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Il Mare e la credibilità del governo Meloni

25 Ott

La credibilità del nascente governo presieduto da Giorgia Meloni si gioca tutta sul Mare, risorsa fondamentale dell’Italia quanto ministero trascurato e negletto che non si riduce alle spiagge e agli sbarchi clandestini.

Sarà così per i tanti che vedono il mare solo per un paio di settimane l’anno in vacanza o in televisione nei telegiornali. Ma non è così.

Infatti, l’Italia ha 8.300 km di coste, di cui circa 7.500 sono naturali, mentre sono quasi 800 i chilometri di strutture, sia portuali e marittime (costa fittizia) sia permanenti realizzate a ridosso (costa artificiale).

In altre parole, è come se le infrastrutture portuali e marittime italiane si estendessero da Napoli a Milano senza soluzione di continuità. Cioè il Mare e le sue infrastrutture sono qualcosa di davvero complesso, nevralgico e vitale.

Ad esempio, il traffico di container nei porti italiani (elaborazione DIPE su dati Assoporti e autorità portuali) è di diverse decine di milioni di TEU l’anno e l’interscambio via mare si aggira sul mezzo miliardo di tonnellate annue di merci.
Il traffico di passeggeri è sostenuto dall’incremento dei crocieristi che è di diversi milioni di persone ogni anno che imbarcano e sbarcano.

Inoltre, l’Italia è il quarto paese produttore di pesce d’allevamento dell’UE-28 (Regno Unito incluso) ed il nono per quanto riguarda le catture, con 325 porti pescherecci ed oltre 12mila imbarcazioni.
E dal mare arrivano quasi 25 milioni di metri cubi di gas e oltre 20 milioni le tonnellate di petrolio greggio.

In termini di ricadute sull’occupazione va sottolineato anche che, secondo i dati del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, le concessioni demaniali marittime sono circa 52mila, di cui circa 27mila a uso “turistico ricreativo”.

Quanto alle urgenze, c’è che negli ultimi 15 anni un totale di 841 chilometri di costa italiana ha mostrato fenomeni di erosione e – stando al WWF – “il 51% dei paesaggi costieri italiani”, circa 3.300 km, è degradato” con il “rischio di perdere preziosi servizi ecosistemici come la difesa dalle mareggiate“.

E sono le Capitanerie (e il loro Ministro) ad occuparsi di tutto questo, dal demanio marittimo in concessione a quello soggetto ad erosione, dalla sicurezza dei porti e delle navi a quella del personale marittimo, dalla  filiera della pesca alla prevenzione e repressione di tutti i tipi di inquinamento marino, incluse le  acque di zavorra e lo sfruttamento dei fondi marini.

Dunque, a cosa serve un Ministero del Mare privato delle Capitanerie di Porto – Guardia Costiera?

Se la collocazione di Matteo Salvini ad una funzione tecnica come il Ministro delle Infrastrutture ha già comportato lo spacchettamento del PNRR su diversi tavoli, cosa comporterà per l’economia italiana (e la pace sociale) la cancellazione ‘de facto’ del ministero del mare, se il leader della Lega ottenesse anche le Capitanerie?

E, comunque, quali sarebbero i destini di Pesca, Demanio e Ambiente marittimi, Flotta commerciale, Gente di Mare eccetera se si ritrovano ad essere … gestiti dalle Infrastrutture?

Demata

Governo Meloni: punti di forza e debolezza

22 Ott

Era dal 2011 che la democrazia italiana tirava avanti con premier nominati dal Presidente, di cui 3 su 4 (Monti, Conte e Draghi) neanche eletti.
Dunque, vedremo se “non è un governo conservatore, ma reazionario” – come titola Huffington Post – ma ad oggi quello di Giorgia Meloni è certamente un governo ‘politico’ e ‘democratico’.

Intanto, i nomi sono sul tavolo e, se qualche testata annuncia l’arrivo di “autarchia, sovranismo e nostalgia”, qualche altra reclama che Giorgia Meloni “aveva promesso un esecutivo di alto profilo e invece ha profili modesti in ambiti cruciali” e qualcuna ancora sottolinea che “cinque sono tecnici di area“.

Ma come stanno le cose?

Di sicuro, la cordiale stretta di mano tra Mattarella e Meloni sembra essere lontana dalla faziosa storia del nostro continente e- soprattutto – è notevole che una donna sia pervenuta all’apice della politica italiana, fatto che nelle grandi nazioni industrializzate è avvenuto solo in Germania e in Gran Bretagna.
D’altra parte, i neo Ministri dovranno essere visti alla prova dei risultati, anche se il livello dei curriculum professionali di tanti lascia ben sperare, specialmente rispetto alle due compagini governate da Giuseppe Conte, con non pochi ministri appena diplomati e non di rado carenti di esperienze professionali.

Fa scalpore il ‘Merito’ che andrà ad accompagnarsi all’Istruzione, ma è pur vero che la Scuola degli ultimi 50 anni non è che abbia granchè badato al merito.
Sono ormai due generazioni che mancano sistemi di verifica (esami) imparziali, le assunzioni non sono rigorose se si raschia puntualmente il fondo delle graduatorie, le carriere non possono essere dignitose se mancano progressioni e premialità, il buon esempio resta vano se sussidiamo i peggiori ma non i meritevoli, la qualità dell’edilizia e l’efficienza tecnica delle dotazioni sono sulle cronache a ciclo continuo, la visibilità e l’immagine della professione docente si scontrano con un burnout diffuso e un livello di contenzioso abnormi.

Inoltre, l’importanza data alla Famiglia e alla Natalità induce molti a prevedere che diritti e libertà civili non conosceranno una stagione felice.
Certamente, però, quel che è urgente è la carenza di politiche per la famiglia, per la natalità e la genitorialità, mentre abbiamo tassi povertà e abbandono scolastico sempre più eclatanti.

Se questi potrebbero essere dei punti di forza, certamente possono esserlo Adolfo UrsoGuido Crosetto, Antonio Tajani e tutti i tecnici messi a capo di alcuni ministeri strategici come non non si vedeva da tanti anni.

Piuttosto – in negativo, visti l’estremismo del passato e il possesso solo di un diploma liceale, Matteo Salvini alle Infrastrutture suscita perplessità, dato che anche questo è un ministero ‘tecnico’ e gli competeranno anche quei 3-4 tunnel in Liguria, i destini di Venezia, il salvataggio Alitalia o la siderurgia di Taranto e non solo le polemiche dell’ultimo mese contro il sindaco Beppe Sala per lo stop ai motori diesel dentro l’Area B di Milano.
Come se non fosse una questione di Salute, come lo era quando c’era da mettere in lockdown una parte della Lombardia.

Una prova non semplice anche per Nello Musumeci, che da giornalista si ritrova alle Politiche del mare a cui andranno i porti, a partire dall’hub di Gioia Tauro, come toccherà la lotta agli sbarchi illegali, a partire da ‘migliori’ accordi con i regimi libici e una maggiore ‘sovranità nel Mediterraneo’ rispetto all’Unione Europea, su cui ha fondato la sua campagna elettorale.
Speriamo solo che non finisca a litigare con gli altri paesi mediterranei, quelli che ci danno gas e petrolio, … perché fermino loro i migranti, dopo aver noi smantellato ripetutamente la nostra flotta.

Ma quel che fa arricciare il naso agli analisti (e farà dubitare le agenzie internazionali) è che di Coesione territoriale, Pnrr regionali, Transizione digitale e Transizione ecologica non c’è più traccia, cioè saranno spacchettati tra vari Ministeri, sia come spesa sia come rendiconto e – si spera almeno – non anche come progettualità.
In altre parole, sarà molto più complicato ricostruire la logica, gli interventi e i risultati in termini di resilienza, resistenza, innovazione, adeguamento eccetera … mentre il Digital Divide già mostra nei populismi i suoi letali effetti sociali e politici.

Infatti, il “Pnrr” diventa un mero piano di finanziamento negoziale e non prima di tutto un progetto di transizione nazionale, se dalle Infrastrutture e Finanze passa agli Affari Europei affidati all’esperto Raffaele Fitto.

Intanto, come per il Pnrr e le Politiche del Mare, dalle Infrastrutture s’è dovuta togliere anche la “Sicurezza energetica”, trasferita all’Ambiente affidato a Gilberto Pichetto Fratin, finora viceministro allo Sviluppo Economico con Mario Draghi. 

Un buon governo, almeno in termini di competenze ‘sulla carta’, ma vistosamente azzoppato da Salvini, che ha preteso un Ministero “tecnico”. Speriamo che non accada come l’altra volta, che dopo non essere andato in ufficio per giorni e settimane, s’è chiamato fuori dal governo con un tweet dalla spiaggia.

Demata