Tag Archives: Matteo Renzi

Morosi, arrivano le messe in mora, ma c’è la soluzione

17 Ott

A chi nel 2021 e nel 2022 non ha pagato qualche bolletta stanno per arrivare (se non sono già arrivate) le raccomandate di costituzione in mora del Fornitore di gas o luce, con il termine ultimo per pagare le fatture e come comunicare l’avvenuto pagamento.
Un fatto inevitabile dopo che il Governo Conte ha ridotto la prescrizione a soli 2 anni per le bollette di energia elettrica e gas in base alla legge di bilancio 2020, numero 160 del 2019.

Negli ultimi nove mesi sono 4,7 milioni di italiani NON hanno pagato la luce e il gas che consumano in parte o del tutto, 3,3 milioni potrebbero NON pagare le prossime fatture, oltre 2,6 milioni gli italiani che hanno saltato una o più rate del condominio, secondo un monitoraggio di mUp Research e Norstat per Facile.it.

Il fenomeno è omogeneamente distribuito su tutto il territorio nazionale, con una percentuale di morosi pari al 10,7%, mentre quelli che saltano abitualmente il pagamento delle bollette sono il 3,8%.
Ed è un fenomeno molto complesso, dato che, se sugli italiani che hanno investito i propri risparmi sui Fornitori di gas e luce aleggia lo spettro del deficit di bilancio, … sono stati proprio i morosi di oggi a scegliere liberamente dei contratti in libero mercato, invece che restare con contratti di maggior tutela.

Ancor peggio, la percentuale di italiani che hanno saltato una o più rate condominiali è pari al 20,1% a livello nazionale, che al Sud e nelle Isole arriva al 24,8%. Per più di 1 condomino su 4 il debito è superiore ai 500 euro. Il 65% dei morosi ha saltato 1 o 2 rate, il 15% tre rate e circa uno su cinque ne ha saltate quattro o più.

Un dato allarmante ma in miglioramento, visto che il monitoraggio di maggio 2021, evidenziava da erano quasi 4,9 milioni (il doppio) gli italiani che avevano dichiarato di non aver pagato una o più rate delle spese condominiali nel periodo compreso tra marzo 2020 a marzo 2021.

Nel caso dei condomini, il 49,6% dei morosi ha dichiarato di essere riuscito a mettersi in pari con i pagamenti utilizzando i propri risparmi o risorse, mentre il 23% dei rispondenti, pari a 1,1 milioni di italiani, ha dovuto chiedere un prestito per far fronte alle spese di manutenzione del condominio.
Più di 1 su 5 aveva ricevuto dagli altri condomini ulteriore tempo per pagare quanto dovuto, ma nonostante questo circa 130.000 italiani hanno dichiarato di essere in causa con i Condomìni.

Le conseguenze di queste massive morosità per le bollette luce e gas sono gravissime: fornitori che falliscono o vanno in sofferenza, Comuni che non ricavano utili nella partecipazione ad ex-Municipalizzate, risparmiatori che vedono bruciati i propri investimenti, consumatori che sono sommersi dai debiti. Ancor più nei Condomìni, dove si bloccano manutenzioni e viene meno la coesione sociale.

Insomma, se il 10% degli italiani è moroso, tocca farsene carico agli altri italiani che contribuisce. Non ad entità astratte come lo Stato, le Banche o le Imprese …

Come se ne viene fuori?
Come a Berlino, dove il Reddito di cittadinanza e qualsiasi altro sussidio sono vincolati ad una visita medica che attesti l’incapacità parziale o totale al lavoro e dove di norma il tetto degli affitti e delle utenze in maggior tutela è fissato (e conguagliato) dalla spesa sociale metropolitana.
In altre parole, dalle economie sul Reddito di Cittadinanza – derivanti da criteri giusti, chiari e monitorati – possono arrivare le risorse per sussidiare la situazione debitorie delle famiglie in fascia ISEE.
Come anche – andando a spendere in edilizia sociale ben 27,5 miliardi € di PNRR (fonte Sole24Ore) – si rende inderogabile una maggiore giustizia sociale, che tenga conto di quale sia l’effettiva estensione del nucleo familiare e di quanto si incrementa il reddito in termini di potere di spesa, sommando benefits come l’alloggio popolare, l’esenzione da ticket e contributi scolastici, il bonus bebè, il bonus luce-gas e il bonus vacanze, rispetto a chi non ce li ha.

E la disoccupazione che affligge le periferie romane come gran parte del Meridione?
Se solo la metà dei posti di lavoro occupati da stranieri venissero assunti da italiani non si porrebbe affatto la questione ‘disoccupazione’ e ci sarebbero più sussidi per chi davvero non può lavorare.

Ma il fotovoltaico? Basterebbe qualche comma per sbloccare quello plug&play da balcone … rendendo la gente più attenta e responsabile nei consumi, oltre ad un certo risparmio sulla bolletta energetica di tutti, Stato italiano incluso.

Demata

Firenze, autovelox a 51 km/h: perchè è scorretto?

12 Ott

Matteo Renzi insorge contro il “multificio” di Firenze: “sto ricevendo decine di email da persone incredule perché, nella mia Firenze, si fanno multe se si supera di un chilometro il limite.
Ad esempio: strada a quattro corsie, limite 50, centinaia di multe per chi va a 51 km. Una visione della Pubblica Amministrazione assurda. … questo non è finalizzato a garantire la sicurezza stradale, obiettivo sacrosanto, ma a far cassa a spese delle famiglie.”

Vero e sacrosanto. Specialmente, se si conoscono le norme tecniche dei contachilometri.

Parliamo del regolamento UN/ECE n. 39 che definisce le direttive per l’Europa sia per l’errore minimo ma anche quello massimo di un tachimetro.

In pratica, la velocità indicata sul tachimetro (contachilometri) la velocità indicata dal tachimetro non deve essere mai superiore al 110% + 4km/h della velocità effettiva. Ma questo serve per evitare frodi, derivanti dal credere di andare a 100 all’ora e in realtà la velocità effettiva è di 82 km/h.
Non è il nostro caso.

Viceversa, nel nostro caso, quel che conta è l’errore minimo indicato dal regolamento UN/ECE n. 39, che non deve mai essere inferiore alla velocità effettiva del veicolo. Questo per evitare ovvi rischi per la sicurezza stradale, guidando ad una velocità superiore di quanto si creda.

Il punto è che anche un tachimetro – come tutti gli strumenti di misura – ha un margine per la sua precisione e sono mediamente 2-3,5% gli scarti di precisione tra velocità effettiva e quella letta.

In altre parole, una autovettura – magari vecchiotta – potrebbe ritrovarsi anche con uno scarto del 5% tra velocità misurata ed effettiva, cioè andare a 53 km/h credendo di andare a 50 all’ora.
E questo è il nostro caso.

E’ corretto multare un automobilista che legge sul contachilometri 49 km/h, ma per l’autovelox va a 51 all’ora, come accade a Firenze? Oppure sarebbe corretto tenere conto della ‘precisione media’ dei tachimetri, come è norma per tutte le misurazioni?

A proposito, la precisione di qualsiasi strumento corrisponde con il più piccolo valore della lunghezza che si riesce a leggere sulla scala. E le tacche dei tachimetri vanno di 5 in 5 chilometri … figuriamoci vedere mentre si guida se sia un millimetro sopra o sotto la tacca dei 50 km/h.
Dovrebbe esser facile, vero?

A.G.

Donbass: una guerra per l’energia in 7 grafici (commentati)

3 Ott

Era il 9 dicembre 2019, quando si incontravano a Parigi Zelenski e Putin, per discutere di pace, con la mediazione del presidente francese Emmanuel Macron e della cancelliera tedesca Angela Merkel.
Si arrivava così al cessate il fuoco permanente, completamento dello scambio dei prigionieri, sminamento, apertura di nuovi varchi per i civili lungo la Linea di controllo, arretramento dei militari e dei loro armamenti da altre tre zone
È disgelo, ma non ancora pace”, titolava il giorno dopo Le Figaro, se Putin continuava a confermare tutta la sua arroganza e – dall’altro lato – “a Kiev i dimostranti in piazza lo tenevano d’occhio, per assicurarsi che non concedesse niente ai russi. E quando, qualche settimana prima del vertice, Zelenskiy ha accettato la cosiddetta Formula Steinmeier (una revisione degli Accordi di pace di Minsk, elenco dei passi da compiere per stabilizzare il Donbass), i nazionalisti radicali ucraini lo hanno chiamato traditore.” (fonte ISPI)

Veniva anche previsto un nuovo incontro – a Berlino in primavera – per i nodi più importanti da sciogliere: restituzione all’Ucraina del controllo dei confini, elezioni locali e status futuro delle regioni separatiste, i termini di una reintegrazione del Donbass in Ucraina. 
Poi la pandemia e non se ne è fatto più nulla.

Così la Russia restava convinta di una minaccia ai suoi confini (e stiamo toccando con mano l’efficienza delle forze ucraine), quando un anno fa – il 31 ottobre 2021 – si concludeva il G20 di Roma con l’accordo sulla decarbonizzazione e l’avvio della transizione ecologica con l’obiettivo emissioni zero “entro o intorno a metà secolo”.

Una pessima notizia per i produttori di petrolio, anche se alcuni (USA e Cina) hanno un forte mercato interno che avrebbe consentito una transizione ‘soft’ e altri tre (Russia, Arabia Saudita, EAU) che – essendone privi – si trovavano alle porte di una recessione ultradecennale, specialmente per la Russia che ha un esercito mastodontico e in territorio enorme con 170 milioni di persone, che i paesi arabi non hanno e non devono sostenere.

Per il gas, invece, c’è una situazione diversa, dato che c’è ha un impatto molto minore del petrolio o del carbone, le emissioni sono più controllabili e filtrabili, solo un produttore – le repubbliche ex sovietiche controllate dalla Russia – è egemone ma comunque non è monopolista e c’è chi ancora lo considera una forma di energia ‘rinnovabile’, come scopriremo alla fine del post.

Pochi lo ricordano, ma venti anni fa la contesa Ucraina-Russia iniziò con la questione dei gasdotti che proprio nel Donbass e dintorni smistano verso l’Europa il gas russo e per l’esercito sovradimensionato ex Patto di Varsavia, che era lì a protezione dei confini … russi verso la Nato.

E durante la pandemia e tutti i guai che ha portato, con Zelenski alle prese con le tensioni interne nazionali e vista la dipendenza europea dal gas russo, non è stato difficile per Putin immaginare di riprendersi gasdotti, porti e fabbriche di avionica tramite una ‘liberazione del Don orientale’, cioè aggiungendo il “Donbass Stream Hub” al Nord Stream 1-2 e South Stream, con l’intento di diventare monopolista energetico verso l’Unione Europea dopo esserlo già verso la Cina.

Una tendenza che gravava diversamente sulle nazioni europee, se prive o meno di grandi porti sull’Atlantico, come vediamo nella mappa, e che solo la Germania (da tempo) aveva sterilizzato portando i fabbisogni di gas per la produzione elettrica sotto il 10%.

La Germania, dunque, dipende da risorse estere solo per il 16% nel caso del gas per la produzione di energia elettrica. Naturalmente il bilancio è diverso nel caso del gas per uso domestico, ma tanto vale ancora di più per le altre nazioni europee.
Ma è anche una Germania che dipende per circa il 20% della produzione elettrica dalla Cina, dato che il fotovoltaico è per la maggior parte prodotto lì. Tanto per comprendere le profonde cause dell’attenzione statunitense verso … Formosa.

E, come vediamo dal grafico, il bilancio energetico italiano è drammaticamente diverso da quello tedesco (e francese o olandese): dipendiamo dalle importazioni per circa il 75% a causa della storica (fin dai Savoia) incapacità geopolitica a sfruttare i giacimenti condivisibili con nazioni partner nel Mediterraneo, oltre che nei ritardi nell’innovazione generale e nella diffusione del fotovoltaico.

Ritardi a loro volta dovuti sia alla limitata formazione e dotazione di personale tecnico che c’è in generale in Italia sia all’incapacità delle Amministrazioni competenti (Regioni) di programmare oltre la mera sussistenza sia per lo storico rapporto esistente tra una parte del panorama politico-culturale italiano e la Russia.

Dunque, finora i dati ci hanno raccontano quali interessi muovono le alleanze (o le crisi) tra i 5 principali attori energetici mondiali e quali sia il diverso impatto sulle economie europee delle contro-sanzioni russe.

E, forse, questo accade perchè – mentre trascorrevano anni per arrivare al Protocollo di Roma per la decarbonizzazione – l’astrofisica ha confermato che gli idrocarburi potrebbero essere inesauribili, se esistono non solo su Marte e gli altri pianeti esterni del sistema solare, ma anche sulle comete Halley e Hyakutake, nella polvere cosmica, nelle nebulose e nel gas interstellare.
Già nel 2004, la Missione Cassini-Huygens (NASA ed ESA) aveva confermato l’esistenza di abbondanti idrocarburi (metano ed etano) su Titano, un satellite (luna) di Saturno come precedentemente suggerito dall’astrofisico Thomas Gold.

In altre parole gli idrocarburi gassosi potrebbero avere ‘origine abiotica’ anche sulla Terra, cioè provenire dalle sue viscere contaminandosi con batteri nell’attraversare la crosta terrestre ed … essere inesauribili.

Intanto, l’impatto ambientale delle nuove tecnologie per arrivare alla decarbonizzazione è incalcolabile, ma certamente pesante, come lo sarà quello della transizione ‘elettrica’ su economia e consumi, cioè sicurezza, pace, povertà eccetera.
Viceversa, l’impatto ambientale, economico e sociale degli idrocarburi sono ben noti, sappiamo che sarebbero ancor più contenibili con tecnologie ibride e politiche ‘a chilometro zero’ e di gas ce ne è davvero tanto. Anche senza la Russia.

E siamo tutti in attesa della ‘fusione nucleare pulita’ in corso di sviluppo in Francia sulla base di scoperte italiane e che risolverebbe all’origine la fornitura di energia industriale e domestica.

E il petrolio?
Gli USA dipendono dall’Arabia Saudita, tanto quanto la Cina dipende dalla Russia e le ex repubbliche sovietiche.

E da questo derivano i rischi di una terza guerra mondiale.
Specialmente se l’Unione Europea non individuerà una road map ed un mediatore (Mario Draghi?) per convincere i due presidenti a sedersi ad un tavolo: prima della pace ci sono gli armistizi, che a loro volta vengono predisposti mentre la guerra è ancora in corso.

Dopo Sarajevo e Danzica, facciamo che la Storia europea non si ripeta nel Donbass.

Purtroppo, i referendum svoltisi in Donbass somigliano molto a tanti altri che hanno legittimato annessioni e unificazioni negli ultimi 180 anni, con corrispettiva nascita di forme di anti-Stato ancora oggi persistenti. Non vanno legittimati nè per quel che rappresentano oggi nè per quel che comporteranno in futuro.

Ma non perseguire almeno un armistizio, almeno per mettere in sicurezza le centrali nucleari e le popolazioni, come per consentire l’intervento internazionale ed accertare crimini e deportazioni, creando le premesse per una ‘restituzione’ dei territori, oltre ad essere poco giustificabile è proprio il fattore che fa espandere i conflitti.

Demata

Elezioni 2022: i perdenti

27 Set

Nel 2013, ben 292 iscritti al PD arrivarono al livello apicale della carriera politica, venendo eletti alla Camera; nel 2018 c’erano riusciti solo in 107 ed oggi si sono ridotti ad 80.

Nel 2013, erano 108 gli iscritti al M5S che arrivarono al livello apicale della carriera politica, venendo eletti alla Camera; nel 2018 erano addirittura 225 ed oggi si sono ridotti a 51.

Nel 2013, solo 18 iscritti della Lega arrivarono al livello apicale della carriera politica, venendo eletti alla Camera; nel 2018 erano diventati 123 ed oggi si sono ridotti ad 80.

Dunque, c’è poco da dire, se nei fatti accade che i “direttivi” di questi tre partiti si ritrovino dimezzati o peggio ancora nel giro di una o due consultazioni elettorali.

Nel caso del PD è evidente che la ‘rottamazione’ non ha avuto seguito: chi voleva rinnovamento oggi è fuori dal partito che a sua volta è prigioniero di logiche stataliste, consociative e redistributive, se la ‘roccaforte’ della sinistra è nelle scuole, nei sindacati, nelle redazioni e nel III settore.

Nel caso dei Cinque Stelle, è eclatante come il movimento fondato da Grillo & Casaleggio abbia preso un’altra strada e si sia affidato ad un uomo solo al comando, Giuseppe Conte, preferendo l’aborrita strada dell’assistenzialismo clientelare a quella (sognata) delle riforme e dell’innovazione.

Arrivati alla Lega, l’esplosione dei consensi per Fratelli d’Italia dimostra che la vera entità del fenomeno mediatico Salvini, che ha dimostrato una leadership monotòna (i migranti), eccessiva (la sicurezza) e miope (prima Di Maio + Conte, poi contro Draghi, puntualmente con Putin).

Ma annunciando diritto su diritto si allunga solo e a dismisura la fila degli astanti, assemblando la democrazia on line dal webmaster si perviene inevitabilmente all’uomo solo al comando, sbraitando nel cortile di casa si finisce prima o poi relegati tra quattro mura.

E chissà quante centinaia e migliaia di ex giovani oggi 50enni in questi ultimi 10 anni hanno ‘investito’ tempo e salute in una carriera politica che non arriverà mai. Se la Politica è comunicazione e marketing, andrebbero risarciti.

Demata

Elezioni 2022, vincono gli astenuti, Letta tiene, Salvini crolla, Meloni trionfa. Cosa cambia?

26 Set

Alle elezioni per il rinnovo del Parlamento ha votato il 63,91% degli aventi diritto, cioè circa 30 milioni di elettori per la Camera e poco più di 27 per il Senato.
Il 36% degli italiani (uno su tre) non si è riconosciuto nei partiti e nei candidati proposti.
Congratulazioni a Giorgia Meloni, ma l’Italia ha innanzitutto scelto il dissenso (e starà a lei riconquistarla).

Rispetto alle elezioni del 2018, il dato grezzo mostra che la coalizione Dem / Verdi SI / +Europa è riuscita a mantenere il proprio elettorato (che ha risposto prontamente all’appello ‘antifascista’, as usual) o, comunque, a riassorbirne le perdite.
Fatto sta che nel 2013 – con Bersani e Renzi, opponendosi ai Cinque Stelle e senza “allerta antifascista” – di voti il PD ne aveva presi quasi 3 milioni in più.

Andando ai risultati di coalizione, sorgono diversi quesiti:

  • il Campo Largo immaginato da Zingaretti e Conte avrebbe potuto superare il Centrodestra? Probabilmente no: Conte vince correndo da solo
  • preferire il centro di Azione IV (lasciando Verdi SI alla coalizione a Cinque Stelle) avrebbe aiutato il PD nell’attrarre il voto moderato e dell’Italia che produce?
    Certamente si: i risultati di oggi dimostrano che un’alleanza PD Azione IV raccoglie più voti
  • la responsabilità della debacle della Lega è tutta di Matteo Salvini?
    Probabilmente si: è lui che fece e lasciò il governo con l’allora sconosciuto (ed oggi potente) Giuseppe Conte ed è con lui che ha staccato la spina al governo Draghi

In altre parole:

all’appello manca un 10% di elettori rispetto alle medie storiche e certamente non sono quelli che da sempre votano ‘a destra’ o ‘a sinistra’; è venuto meno il centro moderato e produttivo

Giorgia Meloni ha conquistato il Parlamento, adesso deve conquistare gli italiani, specialmente quel 10% che si è astenuto, ma “conta” nelle imprese e negli uffici

il Centrosinistra ‘storico’ (PD e alleati) regge ma più di tanto non va con le sue priorità ‘sociali’ e ‘redistributive’, a meno di non cascare nel populismo come ai tempi del PCI

il dimezzamento dei voti per la Lega e per i Cinque Stelle dimostrano che un conto sono i Social, un altro i Media e un altro conto ancora sono le piazze quando poi si va alle urne

l’esito del voto capitolino (dove il Campo Largo ‘piace’) e quello (inverso e negativo) delle ‘province meridionali e insulari’ (con Napoli a capintesta) impone una seria riflessione politica nazionale ed internazionale

dulcis in fundo, a quel 10% ‘produttivo’ che si è astenuto il governo Draghi piaceva (magari non troppo, ma andava), come era stato per quelli tutt’altro che populisti di Monti, Renzi, Prodi e – prima ancora – Craxi e Spadolini; un’Italia rimasta senza un partito da oltre 20 anni?


Chiunque che sarà a capo della Res Publica italiana dovrà scegliere se correre dietro al Popolo ‘populista’ o lasciar lavorare i Liberti ‘professionali’ oppure lasciar arricchire i Senatori monopolisti e ‘sovranisti’.
Come al solito a Roma dal 2.700 a.C.

A.G.

Le ragioni di un’Italia in fuga dal Centrosinistra

22 Set

La vera domanda di queste elezioni è: al di sotto di quanti voti si parlerà di ‘disfatta’, se il dato è che Centrosinistra e M5S nel 2018 raccolsero collettivamente quasi 19 milioni di voti alla Camera?
Più di 10 milioni di voti (cioè circa il 35% dei votanti con il 35% di astensione) sarà una sconfitta ‘sopportabile’, anche se è un vero e proprio dimezzamento, oppure sarà riconosciuto come un punto di non ritorno della ‘centralità’ socialdemocratica maggioritaria?

E, mentre c’è chi ancora si diletta nel rilevare simpatie e trend nei Social da suggerire ai candidati, a debacle annunciata andiamo a vedere di cosa si tratta nella Realtà quotidiana, cioè ‘perchè’ la gente è attratta da certi riferimenti e non da altri.

A proposito di Sicurezza e Libertà private, in Italia in un anno si verificano 4 furti in casa ogni 1.000 abitanti, sembra molto poco, ma se si conta che in una casa di media ci stanno 3 persone, già siamo arrivati a 12 vittime ogni 1.000 residenti, che significa il 6% in cinque anni.
E non è poco.

A proposito di Istruzione e Innovazione (cioè Lavoro e Impresa), in Italia, 30 anni dopo il Progetto Brocca e le riforme a seguire che smantellarono la scuola di Giovanni Gentile, la situazione è grave: circa un terzo degli italiani comprende solo semplici testi, quasi la metà non sa fare i conti, pochissimi si aggiornano, tanti giovani stanno alla sala giochi.
Cosa che li rende molto esposti a truffe e fake news, oltre che a destinarli a professioni poco retribuite.

Riguardo i diritti universali, è emblematica la situazione attuale del Lazio – storicamente a governance ‘cattocomunista’ – dove 1/3 della popolazione ritiene di vivere in una realtà degradata, con stili di vita non di rado insalubri, e dove è complicato ottenere giustizia, ma può anche mancare l’acqua potabile e c’è poca speranza per chi è solo e/o anziano.

A parlare di Ambiente (e Rifiuti), sempre nell’esempio Lazio, vediamo che siamo ancora al piede di partenza con destinazione onerosa dei rifiuti in altre località e una qualità dell’aria non ottimale, nonostante la bassa densità demografica, l’esposizione a venti marittimi e l’esistenza di boschi e foreste.

Questi i motivi per cui il Centrosinistra perderà le elezioni e gli italiani, anche se le tre compagini (PD, Azione/IV e M5S) supereranno tutte e tre il 10% dei voti … dato che forse il 35% o forse oltre il 40% dei votanti si asterrà, trasformando un 6% in 10, un 9% in 14 o un 16% in 21 … sembra uno scioglilingua, vero?

A.G.

Sondaggi elettorali: vincere non significherà governare

28 Lug

Secondo le intenzioni di voto, a 2 mesi dalle elezioni politiche 2022 del 25 settembre, rilevate dal sondaggio Swg per il Tg La7, il 25 settembre vedremo Fratelli d’Italia primo partito al 25%, ma il dato più interessante è un altro.

Quanto ‘vale’ la maggioranza uscente?
Potrebbe riproporsi a stretto giro in un Parlamento senza più premio di maggioranza, magari in primavera, dopo un inverno freddo e in crisi con i rating che incalzano?

Ebbene, secondo SWG – La7, il Pd arriva al 23,2%, la Lega cala al 12,4%, Forza Italia resiste al 7,1%, Azione/Più Europa sale al 6% e Italia Viva resta stabile al 2,9% come i Verdi si attestano al 3,6%.

Totale, senza il partito di Giuseppe Conte, 55,2%.
Aggiungendo i Cinque Stelle, previsti all’11,1%, addirittura si arriverebbe al 66,3% dei parlamentari.
Una larga maggioranza.

Questo per i collegi proporzionali, ma cosa accade in quelli uninominali?
Il patto della coalizione prevede che vada a Fratelli d’Italia il 45% dei collegi uninominali vinti dalla Destra, che corrisponde il 25-35% del totale dei seggi.
Anche in questo caso, Fratelli d’Italia finirebbero ‘sotto’ in caso di ribaltone.

Resta solo da chiedersi se alla Lega ed a Forza Italia ‘convenga’.
Basta rileggere le cronache della crisi di governo appena conclusasi per constatare che tante resistenze alle riforme del PNRR arrivavano dal Centrosinistra e dai Cinque Stelle, non più di tanto dalla Lega e da Forza Italia, che – tecnicamente – non si sono pronunciate contro Draghi, bensì astenute dopo lo strappo interno del Campo Largo PD-M5S.

In altre parole, la ‘sicurezza’ è il cavallo di battaglia di Salvini che ricorre Meloni, ma il Centrodestra di Giorgetti e Moratti rappresenta elettori che vogliono maggiore concorrenza e più efficienza pubblica, non solo nelle concessioni o nei processi che bloccano innovazione e crescita, ma anche nelle associazioni e nei progetti che fagocitano quel che serve per innovazione e crescita.

Intanto, vincendo la Destra di Meloni, potremmo ritrovarci un Centrosinistra parlamentare finalmente depurato dalle componenti populiste, tanto minoritarie quanto sussidiate.
E con questi numeri, anche senza qualche ribaltone, sembra davvero ambiziosa l’idea che – in quattro e quattr’otto – Fratelli d’Italia da ‘partito del 6% fisso’ si rivelino essere un’esperta e compatta forza di governo.

Chissà che sorprese ci riserverà il 2023.

A.G.

Calenda e il 20% che non basta

23 Lug

Carlo Calenda, l’uomo nuovo e fuori dagli ‘schemi’ della politica italiana, annuncia l’obiettivo del 20% auspicando una convergenza ‘repubblicana’ centrista.

In concreto, diciamo che il 20% di 244 deputati eletti con il proporzionale fa 49 seggi in Parlamento, praticamente un deputato di centro eletto per ognuno dei 49 collegi elettorali.

Dunque, un eletto di Centro per collegio è un risultato ‘minimo’, visto che tra l’altro si coalizzano Calenda, Di Maio, Carfagna, Renzi, Della Vedova e magari Tosi, Gelmini chissà.

E non basterebbe a formare un governo con quel che resta del PD dopo essersi ‘allargato’ in territori alieni.
Specialmente se almeno una parte del Centro si professa ‘Repubblicana’, cioè in antitesi ai Dem.

Repubblicani atlantisti per l’Agenda Draghi alleati con i Cristiano democratici che hanno lasciato Forza Italia ma non il PPE?
Si può fare, non è molto diverso dalla Francia con Macron e non era troppo diverso con la prima Grosse Koalition in Germania.

Ma a maggior ragione ci sarebbe da puntare a ben più del 20% che il buon Calenda annuncia: in altre parole quanti mesi ancora durerà il sostegno dei Centristi alle giunte del PD (vedi Roma …) o della Lega (vedi la Lombardia)?

Questa è la vera ‘sfida’ dopo che Berlusconi ha annunciato la politica economica che porterà avanti la Destra post-fascista e che – seppur regressiva – è certamente attrattiva per ampie parti della popolazione, ormai allo stremo: pensionati, casalinghe, padroncini, invalidi.

Quel che c’è da chiedersi è quanto consenso “oltre il 20%” arriverebbe ai Centristi, se conducessero una campagna elettorale da veri Repubblicani, cioè ‘aggressiva’ in opposto ai totem della Sinistra quanto ‘di buon senso’ contro i radicalismi della Destra?

Questa è l’unica domanda reale a questo punto, in cui iniziano a delinearsi sondaggi e liste di candidati.
Vincerà solo il capolista in ogni collegio elettorale oppure si punta a maggiori opportunità, sfondando il muro del 20% al proporzionale?

Draghi raccontato da Tito Livo, 2.500 anni fa

21 Lug

La vicenda di Mario Draghi sembra una replica quasi identica di quella avvenuta 2.500 anni fa a Roma e raccontata da Tito Livo.

Tutti, infatti, sanno che la ‘repubblica’ nacque quando Roma si ‘affrancò’ dei re etruschi. Ma uscire dalla confederazione etrusco-latina era un disastro finanziario e commerciale: perché i romani vollero questo?

Andando a sfogliare Tito Livio, è facile scoprire perchè i romani si ribellarono a Tarquinio: la città era cresciuta tanto, ognuno aveva costruito come gli pareva e c’era da risistemare le fogne ‘pubbliche’, ma nessuno ne aveva voglia ed ogni familia proteggeva i suoi.

Quando Tarquinio decretò che i cives erano obbligati verso la salute pubblica e dunque dovevano contribuire o lavorare per rifare le fogne, fu rivolta.

‘Chi si crede di essere questo qui’ (… da cui il nickname di ‘superbo’): «noi insultati»

Dopo di che da un sistema di amministrazione federale (reggenti e consiglio cittadino), Roma passò all’autarchia inventando la Res Publica, la ‘cosa di tutti’, che in suonava come quel detto partenopeo “tutti uguali, tu fatichi e io magno”, come raccontò nei capitoli successivi Tito Livo.

Ovviamente, le fogne vennero rifatte anni dopo … con gli schiavi catturati nel saccheggio delle città limitrofe ex alleate, necessario innanzitutto a rimpinguare le finanze esauste. E così andò per qualche secolo.

Ma oggi gli schiavi sono vietati, c’è rimasto ben poco da saccheggiare ed è meglio essere amici di tutti.
Mica che per mascherare il Default “quelli lì” ci infilano in qualche guerra?

Demata

In balia dei Cinque Stelle (e dei Sindacati)

14 Lug

Se mandiamo via Draghi, oggi o tra un anno o due, … chi dovrebbe sostituire Draghi? Meloni, Zingaretti o Conte? Suvvia …

Detto questo, la memoria corte degli italiano forse dimentica che era ieri, il 2010, quando Mario Monti subentrò a Silvio Berlusconi, dato che erano necessarie e urgenti le riforme che l’innovazione che avevamo accantonato.
E non ce lo chiedeva l’Europa, ma i tempi che cambiano.

Monti durò poco pochi mesi, giusto il tempo di scaricare sulle pensioni la voragine dello Stato Sociale. Poi, quando si dovette passare alla P.A. e alla Spesa pubblica, il PD iniziò a traballare sotto la pressione di amministratori e sindacalisti.

Dovremmo anche ricordare, almeno se si è in politica o in una redazione, che andammo alle elezioni e nessuno vinse, ma tutti litigavano e l’ago della bilancia erano i Cinque Stelle. Così dopo diversi mesi di nuovo ci ritrovammo un presidente del Consiglio nominato al di fuori del Parlamento, che riuscì a far approvare una legge che riportava allo Stato il potere di subentro quando le Regioni sono inadempienti.
Lo usammo per rottamare chiunque avesse più di 50 anni e poi lo giubilammo con la scusa di un referendum. E le Autonomie rimasero … indipendenti o quasi.

Dopo di che votammo di nuovo ed è utile aggiungere che le leggi elettorali erano fatte in modo che alla Camera c’è sempre un partito che ha la maggioranza e al Senato non ce l’ha mai nessuno.
Insomma, vinsero i Cinque Stelle, anzi no vinse la Lega e il PD si trovò a fare da ago della bilancia, cosa che richiede scaltrezza e decisionismo … cioè non se ne fece nulla.

Ed a tal punto il nostro Presidente nominò uno sconosciuto avvocato pugliese a capo di una maggioranza che univa Cinque Stelle e Lega, con lo scopo dichiarato di incrementare la spesa pubblica ed in particolare quella ‘sociale’. Non si parlò più di ridurre almeno gli interessi che ci dissanguano, non di investire per creare occupazione, non di innovare PA e servizi pubblici: si ritornava alla spesa sussidiaria e clientelare della Prima Repubblica, incredibile ma vero.

Non poteva durare e dopo pochi mesi la Lega iniziò a discostarsi dai “se” e dai “forse” e dai “poi” che ispiravano il premier nominato. Ed arrivò in soccorso il PD, cioè con un magico tocco di Trasformismo, nacque l’alleanza M5S – PD che … avevano fatto ambedue campagna elettorale l’uno l’altro contro.

La sfortuna si accanisce, a volte. E fu con questo governo che affrontammo la Pandemia, prima di rinvio in rinvio, magari prendendo aperitivi per sdrammatizzare, poi serrando tutto e tutti per evitare il collasso generale dei servizi e … i morti. Dopo di che, quando c’era da ripartire, ogni regione per conto suo … tanto per riunire tutti i comitati dell’avvocato premier serviva ormai l’Auditorium di Roma.

Fu allora che, essendo i nostri politici del tutto incapaci di una programmazione politica economica, neanche se arrivano i soldi del PNRR, dovemmo nominare un nuovo presidente del Consiglio, anche lui estraneo al Parlamento.

Insomma, la Politica non è riuscita a darsi un Premier nominato tra i parlamentari, anzi 3 volte su quattro neanche proveniente da un partito.

Dunque, visto che il debito con Conte è esploso e che il PNRR le Regioni sembra quasi che non lo vogliono  … chi è che oggi non vorrebbe qualcuno come Draghi?
… il partito del reddito di cittadinanza e il sindacato degli enti locali: il Clientelismo è spontaneo in Italia.

Demata