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Il 25 settembre e gli effetti del Rosatellum

22 Lug

Sappiamo tutti come funziona il Rosatellum:

  1. 148 deputati dai collegi uninominali, 244 eletti con metodo proporzionale in 49 collegi plurinominali e 8 eletti all’estero
  2. 74 senatori dai collegi uninominali, 244 eletti con metodo proporzionale in 26 collegi plurinominali e 4 eletti all’estero.

Ma nessuno sa ancora quali conseguenze comporterà.

Ma trattandosi di numeri qualche proiezione è possibile: partiamo dall’unica cosa che interessa i partiti … c’è poco da dire:
– i Cinque Stelle potrebbero affratellarsi con comunisti e sindacato ‘contro l’Agenda Draghi’, cosa che andrebbe a sottrarre ulteriori voti al PD, da 20 anni in difficoltà perchè non riesce a liberarsi del voto di protesta ex PCI e populista ex DC, cioè ritrovarci con un discreto numero di parlamentari “di lotta e di governo”;
– il PD rischia di non avere abbastanza poltrone per l’enorme apparato ereditato dal DC e PCI, se questa volta non si attestasse definitivamente al Centro, cioè l’area moderata, dato che … oggi non ha più l’alibi dell’antiberlusconismo;
– la Destra (Lega+FdI) rischia di avere troppe poltrone per l’esiguo apparato che si ritrovano con la probabilità che molti eletti siano alle prime armi o portatori di meri interessi localistici (es. concessioni, partite iva, filiere regionali eccetera), cioè lo stallo parlamentare per default di Bilancio entro maggio 2023, non appena i dati Istat e dei rating fossero diffusi;
– il Centro di Renzi, Di Maio, Tosi e Carfagna + altri rischia di estinguersi senza una coalizione visto serve ben altro che superare la soglia del 3% per eleggere un singolo parlamentare.

E qui arriviamo all’aspetto meno considerato dalla Politica tanto quanto è essenziale per lavoro, affari, sicurezza e resilienza, cioè il consenso effettivo, anche detto ‘governabilità’ e ‘stabilità’.
Lo scenario non è lusinghiero, facciamo qualche esempio.

Nei collegi uninominali, i votanti sono di media 500mila ogni senatore eletto e 300mila ogni deputato.
Finchè l’astensione e la dispersione dei voti si mantengono entro un limite accettabile (80%) è possibile che l’eletto goda di un’effettiva maggioranza dei consensi.

Viceversa, se i voti persi o dispersi fossero oltre il 30% viene a crearsi una situazione bizzarra in cui si va in Parlamento con forse il 15% del quorum, cioè nulla in termini di consenso e tantissimo se guardiamo al dissenso.

Nei collegi plurinominali, apparentemente va un po’ meglio nei numeri e nella ‘formula’ (proporzionale), ma salvo sorprese locali non sembra esserci chance per i partiti minori, dato che serve almeno il 10% dei voti per eleggere un deputato e ben oltre per un senatore.

Questo significa che la Destra (Forza Italia non esiste più …) potrebbe fare anche il pieno di poltrone in Parlamento, ma con un Paese ostile e questo creerebbe delle premesse molto fosche per l’Italia, se già solo il defenestramento di Draghi ci sta costando (oggi) un 2-3% di inflazione extra che … i populisti vogliono affrontare con una … adeguata recessione.

Allo stesso modo il PD potrebbe escogitare l’ennesima ‘grosse koalition’ per mantenere le posizioni, ma poi sarebbe dilaniato all’interno come al solito con una maggioranza flebile sempre che non finisca nei banchi dell’opposizione a cui proprio non è avezzo, magari attorniato da cinquestelle e comunisti.

Dunque, il disastro del Rosatellum ‘ultramaggioritario’ e l’anomalia di un premier ‘nominato’ … a furor di popolo continueranno a far danni anche questa volta, sia ai partiti sia agli elettori?

In teoria si, i numeri dimostrano che il Rosatellum risponde solo ad esigenze maggioritarie dei partiti in Parlamento, come lo era il Mattarellum incostituzionale.
Ma ambedue non assicurano la governabilità per il semplice motivo che NON rappresentano adeguatamente né la proposta candidati verso i votanti né il consenso degli elettori verso gli eletti.

Demata

Democrazia + Populismo = Trasformismo

18 Lug

Quando nell’Ottocento si arrivò a formare i Parlamenti, questo avvenne perchè non bastava più la Camera del Re (e dei Nobili) per amministrare la nazione.
Il Re e i Nobili erano proprietari solo di una (ampia) parte del territorio e del prodotto, come di una (minor) parte del capitale e dei nascenti brevetti.

Infatti, i primi Parlamenti erano ‘censuari’, in pratica avevano diritto di voto i produttori di reddito in proporzione al volume prodotto.
Verso la fine dell’Ottocento sorsero i primi squilibri di questo sistema, a mano a mano che la manodopera industriale e commerciale cresceva di numero.

Un conto erano le ‘masse operaie e rurali’, facilmente suscitabili quanto manipolabili, un altro le corporazioni di artigiani, esercenti e fittavoli che da generazioni e secoli amministravano se stessi e i propri lavoranti.
Inoltre, le ‘masse’ accettavano il lavoro nero a differenza degli ‘specializzati’, come racconta Karl Marx, ed era impossibile determinarne un reddito / diritto censuario.

Così si arrivò al suffragio universale in senso moderno, includendo tra i decisori anche i ‘non occupati’ ed ai ‘sottoccupati’, purchè maschi e non pregiudicati.
Infine, il voto venne esteso alle donne e ai criminali.

Ma il sistema parlamentare si fonda sul consenso e la propaganda, non sulla buona amministrazione e la bona fidae.

Sistema parlamentare – politico e partitico – che da decenni deve confrontarsi con una società in cui gli elettori sono ‘consumatori’, sempre più spesso ‘sottoccupati’, ‘non occupati’ eccetera.

Dunque, se la propaganda politica deve adeguarsi a quella prevalente degli ‘stili di vita’ veicolati dalla pubblicità, il consenso sempre più verte su sussidiarietà, consociativismo, indebitamento.
Un circolo vizioso nel consumare oggi quel che servirà domani, che si perpetua tra una popolazione sempre meno consapevole di quali sono i fattori di crescita su cui dovrebbe investire.

Questo è lo stallo della Politica italiana che le Agenzie di rating sottolineano da oltre un decennio.
Ed in questo stallo il Partito Democratico ha responsabilità enormi, con i suoi ‘distinguo’ e con le sue ‘alleanze’ … tanto attente al marketing elettorale quanto hanno affossato Prodi e Monti.
Forse anche Draghi, che rinuncia perché il PD non sceglie tra lui e Conte, tra il PNRR e la Cgil, tra le Riforme e … l’inedia. 

Demata

In balia dei Cinque Stelle (e dei Sindacati)

14 Lug

Se mandiamo via Draghi, oggi o tra un anno o due, … chi dovrebbe sostituire Draghi? Meloni, Zingaretti o Conte? Suvvia …

Detto questo, la memoria corte degli italiano forse dimentica che era ieri, il 2010, quando Mario Monti subentrò a Silvio Berlusconi, dato che erano necessarie e urgenti le riforme che l’innovazione che avevamo accantonato.
E non ce lo chiedeva l’Europa, ma i tempi che cambiano.

Monti durò poco pochi mesi, giusto il tempo di scaricare sulle pensioni la voragine dello Stato Sociale. Poi, quando si dovette passare alla P.A. e alla Spesa pubblica, il PD iniziò a traballare sotto la pressione di amministratori e sindacalisti.

Dovremmo anche ricordare, almeno se si è in politica o in una redazione, che andammo alle elezioni e nessuno vinse, ma tutti litigavano e l’ago della bilancia erano i Cinque Stelle. Così dopo diversi mesi di nuovo ci ritrovammo un presidente del Consiglio nominato al di fuori del Parlamento, che riuscì a far approvare una legge che riportava allo Stato il potere di subentro quando le Regioni sono inadempienti.
Lo usammo per rottamare chiunque avesse più di 50 anni e poi lo giubilammo con la scusa di un referendum. E le Autonomie rimasero … indipendenti o quasi.

Dopo di che votammo di nuovo ed è utile aggiungere che le leggi elettorali erano fatte in modo che alla Camera c’è sempre un partito che ha la maggioranza e al Senato non ce l’ha mai nessuno.
Insomma, vinsero i Cinque Stelle, anzi no vinse la Lega e il PD si trovò a fare da ago della bilancia, cosa che richiede scaltrezza e decisionismo … cioè non se ne fece nulla.

Ed a tal punto il nostro Presidente nominò uno sconosciuto avvocato pugliese a capo di una maggioranza che univa Cinque Stelle e Lega, con lo scopo dichiarato di incrementare la spesa pubblica ed in particolare quella ‘sociale’. Non si parlò più di ridurre almeno gli interessi che ci dissanguano, non di investire per creare occupazione, non di innovare PA e servizi pubblici: si ritornava alla spesa sussidiaria e clientelare della Prima Repubblica, incredibile ma vero.

Non poteva durare e dopo pochi mesi la Lega iniziò a discostarsi dai “se” e dai “forse” e dai “poi” che ispiravano il premier nominato. Ed arrivò in soccorso il PD, cioè con un magico tocco di Trasformismo, nacque l’alleanza M5S – PD che … avevano fatto ambedue campagna elettorale l’uno l’altro contro.

La sfortuna si accanisce, a volte. E fu con questo governo che affrontammo la Pandemia, prima di rinvio in rinvio, magari prendendo aperitivi per sdrammatizzare, poi serrando tutto e tutti per evitare il collasso generale dei servizi e … i morti. Dopo di che, quando c’era da ripartire, ogni regione per conto suo … tanto per riunire tutti i comitati dell’avvocato premier serviva ormai l’Auditorium di Roma.

Fu allora che, essendo i nostri politici del tutto incapaci di una programmazione politica economica, neanche se arrivano i soldi del PNRR, dovemmo nominare un nuovo presidente del Consiglio, anche lui estraneo al Parlamento.

Insomma, la Politica non è riuscita a darsi un Premier nominato tra i parlamentari, anzi 3 volte su quattro neanche proveniente da un partito.

Dunque, visto che il debito con Conte è esploso e che il PNRR le Regioni sembra quasi che non lo vogliono  … chi è che oggi non vorrebbe qualcuno come Draghi?
… il partito del reddito di cittadinanza e il sindacato degli enti locali: il Clientelismo è spontaneo in Italia.

Demata

Mattarella, Draghi e il paese di schiappe

30 Gen

Mattarella e Draghi, centocinquantaquattro anni in due e … c’è chi si lagna

In effetti, c’è sempre chi si lamenta, tutti talvolta si lamentano ed alcuni ne hanno l’abitudine.
C’è riuscito persino il Centrosinistra con la candidatura della senatrice Casellati da parte del Centrodestra, almeno come proposta “di bandiera” per onorare l’incarico istituzionale, visto che i candidati a presidente non cascano dal cielo, come forse credevano i followers di Letta e Conte.

Dicevamo degli inossidabili nati prima del 1950 che in Italia (ma anche in USA) sono ancora agli apici del potere in un paese dove i partiti odierni pensano troppo al marketing e poco alle riforme.

Secondo logica almeno per quanto riguarda cariche ‘senatorie’, se competenze ed esperienza maturate non sono un’opinione, alla generazione degli 80enni (Berlusconi, Mattarella, Amato, eccetera) avrebbe dovuto succedere già da tempo quella dei 60enni.
A chi aveva 20 anni negli Anni 60 e aveva visto la rivoluzione elettronica doveva subentrare chi aveva 20 anni negli Anni 80 e aveva fatto la rivoluzione digitale.

Ma c’è che chi aveva 20 anni negli Anni 80 (e non si confondeva con le masse ancora “ammalate di Guerra Fredda”) era particolarmente disilluso dalla politica degli Anni 50, 60, 70 e pregressi. All’estero, la meritocrazia che l’innovazione ha portato è quella degli innovatori (bene o male che sia) come Xi Jinping, Vladimir Putin, Angela Merkel. Da noi no.

Da noi, eccetto la breve primavera rutelliana, chi guardava al futuro si dedicò ad altro: famiglia, carriera, lavoro sociale, spiritualità, arte, hobbies, eccetera.
La generazione di Bill Gates, insomma.

Del resto, i tecnici non sono bene accetti negli ambienti umanistici e meno ancora per la ‘comunicazione’ o, peggio per la politica, che vivono di parole con 8-12 ore di riunioni al giorno: i tecnici hanno soluzioni e certezze cioè sono ‘assertivi’, hanno regole e metodo cioè sono ‘divisivi’, presentano un progetto e un cronoprogramma cioè sono ‘soli al comando’, eccetera.

Dunque, dopo aver smantellato in Italia la (nostra) seconda industria manifatturiera d’Europa vagheggiando una crescita turistica a peso d’oro, … i partiti e la politica … hanno fatto di tutto per NON tenersi al passo del cambiamento, pur di accontentare i clientes in arrivo dalla provincia e dalle ‘diseguaglianze’:
E oggi, dopo 40 anni circa, qualsiasi soluzione “tecnica” confligge con lo status quo del sistema e/o con i luoghi comuni del consenso e – soprattutto – scavalca la logica “destra contro sinistra e sinistra contro destra” con cui i partiti raccolgono voti. 

Ce ne stiamo accorgendo tutti per il PNRR che i siti di Regioni, Comuni e Amministrazioni che non sono ‘pronti’ nè – comunque – pubblicano all’Albo chissà quali bandi e programmazione.

Già, con la rottamazione sorge la difficoltà per i profani e i neofiti di comprendere e rielaborare un sistema nazionale che ha le sue radici giuridiche nell’800, tutte ancora avvolte dalla coltre dei complotti e delle cospirazioni di allora.

Ma non solo.

I risultati della ‘rottamazione’ e del ricambio generazionale in Parlamento sono sotto gli occhi di tutti: dal Centrosinistra neanche il nome di un candidato presidente uno … sia perchè i partiti sono un esercito di diplomati o di laureati senza esperienze pregresse sia perchè chi ha meno di 50 anni nelle scuole (e nelle università) ha appreso in buona parte saperi datati già negli Anni 80 impartiti da personaggi arrivati dagli Anni 70.

Non bisogna fare di tutta un’erba un fascio.
Giusto. Infatti, ogni anno sembra siano 2-300.000 le giovani eccellenze che scelgono … l’esilio. 

E anche questa volta il ‘nerd’ Renzi e Italia Viva hanno visto giusto.

Ci teniamo Mattarelli e Draghi?
Benissimo, ottima scelta, e chi se ne lagna prenda atto che è grasso che cola, se ormai siamo quasi un paese di schiappe e ignavi, mentre abbiamo solo 5 anni per fare il miracolo e risollevare la qualità produttiva e il PIL.

Demata

Elezioni, referendum e l’astensione degli esclusi

12 Ago

E’ difficile immaginare che il 36% dell’elettorato italiano (43% a Roma) uscirà di casa per votare: sono gli over65, infamati e rottamati.

E’ il popolo delle RSA ‘a porte aperte’, degli ambulatori ‘chiusi per Covid’ e dei luoghi per gli ‘anziani’ che non ci sono. Il popolo di quelli che gli lesinano 30 euro sulla pensione, ma poi li regalano alle partite Iva.
E sono quelli che si sentono sicuri con i lockdown locali, anzichè attendere quello nazionale, e che potrebbero uscire e frequentare amici, se i ‘giovani’ evitassero assembramenti e usassero le mascherine e se i Sindaci intervenissero. 

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Del resto, se sono dieci anni che Casaleggio, Di Maio, Salvini, Zingaretti, Renzi pretendono e propagandano la cancellazione del ceto politico nato prima degli Anni ’70, prima o poi doveva accadere che l’elettorato si spaccasse trasversalmente alle generazioni.
E l’Emergenza Covid voluta da Conte nei modi che conosciamo li ha del tutto cancellati dal lavoro e dalla vita sociale: invalidi, malati cronici, anziani, congiunti di malati fragili eccetera.

Dunque, la percezione generale già a partire dai nostri cinquantenni è quella di una scena politica okkupata da una generazione di ‘giovani’ parvenus senz’arte nè parte, affamata solo di poltrone e potere.

Inoltre, ci perdonino i ‘giovani del cambiamento’, ma il repulisti e le riforme promesse non si vedono all’orizzonte. Anzi, si ritorna a ‘soluzioni’ legislative di era fascista, come la ‘tessera’ del pane oggi ‘reddito’ o ‘bonus’, e come la ‘nazionalizzazione’ e la ‘cassa integrazione’ con cui DC+PCI devastarono l’occupazione italiana.

Intanto, la disperazione a cui ci ha portato il malgoverno locale potrebbe indurre tanti a seguire quel candidato/a che si presenti come ‘uomo del destino’, il ‘salvatore’ che inconsciamente attendono, mettendosi … nelle mani di qualche ennesimo ‘giovane’ privo di requisiti, ma desideroso di poltrone.

Le elezioni amministrative si svolgeranno con alcune anomalie: un paio di generazioni ne sono escluse a priori, un’altra vi si sostituisce per mera assenza di contendenti, quella emergente aspetterà in eterno. 

Se davvero i partiti italiani vogliono governare la transizione e l’innovazione, permettendo allo Stato e alle Regioni di uscire dal deficit e dal declino, troveremo in lista tra i candidati di punta dei 60enni esperti, dei 50enni operativi, dei 40enni in carriera, dei 30enni di talento.
Se, come oggi in Parlamento, dovessimo ritrovarci quasi esclusivamente con under50 in carriera, è presto detto: gli anziani sono del tutto esclusi e può starci una riduzione dei parlamentari del 30%.

Il referendum? Beh … con i ‘giovani 40enni’ che non hanno fatto figli, tra 2-4 legislature gli elettori saranno la metà di oggi e gli over60 – ‘dovendo morire’ – sono esclusi già oggi:  a cosa servono tanti parlamentari come ora?
Anzi, perchè non dimezziamo consiglieri regionali e comunali, che sono oltre centomila?

Il tutto senza parlare della convinzione – ormai abbastanza diffusa anche tra i più giovani – che la generazione degli Anni ’70 italiani rimasta priva dei milioni di ‘eccellenze tecniche’ traslocate all’estero sia oggi davvero poco adeguata alla governance, essendolo già stata verso il lavoro e verso l’istruzione.

Demata

Chi ha letto Jean Jacques Rosseau?

5 Set

Sarà sempre troppo tardi quando qualcuno si prenderà la briga di leggere qualche citazione di quel signore a cui è ispirata la Edemocracy che ha deciso questo governo: Monsiuer Jean Jacques Rosseau.

Sarebbe importante leggerlo Rosseau, dato che è famoso grazie ad una ‘fake news’: quella che mise in giro la voce che nasciamo tutti buoni e ottimi, ma è poi la società a tarparci le ali e renderci malvagi.

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Ovviamente, è impossibile che Grillo e Casaleggio jr. come Di Maio o Di Battista non conoscano il pensiero dell’uomo a cui si ispirano, quello di M. J.J. Rosseau, e che Renzi e Zingaretti ignorino perchè Emma Bonino ha votato contro questo governo ‘avallato’ da settantamila sconosciuti on line.

Democrazia: “Se ci fosse un popolo di dei, si governerebbe democraticamente. Un governo così perfetto non è adatto agli uomini. “

Educazione:“La sola abitudine che si deve lasciar prendere al fanciullo è quella di non contrarne nessuna.” 

Responsabilità:“La più grande, la più importante, la più utile regola di tutta l’educazione? È non di guadagnare tempo, ma di perderne.” 

Pari opportunità: “Nessuno si annoia mai della sua condizione, quando non ne conosce di più piacevoli.” 

Sanità: “Non so di che malattie ci guariscano i medici, ma so di certo che ce ne inoculano di assai funeste: la viltà, la pusillanimità, la credulità, il terrore della morte. Se guariscono il corpo, uccidono il coraggio. La sola parte utile della medicina è l’igiene; e anche l’igiene, del resto, più che una scienza è una virtù”.

Giovani: “Si pensa soltanto a conservare il proprio figlio: non è sufficiente; occorre insegnargli a conservarsi da sé quando sarà adulto, a sopportare le percosse del destino, a sfidare l’opulenza e la miseria”.

Movida e reddito: “La temperanza e il lavoro sono le due vere medicine dell’uomo: il lavoro stimola il suo appetito e la temperanza gl’impedisce di abusarne”. 

Giustizia: “Chiunque arrossisce è già colpevole: la vera innocenza non ha vergogna di niente.”

Sicurezza: “L’ordine sociale è un diritto sacro, che serve da base a tutti gli altri”.

Impresa: “Il primo uomo che ha recintato un pezzo di terra dicendo: ‘È mia’ e che ha trovato gente tanto semplice da credergli, è stato il vero fondatore della società civile.”

Scienza:“Le idee generali e astratte sono la fonte dei più grandi errori degli uomini.” 

Innovazione:Tutto è buono quando esce dalle mani del Creatore, tutto degenera nelle mani dell’uomo.” 

Informazione: “Si è curiosi soltanto nella misura in cui si è istruiti.” 

Libertà: “Da solo il popolo vuole sempre il bene, ma non sempre, da solo, lo vede.”

Questo, dunque, l’ideale condiviso da Beppe e Davide, da Luigi e Alessandro, oggi sostenuto anche da Nicola, Matteo, Giuseppe ed … i circa settantamila cripto-votanti di Rosseau.

Ed adesso avrete anche capito uno dei perchè +Europa avrebbe dovuto votare contro alla Camera, come Emma Bonino ha fatto al Senato, e perchè Forza Italia – a differenza dei post comunisti di LeU –  non ha neanche preso in considerazione l’ipotesi.

Demata

L’Italia vista dai meccanici e dagli hardwaristi

2 Set

Un veicolo per funzionare necessità di più “motori”.

Ad esempio, nella nostra autovettura c’è quello di avviamento, quello a scoppio, quello ‘inerziale’ (volano), quello elettrico (dinamo) che da corrente e ricarica la batteria, eventualmente quello elettrico nelle ibride, la centralina che è la rappresentazione logica del motore e non solo.

 

Qual’è la situazione della nostra (ex) bella Italia?

Innanzitutto, c’è che la centralina deve basarsi su un processore e un sistema operativo strutturati con tutti i limiti e i vizi che c’erano dopo il 1871, quando il Meridione era una quasi una colonia, il Vaticano quasi una banca da nazionalizzare e la ‘nazione’ coincideva più o meno con la famiglia Savoia e la sua corte di provinciali.

Un ristretto ‘core’ di poteri e di norme che sopravvisse alla Seconda Guerra Mondiale e fu upgradato alla meno peggio nel 1974 con un software di emulazione come nel 1922, senza sostituire la CPU nè riprogettare la scheda madre e, soprattutto, presumendo che fosse eterno, senza manutenzione od aggiornamenti.
Oggi, la dimensione debordante di questo software non è quantificabile, ma consta di centinaia di migliaia di leggi, determine, delibere e circolari.

Lo stesso accade per:

  • le costanti perdite di olio, acqua o benzina, cioè gli sprechi,
  • la trasmissione che è logora e va a scossoni, cioè malessere e andatura lenta,
  • luci ed elettronica che malfunzionano, cioè regole double face,
  • la carrozzeria rabberciata, cioè degrado urbano e del paesaggio.

E ritornando al ‘motore’ ed alle sue ‘parti’:

– l’ibrido (l’innovazione) diventa un costoso, superfluo e deregolabile ‘accessorio’, in realtà si va sempre avanti ‘a benzina’ (cartaceo)
– la corrente generata è alternata, mentre batteria e impianti richiedono quella continua
– lo spreco inizia dal volano dove si consuma nei pesi e contrappesi dell’obsoleto software di emulazione
– il motore a scoppio (il ‘pubblico’) è sempre quello di una volta e decisamente arranca
– il motorino di avviamento e i contatti della dinamo soffrono degli agenti atmosferici ed ambientali, cioè sono affidati al “fattore caso”
– il linguaggio con cui comunicano i diversi apparati e sistemi dell’autovettura deve essere necessariamente molto semplificato.

Dunque, dal punto di vista “funzionale” questo è il nostro (ex) Bel Paese.

La domanda che dovrebbe sorgere spontanea è semplice.

Come mai potrà uscire l’Italia da questo gorgo inabissante, se in Parlamento ed al Governo troviamo quasi solo avvocati, medici e diplomati oppure se i ministri dell’Economia e Finanze, delle Infrastrutture e dell’Istruzione durano spesso meno di una legislatura?

E quando prenderemo atto che la visione della ripresa italiana è sostanzialmente omogenea leggendo le dichiarazioni dei ‘tecnici, cioè Calenda, Cottarelli, Cantone e … Landini o Draghi?

Demata

La responsabilità storica di Nicola Zingaretti

23 Ago

Sarebbe bastato sostenere un governo Conte bis, dando spazio a Matteo Renzi ed ai molti parlamentari che lo seguono e che hanno un dialogo con i Cinque Stelle, per riportare il Partito Democratico al governo in una fase determinante per il futuro dell’Italia.

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Invece no, Zingaretti ha confermato che il PD che ‘decide’ è quello dei notabili ‘regionali’, cioè quello che ha scatenato il malcontento che da anni sostiene Cinque Stelle e Lega e che da sempre è diffidato dalle varie anime liberali.

Ed è spesso anche il PD di quelli che a fine mandato lasciano sempre più tasse, più tagli e più debiti: tutti ricordiamo il debito strutturale di Roma lasciato da Valter Veltroni ed oggi sulle spalle di Virginia Raggi. E, comunque, basta vedere la Regione Lazio di Nicola Zingaretti che ogni anno spende oltre metà del bilancio solo per coprire debiti e mutui, investimenti e innovazione poco e nulla, spese di personale elevate, qualità dei servizi tutta da capire, in alcuni casi addirittura a partire da quali prestazioni offrano …

Non è un caso che in questi giorni accanto a Nicola Zingaretti si sono visti Del Rio, Orlando e Gentiloni, ma non Matteo Renzi nè Serracchiani o Boschi, Giachetti o Martina, Calenda o Picierno o Pisapia.
Quale PD rappresenta Zingaretti nella trattativa con i Cinque Stelle: l’apparato o i parlamentari? I notabili o la base? 

La questione è di rilievo sia in un’alleanza con i Cinque Stelle sia per qualsiasi governo futuro: il PD di Zingaretti è per caso ancora quello del volontariato trasformato in business, della cultura ridotta a propaganda, dell’innovazione fine a se stessa, delle manutenzioni demandate ai posteri e della Sanità fai da te causa debiti ?

Se tale fosse il PD di Nicola Zingaretti – e sembra proprio che lo sia – è difficile che Di Maio e Casaleggio, seppur inesperti, vadano a replicare in segno opposto col  PD l’esperienza appena conclusa con la Lega.

Matteo Renzi ha raccolto molte antipatie e lo stesso vale per Elena Boschi, ma il percorso che avevano tentato andava nella stessa direzione dei Cinque Stelle: Zingaretti ed il suo PD sono proprio quello contro cui sono sorti i Cinque Stelle.

Non è la prima volta che i Democrats italiani arrivano al momento cruciale con il segretario sbagliato …

Già, perchè mentre tutti noi siamo preoccupati per i circa 28 miliardi di euro che vanno trovati per evitare l’ennesimo baratro, Nicola Zingaretti annuncia una ‘imposizione fiscale progressiva‘ … mica per risanare un tantinello il bilancio che fa acqua o per rilanciare l’occupazione eccetera … no, l’imposizione fiscale annunciata dal PD serve per “redistribuire il reddito e combattere le disuguaglianze”.

De Angelis per Huffington Post racconta che: “due ore per un segnale che non arriva, il volto scuro, le parole con cui certifica il doppio forno, il Capo dello Stato prende atto della crisi dentro i partiti. Entro mercoledì il nome di un premier o lo scioglimento“. 

Scioglimento del PD per salvare il Parlamento o scioglimento del Parlamento per salvare il PD in attesa che si divida secondo natura?
Questa è e sarà la responsabilità storica di Nicola Zingaretti.

Non è il solo: ci sono le responsabilità passate di Occhetto, Veltroni e D’Alema nelle fasi precedenti al PD e c’è ancora oggi il ruolo epocale di Berlusconi nel paralizzare tutto il Centrodestra.
Bisognerebbe ripartire dal 1946 e da De Gasperi, ma dove trovare i soldi del Piano Marshall per far ripartire l’Italia?

Demata

Le accuse di Giuseppe Conte a Matteo Salvini

20 Ago

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Giuseppe Conte: “Il governo finisce qui, mi dimetto. Salvini ha compromesso interessi nazionali per i suoi. Su piazze e poteri una concezione che preoccupa’

“Amici della Lega, per preparare e giustificare la scelta di far ritorno alle urne elettorali, avete tentato, maldestramente, di accreditare l’idea di un “governo dei no” e del “non fare”.

Pur di battere questa fatua grancassa mediatica avete macchiato quattordici mesi di intensa attività di governo.

In questo modo avete offeso non solo il mio impegno personale, ma anche la costante dedizione dei vostri stessi Ministri e Sottosegretari, che mi hanno affiancato sino all’ultimo giorno nelle attività di governo. In questo modo avete offeso la verità dei fatti.

Avete oscurato le misure per rafforzare la sicurezza che i cittadini attendevano da tempo; le norme anticorruzione, il protocollo di azione per la “terra dei fuochi”, il codice rosso contro la violenza alle donne.

Avete oscurato tutte le varie misure adottate per accelerare e rilanciare gli investimenti: il decreto crescita, lo “sblocca cantieri”, il decreto semplificazioni, il decreto Genova, il piano “ProteggiItalia” contro il dissesto idrogeologico, le norme per sboccare i fondi per l’edilizia scolastica, per sbloccare gli avanzi di amministrazione dei comuni.

Avete calpestato le misure di protezione sociale che insieme abbiamo adottato: quota 100, decreto dignità, reddito di cittadinanza, rimborsi ai risparmiatori truffati dalle banche.

Avete offuscato la miriade di iniziative che sono valse a sbloccare opere ferme da anni: il Tap, il Terzo valico, le autostrade Asti-Cuneo e Ragusa-Catania, il quadrilatero Marche-Umbria, gli aeroporti di Crotone, Foggia e Reggio Calabria, il porto di Gioia Tauro; le varie misure di risoluzione delle crisi aziendali, per rilanciare il Sud, per tenere fuori la politica dalla sanità, per rafforzare la ricerca, per rendere più efficiente la pubblica amministrazione e per sbloccare le assunzioni nel pubblico impiego; ricordo che adesso disponiamo, finalmente, di un unico piano tariffario per le concessioni autostradali che ci consentirà di controllare più efficacemente gli effettivi investimenti ed eventuali aumenti dei pedaggi.

Avete cancellato i vari provvedimenti con cui abbiamo avviato la riforma fiscale e abbiamo investito nell’innovazione tecnologica.

Avete oscurato gli interventi di riforma della governance dello sport e i successi ottenuti con l’assegnazione a Milano-Cortina delle Olimpiadi invernali 2026 e delle Atp finals di tennis a Torino.

All’indomani della competizione europea, il Ministro dell’Interno e leader della Lega, forte del successo elettorale conseguito, ha posto in essere un’operazione di progressivo distacco dall’azione di governo, un’operazione che ha finito per distrarlo dai suoi stessi compiti istituzionali e che lo ha indotto alla costante ricerca di un pretesto che potesse giustificare la crisi di governo e il ritorno alle urne.

Questa decisione, tuttavia, ha compromesso il lavoro già avviato per la definizione della legge di bilancio, che avrebbe introdotto una più incisiva riforma fiscale, contenente quella che con formula semplificata viene definita flat tax, ma anche una riforma della giustizia tributaria e la necessaria riduzione del cuneo fiscale, misure di sostegno agli investimenti e all’export, un piano di rilancio per il Sud, vari interventi nel segno della spending review, un progetto articolato e compiuto di privatizzazioni.

Parimenti compromesso risulta l’ampio disegno riformatore affidato al Parlamento, dove sono in corso di esame vari disegni di legge di delega, che, una volta approvati, avrebbero consentito al Governo di adottare vari decreti legislativi contenenti codici di settore mirati a riordinare la legislazione e a semplificare la burocrazia in tutti i principali settori di attività.

Lo scioglimento anticipato delle Camere arresterebbe anche le riforme del codice di procedure civile e del codice di procedura penale, oltreché del CSM, pensate soprattutto per accelerare i tempi della giustizia e rendere così più competitivo il nostro Paese anche agli occhi degli investitori stranieri.

Caro Ministro dell’Interno, caro Matteo, promuovendo questa crisi di governo ti sei assunto una grande responsabilità di fronte al Paese.

Hai annunciato questa crisi chiedendo “pieni poteri” per governare il Paese e ancora di recente ti ho sentito invocare le piazze a tuo sostegno. Questa tua concezione mi preoccupa. Innanzitutto, le crisi di governo, nel nostro ordinamento repubblicano, non si affrontano e regolano nelle piazze, ma nel Parlamento.
In secondo luogo, il principio dei pesi e contrappesi è assolutamente fondamentale perché sia garantito il necessario equilibrio al nostro sistema democratico e siano precluse derive autoritarie.

Caro Matteo ispiri la tua azione alle concezioni sovraniste.
Permettimi di richiamare il pensiero di un sovrano illuminato, Federico II di Svevia: “Quantunque la nostra maestà sia svincolata da ogni legge, non si leva tuttavia essa al di sopra del giudizio della ragione, che è la madre del diritto”: non abbiamo bisogno di uomini “con pieni poteri”, ma di persone che abbiano cultura istituzionale e senso di responsabilità.

Se tu avessi mostrato cultura delle regole e sensibilità istituzionale, l’intera azione di governo ne avrebbe tratto giovamento.
Ci sono stati vari episodi e atteggiamenti che ti ho sempre fatto notare, riservatamente, ma a volte anche pubblicamente.

Ad esempio, quest’anno ho provato a partire anzitempo per elaborare una adeguata manovra economica: l’azione di governo se ne sarebbe avvantaggiata enormemente. Ti ho chiesto di indicarmi i delegati della Lega a sedere ai vari tavoli governativi: mi hai fatto attendere due mesi, invano, prima di indicarmi i nomi.
Se avessi accettato di incontrare le parti sociali a Palazzo Chigi, insieme agli altri componenti del Governo, avremmo senz’altro accreditato, agli occhi del Paese, maggiore coesione della squadra di governo ed evitato che fosse compromessa l’efficacia dell’azione comune.
Se tu avessi accettato di andare al Senato per riferire sulla vicenda russa, una vicenda che oggettivamente merita di essere chiarita anche per i riflessi sul piano internazionale, avresti evitato al tuo Presidente del Consiglio di presentarsi al tuo posto, rifiutandoti, per giunta, di condividere con lui le informazioni di cui sei in possesso.

In coincidenza dei più importanti Consigli europei a cui ho preso parte, non sei riuscito a contenere la tua foga comunicativa e hai reso pubbliche dichiarazioni sui temi all’ordine del giorno, creando un controcanto politico che ha rischiato di generare confusione e certo non ha contribuito a rafforzare l’autorevolezza del nostro Paese.

In molteplici occasioni hai invaso le competenze degli altri Ministri, creando sovrapposizioni e interferenze che hanno finito per minare l’efficacia dell’azione. Hai criticato pubblicamente l’operato di singoli Ministri, incrinando la compattezza della squadra di governo, quando io stesso ti avevo pregato, all’indomani della competizione elettorale europea, di riferirmi direttamente e riservatamente nel caso avessi avuto osservazioni sulla composizione della squadra.

La cultura delle regole e il rispetto delle istituzioni certamente non si improvvisano. Ma sono qualità fondamentali per aspirare al ruolo di Ministro dell’Interno o di Presidente del Consiglio dei Ministri.
Chi ha compiti di responsabilità deve lavorare a soluzioni concrete e sostenibili, senza rincorrere o, addirittura, sollecitare le reazioni emotive dei cittadini.

Permettimi un’ultima osservazione, che, in verità, non ti ho mai riferito perché non riguarda specificamente i nostri compiti di governo.
Chi ha compiti di responsabilità dovrebbe evitare, durante i comizi, di accostare agli slogan politici i simboli religiosi.
Questi comportamenti non hanno nulla a che vedere con il principio della “libertà di coscienza religiosa”.
Piuttosto, sono appaiono episodi di “incoscienza” religiosa, che rischiano di offendere il sentimento dei credenti e, nello stesso tempo, di oscurare il principio di laicità, tratto fondamentale dello Stato moderno.”

Demata

L’ingovernabilità italiana e le responsabilità del PD di Matteo Renzi

20 Apr

Dietro i roboanti titoli dei media, si intravede una Realtà politica senza ormai più veli e si inizia a comprendere che, se non fosse per l’ambizione dei vari leader,  gli elettori le basi per una governabilità le avrebbero pur date, almeno se parliamo di Partito Democratico.

Un governo e la sua sopravvivenza sono determinati da un solo elemento: rappresentare sia alla Camera sia al Senato qualcosina in più della metà dei voti necessari, in modo da andare avanti anche se qualcuno si dovesse dissociare, come accade.

Maggioranze di governo Legislatura XVIII

Di seguito, in ordine di rappresentatività, le varie maggioranze possibili.

  • Governo del Presidente:  FI + PD + Misto-Autonomie = 237 deputati e 126 senatori = 363 eletti non bastano. Servirebbe una maggioranza FI + PD + Misto-Autonomie + Lega (o M5S) = 362 (459) deputati e 184 (235) senatori = 546 (694) eletti
  • M5S + PD + Misto-Autonomie (o Leu) = 354 deputati (347) e 174 (165) senatori = 528 (512) eletti si poteva fare, se non fosse per lo stallo posto da Matteo Renzi 
  • M5S + Lega = 347 deputati e 167 senatori = 514 eletti si poteva fare, ma non si farà.
  • un governo FI + Lega + PD = 341 deputati e 171 senatori = 512 eletti è possibile, ma è difficile che Salvini ed i suoi vogliano far da puntello a due edifici pericolanti.

Ciò che rende inconciliabili i diversi fronti (ed in particolare l’avversione di Matteo Renzi e del PD laziale ed emiliano verso i Cinque Stelle) è certamente la differente percezione da parte dei diversi movimenti politici di quali sono gli esiti, quali le istanze e quale la percezione sociale di quanto promesso e legiferato con la riforma del Titolo V (il ‘regionalismo’ ed i nuovi Sindaci o le Città metropolitane) e della pubblica amministrazione (city manager, spoil system, conflitto di interessi etc).

Se gli ospedali funzionano, le tasse son ben spese, non si rischiano la vita o spese private e – dunque – il Governatore ci sa fare, ma se non funzionano … tutti a casa, prima di danni e sprechi maggiori.
Allo stesso modo per il Sindaco, se non sa badare a strade, pulizia, sicurezza e trasporti pubblici … vada a casa prima possibile.

Dunque, non ne verrà nulla di buono, finchè Renzi e Berlusconi resteranno convinti che c’è ancora speranza , senza nulla cambiare a partire da se stessi, di vincere le prossime amministrative, mantenendo i feudi da cui si diparte gran parte della spesa, degli appalti e del lavoro precario.

Lega e Cinque Stelle hanno ben capito cosa oggi la gente misura in una proposta politica che gli si offre. Arrivano dalla gente … il Partito Democratico di Renzi, Zingaretti, Orfini e De Luca no, al massimo capita che ci trascorrano qualche ora.

Demata