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Ariel Sharon, l’uomo di Qibya, di Sabra e di Chatila

12 Gen

Ariel Scheinermann (poi cambiato in Sharon)  nacque il 26 febbraio 1928 nella cooperativa agricola di Kfar Malal, nel Mandato britannico della Palestina (oggi Israele), da una famiglia di ebrei lituani immigrati in fuga dalla Rivoluzione russa.

All’età di 10 anni Sharon entrò nel movimento giovanile sionista Hassadeh per confluire, a soli a 14 anni, nel Gadna, un battaglione giovanile paramilitare, e in seguito all’Haganah, un gruppo paramilitare, precursore delle Forze di Difesa Israeliane.

comandò come maggiore una forza speciale dell’esercito creata apposta per reagire con rappresaglie agli attacchi terroristici sul suolo israeliano. Il 14 ottobre 1953, quando era un ufficiale l’Unità 101, partecipò alla strage di Qibya, facendo saltare quarantacinque abitazioni uccidendo sessantanove arabi costretti al loro interno. L’ONU, in data 24 novembre 1953, nella Risoluzione 101. espresse la “più forte condanna” delle violenze commesse.

Sharon Massacro Qibya 1953

Nominato generale all’età di 28 anni, partecipò a praticamente tutti gli episodi bellici israelo-palestinesi.

La Commissione d’inchiesta sugli eventi dei campi profughi a Beirut (Commissione Kahan), istituita dal governo israeliano il 28 settembre 1982 per investigare sul Massacro di Sabra e Shatila – durato dal 16 al 18 settembre 1982 – da parte di falangisti libanesi, avvenne sotto l’avallo dell’allora ministro della difesa Ariel Sharon: «Abbiamo stabilito che il ministro della Difesa [Ariel Sharon] ha la responsabilità personale. A nostro parere, è giusto che il ministro della Difesa tragga le conseguenze personali derivanti dai difetti emersi, per quanto riguarda il modo in cui ha scaricato i doveri del suo ufficio, e, se necessario, che il Primo Ministro eserciti la sua autorià a rimuoverlo da ufficio».[link]

Il reporter David Lamb scrisse sul quotidiano Los Angeles Times del 23 settembre 1982 che «alle 16 di venerdì il massacro durava ormai da 19 ore. Gli Israeliani, che stazionavano a meno di 100 metri di distanza, non avevano risposto al crepitìo costante degli spari né alla vista dei camion carichi di corpi che venivano portati via dai campi».
Il processo per i Crimini di Guerrax presso il Tribunale dell’Aja per i fatti di Sabra e Chatila è stato archiviato, perchè il principale testimone d’accusa contro Ariel Sharon, Elie Hobeika, venne ucciso da un’autobomba pochi giorni prima del processo.

Costretto alle dimissioni, ottiene un nuovo ministero poco dopo ed il 28 settembre 2000, accompagnato da una scorta armata di circa un migliaio di uomini occupa la Spianata delle moschee a Gerusalemme, tradizionalmente controllata dai palestinesi, scatenando la Seconda Intifada, che contò circa mille morti tra gli israeliani e oltre 5.000 tra i  palestinesi.
Lo stato di guerra generatosi fornì a Sharon il consenso necessario per vincere le elezioni su una piattaforma di critica degli accordi di Oslo.

Il 3 dicembre 2001 Ariel Sharon a capo del governo israeliano dispose il confino del suo eterno nemico, il leader palestinese Yasser Arafat nella Muqāṭa di Ramallah, e quasi un anno dopo i corazzati e i blindati israeliani penetrarono nel recinto per demolire la struttura, scatenando aspri combattimenti e il successivo assedio.

Solo il 29 ottobre 2004, Arafāt ha potuto lasciare il suo luogo di confino per recarsi a Parigi, nell’ospedale militare di Percy, per vivere i suoi ultimi giorni. Secondo il report dell’Università di Losanna si è riscontrato un «innaturale alto livello di polonio radioattivo nelle costole e nel bacino» di Arafat e che c’è «un 83% di probabilità che sia stato avvelenato».

Poco più di un anno dopo, il 4 gennaio 2006, Ariel Sharon venne colpito da una grave emorragia cerebrale, che lo ridusse in coma e, poi, in uno stato di coscienza minima.  Nel settembre 2013 viene sottoposto a un delicato intervento chirurgico e l’11 gennaio 2014 la radio israeliana ne annuncia il decesso.

Chissà se si è mai trovato a riflettere se avesse il diritto di condizionare così pesantemente il futuro non solo dei palestinesi e degli israeliani, ma – praticamente – del mondo intero …

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per i Crimini di Guerra

La BBC diffonde prove false contro Assad

7 Set

“La propaganda anti-Assad si serve di grandi nomi, tv potenti, accreditate e giornalisti di lustro. E quando i giornali accreditati sono molto seguiti non occorre nemmeno il sensazionalismo tanto demonizzato dai lettori e se una notizia di propaganda è nutrita di sensazionalismo, non importa. L’uomo medio la filtra e la riconosce come “notizia certa.

E’ quello che è accaduto alla BBC, tv inglese seguita in tutto il mondo.” (fonte Coscienzeinrete)

Infatti, la BBC, trasformatasi da mesi in una sorta di strumento di propaganda anti-Assad, ha diffuso un’immagine ‘shock’, affermando che è stata scattata nella città siriana di Hula ed inviata da alcuni attivisti in Siria, a testimonianza dei massacri attuati dalle forze di Assad avrebbe attuato nel suo stesso popolo per sedare le rivolte affamate di “democrazia”.

In realtà, è un falso, come ha denunciato su Facebook da oltre un anno dall’autore, un fotografo free lance.
“E’ un Italiano e si chiama Marco Di Lauro. Quando ha scattato la foto era il 27 marzo 2003 a Al Musayyib, una città iraqena a 40 km a sud di Baghdad.” (fonte Ecplanet)

massacro siria irak di mauro fotografo falso BBC

Qualcuno sta usando illegalmente una delle mie immagini per la propaganda anti-siriana in prima pagina del sito web della BBC“, questo il post del 27 maggio 2012 (link) dove è precisato anche che il reportage di Marco Di Lauro era ‘by Getty Images’, ovvero nel catalogo di una delle maggiori agenzie fotografiche del mondo.

Come sia riuscita la BBC ad affondare nel fango della propaganda bellica è davvero un mistero.

E’ viceversa tutto da chiarire come sia riuscito Gianni Letta ad associarsi allo sparuto gruppo degli stati che accusano Assad senza averne (ancora) le prove.
Specialmente se il nostro Ministero degli Esteri, nella persona di Emma Bonino, e la Santa Sede sembrano avere informazioni diverse e molto più accurate di quante finora sbandierate dall’asse Stati Uniti – Gran Bretagna – Arabia Saudita …

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Europei a rischio AIDS?

9 Giu

Se non hanno fatto ‘effetto’, sull’opinione pubblica europea, le decine di migliaia di cani randagi sterminati in Ucraina (30.000?), per ‘l’organizzazione’ di Euro 2012, lo faranno, molto probabilmente i danni che arriveranno dallo sfruttamento delle donne, che, ricordiamolo non sono dei cani od un ‘oggetto commerciabile’. (leggi Euro 2012: una storia da cani ed anche peggio + video)

Infatti, se decine di migliaia di ‘amici dell’uomo’ hanno dovuto trovare una atroce morte per i fasti del calcio europeo, non saranno certamente da meno – anzi molte di più – le donne che offriranno per Euro 2012 i loro ‘servigi’ ai turisti ‘sportivi’.

Da anni, l’organizzazione ucraina FEMEN denuncia il progetto di trasformare il paese in una sorta di Bengodi per il turismo sessuale, che sta certamente avendo il suo exploit in questi giorni, mentre le centinaia di migliaia di ‘tifosi’ e le decine di migliaia di ‘operatori del calcio’ stanno confluendo lì per Euro 2012.

Di tutto questo, larga parte degli italiani non sa nulla o, comunque, non abbastanza. Come sembrano non saperne nulla Angela Merkel, Hollande, Mario Monti, Raioy, speranzosi che l’ipnosi mediatica ed un’eventuale vittoria riportino un po’ di consenso tra i loro ‘sudditi’.

Eppure, come riportava ieri il Secolo XIX, “prostituzione e Aids sono tra le piaghe più dolorose che affliggono l’Ucraina e, secondo alcuni osservatori, l’arrivo di circa 800 mila appassionati di calcio da tutto il continente con Euro 2012 potrebbe aggravare ulteriormente la situazione.

L’Ucraina è il Paese europeo in cui il virus dell’Hiv è maggiormente diffuso. Secondo i dati pubblicati nel 2007 dall’Unaids, i sieropositivi nella repubblica ex sovietica sono circa 410.000, cioè l’1,46% della popolazione adulta. La percentuale, secondo un’indagine dell’istituto di sociologia di Kiev, toccherebbe però addirittura il 9% tra le prostitute, che in Ucraina si stima siano tra le 63 mila e le 93 mila.”
Verosimilmente, in base a questi dati, saranno 30.000 – considerando anche l’afflusso di donne, ancor meno cnsite, dai paesi viciniori – le prostitute che entreranno in contatto con i ‘tifosi’, e se solo duemila fossero sieropositive sarà una mattanza.
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La portavoce di FEMEN,  Inna Shevchenko, denuncia che “l’Ucraina si è trasformata in un grande bordello. Qui ci sono donne molto belle ma anche molto povere e poco istruite che non hanno alternative diverse dall’essere schiave a casa, al lavoro o nel mercato della prostituzione. Stanno organizzando il campionato in questo Paese perché qui si possono guadagnare soldi in maniera molto facile. È come un fast food.”
Quanto all’AIDS, sarà da vedersi se si tratta di allarmismo e sensazionalismo oppure le statistiche – ahimé a tal punto postume – confermeranno un incremento di contagi, in Ucraina come altrove.
Il buon senso avrebbe suggerito una maggiore attenzione ai ‘preparativi’ dell’Euro 2012 che avrebbero prevedibilmente lasciato ‘a desiderare’, in un paese corrotto, povero e fortemente condizionato dalle oligarchie post-sovietiche.
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Dunque, preso atto della indifferenza europea verso i diritti universali (cani o donne di questo si tratta) e speriamo di non ritrovarci, tra qualche anno con qualche focolaio di infezione.
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Intanto, ringraziamo l’Uefa e l’Unione Europea per la sconcezza dello spettacolo.
Difficie esultare per un goal, un gesto atletico od una vittoria sapendo cosa hanno passato decine di migliaia di nostri ‘amici dell’Uomo’ prima di morire o  … come passeranno la notte decine di migliaia di donne ucraine … e per quali miserie sono indotte a farlo.

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Euro 2012: una storia da cani ed anche peggio (video)

9 Giu

Le immagini che corrono sul WEB sono inequivocabili ed è probabilmene sottostimato il numero di 10.000 randagi sterminati dal 2007 ad oggi in Polonia e, soprattutto, in Ucraina (30.000?), dopo che era stata loro assegnata l’organizzazione di Euro 2012.  E dire che la stessa Uefa aveva inviato finanziamenti all’Ucraina per sterilizzare i randagi e costruire dei canili, di cui non vi è traccia.

ATTENZIONE: LE IMMAGINI CHE SEGUONO MOSTRANO ANIMALI UCCISI CON BRUTALITA’.

Non è un caso che sul suo portale, nel novembre 2011, la Uefa  titolava contro lo sterminio dei cani randagi in Ucraina,  precisandoche: “La Uefa ha effettuato una donazione alla Protezione Animali di Kiev per finanziarne le attività e ha agito come collegamento tra gli enti del settore e le autorità, in modo da trovare soluzioni adeguate” e che solo “dopo i ripetuti incontri tra la UEFA e le autorità ucraine, il ministro dell’ambiente, Mykola Zlochevsky, ha  annunciato il divieto immediato di sterminare i cani randagi.”

“Le autorità hanno anche annunciato che saranno costruiti canili e che gli animali non ospitabili verranno sterilizzati prima del rilascio. Inoltre, verranno adottate nuove leggi che obbligano i sindaci a rispettare le leggi”.


 Dunque, fino a sei mesi fa nulla era stato fatto e le municipalità sterminavano i cani randagi con metodi brutali o disumani, nonostante la legge ucraina lo vieti dal 2006. Il tutto nonostante 22 eurodeputati – tra cui Andrea Zanoni, autore della lettera ed europarlamentare dell’Idv -avessero protestato formalmente presso il presidente ucraino Victor Yanokovych ed il premier Mykola Azarov.

Il massacro di cani e gatti randagi in Ucraina  ha raggiunto dimensioni da olocausto negli ultimi mesi. Si tratta di una situazione inaccettabile e aggravata dal fatto che tutto questo potrebbe essere finalizzato a ‘ripulire’ le strade in vista degli Europei di calcio 2012″.

In Germania molti calciatori si sono associati alle proteste e la potente organizzazione ambientalista PETA ha diffuso questo video.

Ma non solo, quello che segue è un servizio diffuso dalla ARD, la prima rete pubblica, l’equivalente di RAI Uno da noi …

In Italia, il mondo del calcio sembra non essere coinvolto dall’osceno massacro, solo Insigne e Sorrentino sembra abbiano aderito al dissenso. Eppure, le immagini di questo video dell”associazione EARTH parlano chiaro e le scritte sono in lingua italana.

Preso atto dell’ennesimo flop della pubblica informazione italiana – che, anche grazie a questa ‘dimenticanza’, l’anno venturo sarà messa ancora peggio riguardo la qualità dell’informazione nella classifica Reuters – passiamo al peggio.

Infatti, se decine di migliaia di ‘amici dell’uomo’ hanno dovuto trovare una atroce morte per i fasti del calcio europeo, non saranno certamente da meno – anzi molte di più – le donne che offriranno per Euro 2012 i loro ‘servigi’ ai turisti ‘sportivi’.

Da anni, l’organizzazione ucraina FEMEN denuncia il progetto di trasformare il paese in una sorta di Bengodi per il turismo sessuale, che sta certamente avendo il suo exploit in questi giorni, mentre le centinaia di migliaia di ‘tifosi’ e le decine di migliaia di ‘operatori del calcio’ stanno confluendo lì per Euro 2012.

Di tutto questo, larga parte degli italiani non sa nulla o, comunque, non abbastanza. Come sembrano non saperne nulla Angela Merkel, Hollande, Mario Monti, Raioy, speranzosi che l’ipnosi mediatica ed un’eventuale vittoria riportino un po’ di consenso tra i loro ‘sudditi’.

Eppure, come riportava ieri il Secolo XIX, “prostituzione e Aids sono tra le piaghe più dolorose che affliggono l’Ucraina e, secondo alcuni osservatori, l’arrivo di circa 800 mila appassionati di calcio da tutto il continente con Euro 2012 potrebbe aggravare ulteriormente la situazione.

L’Ucraina è il Paese europeo in cui il virus dell’Hiv è maggiormente diffuso. Secondo i dati pubblicati nel 2007 dall’Unaids, i sieropositivi nella repubblica ex sovietica sono circa 410.000, cioè l’1,46% della popolazione adulta. La percentuale, secondo un’indagine dell’istituto di sociologia di Kiev, toccherebbe però addirittura il 9% tra le prostitute, che in Ucraina si stima siano tra le 63 mila e le 93 mila.”
Ed infatti la portavoce di FEMEN,  Inna Shevchenko, denuncia che “l’Ucraina si è trasformata in un grande bordello. Chiunque sa che in questo Paese è facile per gli uomini soddisfare i propri istinti sessuali. È come un fast food.”
“Stanno organizzando il campionato in questo Paese perché qui si possono guadagnare soldi in maniera molto facile. Qui ci sono donne molto belle ma anche molto povere e poco istruite che non hanno alternative diverse dall’essere schiave a casa, al lavoro o nel mercato della prostituzione”.
Difficie esultare per un goal, un gesto atletico od una vittoria sapendo cosa hanno passato decine di migliaia di nostri ‘amici dell’uomo’ prima di morire e … come passeranno la notte decine di migliaia di donne ucraine …

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Tienanmen, un anniversario proibito (video rari)

4 Giu

Liberamente tradotto e adattato da ‘Rue89 Le Nouvel Observateur‘,

Come da ventitré anni, il 4 giugno è il giorno più teso dell’anno in Cina popolare: ricorre l’anniversario tabù della sanguinosa repressione di Piazza Tiananmen, nell cuore di Pechino, la frantumazione della “Primavera”, il movimento democratico cinese in quell’anno cruciale, il 1989.

Il blogger cinese ‘Zola’, ben noto in Cina per il suo “citizen journalism” e per i suoi guai con la polizia, ha pubblicato sul mirror estero) e sul suo account Twitter (inaccessibile in Cina) tre foto vietate.

Ingiallite come se avessero un secolo.

Queste foto hanno un valore inestimabile per coloro che sono stati educati omettendo quei pochi giorni fatidici del 1989, che ancora pesano fortemente nella memoria collettiva cinese.

Ventitré anni dopo, resta il tabù, ma i difensori della memoria di Tiananmen hanno imparato a giocare con la censura del “Grande FireWall”, la muraglia cinese della censura digitale.

Questo raro video, ad esempio, documenta i fatti di quei giorni.

Inutile dire che, i giovani cinesi non hanno mai visto queste immagini e qualsiasi riferimento al massacro del 1989 è stato vietato su internet come nel mondo reale.”

Aggiungere che è anche inutile chiedersi perchè, a parte la BBC, le televisioni europee poco e nulla ricordino con eloquenti immagini e testimonianze il massacro di Tienanmen, che, ricordiamolo, fu un crimine contro l’umanità e non fu mai perseguito.

Come vale la pena di ricordare che Li Peng, il ‘macellaio’ di Tienanmen di ieri, è il premier cinese di oggi, che, dopo la recente visita in Cina Popolare di Mario Monti, incoraggerà gli investimenti cinesi sia pubblici sia privati in Italia.

Liberamente tradotto e adattato da Madeline Earp- Senior researcher for CPJ’s Asia Program

Una Cina Popolare dove, con il cambio di leadership atteso alla fine di quest’anno, la pressione sui critici del regime potrà solo aumentare. Tra i tantissimi casi di violazione dei diritti civili, ricordiamo Chen Guangcheng per 19 mesi agli arresti domiciliari o il documentarista Ai Weiwei, tenuto in isolamento per 80 giorni lo scorso anno.

La loro colpa? Aver denunciato in rete le vittime degli aborti forzati, i bambini uccisi dal crollo delle scuole, costruite con materiali scadenti, durante il terremoto del 2008 nel Sichuan, i metodi inquisitori della polizia e cosa accade se si tenta di esprimere una opinione.

Infatti, lo Stato cinese ritiene che questi individui rappresentino una minaccia alla “stabilità”, come lo scrittore Yu Jie esilio delinea in un articolo sul Washington Post di questa settimana. In realtà, ciò che minacciano è la censura e la persuasione occulta che il Dipartimento per la Propaganda ha usato per nascondere i tanti fallimenti ed orrori del Partito Comunista Cinese, come Tiananmen.

Per difendere questo sistema, la Cina si è dimostrata pronta a tutto. Dai benefit e privilegi dei militari e delle forze dell’ordine, al controllo (ben retribuito) che vicini di casa e colleghi devono eseguire su persone attenzionate dal ‘sistema’.

Intanto, l’economia cinese rallenta sempre di più ed il debito pubblico locale è corre verso il miliardo e mezzo di Euro, secondo la Reuters. Se la flessione continua, le difficoltà finanziarie alimenteranno malcontento e disordini.

Il silenzio non equivale alla stabilità.

Una Cina Popolare, silente ma forse instabile, dove i ‘soliti furbi nostrani’, ammantati di pragmatico giansenismo e di malcelata e fallace avidità, stanno trasferendo brevetti, risorse e knowhow …

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Strage ad Oakland. Il movente? Rivalsa …

3 Apr

Sette morti, tre feriti gravi: ecco l’ennesima strage, questa volta all’interno di una università statunitense, la Oikos University, una piccola università  d’ispirazione cristiana  ad Oakland, in California.

Come al solito, nelle cronache, troviamo la definizione di “folle”, come in altri casi abbiamo letto le parole “islamico” o “anarchico”. E come al solito, accade che nessuno si interroghi – analisti, politici, militari e giornalisti – sul nuovo corso del terrorismo, iniziatosi nel 1995 con il massacro di Oklahoma City in cui venne demolito, con un “camion bomba”, l’edificio federale Alfred P. Murrah, sede dell’FBI, in cui morirono 168 persone e se ne ferirono oltre 800.

Un attentato avvenuto  sei anni prima dell’abbattimento delle Torri Gemelle, che ha visto l’uso di tattiche ed “armi” non convenzionali, che era mirato non alla semlice strage, ma alla disarticolazione di una leadership (FBI), che venne eseguito da due sole persone (Timothy McVeigh e Terry Nichols), politicizzate ma prive di contatti o collegamenti, che aveva come movente la “rivalsa” (in ingl: revenge) e non un mondo migliore.

Un attentato cui fece seguito quello delle Twin Towers, attuato da una cellula jihadista, collegata al network Al Qaeda di cui l’emiro Osama Bin Laden era uno dei fondatori. Anche in questo caso parliamo di tattiche ed “armi” non convenzionali, non di una semlice strage, ma della disarticolazione di una leadership (Wall Street), un attacco eseguito da poche persone, politicizzate ma prive di contatti o collegamenti sul posto, che aveva come movente la “rivalsa” e non un mondo migliore.

Nella confusione e nello shock collettivo seguito all’11 settembre, George Walker Bush ed i suoi consiglieri trovarono utile affermare qualche mezza verità ed un paio di grosse bugie pur di nascondere una realtà ben più complessa, ma anche relativamente semplice.

Nacque il teorema della “guerra asimmetrica” e dei “combattenti non belligeranti”, in cui degli “stati canaglia” finanziavano delle “cellule terroristiche”, motivate da una fede corrotta o da fame di denaro. In realtà, gli “stati canaglia” non c’erano (salvo forse l’Afganistan del Mullah Omar), la “guerra asimmetrica” non esisteva, se non nella quantità di missili e bombardieri in dotazione alla USAF, i “combattenti non belligeranti” erano spesso degli “insorgenti”, le “cellule terroristiche” erano motivate dalla “revenge” e non solo e semplicemente dalla “fede corrotta”.

Così andando le cose, specialmente per colpa di un sistema mediatico che raramente riesce a contraddirre, con propri studi, le informazioni “official”, accadde che iniziasse la “War on Terror” che ancora oggi coinvolge le forze armate di mezzo mondo contro un nemico invisibile e largamente inesistente, come comprovano le statistiche decennali relative a complotti ed attentati attuati o sventati che vedono all’opera singoli o pochi individui, solitamente “pazzi”.

Non a caso le misure “antiterrorismo”, messe finora in atto, poco hanno a che vedere con l’attentato del kamikaze isolato ed a nulla servono se ad agire è un network (islamico o narcomafioso che sia), ma che tanto servono a prevenire il terrorismo interno, quello spontaneo, quello dei cittadini che “impazziscono”.

Ed, infatti, nonostante si sia ingigantito il controllo sulle armi, sui prodotti chimici di base, sulle transazioni di denaro, su determinati ambienti e persone, solo in Europa ci ritroviamo, nel giro di un anno o poco meno, con i roghi di Atene e le persone bruciate vive dai Black Blocks, il massacro di Utoya attuato da Brevik, la mattanza di Tolosa, attuata da Mohammed Merah, la ripresa del terrorismo “endemico” in Italia, tra pacchi bomba, sabotaggi e pistolettate, l’eccidio (ormai trimestrale o quasi) in un campus universitario.

Tutti attentati condotti con tattiche ed “armi” modeste o non convenzionali, finalizzati alla disarticolazione di una leadership o di un gruppo preciso, eseguiti da singoli individui, politicizzati ma aventi come movente la “rivalsa”.

Dunque, si sbaglia chiunque pensi che la fine delle ideologie coincida con una periodo di “pace” sociale, come si sbaglia chi pensa che per far risorgere il terrorismo serva una “organizzazione”.

Analizzando i tanti atti di “terrore” avvenuti nella Storia, raramente ci troviamo dinanzi ad individui ben collegati o parte di una organizzazione, un aspetto che prende forma solo nel Novecento con le organizzazioni paramilitari marxiste-leniniste o con i movimenti nazionalistici come l’IRA irlandese, l’ETA basca, la Banda Stern israeliana, Al Hamas palestinese.

Gli atti terroristici sono azioni condotte da pochi, se non singoli, individui o da organizzazioni o network con forti connotazioni settarie, un po’ come la Congrega degli Hashassin di un migliaio di anni fa, ai quali vanno ad aggiungersi gli attentati condotti da o per conto di uno dei tanti cartelli narcomafiosi operanti nel mondo.

D’altra parte cosa aspettarsi dal Liberismo, se, finite le ideologie e trasformati i partiti in grosse ammucchiate, non resta solo l’antipolitica, così “utile” per chi, come i poteri finanziari, necessita del “divide et impera” per condurre i propri giochi.

Riemerge con imperio il “prepolitico”, come i Communards antropofagi del 1848 parigino, le bande armate come quella di Bonnot o di Pancho Villa, gli atti isolati come quello di Apple ad Odessa, i regicidi come quello di Umberto I di Savoia ucciso dal meridionale Gaetano Bresci, quarante anni dopo l’annessione delle Due Sicilie.

La sete di “rivalsa”, figlia dell’esasperazione e nipote dell’esclusione, è la “dea” che guida la mano di un attentatore, non le “ideologie”, come tanti, molto speranzosamente, vorrebbero credere.

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Foibe, una questione di diritti umani

10 Feb

Foibe

Vicino casa mia abitava la famiglia Cetnik. Padre, madre figlio ed una nonna che sembrava la Befana.
Non erano del posto, venivano dall’Istria: erano stati sfollati per le stragi compiute dai comunisti serbo-croati.
L’unica colpa loro quella di essere italiani, o peggio italocroati e pure cattolici.

Il signor Cetnik mi ha insegnato a giocare a domino e la moglie Marija mi cucinava dei dolci di castagne buonissimi, il figlio Mario aveva una decina di anni più di me e ricordo le ore passate ad aiutarmi nella costruzione di un modello di aereo.

Brava gente, tanti i morti.