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Serie A: valore e costo delle rose, chi vince e chi perde

7 Lug

La pandemia Covid-19 ha avuto un impatto importante sui valori dei calciatori in rosa nelle varie squadre e, secondo i dati forniti da Transfermarkt, tra le società calcistiche italiane oggi è il Lecce a ritrovarsi i costi per ingaggi più elevati in rapporto al valore della rosa (72,7%).

Seguono la Spal e poi la Juventus dopo 10 anni di presidenza Agnelli spenderebbe 294 milioni di euro l’anno per una rosa che vale ‘solo’ 621 milioni.
All’opposto, il lungimirante Napoli che all’inizio del campionato aveva a bilancio costi per ingaggi di  soli 103 milioni per una rosa che vale 535 milioni e l’Inter di Marotta e Conte che ne spende 139 per una rosa che ne vale 554.

Oppure la virtuosa Atalanta che spenderebbe solo 36 milioni per la sua rosa che ne vale 266, mentre il glorioso Milan è ben distante con una rosa da 334 milioni e stipendiata per 125.

Ed anche se andassimo al derby della Capitale, dove la Roma a stelle e strisce ha una rosa valutata a 385 milioni ‘contro’ una Lazio a tradizione italiana che ne vale 304, ma la prima spende quasi il doppio della seconda per gli ingaggi: 125 milioni giallorossi contro 72 albicelesti.

In parole povere, ecco trovate le cause del campionato declinante della Juventus, del Milan e della Roma, che hanno ed avranno maggiori difficoltà a rilanciarsi nell’emergenza Covid-19, senza riequilibrare il bilancio tra valori e costi.

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Demata

Calciomercato Napoli: le cautele di De Laurentis

14 Lug

Si era partiti con Mascherano, ma – in Trentino, il 17 di luglio per il ritiro – potrebbe esserci una sola novità, quella di Miguel “Michu” Pérez Cuesta , trequartista spagnolo classe 1986, ‘sostituto’ di Pandev, Higuain (e Hamsik), in arrivo dallo Swansea City con 52 presenze e 20 goal.

Attesa anche per Kalidou Koulibaly, talentuoso difensore francese, coetaneo di Ghoulam e neocampione di Belgio.

Altra ‘novità’ è il cileno Edu Vargas, di rientro dal Valencia e dal Mondiale dove ha dimostrato sia le buone doti sia il persistere di prestazioni a corrente alternata. E’ un problema di ‘testa’ che dura da tre anni, ma Benitez vuole valutarlo a fondo.
C’è da dare un’alternativa a Callejon sull’ala destra e la richiesta di De Laurentis per il cileno è elevata.
Mentre SSC Napoli chiede 10 milioni di euro, Transfermarkt – noto sito di settore – ne indica soli sei, nonostante il Mundial, per via del suo stipendio da quattro milioni lordi ed un contratto che terminerà nel 2016.

Per il resto, nulla di nuovo, se che a Dimaro, in Trentino, arrivasse anche Lucas Pezzini Leiva, mediano in forza al Liverpool e pupillo di Benitez, con un cartellino da 17 milioni e uno stipendio da otto milioni lordi, se riportato da sterline in euro, oppure il giovane Kramer, neocampione del Mondo o qualcun altro chissà, dato che sarebbe un gran peccato dar via Behrami – senza un sostituto valido – solo perchè non vuole rispettare le consegne di Benitez.
E della difesa da rinforzare assolutamentenon se ne parla più.

Il motivo è tutto nelle esitazioni di Aurelio De Laurentis – astuto imprenditore internazionale – che vede ostacoli all’orizzonte e si prepara a parare i colpi, piuttosto che a darli.

A partire dal terzo posto e dai preliminari di Champions, dove i sorteggi potrebbero estrarre alcune squadre ‘difficili’ per un Napoli rimaneggiato e in avvio di preparazione:

  • FC Zenit (RUS)    73.899
  • SSC Napoli (ITA)    61.387
  • FC Salzburg (AUT)    46.185
  • LOSC Lille (FRA)    45.300
  • FC København (DEN)    45.260
  • FC Steaua Bucureşti (ROU)    39.451
  • APOEL FC (CYP)    39.150
  • R. Standard de Liège (BEL)    38.260
  • Beşiktaş JK (TUR)    32.840
  • Celtic FC (SCO)    36.813
  • FC BATE Borisov (BLR)    33.725
  • FC Dnipro Dnipropetrovsk (UKR)*    32.193
  • Panathinaikos FC (GRE)*    30.220
  • Feyenoord (NED)    13.362

Tutto chiaro, a partire dal ‘rischio Zenit’, o no? Aurelio non scioglierà le sue riserve se non dopo un preliminare d’andata con uno scarto reti significativo.

 

C’è, poi, la questione ‘appetibilità’ dell’Italia e di Napoli, nello specifico.
E nello Stivale, come vediamo per Milan e Inter, le cose vanno davvero male, salvo che a Torino e per l’appunto Napoli, dove delle dirigenze accorte hanno – finora – salvato il business più bello del mondo per la gioia dei tifosi.

Ma, a Napoli, è venuta a mancare la Politica e la sua enorme appetibilità – per vip e ordinari turisti – è quasi azzerata dall’incapacità delle forze legali con il sindaco in testa (e illegali come il crimine organizzato) di garantire la sicurezza e la tranquillità almeno in parte della città, che potrebbe facilmente attrarre top player (e turisti) amanti del mare, della cultura e delle bellezze di Partenope.


Neanche un appello ripetuto con ostinazione settimanale: lasciate in pace almeno le zone dove stiamo cercando di creare una ‘industria’ culturale e turistica.

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Stadio San Paolo, una storia di Comune indecenza

13 Lug

Anche quest’anno la squadra di calcio SSC Napoli si è qualificata per le coppe europee, vedremo se Champions o Europa Cup, e come al solito il Comune di Napoli si fa trovare impreparato e sta montando la questione ‘stadio San Paolo’.
Una criticità  che non dovrebbe esistere, essendo stadio a ridosso di un’area dalle potenzialità turistiche enormi, quella Flegrea che va da Bagnoli a Miseno, Ischia e Procida incluse, e che proprio l’anno scorso ha visto lo sgombero della base NATO, che lascia ettari su ettari praticamente intatti alla città.

Stadio San Paolo e dintorni

Un’area nella quale non si riesce a bonificare l’ex Cementir – nonostante condanne ventennali – e dove De Magistris – quasi all’insediamento – ha autorizzato ricerche per la produzione di energia geotermica, in piena area sismica e bradisismica, praticamente a mezzo chilometro dalle case.
Per non parlare della strana idea di ‘restituire ai cittadini’ l’ex complesso Nato, ovvero da sostenere con tasse e tributi, in una città nota per l’arte dell’arrangiarsi dei suoi poveri.

E’ possibile che Aurelio De Laurentis abbia inseguito un sogno californiano per i Campi Flegrei e lo stadio della SSC Napoli, che avrebbe portato decine e decine di posti di lavoro e miliardi di investimenti: il PIL di Las Vegas rasenta di 100 milioni di dollari e il ‘pro capite’ equivale a quello di Zurigo.

Il 20 maggio scorso, il sindaco di Napoli dichiarava che “per lo stadio siamo ad un punto decisivo e al tavolo di discussione, insieme alla società Calcio Napoli, abbiamo invitato anche il Coni, Il progetto esecutivo lo dovrà presentare il Calcio Napoli entro il 31 dicembre 2014. Noi abbiamo chiesto che lo stadio sia vissuto 24 ore su 24, riqualificando anche il resto di Fuorigrotta. Il Calcio Napoli deve metterci i soldi. Noi non metteremo soldi, visto che non ne abbiamo.”

Ma per sistemare lo stadio San Paolo – al momento non agibile per la Champions – ci vogliono tanti soldi.

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L’anello inferiore fu deciso in corso di progetto ed è sotto il livello stradale come il campo (da cui i mille problemi del prato erboso) il terzo anello è inagibile a causa di improvvidi lavori per Euro ’90 (che l’appesantì con circa 8,5 milioni di chili di metallo e un costo  di 140 miliardi finali, triplo rispetto al previsto) e andrebbe smontato, insieme alla copertura che sorregge, prima di piazzare il display elettronico e per riportare  la capienza ad oltre 70.000 spettatori.
Inoltre, gli onerosi costi di gestione dell’impianto, che ha ormai superato il mezzo secolo di vita, hanno dato luogo a un progressivo decadimento della struttura a causa dell’ostinazione del Comune di Napoli – notoriamente povero di risorse – nel voler gestirlo in forma diretta ed esclusiva, un po’ come fosse un’ex municipalizzata.
In poche parole, occorrerebbero diversi milioni di euro solo per eliminare le “avveniristiche” strutture di Euro ’90, che tanti danni fece.

 

Per tutta l’organizzazione d Euro ’90 furono spesi 6.868 miliardi di lire, il doppio del previsto, e i danni collaterali includono anche stazioni e terminali di aeroporti semi-abbandonati, alberghi mai completati.
Riguardo gli stadi ricordiamo che gli unici due impianti costruiti ex-novo furono il “Delle Alpi” di Torino, poi demolito, e il “San Nicola” di Bari, sovradimensionato, in posizione isolata e pregiudicato dalla pista d’atletica, che era il presupposto fondamentale per accadere ai finanziamenti del CONI.
Ed, oltre al San Paolo di Napoli, anche per il Sant’Elia di Cagliari i danni di Euro ’90 alle strutture preesistenti furono notevoli: dopo soli dieci anni, rischiava il crollo.

E proprio a Cagliari accadde che il Presidente Cellino si facesse carico degli interventi provvisori (poi divenuti definitivi) che permisero alla squadra di giocare in casa per sette anni, in cambio dell’uso gratuito della parte di Sant’Elia agibile. A seguire, la Commissione di Vigilanza e il sindaco di Cagliari Zedda pretesero comunque il pagamento, il Cagliari finì per giocare a Trieste e, oggi, Cellino ha lasciato la Sardegna ed è proprietario della squadra calcistica inglese Leeds United.
Concessione gratuita in cambio di ingenti lavori? Nulla da fare.

Così succede che il rafforzamento della squadra (e della società calcistica, che rappresenta uno dei primi fatturati della città) sia frenato dall’atteggiamento del Comune di Napoli, rispetto ad uno stadio che richiederebbe forse 20 milioni per essere messo a norma e almeno il doppio per diventare lucrativo, se Inter e Milan prevedono 60 milioni per il restyling di San Siro del 2016, da ‘appoggiare’ ai tanti interventi di Expo 2015.
Comune e Sindaco in testa che farebbero bene a ricordare – specialmente mentre commemorano Ciro Esposito e la sua eroica madre – che la SSC Napoli è l’unica gioia e l’unica bandiera di una città diseredata.
Specialmente se la soluzione per lo stadio San Paolo fosse da tempo chiara e semplice.

Concessione 99ennale dello stadio e di alcune aree comunali dell’area flegrea, con diritti per il Comune sui ricavi e sulle vendite dei biglietti, oltre che su alcuni spazi riservati, e deroghe al Piano Regolatore su progetti appositi.

Aurelio De Laurentis sa far bene due cose: vendere sogni, se il padre Dino vinse l’Oscar come produttore per oltre 500 film holliwoodiani in carriera, e cavar sangue dalle rape, basta vedere i cinepanettoni che rifila in mezzo mondo.
Facciamogli fare il suo mestiere.

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Sorteggio Champions: SSC Napoli (South-ITA) … South-ITA?

29 Ago

La UEFA, nei sorteggi di Coppa dei Campioni, ha individuato una nuova nazione europea: l’Italia del Sud.
Quello che è eresia e tabù da 160 anni nel nostro paese, da quando fu cancellato lo stato delle Due Sicilie, diventa realtà in mondovisione, nella serata di gala dei campioni e dei loro ricchissimi presidenti, in corso a Montecarlo.

Infatti, nel sorteggio della squadra di proprietà del magnate cinematografico Aurelio De Laurentiis, per la Società Sportiva Calcio Napoli la nazione attribuita era, testualmente, ‘South ITA’.

SSC Napoli South ITA

Il Meridione è ‘un’altra Italia’ rispetto alla ‘vera’ Italia?
E’ un invito alla secessione da parte dell’Europa oppure è un imperdonabile svarione razzista? O tutti e due?

O solo un fake?

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Sprechi del calcio, il caso F.C. Internazionale

30 Apr

Il gioco del calcio, ormai, appartiene al mondo dell’intrattenimento e non solo dello sport, ma anche della finanza. Dunque, finchè le cose vanno bene, transeat, ma se le cose vanno male e malissimo a Milano in casa dell’Inter, qualcosa da ridire c’è, specie se siamo in tempo di crisi e di lotta agli sprechi.

Tra l’altro, non è per fare facile demagogia, visto che la famiglia Moratti si distingue anche per le tante iniziative di beneficenza, ma c’è sempre da chiedersi quanto benessere e quanta occupazione creerebbero, se venissero investiti altrove, quei tot milioni che un Balotelli, Cavani o Messi guadagnano.

Infatti, come spiega Interlive.it, i cosiddetti ‘senatori‘ “hanno un peso notevole, ora più che mai, sul martoriato bilancio della società nerazzurra, che viaggia nel 2013 a circa 80 milioni di passivo”

Ad esempio, Walter Samuel, 35 anni o Cristian Chivu, 31 anno, ambedue  con un corrispettivo di  2,5 milioni netti tra contratto e stipendio, mentre il trentunenne nazionale italiano Andrea Barzagli della Juventus F.C. ne guadagna circa la metà.  Oppure il trentacinquenne  Dejan Stankovic, 3,5 milioni netti ed il trentaduenne Esteban Cambiasso, 4 milioni netti, quasi il doppio di quanto prevede contratto (senza bonus) e stipendio di Marek Hamsik della S.S.C. Napoli.
Il trentanovenne Javier Zanetti, 2 milioni netti, ed il trentunenne Gaby Mudingayi, 1,5 milioni, mentre nella S.S.C. Napoli per un ruolo simile Camilo Zuniga, 27 anni, percepisce circa 700.000 euro e Antonio Nocerino dell’A.C. Milan, ventotto anni e 1,5 milioni netti annui.

Il trentatreenne Diego Milito, 5 milioni netti, ed il trentunenne Rodrigo Palacio, 2,5 milioni netti, a fronte di ventisettenne Edinson Cavani che percepisce un ingaggio netto (da qualche mese) di 3 milioni di euro ed il  ventenne Stephan El Shaarawy arriva a stento al milione netto. Od Antonio Cassano, 31 anni e 2,7 milioni netti, mentre il ventisettenne Hernanes della S.S. Lazio ne percepisce 1,5 netti ed il ventunenne della A.S. Roma Eric Lamela supera di poco i due milioni netti.

Secondo le tradizionali stime della Gazzetta dello Sport, l’A.C. Milan spenderebbe in ingaggi 120 milioni di euro all’anno, la Juventus 115 milioni, la F.C. Internazionale 100 milioni tondi, l’A.S. Roma 95 milioni, la S.S. Lazio 66 milioni, la S.S.C. Napoli “soltanto” 53 milioni di euro.

Non esistono motivi per pensare che la squadra del Presidente Moratti non abbia le risorse finanziarie e gli incentivi per ottenere risultati superiori alla S.S.C. Napoli, come va sottolineato che quasi tutti i calciatori dell’Inter menzionati sono attualmente infortunati.

 E non esistono dubbi che gran parte di quei milioni spesi dalla F.C. Internazionale si trasformino, nella sostanza, in rimesse all’estero e in tasse per lo Stato. Forse qualche bibita o qualche autovettura in più vendute da qualche sponsor o la fortuna di qualche fabbrica di gadget ed abbigliamento sportivo, sempre che il tutto non sia stato prodotto all’estero, questa forse la ricaduta industriale ed occupazionale di tanta spesa.

Ovviamente, non l’Italia non può pensare di contingentare i compensi dei calciatori, che troverebbero all’estero generosi ‘mecenati’, ma qualcosa dovrebbe essere fatto per evitare disastrose situazioni – come quella della F.C. Internazionale oggi, della A.S. Roma ieri, della S.S. Lazio l’altro ieri e della S.S.C. Napoli ancor prima – e per garantire che una grande parte di questi compensi non finisca lontano dal cuore dei tifosi e dei consumatori italiani.
Non per motivi etici, ma per valutazioni concrete come la necessità di sostenere il così detto ‘movimento calcistico’ – che sta tenendo tanti giovani lontani da stili di vita insalubri o sterilmente ribellistici – o come e come quella di sostenere gli investimenti che generino maggiore occupazione e produttività nel Paese.
O come l’esigenza di una maggiore responsabilizzazione dei manager che supportano i presidenti delle società di calcio, non sempre esperti o fortunati nelle scelte, se vogliamo che investitori stranieri vengano in Italia a spendere i loro soldi in stadi e risistemazioni urbane?

Nel caso del F.C. Internazionale parliamo di decine di milioni che alla città di Milano non donano altro che un deludente risultato calcistico e un gettito fiscale apparentemente lucrativo, vista l’aliquota iperbolica, ma infimo se quei milioni di moltiplicassero mentre circolano.
E non è l’unico caso.

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UEFA: pochi e vecchi i calciatori italiani

5 Gen

Arrivano dal Brasile i calciatori preferiti dalle squadre impegnate nella UEFA Champions League e nella Europa League.
Ben 152 carioca con 648 presenze per un totale di oltre 47.000 minuti giocati, seguiti dai francesi (136 con 491 presenze e 34.000 minuti di gioco) e dagli spagnoli con 131 calciatori e 532 presenze con 38.000 minuti giocati.
Seguono la Germania ed i Paesi Bassi, con una novantina di professionisti del pallone, l’Inghilterra con i suoi 83 players, il Portogallo (76), l’Argentina (72) ed, infine, al nono posto, l’Italia, con i suoi 71 calciatori per 270 presenze e 19.000 minuti giocati.

europa calciatori per nazione

Dunque, c’è poco da dire: il calcio italiano langue davvero, se persino Francia ed Olanda possono annoverare più calciatori di noi tra le fila delle squadre che rappresentano l’elite del calcio europeo moderno.

Sempre guardando all’Europa, tra le squadre più vecchie troviamo l’Inter dei preliminari, la Lazio del pareggio contro il Panaithinaikos Aten, la Juventus vincente a Londra contro il Chelsea.
Mentre, a fronte di ben nove spagnoli, tra i 45 calciatori utilizzati da squadre europee e maggiormente valutati sul mercato non c’è nessun italiano.

La causa, lo sappiamo tutti, è nella scarsa capacità di investire sui giovani, un male profondo e millenario del nostro paese, che si riflette anche sul calcio nostrano, decurtandone valori e prospettive.

Un calcio improduttivo, se non sviluppa campioni – ovvero immagine, introiti, successi – e che sopravvive tra introiti televisivi garantiti per legge e speculazioni immobiliari di belle speranze.
Anche in questo caso, è una questione tutta italiota, come la prebenda oggi e la gallina domani o l’investire sul mattone come se il cemento fosse davvero oro.
Non a caso, sono stati personaggi come Vujadin Boškov o Zdenek Zeman a lavorare sui giovani, valorizzando campioni, dimenticati, se non esclusi, dal calcio che conta.

Considerata l’affezione italica per il Dio Eupalla e l’importanza che gli italiani danno alle vicende calcistiche, potremmo quasi azzardare che un qualsiasi governo, presente o futuro, che volesse dare un segnale di rinnovamento e rigore, potrebbe agevolmente iniziare dal calcio.
Anche perchè qualcosa deve cambiare e subito, se vogliamo che il calcio non sia strangolato dai mercati come le nostre finanze, tra il miliardo di euro di concessioni televisive, garantito per legge solo fino al 2015, il fair play finanziario di Platini, che cancellerà ‘certi mecenatismi’ e ‘certi bilanci societari’, e gli stadi che vanno al più presto rinnovati ed ammodernati.

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A chi non conviene il Fair Play finanziario?

18 Giu

Ormai, l’Europa del calcio è entrata nell’Era del Fair Play finanziario, fosse solo per difendere quel che resta dello sport, che rischia di cedere sotto l’assalto delle centinaia di milioni di dollari che nababbi del petrolio e speculatori finanziari stanno già versando nelle casse di noti club.

Sono sotto gli occhi di tutti le ‘campagne acquisti’ del Paris Saint Germain e del Manchester City, del Chelsea e del Manchester United, come del Real Madrid o del Bayern Monaco. Squadre che somigliano, ormai, più agli Harlem Globetrotter che ad altro, come quel ‘vecchio guarriero’ di Drogba ha dimostrato alle attonite od esaltate platee dei football fans in Coppa dei Campioni.

Fenomeni eclatanti per le vistose spese, che falsano campionati nazionali e coppe internazionali, visto che ‘dette spese’ non rispondono spessissimo ad una effettiva differenza di valori in campo.

Campionati falsati anche da spese ugualmente ingenti – ma meno vistose in quanto ‘passivi’ – come quello italiano, ad esempio, se si vuole considerare il rapporto sui bilanci societari delle Società Calcistiche che La Gazzetta dello Sport redige annualmente e ripubblicata da tuttonapoli.net.

A far due conti della serva, c’è da restare stupefatti, se tifosi delle tre ‘grandi’ (Juventus, Milan, Inter), da sollevarsi indignati, se tifosi delle altre squadre di calcio, e da restarci secchi per la depressione, se si è dei cittadini normali.

Basti dire che Juventus, Milan ed Inter vanterebbero ‘perdite’ sul rendimento netto di circa 250 milioni di euro, ovvero l’80% del ‘buco’ complessivo della Serie A.

E, dunque, se volessimo pensare ad una ‘classifica avulsa’, che tenga conto della effettiva disponibilità finanziaria delle società di calcio – e non dei giocatori comprati e pagati con ‘le cambiali’ – questo sarebbe il quadro.

Se i tifosi di Udinese, Napoli, Lazio, Roma, Parma, Lecce, Novara potrebbero gridare allo scandalo, ben altro che di uno scandalo dovrebbe parlarsi, se volessimo discutere di bilanci societari, di sostenibilità del ‘calcio moderno’, di  diritti televisivi e di distribuzione dei proventi, di stadi nuovi e sicuri.

Infatti, il budget velleitario e catastrofico delle nostrè ‘grandi’ (Juventus, Milan, Inter) ingessa definitivamente il ‘sistema calcio’, già soffocato dall’elevata leva fiscale sui compensi dei calciatori, che rende impossibile dotarsi di giocatori affermati se non sperperando enormi somme: ogni cambiamento sarebbe disastroso per dei brand che tanto sono quotati quanto sono in rosso.

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Una situazione che non può continuare così, bloccando le nuove norme sugli stadi di calcio e congelando i diritti televisivi a favore dei soliti noti, mentre il sistema fa acqua da tutte le parti.

Parlare di gestioni disastrose è un eufemismo, dunque.

Ma quel che è peggio, per chi ama lo sport, è che potrebbe davvero diventare grottesco – di fronte al persistere di questi numeri – parlare, per il futuro, di ‘campionati regolari’.

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Berlusconi and … his shareholders

4 Apr

The Mediatrade-RTI investigation shows as suspects Silvio Berlusconi, the son Pier Silvio, Fedele Confalonieri, the American producer Frank Agrama and other defendants. They are accused of irregularities in the sale of rights in order to create over 34 million euro of slush funds.

According to investigators the criminal offenses would take place ‘within a system of fraud used by the end of the ’80s, under which the broadcasting rights were provided by Paramount, to a lesser extent by other international producers, rather than directly from suppliers, and were bought by Mediaset at inflated prices through dummy companies due to Farouk Agrama”.

A concealment of funds in full conflict of interest, which took place between Milan and Dublin from July 2002 to November  2005, a time in which Silvio Berlusconi was prime minister.
The fact that they are not mentioned for the two decades prior to 2002 is due to the prescription of offenses  …

According to Niccolo Ghedini, lawyer for the premier, the charges will affect a “time in which Silvio Berlusconi had not the slightest possibility of an impact on the company.”

A likely thing, if we could be sure that Silvio Berlusconi meets the standards on conflict of interest, which, consequently, would “ipso facto” involve the incrimination of his son, Pier Silvio Berlusconi, as it is not possible that top management were not involved in an expedient than ten years.

A “proceeding in which the injured party rather Mediaset is in fact backfires against the company and its top executives,” as claimed by the Berlusconi family’s television network?
Maybe. It would seem possible: it could be not the first nor the last time that executives and shareholders are incorrect in this way, scratching profits, which should be back in the budget for new investments or dividends.

However, the process goes as it will go if it will go, but certain facts are really happened.
What’s waiting for Consob (National Commission for Companies and the Stock Market), as RTi and Mediaset are of limited companies?

The investigations, in fact, are clear: someone (Berlusconi, his associates or others) “appropriates a substantial portion of amounts transferred (note: about 70 million euros) from the RTI and Mediatrade to Olympus Trading Company (note: due Frank Agrama) as payment for television rights”.

Considering that Medusa Film SpA (a Paramout competitor) is a subsidiary/associate company of RTI Spa, who protects shareholders and the free market?