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Mafia Capitale, Marino resta ma Roma non cambierà

9 Lug

Nella relazione consegnata mercoledì 8 luglio al ministro Angelino Alfano, il Prefetto di Roma allontana l’ipotesi di scioglimento del Consiglio comunale di Roma Capitale per mafia, meglio applicare comma 5 dell’articolo 143 del Testo Unico sugli Enti locali e limitarsi ad allontanare o trasferire qualche dipendente.

Eppure, gli ispettori hanno riscontrato «un’alterazione del procedimento di formazione degli organi elettivi e amministrativi», inficiando «il buon andamento e l’imparzialità» dell’amministrazione, dopo aver «condizionato pesantemente il contesto politico e amministrativo romano, determinando la nomina di ‘personaggi graditì in posizioni strategiche» ed aver «realizzato una sistematica infiltrazione del tessuto imprenditoriale (…) e delle istituzioni locali attraverso un diffuso sistema corruttivo».

Mafia?
Ma no … la Mafia è roba recente, qui parliamo di un sistema millenario di mazzette ed inciuci, basta sfogliare la storia della Repubblica e dell’Impero romani o, meglio, quella dei Papi oppure quella del Regno d’Italia fino ai giorni dei Palazzinari e del volemose bene.

A Roma è tradizione millenaria che si alteri il procedimento di formazione degli organi elettivi e amministrativi,per determinare la nomina di ‘personaggi graditì in posizioni strategiche, realizzando una sistematica infiltrazione del tessuto imprenditoriale e delle istituzioni locali attraverso un diffuso sistema corruttivo.

Non lo racconta solo la Storia, ma anche Trilussa o Rugantino e, soprattutto, i romani de Roma, che non riescono a capire in cosa sia diverso il malaffare di oggi da quello di ieri. In realtà non vi è alcuna differenza.

Potremmo parlare di Commodo, Silla, Callisto I, Stefano VI, Bonifacio VIII, eccetera eccetera, per trovare omertà, cooptazione, rapporti affaristico-criminali, ma basta soffermarci su qualche dettaglio di un noto e poco raccontato scandalo di fine Ottocento.

Parliamo di quando, nel 1893, il governatore della Banca Romana, Bernardo Tanlongo, ammise che almeno 25.000 banconote in eccesso erano state stampate a Londra dalla H. C. Sanders & Co. coi numeri di serie di quelle che erano state destinate alla distruzione per usura ad opera dello stesso Tanlongo, di suo figlio Cesare e del capo cassiere Lazzaroni per compensare il forte ammanco di cassa dovuto speculazioni nel settore edilizio con una crisi del mercato immobiliare ormai avviata. In realtà erano diverse centinaia di banconote per un valore di miliardi di lire stampate e de facto emesse clandestinamente da un ente pubblico.

Di come andarono le indagini è facile farsi  un’idea: fin dalle prime perquisizioni e sequestri si verificò la sparizione di gran parte dei documenti , vi furono interferenze (ad es. il Caso Fazzari) della Commissione parlamentare con l’operato della magistratura, molti uomini politici avevano attinto dalla Banca Romana  fondi per le proprie campagne elettorali, se non per affari ed investimenti personali, Giolitti – ministro del Tesoro e leader della Sinistra – venne accusato di aver occultato la relazione Alvisi, proposto la nomina a Senatore di Tanlongo, che era legato ad ambienti finanziari vaticani e che aveva finanziato illecitamente la sua elezione nel collegio del Lazio. Persino Re Umberto I di Savoia venne accusato di aver trasferito all’estero un centinaio di milioni provenienti dalla Banca Romana.
Dettaglio non trascurabile,  il direttore del Banco di Sicilia (ed ex sindaco di Palermo) Emanuele Notarartolo, come il noto giornalista calabrese Rocco de Zerbi furono uccisi nel giro di pochi giorni alla viglia dell’audizione presso la Commissione parlamentare ed i magistrati romani …  che riuscirono a concludere le indagini in soli cinque mesi, condannando Talongo e pochi altri a pene irrisorie. Del coinvolgimento di politici come delle sparizioni documentali o delle morti eccellenti nessun riscontro giudiziario, nonostante fossero ben menzionati negli atti.

Fu Mafia? Si, stando ai discorsi di noti parlamentari liberali dell’epoca come Giuseppe Mosca, sbeffeggiati solo perchè all’epoca il nostro Parlamento non ammetteva che la Mafia fosse qualcosa di più di quattro  picciotti con la lupara …

Qualcuno pensa che se ne venga a capo, oggi, arrestando o rimuovendo un centinaio di politici  e dirigenti a fronte di quasi un ventennio di malaffare organizzato e di finanza creativa?
Va bene lasciar da parte le aziende che – forse – potrebbero addirittura rivendicare di esser state sottoposte ad una sorta di pizzo, ma cosa dire delle migliaia di dipendenti pubblici che hanno fatto da contorno a tutto questo per dieci anni e passa: possiamo ancora fidarci di loro, senza che dimostrino maggiore efficienza e dedizione?

E, soprattutto, il Sindaco Marino (ma anche il Governatore Zingaretti) ha la pertinace volontà che serve per moralizzare e rendere efficiente la propria amministrazione in tempi brevi oppure Roma continuerà ad essere la città dei grandi annunci e delle occasioni perdute?
Persino il Prefetto ha dovuto ammettere che, anche dove non possiamo parlare di Mafia, «c’è tanta di quella roba che basterebbe e avanzerebbe per evidenziare il degrado di molti costumi» e a discolpa dell’attuale giunta ha voluto precisare  … non va dimenticato come la corruzione avesse ormai aggredito i gangli del sistema burocratico e come la struttura amministrativa di Roma Capitale, proprio per il suo inusitato gigantismo, fosse particolarmente anelastica e refrattaria ai cambiamenti, ivi compresi quelli finalizzati al ripristino delle regole».

Demata

Ecco a cosa NON servono le Province -3

1 Giu

L’art. 23 del Decreto ‘SalvaItalia’ prevede che “in caso di mancato trasferimento delle funzioni (n.d.r. delle Province) da parte delle Regioni entro il 30 aprile 2012, si provvede in via sostitutiva, ai sensi dell’articolo 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131, con legge dello Stato.

Il 30 aprile è passato e nelle due Commissioni parlamentari apposite si discute di come ritagliare la nuova mappa delle province e come farne nominare i consiglieri dai Comuni. A cosa dovrebbero servire si sa davvero poco, tutto si racchiude in una definizione: ‘organismi politici di secondo livello”.

Quello che saranno le nuove Province non è dato saperlo, ma è facile notare cosa protrebbero facilmente essere: l’isola dei Trombati.
Una sorta di zattera per circa 600 politici che, non eletti al Comune, alla Regione o al Parlamento, devono pur continuare ad ‘esistere’ … con – si spera – quattro spiccioli di dotazione ed attribuzioni minime.

Infatti, di motivi per cassare le Provincie ce ne erano e ce ne sono. Ad esempio, quelli che seguono.

Provincia di Napoli: “Luigi Cesaro  (PdL), presidente della Provincia di Napoli, è stato iscritto nel registro degli indagati dalla Direzione distrettuale Antimafia di Napoli con l’accusa di aver avuto rapporti con il gruppo dei Casalesi capeggiato da Francesco Bidognetti per mettere le mani su un affare immobiliare da 50 milioni di euro”. (fonte L’Espresso 13 luglio 2011)

Provincia di Padova: Stagisti pagati 400 Euro lordi al mese, mentre una sentenza del 2010 del tribunale di Torino ribadisce che un compenso inferiore ai 5 euro l’ora è da ritenersi incostituzionale nonché lesivo della dignità umana. (fonte Il Mattino di Padova 20 gennaio 2012)

Provincia di Salerno: “Hanno intascato indebitamente un milione di euro. Erano dipendenti dell’amministrazione provinciale, alcuni anche in pensione, ma anche un dipendente delle Poste, quasi tutti legati da vincoli di parentela. E il meccanismo che avevano messo in atto era quello di dirottare fondi della Provincia di Salerno sui loro conti correnti. La motivazione è che erano rappresentanti di associazioni onlus che, però, in alcuni casi non disponevano neanche della partita Iva.” (fonte La Prima Pagina 3 marzo 2012)

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Ecco a cosa NON servono le Province -2

28 Mag

L’art. 23 del Decreto ‘SalvaItalia’ prevede che “in caso di mancato trasferimento delle funzioni (n.d.r. delle Province) da parte delle Regioni entro il 30 aprile 2012, si provvede in via sostitutiva, ai sensi dell’articolo 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131, con legge dello Stato.

Il 30 aprile è passato ed un paio di cose sono certe: le Regioni non hanno legiferato granchè e, già nel febbraio scorso,  il presidente della Repubblica Napolitano aveva intimato: “occorre fare un punto e scegliere una strada e risolvere il problema con razionalità”.

Le Province propongono di (auto)ridursi nel numero totale, da 108 a 60, e  degli attuali consiglieri, da 18 a dieci, e … demandando ad ‘una futura legge dello Stato’  il trasferimento dei circa 60 mila dipendenti.

Eppure, di motivi per cassare le Provincie ce ne erano e ce ne sono. Ad esempio, quelli che seguono.

Provincia di Caserta: “Dalle indagini è emerso che la Provincia di Caserta, socio maggioritario dell’ACMS S.p.A., tra il 2007 e 2009, ha erogato alla stessa azienda contributi non spettanti per oltre 12 milioni di euro senza giustificazione economica in dispregio a ogni procedura contabile.
Sequestri amministrativi di beni mobili e immobili sono stati eseguiti dalla Guardia di finanza di Caserta nei confronti di 32 amministratori e dirigenti della Provincia di Caserta, alcuni dei quali, nel periodo tra il 2007 e il 2009, erano assessori e consiglieri.” (fonte ilsassolinopuntoit  19 febbraio 2012)

Provincia di Massa: “Il parlamentare del Pdl Lucio Barani, il consigliere provinciale Ezio Ronchieri, ex An, vicinissimo all’ex ministro Altero Matteoli. Il presidente del consiglio comunale di Massa Marco Andreani e l’ex assessore regionale Marco Betti (SEL). E poi tecnici e amministratori pubblici, componenti dei precedenti consigli di amministrazione di Cermec ed ErreErre, imprenditori. Sono i 19 indagati nell’indagine sulle gestioni di ErreErre e Cermec e del sistema del trattamento rifiuti nella provincia di Massa Carrara.” (fonte Il Tirreno 15 dicembre 2011)

Provincia di Como: “Lettere che viaggiano con l’auto blu, spostamenti per migliaia di chilometri, straordinari per gli autisti e registri che non si trovano. Uno scandalo chilometrico che vede il presidente leghista Leonardo Carioni nell’occhio del ciclone”. (fonte Il Fatto Quotidiano 7 febbraio 2012)

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Ecco a cosa NON servono le Province -1

24 Mag

L’art. 23 del Decreto ‘SalvaItalia’ prevede che “lo Stato e le Regioni, con propria legge, secondo le rispettive competenze, provvedono a trasferire ai Comuni, entro il 30 aprile 2012, le funzioni conferite dalla normativa vigente alle Province, salvo che, per assicurarne l’esercizio unitario, le stesse siano acquisite dalle Regioni, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza. In caso di mancato trasferimento delle funzioni da parte delle Regioni entro il 30 aprile 2012, si provvede in via sostitutiva, ai sensi dell’articolo 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131, con legge dello Stato.

Il 30 aprile è passato ed un paio di cose sono certe: le Regioni non hanno legiferato granchè, nè s’è sentito un qualche dibattito politico a riguardo, e l’ultimo conto economico pubblicato dall’Istat dimostra come, dal 1990 al 2010, la spesa pubblica per le Province è passata da 4,6 a 12,5 miliardi.

Intanto, Montecitorio esita e, già nel febbraio scorso,  il presidente della Repubblica Napolitano aveva intimato: “occorre fare un punto e scegliere una strada e risolvere il problema con razionalità”.

Le Province, dal canto loro, resistono per ridurrne il numero da 108 a 60 e le spese per 5 miliardi, solo dimezzando gli attuali consigli, facendoli nominare dai Comuni e giustificandoli con “funzioni di indirizzo politico e di coordinamento delle attività dei Comuni” e demandando ad ‘una futura legge dello Stato’  il trasferimento dei circa 60 mila dipendenti.

Nonostante sulla norma e sulla scadenza sia apposta la sua firma, Monti tace, nicchia, è da tutt’altro preso, come se sprechi e corruzione non vadano combattuti, se si tratta di toccare una qualunque casta.

Vale così la pena di ricordare, tutti insieme, qualche “nefandezza eccellente” delle nostre Provincie, per renderci conto di cosa stiano omettendo l’attuale governo ed il nostro sistema dei partiti, certamente più motivato a garantirsi i rimborsi elettorali.

Eppure, di motivi per cassare le Provincie ce ne erano e ce ne sono. Ad esempio, quelli che seguono.

Provincia di Bari: “La Procura di Bari, su ordine del gip del Tribunale, ha arrestato e posto ai domiciliari gli imprenditori e fratelli Alviero ed Erasmo Antro (quest’ultimo è presidente regionale della Confapi Puglia, vice presidente della Camera di commercio di Bari e componente del consiglio d’amministrazione della Fondazione Petruzzelli) in qualità di amministratori del consorzio Sigi che si occupava (oggi in liquidazione) di manutenzione stradale per conto della Provincia.” (fonte Il Corriere del Mezzogiorno 27 marzo 2012)

Provincia di Imperia: Scandalo Porto, “Questa mattina gli  agenti della postale e i militari della Guardia di Finaza hanno concentrato la loro attenzione all’interno del palazzo della Provincia, guidata da Luigi Sappa, sindaco di Imperia all’epoca dell’insediamento ufficiale di Francesco Bellavista Caltagirone, puntando la lente, si presume, nell’ufficio di Paolo Calzia, ex direttore della Porto di Imperia Spa”. (fonte Primo canale 6 marzo 2012)

Provincia di Savona: Congiu (Uilcem Ferrania), “Uno scandalo, troppi ritardi che pesano sui lavoratori. La Provincia non ha coordinato i cantieri scuola-lavoro. Se a ciò aggiungiamo il fatto che l’Inps dovrà erogare il pagamento in 15 giorni ci ritroveremo a marzo inoltrato e i lavoratori dovranno percepire ancora le retribuzioni di quattro mesi arretrati”.  (fonte IVG.it 12 febrbaio 2012)

Provincia di Napoli: “Attraverso una delibera di Giunta che, per più aspetti può essere considerata illegittima, i dirigenti della Provincia di Napoli percepiranno un’indennità superiore a quella di molti funzionari ministeriali italiani, nonché di tutte le altre province della penisola”. (fonte Italia dei Valori 8 marzo 2012)

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