Tag Archives: MAstrapasqua

Pensioni: anche per l’Ocse siamo tra i peggiori

15 Dic

Il recente rapporto “Pensions at a glance 2015” dell’Ocse chiarisce bene quale sia la vergognosa e preoccupante situazione italiana in fatto di Previdenza, sia per la tenuta finanziaria sia per quel poco che resta del patto intergenerazionale che dovrebbe sostenerla.

Siamo primi al mondo per spesa pensioni e  primi per aliquota contributiva anche senza considerare la sentenza della Consulta sulla perequazione delle prestazioni previdenziali delle “pensioni d’oro”.

Infatti, checché se ne dica, la spesa pubblica per la previdenza in Italia nel 2013 era al 15,7% del Pil – quasi il doppio rispetto alla media Ocse (8,4% del Pil) e la più alta dopo la Grecia – ed gli over 65 godono di un reddito “relativamente elevato” (95% della media nazionale), come accade negli altri paesi che hanno una rilevante disoccupazione giovanile (Grecia, Spagna e Portogallo).

Inoltre, continuiamo ad ignorare le regole basilari del denaro, cioè che “contributi obbligatori elevati, avverte l’Ocse, “possono abbassare l’occupazione complessiva e aumentare il sommerso”, mentre “molti pensionati oggi ricevono prestazioni pensionistiche relativamente generose nonostante un basso livello di contributi versati”…

Infine, a conferma dell’iniquità ed incongruità delle norme nel loro complesso, il tasso di occupazione per i lavoratori di età tra i 60 e i 64 anni  da noi è pari a circa il 26%, contro il 45% in media dell’Ocse, anche se la legge fissa l’età minima per godere di un trattamento pensionistico di base in Italia a 66,3 anni per gli uomini (media Ocse di 64,7 anni) e 62,3 anni per le donne (63,5 anni la media Ocse).

A proposito – sempre in termini di numeri strillati che poi significano tutt’altro – secondo le proiezioni Inps, dei nati nel 1980 ben il 38,67% raggiungerà la pensione prima dell’età di vecchiaia, con un importo complessivo di circa il 25% inferiore a quella dei nati intorno al 1945.
Praticamente non molto peggio di quello che già oggi va a toccare ai nati negli Anni ’60 per i quali nessuno spende una prece …

Piuttosto, il vero problema è che quando si è disoccupati, esodati, in maternità o ultraprecari … il sistema assicurativo nazionale (leggasi Inps) non prevede adeguati corrispettivi (leggasi reddito minimo) e … si finisce per lavorare fino a 70 anni … in un paese dove il reddito e il potere d’acquisto sono erosi da degrado, tasse e malaffare.

Speriamo che dati (e vergogne) alla mano gli oppositori del reddito minimo e del pensionamento anticipato  aprano gli occhi e si rendano conto che finiranno per ledere del tutto il poco di patto intergenerazionale che ancora c’è, se continueranno a difendere antiche scelte di campo oggi davvero discutibili  (le pensioni d’oro, le cassaintegrazioni, le ‘quote donna’ eccetera).

Demata

Pensioni, esodati? Solo parole al vento e lacrime da coccodrillo

16 Ott

Le ‘pensioni non si toccano’ fu uno degli slogan della campagna elettorale della sinistra di base italiana ai tempi di Fausto Bertinotti. Sembrava una bella cosa, ma poi abbiamo scoperto che era una fregatura: chi in pensione restava intatto, chi in procinto aveva da aspettare e per chi futuro nulla sarebbe rimasto.

La riprova arriva in questi giorni:

  1. niente agevolazioni per i lavoratori precoci;
  2. niente scivoli per gli invalidi gravi;
  3. quattro centesimi di ‘opzione donna’;
  4. esodati poi si vedrà;
  5. zero opzioni per anticipare.

Intanto, Tito Boeri – neo direttore dell’Inps – resta inascoltato e nè istituzioni nè sindacati hanno finora presentato un esposto uno per acclarare cosa ne sia stato dei miliardi e miliardi che mancano all’ex Inpdap e alle tante Casse assorbite dall’Inps.

E, se la CGIL piange lacrime da coccodrillo dopo aver affondato le proposte di Boeri e di Damiano, va da se che Poletti proprio non sembra interessato alla previdenza come all’assistenza: oggi è ministro, ma ieri era  Coop …

Renzi? Per ora ha dato lavoro nelle scuole a quasi centomila suoi coetanei, ha salvato i privilegi iniqui del catasto e di chi vive nei centri storici, ha lasciato in piedi la Cassa Integrazione, mentre per i (ne)fasti di Roma ha finora scucito almeno un miliardo di euro e mentre l’Europa presta quasi 2.000 miliardi di euro alla Grecia.

Aggiungiamo che i Cinque Stelle intervengono su tutto ma non riguardo le pensioni od il salario minimo ed anche il Centrodestra e persino l’estrema Destra non mostrano interesse alla questione.

Inutile ricordare che qualcuno aveva sbagliato metodo e conti per le pensioni – specie se apicali – come è comprovato dall’intervento corrrettivo di Maroni, come anche che i dati sul livello di istruzione dei maschi e sulla sottoccupazione femminile sono la riprova dei danni prodotti dall’assenza di un welfare organico e rigoroso e di percorsi professionalizzanti (Mafia Capitale docet) .

Eppure, basterebbero qualche dozzina di miliardi e dei sindacati ‘come quelli degli altri paesi avanzati’ per sbloccare la questione. I miliardi ci sarebbero pure, quel  che manca da noi sono dei sindacati ‘normali’, cioè in grado di gestire fondazioni ed enti benefici, Cda assicurativi, case per anziani eccetera.
L’organizzazione del dissenso, come sentivamo in tv tempo fa? Quella compete ai partiti, mica ai sindacati …

Demata

Mafia Capitale: fate presto

12 Giu

Oggi, si parla di ‘mafia’ ogni qual volta ci si trova dinanzi ad una cospiracy tra colletti  bianchi e delinquenza comune finalizzata ad assumere il controllo della governance di un territorio e, nei fatti, del denaro pubblico come dei servizi o del lavoro. Una mafia che non necessariamente deve essere gerarchizzata, ma che può operare anche per ‘cartelli’ che si dividono mutualmente le aree di influenza e ricorrendo a reati violenti solo in forma poco appariscente.

Il ‘picciotto con la lupara’? E’ un luogo comune, lo sappiamo bene fin dagli scandali romani di fine Ottocento, quando per le prime volte in Parlamento si iniziò a discutere di ‘mafia e politica’,  ma lo risentiamo in questi giorni come se nulla fosse.

Nell’epoca dei cartelli e delle holding criminali, quello che le diverse indagini stanno rivelando somiglia molto ad un’occupazione, da parte di diversi ‘cartelli d’affari’, della governance per il controllo dei fondi pubblici. Come anche, dopo il parziale repulisti per gli scandali del Centrodestra avvenuti ai tempi della Polverini e di Alemanno,  oggi assistiamo al coivolgimento esteso del Partito Democratico laziale e di interi settori d’apparato locali.

Ignazio Marino dovrebbe lasciare il passo ad un Commissariamento: a prescindere dalla ‘mafia’, il Comune – con tanti consiglieri e funzionari sotto indagine – non è verosimilmente in grado di gestire appalti e servizi, specie se il Sindaco ha poca esperienza amministrativa.

Nicola Zingaretti si ritrova in una situazione diversa, dato che il suo Consiglio regionale sembra essere fuori dalle indagini, ma proprio il suo Capo di Gabinetto ne è coinvolto, oltre al problema degli appalti e degli apparati come ad esempio – tra le tante inerenti la Sanità romana – dimostra la vicenda Recup avvenuta mentre proprio  lui era Commissario ad acta.

Dovrebbero dimettersi, non per colpe loro, ma perchè si possano garantire i servizi essenziali, visto che finora tutto o quasi tutto ‘era una mucca da mungere’.
Dovrebbero dimettersi, non per colpe loro, ma per dovere istituzionale, perchè ci sono  anche le vittime, non di lupara, ma ci sono e sono tante.

Ad esempio i tanti incidentati (e talvota deceduti) per la situazione delle strade  abbandonate a se stesse  (leggasi buche) per finanziare proprio quel ‘welfare’ di cui si occupavano Carminati & co. E, come loro, i malati e i bisognosi depredati degli aiuti che a loro dovevano arrivare e che mai hanno visto?
I tanti dipendenti pubblici onesti  che son stati tartassati per escluderli dalle posizioni ‘chiave’ o le famiglie di lavoratori con un affitto salato, mentre si davano sussidi e case a chi guadagnava magari il doppio, … i giovani  in fuga verso le università del nord ‘perchè qui ormai non c’è futuro’ e chi più ne ha più ne metta.

E’ difficile che questi elettori  possano continuare a dare fiducia al Partito Democratico senza un passo indietro di almeno uno dei due. E’ difficile non notare gli stessi guasti che le mafie producono tipicamente nei territori che sfruttano.

Sindaco e Governatore, come altri personaggi del Partito Democratico, non danno a vedere di aver compreso l’entità del problema e della debacle, Renzi e il partito si, specialmente dopo l’exploit degli astenuti alle ultime amministrative: il  Giubileo sarà commissariato.

Intanto, Roma è bloccata senza un futuro, nel degrado e nell’insicurezza. Fate presto …

Demata

Pensioni, le soluzioni ed il coraggio della semplicità

3 Giu

Fatte le elezioni regionali e festeggiato il 2 giugno, il Governo italiano si ritrova al capolinea di quel welfare e di quelle pensioni, che Monti, Mastrapasqua e Fornero vollero.

Un termine inderogabile per tanti e troppi motivi, ma soprattutto uno: lo stallo.
Infatti, attualmente nessuno sa dire ‘quando andranno in pensione’ i milioni di lavoratori over55, che si ritrovino con 35 o 40 anni di contributi.

Non solo una questione di iniquità, come quella delle pensioni ‘retributive’ mantengano la stessa progressività di quelle ‘contributive’.
La quaestio è che tra agevolati, esodati e rinviati ad libitum non c’è più nessuno che sia in grado di dare conti e previoni finanziarie sul sistema previdenziale italiano … è questo non va certo bene, se pensiamo che per l’Europa l’Inps non è altro che un’enorme compagnia assicuratrice, praticamente una banca.

Una Allgemeine (un)Versicherung, che – essendo in stato fallimentare – ha ben pensato di ricorrere alla prassi di trattenere i fondi versati dai ‘clienti’.

Età Pensionabile Mondo

Come se ne viene fuori? Seguendo l’esempio del resto d’Europa, che, pur fissando l’età pensionabile a 67 anni, ha anche previsto ‘qualche’ correttivo …

  • Austria: pensioni ridotte del 4,8% per ogni anno anticipato rispetto all’età pensionistica standard, con un massimo di penalizzazione del 15%
  • Francia: pensioni ridotte, in proporzione all’età e ai contributi versati, a partire dal compimento del 60esimo anno di età
  • Spagna: pensioni ridotte a partire dal compimento del 60esimo anno di età e contribuzione minima di 33 anni. Part time per chi è prossimo alla pensione
  • Germania: pensioni ridotte del 3,6% per ogni anno di anticipo alla Quota 108 (63 anni e 45 anni di contributi). Per gli invalidi oltre il 50% l’età pensionabile è ridotta a 60 anni.

In sintesi, andiamo a rilevare che:

  1. l’età pensionistica standard italiana è adeguata (67 anni) come lo è il termine contributivo (44 anni): il problema è nell’enorme conflitto di interessi esistente tra Inps e Stato italiano
  2. l’anticipo pensionistico per gli invalidi è – da noi e solo da noi – considerato uno spreco: altrove – dove le assicurazioni coprono vecchiaia, lavoro e salute – ci si accorge che è un risparmio (per Sanità e Welfare)
  3. la flessibilità – part time o anticipo pensionistico – per chi abbia superato la Quota 96 è vista come una regalia: meglio tenersi al lavoro fino al 2023 dei sessantenni ultrademotivati od iperabbarbicati?

Senza scervellarsi troppo e tenuto conto sia che la finanza europea è qualcosa di sovranazionale sia che i sindacati hanno il loro peso, basterà (basterebbe) ‘copiare’ un po’ di parametri dagli altri:

    • pensioni d’anzianità: Quota 110 (es. 67 età + 43 contributi)
    • pensioni anticipate con penalizzazione del 4% annuo: Quota 100 (es. 58 età + 42 contributi)
    • invalidi e usuranti con penalizzazione del 2% annuo: Quota 95 (es. 57 età + 38 contributi)
    • pensioni ‘retributive’ già in erogazione: collocazione fino ad esaurimento in un Fondo a controllo pubblico

I soldi ci sono, basti pensare che un milione di pensionandi con decurtazione del 40% del TFR lasciano in cassa decine e decine di miliardi … per non parlare dell’attivo che si troverebbe l’Inps se le correnti pensioni ‘retributive’ fossero collocate in un Fondo apposito.
Vedremo se Tito Boeri avrà quello che finora è mancato: il coraggio di fare qualcosa di ‘normale’.

popolazione Titolo di Studio Mondo

Forse Monti Fornero e Mastrapasqua non lo ricordano, come non lo ricordano oggi Camusso e Poletti, ma l’Europa non chiede solo l’aumento al 75% degli occcupati tra i 20 e i 64 anni d’età, cosa ben diversa da quella proclamata (e fatta) in Italia finora.
L’Unione Europea – nella ‘Strategia Europa 2020’ – richiede sia l’incremento dei laureati al 40% sia il miglioramento delle condizioni di lavoro, una più adeguata gestione dell’età e la promozione della capacità lavorativa durante l’intera vita lavorativa.

Demata

Lavoro e pensioni: fine pena mai

1 Mag

La cattiva notizia è che la Corte Costituzionale ha annullato il blocco dell’adeguamento al costo della vita per le pensioni superiori a tre volte il minimo Inps (1.443 euro).

La ‘buona’ notizia è che adesso abbiamo un’idea certa di quanto esageratamente ci costano: il solo ‘aggiornamento Istat’ pesa sui conti pubblici di circa 1,8 miliardi per il 2012 e altri 3 miliardi per il 2013.
A contraltare, i beneficiari di pensioni e assegni sociali, integrazioni al trattamento minimo più pensioni di invalidità civile costituiscono il 65% dei pensionati totali e percepiscono un importo inferiore a 750 euro.

E’ evidente che è andato tutto storto a partire dalle proiezioni di  Amato, Dini e Maroni che ancora oggi pensionano persone con il sistema restributivo per finire alle conversioni in Euro ed al nuovo status ‘europeo’ dell’Inps di Prodi e Tremonti.

Certamente era incostituzionale negare l’aggiornamento al costo della vita, ma è un dato di fatto che l’Inps abbia sbancato ed è la Caporetto dei conti italiani.
italy_cruise__paolo_lombardi
In questi casi si fa una sola cosa: spacchettamento. Da un lato i rami morti, i pensionati ‘retributivi’ che restano allo Stato – in un blind trust si spera – finchè campano.
Dall’altro, la costituzione di Fondi Vita (o Casse) che assorbano le pensioni ‘vive’, di chi andrà in pensione da dopodomani e ha versato buona parte col sistema ‘contributivo’.

L’alternativa è bloccare tutto il Welfare e buona parte dell’innovazione della Pubblica Amministrazione, oltre che mandare in malora diritti privati e doveri  pubblici.

La soluzione è tutta meramente politica, come lo sono le questioni sottese alle richieste sempre più pressanti di Damiano e Boeri come del Papa e del Presidente Mattarella
Poletti e Renzi tacciono, Bersani e Camusso pure.

Intanto il lavoro ed il non aver lavoro somigliano sempre più a ‘fine pena mai’.
Evviva il Primo Maggio!

Demata (blogger dal 2007)

Pensioni: arrivano i licenziamenti per gli over55?

21 Mar

Che sulle pensioni ci fosse da intervenire già con il subentro di Enrico Letta a Mario Monti lo sapevamo tutti, come sapevamo che – introdotte le norme sugli esodati e il jobs act – c’era da avviare quelle sul ‘salario minimo’ o ‘reddito di cittadinanza’ che dir si voglia.

E, invece, non si è fatto nulla, assolutamente nulla. Neanche del processo Mastrapasqua si sa nulla ed è incredibile che si sappia tutto di tutto sull’ex comandante Schettino, che guidava il Costa Crociere, ma non sull’ex direttore dell’Inps, che sta morendo per dissanguamento.

Cosa doveva riformare il PD? Poco, molto poco.

Innanzitutto, c’erano da abrogare alcune circolari dell’Inps, che escludono tutte le malattie rare dagli scivoli (due mesi per anno per massimo cinque anni) riservati alle malattie congenite dalla nascita. Oppure c’era da ricordarsi che il Contratto di oltre un milione di docenti contiene l’obbligo di residenza per i parenti invalidi, cosa che la stessa Inps dovette ritirare perchè illegittima, ma ‘sfuggita’ agli agguerritissimi sindacati della scuola. Invece, approfittando del fatto che non c’è tribunale di riferimento per una mostruosità simile, restano iniquità a macchia di leopardo e chissenefrega …

old-workersPoi, c’era da mettere fine alle pensioni d’oro, incluse quelle già in erogazione, ma … figuriamoci se Renzi, Maida & co. andavano a tagliare il gruzzoletto che, dopo babbo e/o mamma, stanno accumulando anche loro … bastava questo per rimettere in sesto la barca …

Infine, la questione sociale: anche nella Germania o nel Giappone degli Anni 80  accadde che il lavoro dei giovani del dopoguerra mondiale venisse protratto fino a 48 anni di servizio, come oggi lo si chiede ai reduci degli ‘Anni di Piombo’ e della ‘Pantera’ che già hanno pagato un prezzo altissimo all’Italia di allora, spartita com’era tra Mafia e Comintern. L’attuale direttore dell’Inps, Tito Boeri, parla di ‘reddito minimo’ tra i 55 ed i 65 anni (link), preavvisando – dunque – il licenziamento in massa nel corso dei prossimi anni di chiunque raggiungerà quell’età … ed una pensione da fame comunque per tutti coloro che oggi hanno uno stipendio ‘normale’.

Così, tra non molto, l’Italia sarà tra i primi paesi al mondo ad ‘abituarsi alla diseguaglianza’ come preannunciava al Daily Telegraph nel 2009 Lord Griffith, il numero due della Goldman Sachs. Da un lato gli ex Sessantottini, saldamente pensionati, ed i  loro figli, ormai ultraquarantenni e ‘sistemati’; dall’altro i ragazzi del ’77 e della Pantera, che vedono la pensione allontanarsi mese su mese, ed i loro figli ventenni in cerca di un lavoro che sarà a diritti progressivi … magari mai.

Facile per qualunque analista prevedere che – esauritosi tra 5-10 anni il serbatoio dei (post)comunisti ultra sessantenni – tra due legislature il Partito Democratico e l’Italia dovranno confrontarsi con la propria sudditanza ai ‘grandi vecchi’ del nostro Paese ed i misfatti che inevitabilmente combineranno i loro figli, dato che ‘solo chi non fa non sbaglia’.

Oggi siamo ancora nella Seconda Repubblica, quella che proprio il neopresidente Sergio Mattarella creò con il Mattarellum, e per veder nascere la Terza ce ne vorrà ancora.

originale postato su demata

Innanzitutto Innanzitutto

Come ‘vincere’ 651.000 euro lordi di pensione

17 Gen

Nuovo record italiano a parlare di pensioni: un pensionato del Comune di Perugia percepisce 651.000 euro lordi all’anno.

La storia è piuttosto singolare e, come disse Benitez per il goal in triplo fuorigioco convalidato alla Juventus, ci può stare.

Si tratta di Mario Cartasegna, 72 anni, ex avvocato del Comune di Perugia, assunto come dipendente ma anche a percentuale sulle cause vinte, che poi hanno elevato il reddito da 200.000 euro a un milione e, pejus, fatto ‘massa contributiva’ per la pensione in quanto ‘anche’ dipendente. Inutile precisare che l’Avvocatura comunale che avrebbe dovuto fare opposizione ad una tale mostruosità  si astenne ‘a norma di legge’, ovvero per conflitto di interessi ….

Un ‘vitalizio’ pari a due volte lo ‘stipendio’ di Barak Obama e a 30-40 volte una pensione ‘normale’, ma ‘ci può stare’ come spiega il diretto interessato in un’intervista al Corsera.

L’incredibile, però, è altro: Mario Cartasegna percepisce questa manna caduta dal cielo da 6 anni circa, ovvero da poco prima di quando Elsa Fornero azzerò le speranze di milioni di over50, visto anche che da due settimane abbiamo scoperto che ‘automaticamente’ ci tocca di andare in pensione a 42 anni e dieci mesi e tra un paio d’anni potrebbero diventare anche 43 o 44 …

fornero

Con una pensione da 100.000 euro annui l’avvocato Mario Cartasegna poteva vivere comunque nel lusso, ma con i restanti 500.000 euro l’Inps poteva evitare 50-60 esodati o riconoscere un centinaio quasi di invalidi. E non l’ha fatto.

Tito Boeri, neo presidente dell’Inps, ha finalmente avviato un’ispezione e adesso l’avvocato Cartasegna rischia di dover restituire tanti, tanti soldi, se verrà acclarata qualche illegittimità.
Ma non basta.

Sarebbe doveroso che Inps, Guardia di Finanza e magistratura avviassero indagini su tutte le super pensioni d’oro (ndr. sarebbero da rivalutare circa 200.000), al fine di verificare se di cavillo in cavillo non si sia ‘accumulata’ qualche illegittimità.
Di sicuro, il solo paventare una tale opportunità, porterebbe a zero le resistenze a tagliare le pensioni d’oro, dato che in caso di condanna i beneficiari vedrebbero azzerati sia i loro patrimoni sia quelli degli eredi.

E, se ben venga il nuovo ‘metodo Boeri’ e confidando nel rapido avvio di controlli a tappeto, c’è solo una cosa da dire: milioni di italiani, oltre alle lacrime, aspettano ancora le scuse, almeno quelle, di Elsa Fornero e Mario Monti.

originale postato su demata

Dove andrà mai la Destra, se Berlusconi non lascia?

29 Set

L’operazione « Torna a casa, Lassie» attuata da Berlusconi per ricompattare intorno a se il Nuvo Centro Democratico  non ha sortito effetti. E visto che non riusciva a superare l’ostacolo.
Alfano ha ancora ben saldo il controllo della maggioranza in Senato e Schifani parla di «malevoli rumors sono finalizzati a ostacolare l’unificazione di Ncd con l’Udc e i Popolari di Mauro». Forza Italia non è riuscita a far nascere un gruppo parlamentare ‘parallelo’, con fuoriusciti centristi e delle autonomie.

Intanto, si avvicina l’inverno, durante il quale avrà avvio la campagna elettorale per le elezzioni amministrative (regionali e comunali) del 2015 e, di sicuro, andrebbe colta l’opportunità di un centrodestra unitario e vincente, visto che la Sinistra è arrivata all’ultima sfida.

Ma anche a Destra le anime son troppe e troppo diverse, ormai.

Da un lato i decotti Berlusconi, Verdini, Brunetta e Santanchè, simboli di un’Italia che fu, come lo sono D’Alema, Veltroni, Prodi e Camusso a sinistra: nulla che abbia a che vedere con il futuro.
Dall’altra c’è il ‘vero futuro’, ci sono Salvini e Meloni, come ci sono Renzi e Serracchiani a sinistra e come avviene nel resto d’Europa a guardare a destra.
Al ‘centro’, infine, troviamo Alfano, Gelmini, Lupi, Mauro dei Popolari e un sottobosco di notabili e sottosegretari, mentre ‘fuori’ c’è Grillo, che più o meno inconsapevolmente, ha raccolto quei cinque milioni di voti che in Europa stanno facendo la fortuna della nuova Destra.

Dunque, al momento atttuale, la Destra italiana non va da nessuna parte: l’unica ipotesi – suggestiva, ma possibile – è quella di un’alleanza tra Salvini e Meloni, dato che fanno capo alla stessa ‘corrente politica’ in Europa. Alleanza che potrebbe validamente contrastare – in tanto profondo Nord e tanto estremo Sud – la bolla di consenso che ha sostenuto i Cinque Stelle alle recenti politiche.
Una nuova Destra europea – se coesa – non dovrebbe conquistare meno del 15% su scala nazionale anche qui in Italia.

Le Pen Marine

Quanto a Berlusconi è evidente che sia ormai  ‘il problema politico’ del Centrodestra, in quanto impedisce il ricompattarsi del fronte cristiano-sociale, ovvero ‘popolare’, che in Europa ha sempre espresso delle auree mediocritas (ad eccezione dei tedeschi Kohl e Merkel), ma raccoglie di norma il 20% dei voti.
Fronte cristiano-sociale che sembra sostenere Matteo Renzi e non affatto Silvio  … dopo la sequel di scandali sessuali che ha coinvolto Berlusconi, finanziari per quel che riguarda il suo fido Verdini e la filiera di partito, per non parlare della debacle finanziaria del meno fido Tremonti.

Il Centrodestra va, dunque, ‘liberato’ dal Berlusconismo e dei ‘circoli’, come il Centrosinistra deve liberarsi del Comunismo e delle lobby sindacali: sono obsoleti e sono la causa sia dell’incapacità parlamentare a reagire alla Crisi – che portò al quadrumvirato Monti, Fornero, Mastrapasqua e Passera – sia della deriva elettorale delle astensioni al 40% e dell’affermazione di una compagine caotica quanto inconsistente come i Cinque Stelle.

Originally posted on Demata

Senato: chi gioca al massacro non ama l’Italia

31 Lug

Oggi, la Lega di Salvini ha conseguito una importante vittoria, ottenendo che nel futuro Senato – quello delle Regioni per intendersi – si possa legiferare su temi etici come famiglia, matrimonio e diritti civili.

Una buona cosa, visto che è solo da 150 anni che il Cattolicesimo è diventato la religione di Stato degli italiani, mentre prima – eccetto 3-4 regioni – ognuno legiferava come voleva. Ad esempio, pochi sanno che nei due stati borbonici (Due Sicilie e Parma-Modena) il divorzio fu consentito dal 1804 al 1819-21, come anche che i regnanti di Napoli fin dal 1600 emisero editti di tolleranza verso gli omosessuali.

L’Italia non è nata ‘serva di Roma’, come cantava il buon Goffredo Mameli, e … l’elmo di Scipio è andato perduto, se i nostri marò non siamo proprio capaci di  riportarceli a casa.

Dunque, davvero non si comprendono le perplessità del ‘core’ intellettuale della Sinistra, ovvero il quotidiano La Repubblica, verso Matteo Renzi e le sue proposte, se il voto di oggi vede il governo battuto per un’inezia su un’inezia, ma in realtà si aprono le porte ad una alleanza trasversale con la Lega e la nuova destra.

E si è già aperta la porta delle ‘preferenze’ – l’ha fatto oggi Matteo Renzi, finalmente – che fanno lievitare i costi della campagna elettorale (come ricordava Anna Finocchiaro), con buona pace di grillini, più predestinati e pervenuti vari, eletti con una manciata di voti personali.
Quanto al problema che il PD paventa – cioè che il controllo delle preferenze garantisca, poi, in alcuni settori del Paese i tentativi della criminalità organizzata di inquinare la campagna elettorale – sappiamo che ci riescono lo stesso (la Seconda Repubblica è finita negli scandali come la prima) e che è anche vero che se un partito candidasse mafiosi è sempre ampiamente possibile che vinca l’altro partito perchè gli onesti si riverserebbero in massa. Il problema si verificherebbe se in TUTTI i 2-3 partiti che contano  ci fosse un mafioso candidato …

La porta delle preferenze ed un vero federalismo, forse è questo che agita il giornale di cui fu direttore Eugenio Scalfari: la percezione che gli italiani siano ormai stufi di una ‘certa sinistra’ che sa solo criticare o puntare i piedi, ricordarsi delle regole solo a corrente alternata, proteggere solo i lavoratori delle grandi aziende o della pubblica amministrazione e mai  i giovani, le donne, gli invalidi, i disoccupati.

Sappiamo tutti che tra i maggiori oppositori del ‘salario minimo’ c’è la CGIL, segretari in testa. Come qualcuno ricorderà che – erano i tempi di Espero – proprio i sindacati misero in giro la storia che le pensioni sarebbero venute a mancare, piuttosto che denunciare quello che ha scritto in più riprese il Sole24ore o che risulta a sentenza, ovvero che per anni non furono versati i contributi dei precari statali, che almeno 30 miliardi dell’ex Inpdap sono finiti a compensazione della voragine chiamata Sanità, che un altro buco di 5-6 miliardi ci arriva dalle ex casse dei dirigenti pubblici, grazie agli errori di stima sull’apprezzamento lira-euro, errori che oggi sappiamo estesi a chiunque abbia versato contributi prima del 1980 circa.

Fattacci che non solo i sindacati, ma anche i Cinque Stelle o Mineo e la Sinistra PD potrebbero denunciare e sanare: l’ha scritto chiaro e tondo il Sole24ore, ce l’hanno tutti i giorni  in rassegna stampa e stanno lì a guardare? E dell’ex direttore Mastrapasqua – son passati mesi – come vanno indagini, accertamenti e processi? Neanche un’interrogazione a cinque stelle per sapere che ne è – dopo un anno – del buco Inps?
Potrebbero almeno ‘ritirarsi in buon ordine’, non avendo granchè da proporre, dando del solito ‘fascista’ a Renzi, come ha fatto SEL, sempre fedele alla tradizione.

Sempre da lor signori, andando alla Camera, arriva la grande novità che, finalmente,  per professori universitari e medici primari il pensionamento d’ufficio potrà scattare dopo i 68 anni, alla faccia dell’innovazione e del cambiamento, mentre Renzi chiedeva 65 e basta come per tutti.
Il tutto ammesso e non concesso che arrivi il parere favorevole della commissione Bilancio sulle coperture finanziarie, che l’INPS non ha neanche i soldi che doveva avere accantonato in 40 anni e passa per/da questi lavoratori, caso mai volessero pensionarsi di diritto domani.
Privilegio uguale e contrario per i ricercatori universitari: il pensionamento d’ufficio scende a soli 62 anni d’età, anche se a manovali, docenti, tramvieri, artigiani, infermieri e chi più ne ha più ne metta tocca di arrivare a 65 anni.

biani_forconi

Parliamo di chi si sta opponendo a Matteo Renzi, di cosa effettivamente facilitano e cosa bloccano, e come dimenticare che mentre il Miur trova risorse per oltre 30.000 assunzioni di docenti precari nella scuola, mentre il turn over pensionistico è bloccato grazie alle norme di Elsa Fornero (e ai buchi da 50 miliardi di euro nel bilancio ex Inpdap), con i tempi che corrono è grasso che cola, ma Cobas e Cgil si lamentano: volevano di più …
Eppure, le nascite sono sempre in stallo, la riforma Gelmini  è ancora da mandare a regime ed i posti  in soprannumero che si dovevano tagliare li paghiamo con le nostre tasse da due o tre anni, mentre esodati disoccupati e invalidi possono aspettare.

Un po’ come a Roma, dove per salvare i posti di lavoro dei dipendenti comunali e mantenere un patrimonio immobiliare insostenibile e poco utilizzato, il sindaco Ignazio Marino preferisce tagliare quasi 3 milioni di chilomentri di linee autotramviarie, oltre ad eliminarle quasi del tutto d’estate, anche se la città (e la Capitale) deve continuare a funzionare nonostante lui e il suo Comune disastrato.

O come i Cinque Stelle che in questi 18 e passa mesi di legislatura sono riusciti a dimostrare solo una cosa: non vanno d’accordo con nessuno, non riescono a coinvolgere e farsi convolgere su proposte concrete, non intervengono sulle leggi finanziarie.
I disoccupati, gli invalidi, gli anziani, gli esodati che Beppe Grillo abbracciava piangendo davanti alle telecamere sono ancora disoccupati, invalidi,  anziani,  esodati.

Se questi sono, come proprio sembra, gli strenui oppositori delle riforme di Matteo Renzi in nome del popolo italiano …

originale postato su demata

Lavoratori precoci: arriva lo sblocco definitivo?

10 Giu

Per lavoratore precoce si intende generalmente chi abbia corrisposto contributi previdenziali per almeno un anno prima del compimento del diciannovesimo.

Sostanzialmente, abbiamo tre grandi categorie: coloro che hanno iniziato presto per poca disposizione allo studio e hanno svolto lavori pesanti e umili, quelli che lo hanno fatto per problemi familiari e spesso sono riusciti a divenire quadri, quelli, infine, che precoci negli studi erano all’università a 17 anni e hanno trovato lavoro immediatamente.

Essendo una categoria da tutelare, persino la riforma Fornero ha dovuto tenerne conto, stabilendo che  l’obbligo di pensione a 62 anni non si applicherà per questi lavoratori fino al 31 dicembre 2017, onde evitare l’incostituzionalità manifesta tenuto conto che dopo il 40esimo anno di lavoro stipendi e pensioni non crescono più.
Per chi ha iniziato a lavorare prima dei 18 anni d’età per altri tre anni varrà solo il requisito di 40 anni contributivi e non quello dell’età, con pensione decurtata dell’1% se hanno 61 anni, del 2% se intendono andare in pensione a 60 anni, del 4% a 59, del 6% a 58, dell’8% a 57, del 10% a 56 anni).

Tutto bene? No.

Purtroppo, oltre a passare la patata bollente al governo a seguire ‘entro il 2016’, l’azione di Monti, Fornero e Mastapasqua ha  partorito la solita incongrua corsa ad ostacoli con ‘effetto tappo’ per gli italiani e per l’economia.

Infatti, ci sono voluti due anni e una legge (L.125/2013) per chiarire che ai benefici sono ammessi solo i periodi derivanti “da sola contribuzione effettiva da lavoro e da contribuzione figurativa derivanti da astensione obbligatoria per maternita’, per l’assolvimento degli obblighi di leva, per infortunio, per malattia, per cassa integrazione guadagni ordinaria, per donazione di sangue e di emocomponenti (legge n. 219/05), per congedi parentali di maternita’ e paternita’ (Dlgs. 151/2001) nonche’ per congedi e permessi concessi ai sensi dell’articolo 33 della legge 5 febbraio 1992, n. 104.

Rientrano, inoltre, nella valutazione: i periodi assicurativi derivanti da riscatto, secondo l’articolo 13 della legge 1338/1962 (contribuzione omessa e colpita dalla prescrizione): a)i periodi di effettiva contribuzione derivanti da totalizzazione estera; b) il congedo matrimoniale; c) le ferie; d) permessi retribuiti; e) i congedi e permessi per handicap (articolo 33 della legge 104/1992).

Non rilevano invece ai fini dell’esclusione delle penalità i periodi di cassa integrazione straordinaria e di mobilità, la maggiorazione da amianto, i contributi volontari, quelli per il riscatto del corso legale di laurea e i contributi figurativi per disoccupazione indennizzata.” (fonte Pensioni Oggi)

Una soluzione talmente iniqua, ma soprattutto traballante, che l’Inps, pur fornendo di solito informazioni chiare e ben raccolte, non riesce ad andare oltre le tre righe striminzite : “nel 2004 e nel 2005, l’età richiesta è di 56 anni per gli operai e i cosiddetti “precoci”, coloro cioè che possono vantare almeno un anno di contribuzione derivante da attività lavorativa prima del compimento del 19° anno di età. In alternativa, questi lavoratori possono ottenere la pensione di anzianità con 38 anni di contribuzione, indipendentemente dall’età.”
Tutto qui.
Infatti, in un regime contributivo, non dovrebbe esserci motivo legittimo per escludere chi abbia versato, per ricongiugersi, dei contributi volontari o figurativi per disoccupazione indennizzata, come quelli (solitamente esosi) per il riscatto del corso legale di laurea.
Come anche, il Welfare e l’Inps dovrebbero trovare una soluzione allo strumento della cassa integrazione che è tutt’oggi in uso e non determina contributi, seppur figurativi, come l’indennità di disoccupazione.
Si parla di turn over e di equità, ma soprattutto di legittimità dato che i contributi furono versati.
Ecco qualcosa su cui il governo Renzi potrebbe subito mettere a posto le cose: i precoci, tutti, vanno a casa per anzianità contributiva, non anagrafica.

originale postato su demata