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Carceri senza giustizia?

18 Apr

Il rapporto Galere d’Italia di  Antigone  offre un quadro eclatante di come sia perseguito il crimine in Italia:

  1. alla data del 31 marzo 2016 i detenuti erano 53.495
  2. quasi quattromila detenuti non dispongono del posto-letto regolamentare e – se vogliamo garantire una qualità della vita minima – andrebbero costruiti diversi nuovi istituti di pena, sempre che non si vogliano riutilizzare qualcuna delle tante strutture di cui il Demanio non sembra saper cosa farsene
  3. poi ci sono quasi trentamila condannati alla detenzione con pena definitiva che – però – non la stanno scontando in carcere, dei quali più di un terzo è in detenzione domiciliare, 12.465  in affidamento in prova al servizio sociale, 6.457 in lavori di pubblica utilità, 724 in semilibertà
  4. a questi si aggiungono quelli che dovrebbero essere detenuti già durante la fase cautelare, di cui ben 7818  hanno usufruito della messa alla prova e 10.112 sono sotto indagine dei servizi sociali prima della decisione giudiziaria.
  5. infine, ci sono almeno 20.000 stranieri che hanno commesso reati ed esplusi anzichè detenuti, che permangono nel nostro territorio più o meno liberamente
  6. tutto questo apparato ha un costo per lo Stato di 3 miliardi di euro all’anno, con un costo per detenuto di circa 4.400 euro mensili, mentre nel Regno Unito  di 4.600 euro, in Francia di 3.100 euro, in Spagna di 1.650 euro.

In base al nostro Codice Penale e dei reati pervenuti a sentenza, dunque, dovrebbero essere oltre 130.000 i detenuti in Italia, di cui ben oltre la metà circola – viceversa – a piede libero o semilibero e per i quali dovremmo prevedere una spesa praticamente doppia.

Il ministro della Giustizia, Andrea Orlando, dichiara che «gli interventi legislativi verso la decarcerizzazione e la crescita significativa delle pene alternative sono gli aspetti di cui vado più orgoglioso perché modificano le condizioni carcerarie in modo strutturale: se fino a qualche anno fa per ogni quattro detenuti c’era un solo soggetto a esecuzione penale esterna, ora il rapporto è quasi di uno a uno e la percentuale di revoca di una misura alternativa per nuovo reato commesso durante l’esecuzione è dello 0,79%».

Ma i reati commessi che pervengono a conoscenza della Giustizia sono decisamente pochi in Italia, se le statistiche europee raccontano che siamo il paese con meno crimini d’Europa …e di questi sono forse la metà quelli che non restano ad opera di ignoti e ancor meno sono quelli di cui si perviene a sentenza.
Inoltre, se un detenuto su due non è in carcere, la percezione generale è certamente quella di impunità ed insicurezza.

E’ vero che Andrea Orlando non è il ministro degli Interni che è preposto alla nostra sicurezza, a lui compete il funzionamento degli istituti di pena, ma … non è neanche il ministro dell’economia e delle finanze … se le risorse mancano e tante condanne divetano poca cosa, è a lui che tocca di batter cassa.

Demata

Giustizia, i dati ufficiali: cosa riformare?

23 Ago

Secondo i dati ufficiali del Ministero della Giustizia, i detenuti in Italia sono 52.144 alla data del 31 luglio 2015, più altri 32.586 ‘liberi’ per misure alternative come l’affidamento in prova ai servizi sociali, la detenzione domiciliare, il lavoro di pubblica utilità, la libertà vigilata o controllata.
Eppure, nel solo 2011 erano 1.319.929 i procedimenti penali per reati ordinari con autore noto definiti presso le Procure della Repubblica.

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Impressionante il numero esiguo di mafiosi detenuti (7.023) o degli ergastoli (1.603) e delle pene superiori ai 20 anni (2.155), mentre solo gli omicidi volontari in Italia sono di media più di 500 l’anno.

Balza anche all’occhio che i detenuti italiani sono equamente distribuiti per fasce d’età, cosa che dimostrerebbe che almeno una parte di chi incappa nella legge è un delinquente abituale che opera per l’intero arco della vita ‘lavorativa’. Sarebbe il caso di tenerne conto …

Che le cose non vadano una favola per i cittadini comuni è ben descritto dai  21.562 detenuti per reati contro la persona, altri 10.088 per violazione delle leggi sulle armi, per non parlare dei 1.110 incarcerati (pressoché tutti italiani) per reati contro il sentimento e la pietà dei defunti.
Gli stranieri rappresentano circa il 30% dei detenuti per reati contro la persona, traffico di droga e contro il patrimonio.

Riguardo il consumo di stupefacenti come per la povertà ci sarebbe da arrivare a nuove norme sulle droghe e sul reddito minimo, visto che 3.899 persone finiscono in carcere per mere contravvenzioni.
Inoltre, su 29.234 consultati, in gran parte italiani, 17.144 sono in possesso della licenza media, 6.023 hanno appena completato le elementari, 1.768 sono privi di titolo di studio o analfabeti.
Dunque, la prima causa della criminalità andrebbe ricercata nelle più o meno sfortunate famiglie d’origine come nel metodo delle politiche sociali adottate, che opta per lasciare i figli ai genitori anche quando questi sono autori di delitti orribili come a Cogne o Milano.
Compresa nella questione c’è anche la Buona Scuola, l’annosa questione della valutazione e l’incapacità a contenere la dispersione scolastica, se da noi c’è una delle più basse percentuali di diplomati/laureati dell’OCSE, ovvero terreno fertile per povertà e crimine.

La questione non è nei tribunali: essa compete a chi legifera.

Quando si parla di riforma della giustizia, tre sono le cose che davvero interessano il cittadino medio.
La prima è di essere in un’effettiva posizione paritetica rispetto all’accusa ‘in nome del popolo italiano’, ovvero la separazione delle carriere e degli organi inquirenti, ma soprattutto la questione della privacy e del limite temporale certo da porre agli iter processuali, che dovrebbero estinguersi o concludersi entro un termine ragionevole.
La seconda è essere sicuri di non ritrovarsi il delinquente che ha denunciato a piede libero sotto casa sua dopo due giorni o poco più. Dovrebbe essere evidente che i reati contro le persone sono ‘urgenti’ e ‘gravi’ fino a prova contraria, non il contrario, e che secondo buon senso un pluripregiudicato non dovrebbe fruire facilmente di arresti domiciliari, misure alternative e sconti di pena.
La terza è che scuola e servizi sociali intervengano adeguatamente nel caso di minori a rischio. Ignoranza e abusi in famiglia generano povertà e crimine. Ne verremo fuori senza potenziare i Tribunali dei minorenni e continuando ad esternalizzare servizi educativi e sociali, mentre le scuole restano ognuna una repubblica a se?

Demata