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Donbass: una guerra per l’energia in 7 grafici (commentati)

3 Ott

Era il 9 dicembre 2019, quando si incontravano a Parigi Zelenski e Putin, per discutere di pace, con la mediazione del presidente francese Emmanuel Macron e della cancelliera tedesca Angela Merkel.
Si arrivava così al cessate il fuoco permanente, completamento dello scambio dei prigionieri, sminamento, apertura di nuovi varchi per i civili lungo la Linea di controllo, arretramento dei militari e dei loro armamenti da altre tre zone
È disgelo, ma non ancora pace”, titolava il giorno dopo Le Figaro, se Putin continuava a confermare tutta la sua arroganza e – dall’altro lato – “a Kiev i dimostranti in piazza lo tenevano d’occhio, per assicurarsi che non concedesse niente ai russi. E quando, qualche settimana prima del vertice, Zelenskiy ha accettato la cosiddetta Formula Steinmeier (una revisione degli Accordi di pace di Minsk, elenco dei passi da compiere per stabilizzare il Donbass), i nazionalisti radicali ucraini lo hanno chiamato traditore.” (fonte ISPI)

Veniva anche previsto un nuovo incontro – a Berlino in primavera – per i nodi più importanti da sciogliere: restituzione all’Ucraina del controllo dei confini, elezioni locali e status futuro delle regioni separatiste, i termini di una reintegrazione del Donbass in Ucraina. 
Poi la pandemia e non se ne è fatto più nulla.

Così la Russia restava convinta di una minaccia ai suoi confini (e stiamo toccando con mano l’efficienza delle forze ucraine), quando un anno fa – il 31 ottobre 2021 – si concludeva il G20 di Roma con l’accordo sulla decarbonizzazione e l’avvio della transizione ecologica con l’obiettivo emissioni zero “entro o intorno a metà secolo”.

Una pessima notizia per i produttori di petrolio, anche se alcuni (USA e Cina) hanno un forte mercato interno che avrebbe consentito una transizione ‘soft’ e altri tre (Russia, Arabia Saudita, EAU) che – essendone privi – si trovavano alle porte di una recessione ultradecennale, specialmente per la Russia che ha un esercito mastodontico e in territorio enorme con 170 milioni di persone, che i paesi arabi non hanno e non devono sostenere.

Per il gas, invece, c’è una situazione diversa, dato che c’è ha un impatto molto minore del petrolio o del carbone, le emissioni sono più controllabili e filtrabili, solo un produttore – le repubbliche ex sovietiche controllate dalla Russia – è egemone ma comunque non è monopolista e c’è chi ancora lo considera una forma di energia ‘rinnovabile’, come scopriremo alla fine del post.

Pochi lo ricordano, ma venti anni fa la contesa Ucraina-Russia iniziò con la questione dei gasdotti che proprio nel Donbass e dintorni smistano verso l’Europa il gas russo e per l’esercito sovradimensionato ex Patto di Varsavia, che era lì a protezione dei confini … russi verso la Nato.

E durante la pandemia e tutti i guai che ha portato, con Zelenski alle prese con le tensioni interne nazionali e vista la dipendenza europea dal gas russo, non è stato difficile per Putin immaginare di riprendersi gasdotti, porti e fabbriche di avionica tramite una ‘liberazione del Don orientale’, cioè aggiungendo il “Donbass Stream Hub” al Nord Stream 1-2 e South Stream, con l’intento di diventare monopolista energetico verso l’Unione Europea dopo esserlo già verso la Cina.

Una tendenza che gravava diversamente sulle nazioni europee, se prive o meno di grandi porti sull’Atlantico, come vediamo nella mappa, e che solo la Germania (da tempo) aveva sterilizzato portando i fabbisogni di gas per la produzione elettrica sotto il 10%.

La Germania, dunque, dipende da risorse estere solo per il 16% nel caso del gas per la produzione di energia elettrica. Naturalmente il bilancio è diverso nel caso del gas per uso domestico, ma tanto vale ancora di più per le altre nazioni europee.
Ma è anche una Germania che dipende per circa il 20% della produzione elettrica dalla Cina, dato che il fotovoltaico è per la maggior parte prodotto lì. Tanto per comprendere le profonde cause dell’attenzione statunitense verso … Formosa.

E, come vediamo dal grafico, il bilancio energetico italiano è drammaticamente diverso da quello tedesco (e francese o olandese): dipendiamo dalle importazioni per circa il 75% a causa della storica (fin dai Savoia) incapacità geopolitica a sfruttare i giacimenti condivisibili con nazioni partner nel Mediterraneo, oltre che nei ritardi nell’innovazione generale e nella diffusione del fotovoltaico.

Ritardi a loro volta dovuti sia alla limitata formazione e dotazione di personale tecnico che c’è in generale in Italia sia all’incapacità delle Amministrazioni competenti (Regioni) di programmare oltre la mera sussistenza sia per lo storico rapporto esistente tra una parte del panorama politico-culturale italiano e la Russia.

Dunque, finora i dati ci hanno raccontano quali interessi muovono le alleanze (o le crisi) tra i 5 principali attori energetici mondiali e quali sia il diverso impatto sulle economie europee delle contro-sanzioni russe.

E, forse, questo accade perchè – mentre trascorrevano anni per arrivare al Protocollo di Roma per la decarbonizzazione – l’astrofisica ha confermato che gli idrocarburi potrebbero essere inesauribili, se esistono non solo su Marte e gli altri pianeti esterni del sistema solare, ma anche sulle comete Halley e Hyakutake, nella polvere cosmica, nelle nebulose e nel gas interstellare.
Già nel 2004, la Missione Cassini-Huygens (NASA ed ESA) aveva confermato l’esistenza di abbondanti idrocarburi (metano ed etano) su Titano, un satellite (luna) di Saturno come precedentemente suggerito dall’astrofisico Thomas Gold.

In altre parole gli idrocarburi gassosi potrebbero avere ‘origine abiotica’ anche sulla Terra, cioè provenire dalle sue viscere contaminandosi con batteri nell’attraversare la crosta terrestre ed … essere inesauribili.

Intanto, l’impatto ambientale delle nuove tecnologie per arrivare alla decarbonizzazione è incalcolabile, ma certamente pesante, come lo sarà quello della transizione ‘elettrica’ su economia e consumi, cioè sicurezza, pace, povertà eccetera.
Viceversa, l’impatto ambientale, economico e sociale degli idrocarburi sono ben noti, sappiamo che sarebbero ancor più contenibili con tecnologie ibride e politiche ‘a chilometro zero’ e di gas ce ne è davvero tanto. Anche senza la Russia.

E siamo tutti in attesa della ‘fusione nucleare pulita’ in corso di sviluppo in Francia sulla base di scoperte italiane e che risolverebbe all’origine la fornitura di energia industriale e domestica.

E il petrolio?
Gli USA dipendono dall’Arabia Saudita, tanto quanto la Cina dipende dalla Russia e le ex repubbliche sovietiche.

E da questo derivano i rischi di una terza guerra mondiale.
Specialmente se l’Unione Europea non individuerà una road map ed un mediatore (Mario Draghi?) per convincere i due presidenti a sedersi ad un tavolo: prima della pace ci sono gli armistizi, che a loro volta vengono predisposti mentre la guerra è ancora in corso.

Dopo Sarajevo e Danzica, facciamo che la Storia europea non si ripeta nel Donbass.

Purtroppo, i referendum svoltisi in Donbass somigliano molto a tanti altri che hanno legittimato annessioni e unificazioni negli ultimi 180 anni, con corrispettiva nascita di forme di anti-Stato ancora oggi persistenti. Non vanno legittimati nè per quel che rappresentano oggi nè per quel che comporteranno in futuro.

Ma non perseguire almeno un armistizio, almeno per mettere in sicurezza le centrali nucleari e le popolazioni, come per consentire l’intervento internazionale ed accertare crimini e deportazioni, creando le premesse per una ‘restituzione’ dei territori, oltre ad essere poco giustificabile è proprio il fattore che fa espandere i conflitti.

Demata

Nord Stream: perché è un crimine contro l’Umanità

30 Set

Da alcuni giorni, ci ritroviamo con una enorme bolla di metano che sta iniziando ad alterare il clima a ridosso del Polo Nord, proprio all’inizio dell’inverno e proprio nell’area chiave per la Corrente del Golfo come per la nascita di super-cicloni.

Infatti, il metano, quello che fuoriesce dal Nord Stream, ha un capacità termica per u.m. (0,528 kcal/kg) più che doppia rispetto all’aria (0,24 kcal/kg).
E la capacità termica di un qualunque sistema è il rapporto fra il calore scambiato tra il corpo e l’ambiente rispetto alla variazione di temperatura che ne consegue.

In parole povere, parliamo di quanto calore serve per far salire la temperatura di un grado.
E il calore che serve al metano è oltre il doppio dell’aria.

Tra la superficie terrestre e la fonte di calore (Sole) c’è di mezzo l’atmosfera e, se maggiore è la capacità termica, allora meno salirà la temperatura con l’assorbimento del calore che arriva dal Sole.

Dunque, il Nord Atlantico si riscalderà di meno e questo accade proprio nell’area dove si attivano i super-cicloni e dove passa(va) quel che resta della Corrente del Golfo, che assicura(va) inverni temperati all’Europa.

Sarebbe già un disastro nel medio-lungo periodo ritrovarci con un’emissione di metano pari a quella delle “emissioni di 20 milioni auto” e/o “equivalente a 30 milioni di tonnellate di CO2”, come avverte Greenpeace.

Ma sarebbe ben peggio il subire già questo inverno ripercussioni climatiche sull’Europa (e su tutto l’Atlantico fino all’Equatore).
Se le ricadute di un inverno gelido con forti venti sono già immaginabili, peggio ancora sarebbe se quel metano agisse da ‘coperta termica’, regalandoci un clima temperato e … secco.

Chi ha sabotato il Nord Stream ha colpito l’intera Umanità.

A.G.

Referendum, quorum e volontà popolare

13 Giu

E anche questa volta, noi italiani, siamo riusciti a trasformare un referendum su quesiti specifici in un braccio di forza tra fazioni.

Ben venga il quorum, così imparino i legislatori a motivare e sostenere le legggi che approvano, invece che muoveri a colpi di maggioranza per poi andare al referendum sparsi e scompigliati. Male ci incorra, se ai referendum vinti corrisponderà una vacatio legis in materia di acqua ed energia. Inutile annotare come l’informazione referendaria sia stata latitante, per il si o per il no, e che la maggior parte degli elettori sappia poco o nulla di fisica e finanza.

E’ opportuno, però, evidenziare che questo governo legifera male, considerate le incostituzionalità o le abrogazioni e passando per il niet delal Bicamerale sul Federalismo.

Una colpa che non può non gravare su Silvio Berlusconi, capo del governo, e su Alfano, Calderoli e Tremonti, ovvero i ministri che maggiormente hanno ispirato la linea di governo. Una caduta che non esclude il PD, l’UDC e l’IdV, che in due anni non hanno saputo fare opposizione, nonostante l’impopolarità o l’illegittimità di tante norme.

Niente paura: da stasera, dinanzi ad un elettorato confuso e dispari, assisteremo al solito valzer del bipolarismo all’amatriciana, come se non esistessero forze e punti di vista nuovi o diversi.

E, come usuale, i media applaudiranno a qualcosa che non c’è: la volontà popolare.

Debito pubblico, acqua privata

8 Giu

In un paese con un PIL inferiore al debito accumulato è piuttosto delirante parlare di acqua pubblica o di energia acquistata all’estero.

… un po’ come dichiarare di essere proprietari di una casa pignorata con l’ufficiale giudiziario che bussa alla porta.

Referendum: si, forse, no

7 Giu

L’Italia e gli italiani si avviano, alla chetichella e per gruppi sparsi, tra la canicola e gli scrosci del monsone, ad affrontare un referendum epocale.

Acqua, energia e legittimo impedimento.

La campagna “a sinistra” punta sullo sfondamento del quorum sostenendo “tre si” secchi. Il centro e la destra lasciano liberi, nella sostanza, i propri elettori.

Assistiamo ai soliti farisaismi del Partito Democratico di Bersani “Sappiamo che l’asticella per il referendum è molto alta” … alle difese oltranziste di Berlusconi “Referendum inutili e senza conseguenze sul governo” … e non mancano i truci ammiccamenti della Lega con Bossi “Referendum acqua attraente”.

Andando a verificare le cose, l’unico consiglio che si può dare ad un elettore è di valutare i tre quesiti uno per uno, visto comportano conseguenze precise e diversificate.

Riguardo l’acqua c’è poco da dire: è fondamentale che resti pubblica, ma è altrettanto importante riportare le società per azioni attuali nel sistema delle municipalizzate, altrimenti andrebbe solo peggio, visto come stanno funzionando.

Sul legittimo impedimento, c’è altrettanto poco da dire: l’ultima cosa che serve all’Italia (e alla Spagna, la Grecia o la Francia) è l’immunità parlamentare, figurarsi il legittimo impedimento. Ma sarebbe tutto inutile, come per l’acqua, se non arriveranno sentenze certe e celeri e se non verrà superata la copertura assicurativa di Stato per i danni prodotti dagli alti dirigenti.

Arrivando al nucleare, la questione è ben più complessa.

Infatti, Fukushima ha dimostrato diverse cose, ovvero che le centrali “in se” hanno superato brillantemente un superterremoto ed un supertsunami e che non possono essere affidate a società private ed a personale “in carriera”, visto che son queste le reali cause dei malfunzionamenti del raffreddamento e del disastro.

Vada pure che l’Italia continui a non dotarsi di una indipendenza energetica, ma, nucleare o non nucleare, qualcuno dovrebbe darci delle risposte e darle ai nostri figli, visto che l’energia serve.

Infatti, il fotovoltaico da cali di rendimento drastici in 5-6 anni dall’installazione, i termovalorizzatori sono un invito a consumare sempre più plastica, le biomasse possono dare problemi di “coltura batterica” come sospettano ad Amburgo per il batterio kiler, l’eolico non è lungimirante con il cambio climatico in corso. In compenso, gli incidenti nucleari si contano sulle dita di una mano: Three Miles Island, Chernobyl, Fukushima.

Certo, le centrali nucleari non si confanno nè alla stretta, lunga ed affollata penisola italica nè all’efficienza italiana nota nel mondo: più prudente votare si …

Ma, almeno dopo i referendum, la si smetta con la propaganda e che qualcuno proponga delle riforme efficaci e che si inizi ad informare decentemente la gente.