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I numeri della guerra al terrorismo in USA

11 Set

I casi di terrorismo islamista che la New America Foundation e Siracuse Maxwell School hanno rilevato in questi dieci anni negli Stati Uniti dopo l’11 settembre sono in tutto 188, incluso il fiancheggiamento ed il trading finanziario.
Infatti, solo in un terzo degli arresti sono stati contestati relativi il possesso di armi od esplosivi. Inoltre, nel 33% dei casi le autorità sono state attivate da un informatore e nel 22% da una soffiata, se non addirittura si è potuto contare sull’assistenza data da familiari o persone della comunità religiosa.

Un recente studio pubblicato dalla CNN indica che al Qaeda e gli Jihadisti non sono gli unici terroristi che gli USA devono affrontare e che in 10 anni le morti causate da costoro sono “solo” trenta a fronte di 150.000 omicidi di cittadini americani, avvenuti nello stesso periodo.
Inoltre, la ricerca di Peter Bergen (CNN’s national security analyst) dimostra che il Jihadismo non ha fatto più danni dei terroristi “interni”, come le milizie, o gli ambientalisti, sfatando così la principale paura che si era diffusa tra gli statunitensi: quella di subire ondate di attacchi chimici, biologici, radiologici.
Anzi, gli ultimi dieci anni raccontano come siano gli estremistri di destra e di sinistra, e non al Quaeda, a preferire questo tipo di attacchi.

I casi di terrorismo interno, in questi dieci anni, sono stati almeno 114, secondo le statistiche federali, tra cui il report della CNN rammenta quelli che hanno rappresentato un pericolo consistente su larga scala:

  1. il microbiologo Bruce Ivins uccise cinque persone con lettere all’antrace (Columbia District 2001).
  2. William Krar e Judith Bruey erano pronti ad uccidere migliaia di persone con bombe al cianuro (Texas 2003).
  3. Joseph “Dr. Chaos” Konopka era in possesso notevoli quantità di prodotti chimici pericolosi, tra cui cianuro, quando è stato arrestato (Chicago 2002).
  4. i suprematisti bianchi Demetrius van Crocker e James Cummings sono stati catturati, rispettivamente nel 2004 e nel 2008, mentre tentavano di costruire bombe per attacchi con gas tossici o con sostanze a bassa radioattività.

In realtà, il numero di azioni terroristiche interne, è di gran lunga superiore, se si considerano anche i casi di violazione delle leggi sulle armi e gli esplosivi, le distruzioni di proprietà e gli incendi dolosi per “cospirazione sediziosa”, come, ad esempio, è accaduto per la milizia antigovernativa Hutaree nel Michigan.
Molto spesso i terroristi interni si erano mimetizzati all’interno di comunità marginali, al punto che nel 50% dei casi sono stati agenti infiltrati a scoprire il complotto e solo nel 18% dei casi le autorità hanno potuto contare sulla collaborazione di parenti o conoscenti dei terroristi.

USA: Attacchi di terroristici (2001-2011)

  • 37% antigovernativi – black bloc
  • 23% ambientalisti – animalisti
  • 17% suprematisti – neonazisti
  • 11% integralisti cristiani – antiabortisti

Il numero dei incidenti che hanno causato morti vede otto casi attribuiti al terrorismo interno e solo quattro a quello islamista.
Nel dettaglio, se si esclude l’attacco di Fort Hood – Texas nel 2009, attuato da un militare USA veterano dell’Afganistan con 13 morti, gli islamisti hanno ucciso solo 4 persone, mentre ai terroristi interni sono attribuite almeno 14 morti.

In conclusione, a dieci anni dagli attentati alle Twin Towers, le statistiche confermano che la guerra al terrorismo avviata dagli USA è stata una scelta sbilanciata, visto che lo Jihadismo appare essere più un fenomeno che si va radicando nei territori islamizzati, inclusi quelli occidentali.
Del resto, i moderni assertori dello Jihad sono i figli degli intergralisti islamici degli Anni ’80, il cui scopo era quello di portare l’Islam alla “purezza originaria”, macchiata, secondo loro, dall’emancipazione femminile, dal consumismo, dall’usura.
Non è un caso che l’ex Segretario alla Difesa di Henry Ford e G.W. Bush, Donald Rumsfeld, ha dichiarato, proprio ieri, che “fu un errore chiamare la guerra in Afganistan come Guerra al Terrorismo”. Se lo dice lui …

Francia vs. Italia, cosa c’è di vero?

7 Apr

Silvio Berlusconi ha firmato il decreto, faticosamente concordato con la Tunisia, che prevede il rilascio di un «permesso di soggiorno temporaneo per protezione umanitaria» ai circa 26mila immigrati arrivati da gennaio ad oggi.

Secondo il nostro governo il documento consentirà loro di lasciare l’Italia, secondo la Francia “assolutamente no”.

Mentre Maroni tuona “Francia ostile!”,  il ministère de l’Intérieur, de l’Outre-mer, des Collectivités territoriales et de l’Immigration si limita a mandare una circolare e qui viene il bello.

La circolare francese (la trovate cliccando qui) dice molto chiaramente, tra le condizioni di regolarità per l’ingresso in Francia, che è escluso il ” permesso di soggiorno temporaneo per richiesta silo politico ai sensi della Convenzione di Dublino”.

Andando a cercare (lo trovate cliccando qui) cosa riporta il Ministero degli Interni possiamo leggere che “al richiedente asilo viene rilasciato un permesso di soggiorno temporaneo, recante la dicitura “Convenzione di Dublino 15.6.1990”, che lo autorizza alla permanenza sul territorio nazionale per un mese e può essere prorogato fino a quando non verrà accertata la competenza dell’Italia all’esame della domanda di riconoscimento.”

I tunisini che accogliamo come richiedenti asilo ed ai quali diamo un permesso di soggiorno temporaneo possono solo “permanere sul territorio nazionale”, questo è quanto prevedono gli accordi di Dublino, la legge francese, il ministero diretto da Maroni.

Troppo facile addebitare ai cugini d’oltralpe il fallimento del “partito del fare” in politica estera ed energetica come in quelle sociali e dei flussi migratori e della sicurezza pubblica …

Bastava dare a quei tunisini un regolare permesso di soggiorno, per 6 mesi, e questo gli avrebbe consentito di recarsi, prima o poi, in Francia o Svezia, o chissadove. Ma come spiegarlo agli elettori della Lega dopo aver lapidato il tutto con un “fora de ball”?

“Sindaci sceriffi”, addio

7 Apr

E’ durata poco più di due anni l’epopea dei “sindaci sceriffi”, nati con una legge voluta dalla Lega e da Silvio Berlusconi nel 2008.

La Corte Costituzionale ha dichiarato illegittimi gli ampi poteri concessi ai sindaci dal cosiddetto “pacchetto sicurezza”, fortemente voluto da Maroni, Zaia, Alemanno, Cota.

La Consulta ha, infatti, acclarato l’incostituzionalità dei provvedimenti “a contenuto normativo ed efficacia a tempo indeterminato” e, comunque, che non rispondano al criterio di “contingibilità e urgenza”.

Questa sentenza è un duro colpo al “federalismo municipale”, così come formulato da Calderoli, ed a quanti prefiguravano la cancellazione delle Prefetture e la nascita di polizie locali.
Ma non solo.

La sentenza della Suprema Corte va ad aggiungersi a quelle, recenti, che hanno confermato l’illegittimità del reato di clandestinità e riconosciuto la non punibilità dell’immigrato in stato di indigenza.
Una “politica del fare” a dir poco fallimentare, messo anche in conto che procure, preture e tribunali regionali hanno seppellito la Gelmini sotto una montagna di condanne e di conseguenti “ulteriori spese per l’erario”.

Una Lega ed un governo Berlusconi che in 3 anni hanno collezionato una mole senza precedenti di sentenze avverse, non per una “antipatia dei giudici”, ma per sonore violazioni di diritti essenziali di disabili, indigenti, bambini, lavoratori, malati.

Che non si tratti della “solita” guerra tra palazzi trova la sua conferma nel fatto che, a ben vedere, quella che ne esce sconfitta è la strategia tremontiana dei tagli e degli imperativi che costringono a buone pratiche.

E’, viceversa, sempre più evidente che solo il risanamento e l’innovazione della Pubblica Amministrazione possono consentire economie, ridare centralità ai legittimi poteri e dare sicurezza di un futuro ai cittadini.

Gli eserciti regionali della Lega

5 Apr

Sei mesi fa, grazie ad una norma del ministero della Semplificazione diretto dal leghista Calderoli, venivano cancellati 14 anni di processi contro «l’associazione a carattere militare denominata “Camicie verdi” (è) poi confluita in un’altra struttura più complessa denominata “Guardia nazionale padana”, gerarchicamente organizzata e addestrata per un eventuale impiego collettivo in azioni di violenza e minaccia – presentate come azioni di legittima difesa».

Così andando le cose, dopo la legittimazione delle ronde volute da maroni, oggi, arriva la proposta di legge del Carroccio che prevede battaglioni di volontari, pronti a intervenire in caso di calamità o per l’ordine pubblico,  i tenenti colonnelli risponderanno direttamente ai presidenti delle Regioni.

Una trovata elettorale della Lega che va ad inficiare ulteriormente l’unità del paese oppure l’ennesimo tentativo di creare delle milizie regionali che rispondano direttamente al potere politico locale?

E, comunque fosse, può restare nel governo un partito “locale” che puntualmente cerca di dotare le proprie regioni di una milizia locale “da brandire contro i vicini”, come afferma Antonio Rugghia, capogruppo Pd nella commissione Difesa della Camera?

Anzi, per l’esattezza, come non chiedersi quale sia la legittimità di un governo che, dopo aver nicchiato addirittura sulla Convezione di Ginevra sui profughi di guerra, vede il suo gruppo parlamentare prevalente avanzare proposte di tal fatta?