla legge.
Dove è che l’ordinanza sindacale di Narni indica le “finalità” per cui si chiudono scuole, asili e campetti, dov’è “l’urgenza” senza una prescrizione della ASL, qual’è la particolare “gravità” in una cittadina con una densità abitativa molto bassa, di soli 97,24 ab./kmq, se nei municipi ‘centrali’ della Capitale si arriva fino a 9.000 ab/kmq?

Soprattutto, perchè chiudere i servizi per la prima infanzia, se gli alunni non sono vaccinabili comunque, le educatrici son tutte vaccinate e il Comune non dovrebbe avere alcuna difficoltà a sostituire le 4-5 che andassero in quarantena?

Perchè “prevedere che, in caso di riapertura delle scuole dal 10 gennaio 2022, si possa riscontrare in pochi giorni una situazione diffusa”, ma non farlo anche per la settimana dopo … quando la circolazione della variante Omicron sarà ancora maggiore? Quando, da sabato 16 gennaio 2022, cesserà l’ordinanza sindacale, ma non la diffusione del contagio e le quarantene, cosa farà il sindaco di Narni?

Soprattutto, Narni versa in una situazione di igiene e sanità pubblica grave, urgente e contingente, rispetto al resto d’Italia?

Un bel mistero, al Comune di Narni.

D.

Disastro Italia: -14% sulla media UE dei giovani laureati. I dati. Quali responsabilità per la scuola italiana?

13 Mag

UNIVERSITÀIn Italia, solo il 22,4% dei giovani è laureato e nella classifica delle 28 nazioni europee il nostro paese si colloca inderogabilmente ultimo su una media generale al 37%.

In Gran Bretagna, la percentuale di 30/34enni in possesso della laurea è al 47%, in Francia al 44%, in Germania è del 33% (ndr. ma il livello dei titoli tecnici superiori è elevato).  Intorno al 25% – in vantaggio, cioè, sull’Italia – troviamo Romania, Malta, Repubblica Ceca, Slovacchia e Portogallo.

Un disastro ‘non annunciato’, stando ai prorompenti ed entusiastici dati che il MIUR ed il sistema universitario forniscono da due decenni, con apertura di nuove sedi ed incremento delle cattedre, accompagnata da tanti blablabla su turismo, cultura e tradizione italiana … quasi che l’Università fosse un percorso enogastronomico …

Quali le cause?

Di sicuro, al primo posto, annoveriamo l’atavica disaffezione culturale italiana per ciò che è scientifico (matematica, chimica, fisica) e per ciò che è tecnico, ovvero riguarda la ‘società di massa’ (economia, informatica, ingegneria, logistica, finanza, management, governance), con una particolare disattenzione generale verso agricoltura e navigazione, che dovrebbero essere, viceversa, parte del ‘genoma nazionale’.

Una carenza tecnico-scientifica del sistema di istruzione-formazione italiani che si manifesta a partire dagli Anni ’60, quando si videro i primi effetti di un sistema di istruzione finalizzato all’acculturamento generale e non all’avviamento al lavoro e agli studi universitari.
Due scopi diversi, due risultati ben differenti …

Con gli Anni ’70, la distorsione delle finalità della scuola pubblica iniziarono a ricadere sulle università, con l’enorme superfetazione delle lauree umanistiche – specie lettere, medicina e giurisprudenza, psicologia, sociologia – e con l’enorme crescita delle facoltà universitarie nelle due città dove la tradizione tecnico-scientifica, Bologna e Roma, aveva dimostrato nei secoli scarso radicamento.
Fu allora che Milano, Napoli, Ferrara, Pisa, Genova iniziarono ad essere ‘troppo selettive’, come iniziarono a collocarsi sedi universitarie in località diverse dai capoluoghi regionali – dove la concentrazione dei cervelli assicurava osmosi, competizione e meritocrazia – finendo per ‘delocalizzarsi’, ai giorni nostri, anche in sparuti/sperduti paesini di montagna con poche decine di allievi …

GrafDomOffLaureati2009

Dati 2009 – datagiovani.it

Al disastro strutturale si aggiunse la piaga del ‘sei politico’ seguita dai famigerati ‘corsi abilitanti’ e/o concorsi ‘riservati’, per non parlare delle poco legittime graduatorie ad esaurimento (ndr. ce ne sono ancora in giro …), tramite la quale venne ‘ampliata’ l’attuale schiatta di docenti e dirigenti italici.
Eh già, senza di loro forse saremmo al 15% di laureati in Italia, qualche ottuagenario ancora in politica ci racconterà che “l’Italia doveva upgradarsi” … ma i risultati (ndr. disastri) si vedono.

Dulcis in fundo, i percorsi formativi delle scuole superiori (che sempre meno sono finalizzati alle competenze necessarie a proseguire gli studi), la difficoltà ad inserirsi nel mondo del lavoro se si è giovani laureati (ma ciò non dovrebbe essere per i titoli di studio tecnici postdiploma, che avremmo dovuto/potuto finanziare con fondi europei da 20 anni), la sempre maggiore disaffezione scolastica verso l’impegno ed il merito dei nostri alunni, a partire dai compiti a casa e dall’oggettività ed omogeneità nazionale dei test di valutazione.
Persino l’Esame di Stato si ridusse ad una mera formalità da disbrigarsi con i docenti della stessa classe … mentre prima – con i commissari provenienti da altre regioni – si garantiva, a piccolo costo, molto di più.
E, ancora oggi, continuiamo da dare il posto fisso a docenti che non hanno svolto 2-300 ore di formazione psico-pedagogica certificata da una Università e dirigenti che non possiedono gli analoghi requisiti (universitari o parauniversitari) per quanto riguarda management, gestione finanziaria e norme giuridiche. Lo stesso dicasi per i medici.

Ma il peggio non ha mai fine … e dovremmo parlare dei libri di testo scolastici ed universitari, che ormai dimostrano un serio e imbarazzante distacco dalle conoscenze ccomunemente recepite a livello internazionale.
Ad esempio, il paradosso di far studiare a 15 anni una ‘Storia della Filosofia’ europea (l’Italia non ha prodotto filosofi di rilievo mondiale) nel III Millennio senza alcun riferimento al pensiero del resto dell’Umanità, come se Lao Tze, Confucio, Budda non fossero stati antecedenti e ‘limitrofi’ ai Sofisti ed a Socrate, come a Platone o Aristotele.
Per non parlare della Biologia, di cui insegnamo ancora la versione ‘pre Cavalli Sforza’, mentre troppi giovani (non trovando risposte a scuola) si affidano alla disinformazione in rete. O della Matematica, mai utilizzata per statistiche, tabelle, prospetti, eccetera. Peggio ancora la Fisica, che si occupa della realtà delle cose, presentata a dei 13enni con un groviglio di formule anche se si tratta di una biglia che rotola su un piano.
Lasciamo perdere la lingua italiana (se volessimo insegnarla come in Germania /Francia / Gran Bretagna), che siamo un paese dove notoriamente ognuno compila/trascrive ‘a modo suo’ anche il più semplice dei modelli.

Peggio ancora i così detti ‘compiti a casa’ e le ‘esercitazioni in classe’ che non sono un dovere ‘generalmente riconosciuto da tutti’ se per gli alunni e per gli insegnanti abbiamo dovuto normare un Patto Formativo ad hoc per ogni scuola, per tentare che siano assegnati e svolti in modo omogeneo.
Fino all’abisso delle competenze per i laboratori delle scuole, specie quelle tecniche, per le quali non è chiaro chi debba provvedere da ben 15 anni, cioè da quando la Conferenza Stato-Regioni avrebbe dovuto/potuto occuparsene.

Così accade che, in fatto di lauree, tra dieci anni saremo alla stregua di un paese postcoloniale, visto che le iscrizioni scemano e le lauree anche, tra  crisi finanziaria e quel pizzico di selettività in più, che non inducono a ‘sogni di gloria’ chi non abbia basi solide per proseguire gli studi.
E di sicuro non possiamo abbassare il livello degli studi postdiploma, che tra l’altro dovrebbero corrispondere a standard internazionali.

situazione-laureati-italiani

C’è chi chiede di eliminare il numero chiuso per le lauree sanitarie e mediche, ma dimentica che l’Italia non ha certo bisogno di aumentare il numero degli addetti … visti i tagli che corrono, mentre la nostra medicina avrebbe di sicuro l’esigenza di internazionalizzare gli insegnamenti di queste facoltà e mentre la nostra Sanità dovvrebbe iniziare a parlare di costi standard …

Quello che serve all’Italia sono tanti laureati e postdiplomati in ambiti tecnici con compensi decenti. A partire dall’ingegneria e dalla cultura ingegneristica, visto lo stato di demanutenzione e deinfrastturizzazione del Belpaese. Passando da tutto ciò riguardi l’economia, in primis la gestione dei beni (logistica) e dei dati (analisi e progettazione informatica), le tecnologie Green (dov’è finita la grande tradizione elettronica italiana?), l’agroalimentare (che di diplomati periti agrari in Italia ce ne sono davvero troppi senza però studi corrispettivi).
E il turismo, per il quale qualcuno dovrebbe peritarsi di aprire scuole e di contrastare il lavoro nero, se vogliamo che i nostri giovani vadano a lavorare in grandi e solide aziende internazionali, piuttosto che tentare la sorte, prima come cameriere/commessa con la III media e poi … come ex gestore di pizzetteria/bar con procedimento fallimentare a carico …

Questa è l’Italia, ma a differenza degli altri casi,  quasi tutte le compenze del caso sono in capo al Ministero dell’istruzione, dell’università, della ricerca, che vennero accorpate proprio per ovviare a quanto raccontato, mentre quello che riguarda la formazione professionale ricade sulle singole territorialità e, dunque, sull’effimera Conferenza Stato-Regioni, una sorta di malfunzionante ‘terza camera parlamentare’ di cui ci siamo dotati, ma non si sa perchè …

Laureati Italia - Mondo

Altrove il ministero che si occupa di istruzione bada innazitutto che le scuole forniscano diplomati adeguatamente formati per il mondo del lavoro o per gli studi universitari e, spesso, le scuole tecniche sono gestite direttamente dai ministeri specifici (agricoltura, industria, infrastrutture e ricerca, eccetera).
Ed il reclutamento dei docenti è fortemente selettivo – dentro o fuori prima dei 30 anni: altro che graduatorie ad esaurimento e precari a vita – come lo sono le prove che gli alunni devono superare e che sono predisposte a livello statale ogni anno.

Riforme a costo zero, forse una manciata di miliardi per anticipare i pensionamenti.
Eppure, non c’è verso di farle: Luigi Berlinguer e Letizia Moratti ne sanno qualcosa …

originale postato su demata