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Omosessuali, religioni, leggi: quale Storia e quali Diritti?

25 Gen

Per le principali religioni moderne l’omosessualità è un atto ‘impuro’, ‘contro natura’, perchè l’hanno detto Yahvè, Dio e Allah,  promettendo i peggiori supplizi in vita e dopo la morte. Anche il Buddismo la ‘sconsiglia’, alla pari di qualsiasi altra condotta derivante dal ‘desiderio’.

Precedentemente, Confucio e Krisna non ne fanno una particolare mezione o ‘problema e, ancor prima, tra gli Indoeuropei come tra i nomadi dell’Asia o del Nordamerica, i ‘pagani’ non si ponevano particolari problemi verso i fuðflogi e le flannfluga (uomini e donne che rifiutano il rapporto eterosessuale e il matrimonio), ma – come per il sopraggiungere dell’impotenza senile – escludevano dal contesto ‘maschile’ gli ‘effemminati’, cioè quelli che decidevano di non partecipare alle prove di iniziazione ‘virili’ e sceglievano di adottare uno stile di vita ‘femminile’.
La maggioranza degli dei della vegetazione (Attis, Adone, Dioniso, Tuisto) erano androgini

Tra i mediorientali gli omosessuali erano una casta, come, ad esempio, i sacerdoti travestiti o gli eunuchi che costituivano il clero di Inanna / Ishtar, venerata nel Tempio di Gerusalemme come “Regina del Cielo” (Secondo Libro dei Re 23,7).
E, ancora oggi, nell’India colonizzata dagli Arya, gli ermafroditi sono dei fuori casta e la benedizione degli eunuchi è considerata quasi indispensabile ed eccezionalmente efficace in ogni cerimonia.

Una questione di fede, dunque, e non di pericolosità sociale, in un mondo dove la ‘famiglia’ e la capacità di ‘procreazione’ era tutt’una cosa, ma dove l’omosessualità non dava scandalo.

Infatti, in Europa occidentale, fino a Carlo Magno, la legislazione civile che il diritto canonico non fanno particolare menzione dell’omosessualità; solo nei Paesi Baschi le Leges Visigothorum prevedevano la castrazione, ma con scarso esito visto che il clero rifiutò di applicare la norma.
Ad Oriente, viceversa, l’Impero bizantino continuò ad applicare il codice teodosiano che prevedeva la pena di morte per gli omosessuali passivi e gli effemminati, estesa anche gli omosessuali attivi (Giustiniano – 533 d.C.) e agli adulteri. L’omosessualità in Russia, però, fu tollerata fino all’epoca di Pietro il Grande e sanzionata dalla Chiesa ortodossa con penitenze.

Le cose andarono a cambiare, in Europa, dopo l’Anno Mille, ‘grazie’ al monaco Pier Damiani (Liber Gomorrhianus – 1049 d.C.) in cui si condanna violentemente l’omosessualità e la sodomia, e, soprattutto, a Tommaso d’Aquino (Summa Theologiae), in cui l’omosessualità viene descritta come un peccato orribile, ben peggiore dell’adulterio e dello stupro, anche se non assimilabile alla bestialità vera e propria.

Nell’arco di 200 anni, la nuova morale venne fatta propria dall’emergente classe borghese dei mercanti (Paolo da Certaldo -“Il Libro dei buoni costumi”) con l’introduzione di statuti che prevedevano – nella sostanza – le stesse pene dello Stato Pontificio e del Codice Teodosiano.

La Riforma (in particolare il Calvinismo) e l’Illuminismo fecero il resto, se la prima legge contro gli omosessuali in Cina venne introdotta nel 1740 e in Russia  solo nel 1706 venne introdotto il rogo.

A casa nostra, andò a finire che, al sorgere dell’unità italiana, nei codici delle Due Sicilie non v’era neanche la menzione dell’omosessualità, mentre nel resto d’Italia la ‘sodomia’ era punita ‘da sempre’ con l’impiccagione ed il rogo. Solo nel 1787, in Lombardia e Triveneto, si passò alle pene corporali e al carcere per ‘bontà’ dell’imperatore d’Austria e solo nel 1832 a Roma venne abrogata la pena di morte, convertendola in ergastolo. Nel 1859, i Savoia  (art. 425 del C.P.) introdussero la pena del carcere per gli omosessuali, estesa poi a tutta la penisola.

E se tanto era tra i cattolici, non è che andasse molto meglio negli ‘ambienti laici’, figli del Calvinismo, che – in sintesi – la pensavano come Cesare Beccaria, secondo il quale l’omosessualità “prende la sua forza non tanto dalla sazietà dei piaceri, quanto da quella educazione che comincia per render gli uomini inutili a se stessi per fargli utili ad altri” e che “non si può chiamare precisamente giusta (il che vuol dire necessaria) una pena di un delitto, finché la legge non ha adoperato il miglior mezzo possibile nelle date circostanze d’una nazione per prevenirlo”.
Non a caso i laici totalitarismi comunisti della Russia e della Cina previdero la ‘rieducazione’ per gli omosessuali e , come detto, nel Meridione d’Italia borbonico dovette essere lo Stato unitario ‘liberale’ ad imporre sanzioni e pene per gli omosessuali.

Fatto sta che la medicina  ha cancellato solo da 25 anni (17 maggio 1990) l’omosessualità dall’elenco delle malattie mentali, definendola “una variante naturale del comportamento umano”, e da allora sta a noi decidere se credere nella Scienza o nei Profeti, ovvero se discriminare gli omosessuali o non farlo.

Altra questione, però, è la famiglia, cosa molto diversa dall’estendere giustamente lo status di parentela al partner omosessuale di qualcuno.

Infatti, per ‘famiglia’ non esiste una definizione: l’Uomo – dagli albori della Preistoria – non ne ha sentito il bisogno, dando per scontato che fosse l’elemento base della ‘riproduzione della specie’.
Oggi – con la demografia in eccesso e con la clonazione alle porte, mentre tanti non hanno più famiglia – le cose sono cambiate e, se un single può adottare bambini, non dovrebbe esservi motivo per cui non possano farlo gli omosessuali.

Ma, se gli omosessuali hanno diritto a farsi una ‘famiglia’, che dire dei bambini orfani o che vivono nell’abbandono come degli homeless e degli invalidi o degli anziani esodati con rinvio perpetuo della pensione oppure delle donne istruite e senza lavoro o, ancora, dei giovani che – una volta – a 30 anni non erano ‘ragazzi’ bensì padri e madri?

Negli USA le norme sui diritti degli omosessuali sono andate di pari passo con le altre tutele dei comportamenti ‘privati’ e dei ‘diritti civili’ (es. legalizzazione cannabis, diritti afroamericani e indiani, etc) ma sono state affiancate da importanti interventi sul Welfare, sulla Sanità e per le famiglie.
“Ogni individuo in quanto membro della società, ha diritto alla sicurezza sociale nonché alla realizzazione, attraverso lo sforzo nazionale e la cooperazione internazionale ed in rapporto con l’organizzazione e le risorse di ogni Stato, dei diritti economici, sociali e culturali indispensabili alla sua dignità ed al libero sviluppo della sua personalità”. (Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo – art. 22)

Demata

Unioni gay: norme e soluzioni

24 Ago

Riguardo l’omosessualità e le unioni tra omosessuali, c’è davvero molta confusione. Vediamo qual’è effettivamente lo stato dell’arte.

Riguardo la Costituzione Italiana, la Corte Costituzionale (sentenza 170-2014) ha ribadito che «La nozione di matrimonio presupposta dal Costituente (cui conferisce tutela il citato art. 29 Cost.) è quella stessa definita dal codice civile del 1942, che «stabiliva (e tuttora stabilisce) che i coniugi dovessero essere persone di sesso diverso».
E che … «nell’ambito applicativo dell’art. 2 Cost., spetta al Parlamento, nell’esercizio della sua piena discrezionalità, individuare le forme di garanzia e di riconoscimento per le unioni suddette».
L’art. 2 della nostra Costituzione prevede che «La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale».

Riguardo l’omosessualità, i  diritti inviolabili sono definiti dalla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani (1948): l’omosessualità non deve essere causa di discriminazione o sanzione
Bene chiarire anche che l’Organizzazione Mondiale della Sanità (1990) ritiene che l’omosessualità sia “una variante naturale del comportamento umano” e non una malattia mentale, categoria nella quale però permangono il crossdressing e il feticismo.
Inoltre, la  Risoluzione di Strasburgo sui diritti e la dignità degli omosessuali (2006) “sollecita gli Stati membri ad adottare disposizioni legislative volte a porre fine alle discriminazioni subite dalle coppie dello stesso sesso in materia di successione, proprietà, locazione, pensioni, fiscalità, sicurezza sociale ecc.”.

Ed è per questo motivo che recentemente la Corte europea dei diritti umani (Cedu) di Strasburgo che ha condannato l’Italia, ritenendo che “la tutela legale attualmente disponibile” nel nostro Paese “per le coppie omosessuali non solo fallisce nel provvedere ai bisogni chiave di due persone impegnate in una relazione stabile, ma non è nemmeno sufficientemente affidabile”.

unioni civili

Quello che, dunque, andrebbe urgentemente riformato (e son trascorsi dieci anni dieci) è il diritto di famiglia italiano per quanto inerente “successione, proprietà, locazione, pensioni, fiscalità, sicurezza sociale”.
Un’impresa ardua visto che c’è di mezzo una norma secondo la quale nessuno può diseredare o realmente disporre riguardo le proprie sostanze, che ha prodotto un’enorme quantità di case e terreni condivisi, contesi e semiabbandonati, per non parlare dell’eccessiva parcellizzazione delle imprese italiane, che spesso scompaiono alla morte del fondatore.
Così andando le cose, si preferì (e c’è chi preferisce ancora oggi) risolvere il problema della discrimazione degli omosessuali riguardo “successione, proprietà, locazione, pensioni, fiscalità, sicurezza sociale” introducendo non le unioni civili ma il matrimonio civile, da cui anche la definizione di famiglia (anzichè coppia) e il diritto all’adozione.

Bene sapere riguardo i ‘matrimoni gay’ che la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea del 7 dicembre 2000, ratificata dal Trattato di Lisbona, dispone che (art. 12) «Uomini e donne in età maritale hanno diritto di sposarsi e di formare una famiglia secondo le leggi nazionali regolanti l’esercizio di tale diritto» e che (art. 9) «Il diritto di sposarsi e il diritto di costituire una famiglia sono garantiti secondo le leggi nazionali che ne disciplinano l’esercizio».
Tra le note è anche precisato che «L’articolo non vieta né impone la concessione dello status matrimoniale a unioni tra persone dello stesso sesso».
Infatti, la Corte Costituzionale (Sentenza 138-2010) ha chiarito che “è comunque decisivo il rilievo che anche la citata normativa non impone la piena equiparazione alle unioni omosessuali delle regole previste per le unioni matrimoniali tra uomo e donna.”

Ovvio che solo riconoscendo civilmente le coppie omosessuali si possano garantire i diritti a “successione, proprietà, locazione, pensioni, fiscalità, sicurezza sociale”, ma non sembra che sussistano legittimazioni giuridiche all’iniziativa di alcuni sindaci che hanno celebrato dei matrimoni civili tra omosessuali, salvo che in tempi brevissimi il Parlamento non approvi una legge sulle ‘unioni gay’ che li preveda.

Dunque – tra violazioni, condanne, iniziative solitarie e strilla dei media – c’è fretta e le opzioni che hanno il nostro Parlamento e Governo sono poche e tutte con controindicazioni:

  • estendere agli omosessuali il matrimonio civile, ovvero consentendo loro anche l’adozione e ‘salvando’ i sindaci avanguardisti, ma affrontando le conseguenze di un importante strappo al Concordato e al sentire comune dei Cattolici
  • introdurre delle unioni civili come ‘mera presa d’atto’ (vedi proposta Bindi), risolvendo gran parte delle questioni giuridiche e religiose, ma negando alle coppie gay di essere ‘famiglia’.

Demata

Il Sinodo apre a divorziati e conviventi etero

19 Ott

In estratto dalal relazione finale del Sinodo per la Famiglia del 19 ottobre 2014:

“L’indissolubilità del matrimonio (“Quello dunque che Dio ha congiunto, l’uomo non lo separi” Mt 19,6), non è innanzitutto da intendere come “giogo” imposto agli uomini bensì come un “dono” fatto alle persone unite in matrimonio.
Ma nello stesso tempo ha messo in pratica la dottrina insegna ta manifestando così il vero significato della misericordia. Ciò appare chiaramente negli incontri con la samaritana (Gv 4,1-30) e con l’adultera (Gv 8,1-11) in cui Gesù, con un atteggiamento di amore verso la persona peccatrice, porta al pentimento e alla conversione (“va’ e non peccare più”), condizione per il perdono.

Dio non solo ha creato l’essere umano maschio e femmina (Gen 1,27), ma li ha anche benedetti perché fossero fecondi e si moltiplicassero (Gen 1,28). Per questo, «l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una sola carne» (Gen 2,24).

Gesù, che ha riconciliato ogni cosa in sé, ha riportato il matrimonio e la famiglia alla loro forma originale (cf. Mc 10,1-12).
una dimensione nuova della pastorale familiare odierna consiste nel prestare attenzione alla realtà dei matrimoni civili tra uomo e donna, ai matrimoni tradizionali e, fatte le debite differenze, anche alle convivenze. Quando l’unione raggiunge una notevole stabilità attraverso un vincolo pubblico, è connotata da affetto profondo, da responsabilità nei confronti della prole, da capacità di superare le prove, può essere vista come un’occasione da accompagnare nello sviluppo verso il sacramento del matrimonio. Molto
spesso invece la convivenza si stabilisce non in vista di un possibile futuro matrimonio, ma senza alcuna intenzione di stabilire un rapporto istituzionale.
Ci sono quindi elementi validi anche in alcune forme fuori del matrimonio cristiano –comunque fondato sulla relazione stabile
e vera di un uomo e una donna –, che in ogni caso riteniamo siano ad esso orientate. Conlo sguardo rivolto alla saggezza umana dei popoli e delle culture, la Chiesa riconosce anche questa famiglia come la cellula basilare necessaria e feconda della convivenza umana.

In ordine ad un approccio pastorale verso le persone che hanno contratto matrimonio civile, che sono divorziati e risposati, o che semplicemente convivono, compete alla Chiesa rivelare loro la divina pedagogia della grazia nelle loro vite e aiutarle a raggiungere la pienezza del piano di Dio in loro. Seguendo lo sguardo di Cristo, la cui luce rischiara ogni uomo (cf. Gv 1,9; Gaudium et Spes, 22) la Chiesa si volge con amore a coloro che partecipano alla sua vita in modo incompiuto, riconoscendo che la grazia di Dio opera
anche nelle loro vite dando loro il coraggio per compiere il bene, per prendersi cura con amore l’uno dell’altro ed essere a servizio della comunità nella quale vivono e lavorano.

La Chiesa, in quanto maestra sicura e madre premurosa, pur riconoscendo che per i battezzati non vi è altro vincolo nuziale che que
llo sacramentale, e che ogni rottura di esso è contro la volontà di Dio, è anche consapevole della fragilità di molti suoi figli che faticano nel cammino della fede.

Le situazioni dei divorziati risposati esigono un attento discernimento e un accompagnamento di grande rispetto, evitando ogni linguaggio e atteggiamento che li faccia sentire discriminati e promovendo la loro partecipazione alla vita della comunità.
Prendersi cura di loro non è per la comunità cristiana un indebolimento della sua fede e della sua testimonianza circa l’indissolubilità
matrimoniale, anzi essa esprime proprio in questa cura la sua carità.

Si è riflettuto sulla possibilità che i divorziati e risposati accedano ai sacramenti della Penitenza e dell’Eucaristia.
Alcuni Padri hanno sostenuto che le persone divorziate e risposate o conviventi possono ricorrere fruttuosamente alla comunione spirituale. Altri Padri si sono domandati perché allora non possano accedere a quella sacramentale.

Va ancora approfondita la questione, tenendo ben presente la distinzione tra situazione oggettiva di peccato e circostanze attenuanti, dato che «l’imputabilità e la responsabilità di un’azione possono essere sminuite o annullate» da diversi «fattori psichici oppure sociali».

Circa le cause matrimoniali lo snellimento della procedura, richiesto da molti, oltre alla preparazione di sufficienti operatori, chierici e laici con dedizione prioritaria, esige di sottolineare la responsabilità del vescovo diocesano, il quale nella sua diocesi potrebbe
incaricare dei consulenti debitamente preparati che possano gratuitamente consigliare le parti sulla validità del loro matrimonio. Tale funzione può essere svolta da un ufficio o persone qualificate.

Dunque  – riguardo alle convivenze e ai matrimoni civili eterosessuali, come anche ai divorziati risposati –  si aprono le porte per la loro riammissione, allorchè “compete alla chiesa di riconoscere quei semi del Verbo sparsi oltre i suoi confini visibili e sacramentali” con allusione agli Ortodossi, per i quali la celebrazione del secondo matrimonio “è penitenziale, non è un sacramento” – come ben chiariva il cardinale arcivescovo di Lione, Philippe Barbarin, a Radio Vaticana – in cui gli sposi vengono  “accolti e benedetti” dopo un periodo penitenziale “affidandosi al rapporto tra il fedele e il suo parroco, confessore o vescovo”.

Gesù ama anche i divorziati …

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Sinodo sulla Famiglia: un forte richiamo alla Politica

19 Ott

“La“Relatio Synodi” della III Assemblea generale straordinaria del Sinodo dei Vescovi: “Le sfide pastorali sulla famiglia nel contesto dell’evangelizzazione”, conclusasi il 19 ottobre 2014, non si è limitata ai mezzi termini, nel richiamare la Politica – specialemente quella cristiana e cattolica – ai propri doveri.

“Si è parimenti sottolineata la necessità di una evangelizzazione che denunzi con franchezza i condizionamenti culturali, sociali, politici ed economici, come l’eccessivo spazio dato alla logica del mercato, che impediscono un’autentica vita familiare, determinando discriminazioni, povertà, esclusioni, violenza.”

“C’è anche una sensazione generale di impotenza nei confronti della realtà socio-economica che spesso finisce per schiacciare le famiglie. Così è per la crescente povertà e precarietà lavorativa che è vissuta talvolta come un vero incubo, o a motivo di una fiscalità troppo pesante che certo non incoraggia i giovani al matrimonio.
Spesso le famiglie si sentono abbandonate per il disinteresse e la poca attenzione da parte delle istituzioni.”

“Anche il calo demografico, dovuto ad una mentalità antinatalista e promosso dalle politiche mondiali di salute riproduttiva, non solo determina una situazione in cui l’avvicendarsi delle generazioni non è più assicurato, ma rischia di condurre nel tempo a un impoverimento economico e a una perdita di speranza nell’avvenire.”

“Le conseguenze negative dal punto di vista dell’organizzazione sociale sono evidenti: dalla crisi demografica alle difficoltà educative, dalla fatica nell’accogliere la vita nascente all’avvertire la presenza degli anziani come un peso, fino al diffondersi di un disagio affettivo che arriva talvolta alla violenza.”

“Vanno tenute in debito conto le esigenze e le attese di famiglie capaci di essere nella vita quotidiana, luoghi di crescita, di concreta ed essenziale trasmissione delle virtù che danno forma all’esistenza. Ciò indica che i genitori possano scegliere liberalmente il tipo dell’educazione da dare ai figli secondo le loro convinzioni.”
“I bambini spesso sono oggetto di contesa tra i genitori e i figli sono le vere vittime delle lacerazioni familiari. L’essere donna è oggetto di discriminazione e anche il dono della maternità viene spesso penalizzato piuttosto che essere presentato come valore.”

“È responsabilità dello Stato creare le condizioni legislative e di lavoro per garantire l’avvenire dei giovani e aiutarli a realizzare il loro progetto di fondare una famiglia.”

Più chiaro di così ….

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Matrimoni gay dopo il Sinodo e l’exploit di Marino: cosa dicono le leggi

19 Ott
“La“Relatio Synodi” della III Assemblea generale straordinaria del Sinodo dei Vescovi: “Le sfide pastorali sulla famiglia nel contesto dell’evangelizzazione”, conclusasi il 19 ottobre 2014, ha sancito che:
  • 55. (ndr approvato con 118 voti a favore e 62 contrari) Alcune famiglie vivono l’esperienza di avere al loro interno persone con orientamento omosessuale. Al riguardo ci si è interrogatisu quale attenzione pastorale sia opportuna di fronte a questa situazione riferendosi a quanto insegna la Chiesa: «Non esiste fondamento alcuno per assimilare o stabilire analogie, neppure remote, tra le unioni omosessuali e il disegno di Dio sul matrimonio e la famiglia». Nondimeno, gli uomini e le donne con tendenze omosessuali devono essere accolti con rispetto e delicatezza. «A loro riguardosi eviterà ogni marchio di ingiusta discriminazione» (Congregazione per la Dottrina della Fede, Considerazioni circa i progetti di riconoscimento legale delle unioni tra persone omosessuali, 4).
  • 56. (ndr approvato con 159 voti a favore e 21 contrari) È del tutto inaccettabile che i Pastori della Chiesa subiscano delle pressioni in questa materia e che gli organismi internazionali condizionino gli aiuti finanziari ai Paesi poveri all’introduzione di leggi che istituiscano il “matrimonio” fra persone dello stesso sesso”.
Intanto, a meno di un chilometro di distanza, nella stessa Roma dove si svolgeva un Sinodo mondiale dei vescovi – ovvero l’unica struttura democratica del Vaticano – il sindaco Ignazio Marino trascriveva ben sedici matrimoni omosessuali contratti all’estero.
Le leggi  devono consentire a tutti di avere gli stessi diritti. Ora ci limitiamo a trascrivere, ma andremo avanti. E io lo so, andremo avanti insieme … Se il prefetto annullerà la trascrizione chiederò i pareri legali per comprendere la legittimità di un eventuale annullamento. Certamente io difenderò la mia posizione“ ha dichiarato Marino, ammettendo implicitamente di operare in potenziale contrasto con la sovranità dello Stato italiano e della Santa Sede, come anche che la legittimità dei propri provvedimenti è contestabile.
Immediate le reazioni del prefetto di Roma Giuseppe Pecoraro il quale, in osservanza delle norme emanate dal Ministero degli Interni, ha annunciato l’annullamento dell’atto.
«Una scelta ideologica», «un affronto istituzionale senza precedenti», «una mistificazione sostenuta a livello mediatico e politico», attacca oggi la diocesi di Roma, il cui vescovo – ricordiamolo – è proprio Papa Francesco. «Una arbitraria presunzione», «inaccettabile», «proprio a Roma in questi giorni» di Sinodo della famiglia, secondo la Conferenza episcopale italiana (Cei).
Nello stessso senso i toni del ministro dell’Interno Alfano: “ Il sindaco Marino ha firmato trascrizioni per nozze gay. Ribadisco: per l’attuale legge italiana, ciò non è possibile. La firma di Marino non puo’ sostituire la legge e non ha dunque alcun valore giuridico. In pratica, il sindaco Marino ha fatto il proprio autografo a queste, peraltro rispettabilissime, coppie.”
A riguardo anche la norma ‘laica’ è chiara:
  1. non esiste alcuna normativa che istituisce e regola il matrimonio tra persone dello stesso sesso (o unioni civili variamente definite): “il diritto fondamentale di contrarre matrimonio non è riconosciuto dalla nostra Costituzione a due persone dello stesso sesso” (C. Cass. 4184/2012)
  2. non è di nessun aiuto la giurisprudenza internazionale: “Si lascia decidere alla legislazione nazionale dello Stato contraente se permettere o meno il matrimonio omosessuale” (Corte Europea dei diritti dell’uomo, sentenza 24 giugno 2010, Prima Sezione, caso Schalk e Kopf contro Austria)
  3. non è possibile sopperire al vuoto normativo per sentenza emessa da giudici, la cui attività interpretativa non può spingersi fino a “incidere sul nucleo della norma, modificandola in modo tale da includere in essa fenomeni e problematiche non considerati quando fu emanata” (C. Cost., 138/10; C. Cass. 4184/2012)
  4. l’unica Corte che finora non si è astenuta è il Tribunale di Grosseto ed in un unico caso (Ordinanza del 3 aprile 2014).
  5. La Circolare dd. 7.10.2014, relativa alla “Trascrizione nei registi dello stato civile dei matrimoni tra persone dello stesso sesso celebrati all’estero”, riafferma l’art. 9 del Decreto del presidente della Repubblica 396/2000 che assegna al Prefetto la funzione di vigilanza sugli uffici dello stato civile, al fine di “garantire che la fondamentale funzione di stato civile, esercitata, in ambito territoriale, dal Sindaco nella veste di ufficiale di Governo, sia svolta in piena coerenza con le norme attualmente vigenti che regolano la materia”.

E forse non tutti sanno che le norme vigenti, cioè il Codice Civile, prevedono quanto dettato da:

  • l’art. 107 che si riferisce espressamente al “marito” e alla “moglie”;
  • l’art. 115 cc secondo cui il cittadino è soggetto alle disposizioni del Codice civile anche quando contrae matrimonio all’estero;
  • gli artt. 12 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU) e 9 della Carta di Nizza che fanno salva la discrezionalità degli Stati membri ad adottare norme in materia;
  • le sentenze della Corte costituzionale di cui sopra (C. Cost., 15 aprile 2010 n. 138) e della Corte di cassazione (C. Cass., sez. I, 15.3.2012, n. 4184).

Dunque, il sindaco della Città Eterna, di Roma Capitale, ha quasi sicuramente commesso un gran peccato mortale (vedi Relatio Synodi punto 56) e di certo nel giorno davvero sbagliato, fosse solo per il rispetto istituzionale verso la Santa Sede riunita democraticamente in consesso e per ingerenza internazionale visto che il Sinodo era prossimo a deliberare.

Ignazio Marino, però, ha acceso una contesa tra istituzioni, provocando pubblico scandalo (secondo chi protesta o borbotta) e, soprattutto, (per chi crede ancora nelle leggi) accettando delle richieste di trascrizione di matrimonio all’estero, irricevibili dato che quei cittadini che ben erano edotti che quella unione omosessuale era fuori dalle disposizioni del Codice civile italiano all’atto stesso della ‘stipula’.
Il tutto proprio nel giorno in cui il Vaticano, pur ritenendo l’omosessualità come peccato, dichiara urbis et orbis che “ Nondimeno, gli uomini e le donne con tendenze omosessuali devono essere accolti con rispetto e delicatezza. «A loro riguardosi eviterà ogni marchio di ingiusta discriminazione».
Non è così che si vincerà la battaglia per il riconoscimento civile delle coppie gay e nessuno dovrebbe dimenticare – specialmente se occupa solo temporaneamente il ruolo di pubblico ufficiale – che mai si potrà imporre per cavillo che i diritti civili dei gay contemplino anche il ‘matrimonio’ (inteso come identica denominazione delle unioni eterosessuali) nella nazione in cui – per Costituzione vigente – Stato e Chiesa sono ambedue sovrani, senza modificare il Trattato che regola quell’articolo.

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Parma: bimba di pochi anni affidata a due cinquantenni

15 Nov

A Parma una bambina di pochi anni è stata affidata a due uomini cinquantenni, una coppia omosessuale, con l’apporto favorevole del Centro per le famiglie del Comune, del Polo socio-sanitario, degli psicologi dell’Asl, del giudice tutelare.

federico pizzarottiDa Scelta Civica all’ArciGay, passando per il noto Giovanardi, il dibattito imperversa, ma nessun commento arriva nè dal sindaco di Parma, Federico Pizzarotti del Movimento Cinque Stelle, nè dal presidente della Regione Vasco Errani e dall’assessore alla Sanità Carlo Lusenti. Eppure il Centro per le famiglie e la Asl che hanno eseguito la procedura amministrativa, inclusa la selezione dei potenziali affidatari, da loro dipendono.

Una decisione che lascia davvero molto perplessi e per motivi molto lontani dall’omofobia.

Innanzitutto, l’età degli affidatari (50 anni circa) e della bambina (4 anni circa) che appare davvero proibitiva anche nel caso si trattasse di un figlio partorito o, comunque, adottato. Non a caso, per l’adozione esistono leggi che fissano in ‘non più di quarantacinque anni l’età dell’adottando’.Dunque, la bambina, per decisione del giudice tutelare di Parma, è destinata a crescere con due ‘nonni’ anzichè, come la legge vuole, uno o due ‘genitori’ (single, sposati, conviventi eccetera). Ed è destinata a dover comunque cambiare famiglia prima o poi, se c’è speranza che venga adottata.

E questo pone in luce un’altra questione: la difficoltà e le spese esose che tante coppie sposate (e dunque tutelate dalle norme vigenti) devono affrontare per un’adozione o un affido. Possibile che non ce ne fosse una, con una decina di anni in meno dei due affidatari, in tutta l’Emilia Romagna. O, peggio, possibile che non di fosse un/una single (etero o omosessuale che sia), sempre di almeno una decina d’anni più giovane degli anziani affidatari?

foto da pianetadonna.it

foto da pianetadonna.it

Qualcuno potrebbe osservare che i due ‘nonni’ sono più che benestanti e che garantirebbero un futuro a bimba e genitori. Dimenticando però che la legge vieta la tratta di esseri umani …

C’è poi la questione dell’omofobia al contrario. Prima o poi doveva accadere.

Due fratelli cinquantenni single e conviventi (con l’anziana madre magari) avrebbero avuto le stesse possibilità della coppia omosessuale parmense? E le avrebbe avute un iper-tatuato motociclista single dalla vita irreprensibile ed un’amante in ogni bar? Od una femme fatale che vivesse la sua libertà senza dar fastidio a nessuno?

No. Non avrebbero le stesse possibilità di una coppia omosessuale.
Come non l’avrebbe avuta una famiglia di immigrati e, forse ancora oggi, a Parma come altrove, di ‘veri terùn’.

originale postato su demata

Arriva un governicchio di larghe intese?

23 Apr

Giorgio Napolitano resterà in carica finché avrà forze e, poi, sferza i partiti: «Voi, sordi e sterili, non autoassolvetevi» ed i partiti, tutti, applaudono in piedi come se i rimproveri fossero per i rivali.

Stamane, su Omnibus di La7, giusto per far finta di nulla, Rosa Maria Di Giorgi (assessore PD a Firenze) continuava a parlare di ‘difficoltà di Bersani’, di ‘svolta del Capranica’, di ‘debacle orrenda’ del M5S nel Nordest, di ‘dirigenti’ che non devono farsi influenzare dalla Rete, di non confrontarsi con la base … che la fiducia è d’obbligo se il partito lo decide.

Intanto, Serracchiani vince per un pelo in Friuli Venezia Giulia, che non è una regione rappresentativa degli equilibri nazionali, Renzi è stracorteggiato, ma fino ad oggi ha amministrato solo una piccola città come Firenze, SEL appare fortemente egemone sull’ala sinistra del PD, ma in Parlamento sono tanti gli eletti che arrivano dalla nostra famigerata Malasanità, alla Camera siedono circa 100 democratici che arrivano dall’apparato di partito, alla faccia delle Primarie.

Inoltre, non sono solo Travaglio & Santoro a sospettare che PD e PdL non siano l’un l’altro opposti, ma semplicemente complementari, con la conseguenza che il Centrodestra liberale è incatenato dalla stagnante componente populista ed il Centrosinistra riformista non ha voce in un’eterna campagna elettorale che privilegia i consensi gauchisti e sindacal-azionisti.

Dunque, in questa situazione, va bene qualsiasi governo, con il rischio di vederlo impallinato al primo incrocio o bivio dal qualche fazione democratica? Oppure serve un governo di larghe intese che accetti la Rete come principale vettore di informazioni e di conformazione della pubblica opinione, ma, soprattutto, tenga in debito conto che l’azionista di maggiornza è il PD, ma anche che il controllante è il PdL?
Oppure vogliamo proporre ai cittadini un Giuliano Amato, sconosciuto a chi abbia meno di 40 anni, tesoriere di ‘quel Partito Socialista Italiano’, massacratore delle nostre pensioni e del Titolo V della nostra Costituzione, nonchè prelevatore patrimonaile dei nostri conti?

Il Patron del futuro governo è il Popolo della Libertà, il padrino è il Partito Democratico: non facciamoci abbagliare dal il fatto che una componente parlamentare sia più numerosa dell’altra, grazie agli artifici del Porcellum.

E smettiamola, a sinistra, di pensare che quanto detto in televisione sia ‘reale’ e che quanto circoli in Rete sia ‘passatempo’. Piuttosto, è il contrario. Inoltre, se il mezzo televisivo permette allo spettatore l’unica possibilità di cambiar canale – cosa del tutto inutile se andiamo avanti da anni con talk show partitici a reti unificate – va considerato che in Rete l’utilizzatore va puntualmente a cercarsi le notizie secondo l’approccio che ritiene più verosimile.
Se i talk show politici diventano intrattenimento partitico, il ‘passatempo’ è in TV, le notizie sono in Rete: è inevitabile che sia così.

Inoltre, l’idea fissa dei democratici ‘a confrontarsi con i sindacati’ appare piuttosto bizzarra -ai nostri giorni – se il persistere della Crisi è causato dall’over taxing che la sinistra pretende da anni, dal suo profondo legame con gli apparati pubblici, dalla diffidenza verso il mondo imprenditoriale e la libera iniziativa, dal basso o bassissimo livello di istruzione e di formazione professionale di tanti attuali inoccupati (manovali, camerieri, banconisti, padroncini, artigiani e operatori di basso livello, eccetera), dal limitato ruolo delle donne nella nostra società, dal famigerato Patto di Stabilità interno di centralistica e statalista memoria.

Difficile credere che la situazione attuale del Partito Democratico possa essere superata senza una chiara e profonda scissione tra la componente social-liberale delle elite metropolitane, quella cattolico-populista dei mille campanili di provincia e quella gauchista ondivaga ed il suo elettorato di lotta e di governo, attualmente ‘in carico’ a SEL ed M5S.

Far finta di nulla o, peggio, paventare ai cittadini un governicchio di ristrette intese servirebbe solo ad accentuare la sfiducia degli elettori e la rabbia dei cittadini.
A sentire i Democratici – in nome dell’emergenza, si badi bene – serve uno ‘scatto di responsabilità’ da parte del PdL e che per loro si tratta solo di ‘un cammino altanelante’, mentre i conti del governo Monti-Bersani iniziano a non tornare, serve una nuova manovra, c’è cenere sotto il tappeto, le politiche di Elsa Fornero sono palesemente un disastro, l’IMU e la TARES sono de facto delle patrimoniali.

Un governo Monti fortemente voluto da Eugenio Scalfari che, come ricorda Verderami del Corsera, si è rappresentato come un’anomalia fin dall’inizio, dal novembre 2011, quando, invece di sciogliere le Camere, Giorgio Napolitano nominò senatore a vita Mario Monti per poi indicarlo come premier di un ‘governo del presidente’ e per poi ritrovarselo come leader di partito.
Un semipresidenzialismo di cui non v’è traccia nella Costituzione, un dirigismo di cui non v’è traccia nella storia nazionale, salvo il primo gabinetto Mussolini indicato direttamente dal Re. Un errore ed un equivoco che persistono e che ‘il popolo bue’ percepisce ampiamente.

Intanto, il Financial Times scrive, oggi, di “Napolitano gigante di Roma tra i nani della farsa italiana”. Purtroppo, i nani non leggono l’inglese e la ‘base’, per loro, sono solo quelli che incontrano in piazzetta o nel salotto buono …

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Il governo del Presidente, ma anche di Grillo e Berlusconi

22 Apr

Riconfermare Giorgio Napolitano alla Presidenza della Repubblica era ormai l’unico sistema per evitare l’automatico passaggio all’opposizione del centrodestra e, soprattutto, dei moderati liberali o popolari o democratici che fossero.
Il motivo è semplice: l’aver lasciato al M5S la candidatura di Stefano Rodotà, anzichè avanzarla per primi e giocare in contropiede con ambedue le opposizioni, comportava il ritorno ‘automatico’ di Bersani alla strategia di co-governo con il movimento guidato da Beppe Grillo con un Matteo Renzi probabile premier.

Una contraddizione in termini. Come quella di riciclare nel patto per il bene comune’ con il PdL due noti nomi (Marini e Prodi) pur di evitare il Quirinale a Massimo D’Alema, che era con il PCI dall’inizio, che ha voluto la svolta centrista e che non era sgradito al Centrodestra.
In tutto questo, non c’è due senza tre, aggiungiamo la follia degli Otto Punti inderogabili, sui quali convergevano abbondantemente i programmi di Grillo e di Berlusconi, rimesti precisamente nel cassetto.

Peccato per Stefano Rodotà, che questo blog aveva già segnalato un mese fa. Troppo innovativo per una concezione dell’apparato amministrativo e contabile pubblico, che risale ad oltre 100 anni fa, e per una generazione che è passata con grande facilità dal Fascismo alla DC ed al PCI, tanto INPS, Corporazioni e IRI erano ancora tutti lì.

Dunque, il Parlamento che Napolitano – ed il Premier da lui scelto e si spera votato – dovranno gestire sarà dei più etereogenei possibili, con un centrodestra forte e compatto, quasi determinante al Senato, e con un M5S che potrebbe fare la differenza, nel bene e nel male, se i suoi eletti dimostreranno di avere la metà della capacità politica di cui dovranno aver bisogno.

Infatti, vista la situazione di ‘pericolo di crollo’ del PD, è più che opportuno che il Presidente eviti di scegliere personalità di quel gruppo parlamentare o ad esso collegate, onde non vincolare il governo a polemiche interne al Partito Democratico. Come anche, vista la situazione del sistema partitico e parlamentare, sarebbe opportuno scegliere dei profondi conoscitori di quel mondo con provate capacità di mediazione ed un comprovato senso dello Stato. Ad esempio, Gianni Letta o Emma Bonino.

Una premiership da affidare in fretta e senza incappare in ‘sorprese’, come ci ha abituati Mario Monti, dato che Scilla e Cariddi si profilano all’orizzonte.
Da un lato, l’imminente rischio di spacchettamento del centrosinistra in cristianosociali, cristianoliberali, socialisti, comunisti, post comunisti, verdi, ambientalisti, demoliberali, socialdemocratici, popolari.
Dall’altro, l’evidente necessità che servano sia i voti di Grillo sia quelli di Alfano, se vorremo una legislatura di almeno un annetto e delle buone riforme, nonché un tot di fiducia dall’estero e di ossigeno per il paese. Il rischio che qualcuno pensi di avvantaggiarsi dalle urne è elevato.

Riuscirà il Presidente Reloaded di questa strana Matrix all’amatriciana, l’ancora nostro Giorgio Napolitano, a scegliere la carta fortunata, anzichè l’asso di picche?

Speriamo di si, il lavoro dei dieci saggi si rivela, oggi, un fattore accelerante e migliorativo.
Un altro fattore “accelerante e migliorativo”, probabilmente del tutto inderogabile, è la nomina di senatori a vita di Berlusconi, Prodi, Marini, Pannella e Rodotà (come anche Bonino se non avrà incarichi di governo). I primi tre per evitare che in un modo o nell’altro continuino a condizionare, fosse solo con il oro passato carisma, la vita dei partiti e del parlamento; gli altri tre per iniziare a pacificare il paese, riconoscendo a quel partito radical-liberale di Mario Pannunzio il dono dell’onestà morale e della lungimiranza, come per tutti i minority report alla prova del tempo.

Adesso, serve un governo del Presidente, un governo di larghe intese, di unità nazionale e finalizzato ad un programma, in cui un contesto generale in cui il PdL eviti l’abbraccio fatale con il Partito Democratico, aprendo sui punti di convergenza comune al M5S, che dovrà abbandonare certe formule populiste, visto che ormai il Movimento di Beppe Grillo è determinante per le istituzioni di cui l’Italia ha febbrile bisogno.

continua in -> Partito Democratico, pericolo di crollo

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Il PD non c’è più, pericolo di crollo

22 Apr

Se Eugenio Scalfari riesce ancora a parlare di ‘motore imballato’ dinanzi a quell’ammasso di ferraglia, gomma e vetro che il Partito Democratico è riuscito ad esibire in un mese di follia, l’esigenza di rottamazione annunciata da Matteo Renzi appare più come una presa d’atto che come una proposta.

Nessuno “prevedeva che il Partito democratico crollasse su se stesso affiancando la propria ingovernabilità a quella addirittura strutturale del nuovo Parlamento”, scrive nel suo domenicale il fondatore di la Repubblica, ma i segnali c’erano tutti a volerli vedere.

A partire dalle esitazioni ad intraprendere scelte difficili quando la Sinistra era nel governo e nel fare vera opposizione quando non lo era. Parliamo di un’enormità di leggi, che il Partito Democratico non ha mai portato avanti, come il conflitto di interessi, la durata dei processi, le leggi sui sindacati, i servizi pubblici esternalizzati o convenzionati, il welfare tutto, le coppie di fatto, le carceri, la depenalizzazione, gli immigrati, gli sgravi e le premialità aziendali, un piano infrastrutturale, la Casta, i super stipendiati e pensionati, i trasporti, le mafie, la legge elettorale.

Tutte esigenze dei cittadini  che a vario titolo il PD ha escluso dalla propria agenda e dalla propria fattività.

Difficile, dunque, parlare di un partito a base popolare, specialmente se lo sanno anche i bambini che alle Primarie c’è sempre un ‘candidato del partito’ e che erano già sicuri di avere la maggioranza alla Camera con il 30%, mentre si tentava di cambiare il Porcellum in extremis.
Eh già, il Porcellum. Cosa dire adesso che è sotto gli occhi di tutti che il suo mantenimento non era vitale per il Centrodestra, che sapeva già di non vincere le elezioni e che il super premio sarebbe andato al Partito Democratico.

Una riforma elettorale che non conveniva al Partito Democratico per troppi e tanti motivi.
Come la concomitante abrogazione dei comuni con meno di 10.000 abitanti e delle province con meno di 3-400.000 abitanti, dove si può contare un’ampia presenza di ‘democratici’.
Come l’istituzione di uno sbarramento serio e del ballottaggio che avrebbe provocato la definitiva frantumazione delle correnti ‘democratiche’.
Come l’eliminazione delle liste bloccate ed il rischio che tanti big e capibastone non ritornassero in Parlamento, oltre a delle Primarie effettive se da Partito unico si diventa variegata Coalizione.

La blindatura a nido d’aquila del Partito Democratico, dei suoi vertici e del suo apparato dovevano e potevano suggerire, a chi la politica la segue da tanti anni, l’esistenza di crepe e fraintendimenti ormai irreversibili.

Un manifesta percepibilità della scollatura ‘democratica’ che il ventre del ‘popolo bue’, a differenza di tanti saggi, aveva già ampiamente percepito. Un problema che, se percepito, avrebbe dovuto far temere una vittoria ‘eccessiva’ che avrebbe comportato il pervenimento alla Camera di circa 200 neoparlamentari democratici, del tutto disorientati tra una Rete che spesso usano davvero male e ancor meno comprendono, un Partito che decide le cose ‘a prescindere’ e secondo imperscrutabili strategie, la propria ambizione e la relativa competenza che mal si conciliano con i sacrifici e le professionalità che l’Italia reale riesce ancora a garantire.

Questi sono solo alcuni dei segnali che potevano lasciar presagire la situazione di incapacità politica che il PD ha mostrato finora.
Adesso, il Partito Democratico non c’è più, il segretario Bersani è dimissionario, il Congresso da convocare a giorni non è stato ancora annunciato, la Presidente Rosy Bindi che lo doveva convocare è dimissionaria dal 10 apirle.

Motore imballato, tutto quì, dottor Scalfari?

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Corte Costituzionale inascoltata, il Parlamento legiferi

15 Apr

La legge elettorale vigente, cosiddetta ‘Porcellum’ è in vigore dal 31 dicembre 2005 e, finora, ha regolato le elezioni politiche italiane del 2006, del 2008 e del 2013, condizionando legislature e governi. Nel 2009 si tennero tre referendum abrogativi, ma Nessuno dei tre raggiunse il quorum del 50% più un elettore.

Giorni fa, il presidente della Corte Costituzionale, l’alto magistrato Franco Gallo, ha dichiarato che “il Porcellum e’ un sistema che per alcuni aspetti,come il premio di maggioranza, e’ sospettato di incostituzionalità. La Corte ha invano invitato il legislatore a riconsiderare gli aspetti problematici la legge, con particolare attenzione all’attribuzione di un premio di maggioranza senza che si sia raggiunta la sogli aminima di voti o di seggi“.
Ha anche aggiunto che “il Parlamento sottovaluta e non ascolta i richiami – tipici delle funzioni della corte costituzionale – che la Consulta rivolge per la modifica di una normativa che ritiene in contrasto con la Costituzione.

Il Parlamento, non il Governo, attenzione.

Inoltre, ha tenuto a precisare che “la Corte ha escluso l’illegittimità costituzionale delle norme che limitano l’applicazione dell’istituto matrimoniale alle unioni tra uomo e donna, ma nel contempo ha affermato che due persone dello stesso sesso hanno comunque il diritto fondamentale di ottenere il riconoscimento giuridico, con i connessi diritti e doveri, della loro stabile unione. Ha perciò affidato al Parlamento la regolamentazione della materia nei modi e nei limiti più opportuni. … Il Parlamento discuta e agisca in fretta. Ci sono proposte di legge già presentate da vari gruppi che possono essere base di partenza per arrivare ad una legge di tipo europeo, che vada dal matrimonio alle unioni civili. Le persone lesbiche, gay e trans vogliono pari dignità e pari diritti”.

Il Parlamento, non il Governo, attenzione.

La stessa Corte Costituzionale che aveva rinviato alle Camere Legge 94 del 15 luglio 2009, riguardante gli immigrati irregolari, perchè “la condizione giuridica dello straniero non deve essere considerata – per quanto riguarda la tutela dei diritti – come causa ammissibile di trattamenti diversificati e peggiorativi, specie nell’ambito del diritto penale, che più direttamente è connesso alle libertà fondamentali della persona“.

Le Camere, non il Governo.

Una Corte per voce dell’ex presidente della Corte costituzionale, Gustavo Zagrebelsky, teneva a precisare, riguardo la riforma del Titolo V della Costituzione che, “come ricorda con la sentenza 370, continua a mancare qualsiasi norma di attuazione dell’art. 119, con gravi conseguenze sull’assetto dei poteri riformato“.
Oppure, che deve ribadire che “sottrarre alla giurisdizione, per riservare esclusivamente alla assemblea degli eletti, della quale fanno parte soggetti portatori di interessi anche individuali coinvolti, il giudizio sulle cause di ineleggibilità e di incompatibilità, significherebbe negare il “diritto al giudice”, e ad un giudice indipendente e imparziale.”
Che aveva già ricordato (ndr. sentenza 300) al Parlamento che “la disciplina delle fondazioni di origine bancaria è ritenuta estranea, a seguito degli sviluppi legislativi, alla materia concorrente “casse di risparmio, casse rurali, aziende di credito a carattere regionale”, per essere ricondotta invece a quella, statale, dell’ordinamento civile.

Ritornando alla Legge Elettorale, è a dir poco inquietante scoprire che i nostri media si accorgano solo oggi delle giuste iniziative della Corte Costituzionale e, soprattutto, che la legge con cui il popolo italiano vota da tre legislature, a ben vedere, è incostituzionale, come lo sarebbe l’attuale composizione delle Camere.

D’altra parte, in Italia la Corte Costituzionale italiana giudica solo sulle controversie relative alla legittimità costituzionale delle leggi e sui conflitti di attribuzione tra i poteri dello Stato dello Stato e delle Regioni, oltre che sulle accuse promosse contro il Presidente della Repubblica e sull’ammissibilità dei referendum.

Una Consulta che, come la Corte suprema degli Stati Uniti, non ha tra i propri compiti il controllo della legittimità costituzionale delle leggi, nonostante già con la Costituzione della Repubblica Napoletana del 1799 si iniziò a prevedere.

Intanto, siccome la Costituzione prevede l’iniziativa parlamentare, prendiamo atto che la Corte Costituzionale si rivolge alle Camere, dove oggi c’è un magistrato, Pietro Grasso, come Presidente del Senato, ed un’alta funzionaria dell’ONU, Laura Boldrini, come Presidente della Camera. Persone queste che non dovrebbero avere alcun ostacolo affinchè il Parlamento legiferi su materie come quelle inerenti i diritti dei cittadini o le regole della politica.

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