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Roma, tra debito e speculazione. As usual?

29 Nov

Gli studi cinematografici ex De Paolis di via Tiburtina furono confiscati quasi venti anni fa alla Banda della Magliana e solo ieri sono tornati – in qualche modo – alla comunità dei cittadini.

Infatti, su richiesta dell’assessore allo Sviluppo delle periferie, Paolo Masini, sono stati destinati dall’Agenzia nazionale dei beni confiscati a Roma Capitale “per la valorizzazione e l’utilizzo per finalità di pubblico interesse” da realizzarsi con risorse pubbliche.
Infatti, l’area di oltre 22.000 metri quadrati sarà destinata ad ammortamento, anzichè a ricavo, con la creazione di un Hub della creatività e della multimedialità nei diversi fabbricati attualmente utilizzati per attività produttive come registrazioni televisive e riprese cinematografiche, più due capannoni in disuso da ripristinare del tutto.

Come ai tempi del sindaco Walter Veltroni, di Alfredo Romeo e dell’Appaltone Romeo’ Studios Ex De Paolis via Tiburtina, è allo studio un progetto di ‘finanza creativa’ per l’affidamento a finanziatori privati, per consentire la realizzazione e/o riqualificazione dei fabbricati del nuovo complesso senza impegni finanziari della pubblica Amministrazione. “
In poche parole, si prevede che i fabbricati andati in proprietà a Roma Capitale, per un valore stimato in 30 milioni di euro, possano portare nelle casse capitoline  un introito di locazione di circa 300mila euro l’anno che saranno destinati a progetti di autopromozione e sviluppo delle periferie ‘con particolare riguardo al quadrante Tiburtina-Pietralata’, che ‘periferia’ più non è.

Al di là della somma irrisoria destinata al territorio (25.000 euro al mese) e del valore fortemente svalutato che viene attribuito al complesso degli Studios, non è così desueto il sospetto che l’operazione possa degenerare nel solito banchetto per palazzinari.
Infatti, come scrive Roma Today, l’Hub creativo degli ex Studios fa parte di “un processo di progettazione urbana ed edilizia del Contratto di Valorizzazione Urbana (CVU) per l’attuazione del Comparto D dello SDO (Sistema Direzionale Orientale) di Pietralata, programma urbanistico, su cui è previsto il recupero urbanistico di circa 154.000 mc di edifici preesistenti con una superficie utile virtuale (Suv) di 48.125 mq.

Intanto, il governo Letta ha appena destinato ben mezzo miliardo a Roma Capitale per ripianare i suoi debiti, che si sono ridotti a ‘soli’ 380 milioni, mentre dal 2008 è affidata ad un l Commissario straordinario di Governo del Comune di Roma la ‘gestione’ del debito lasciato dalla giunta Veltroni, che ammontava ad 8,1 miliardi di euro.
A Roma Capitale, inoltre, arriveranno soldi attraverso una complessa partita di giro con la gestione commissariale – che di norma dovrebbe vantare crediti e non concederli – per le ex aziende municipalizzate, tra cui l’Atac (200 milioni) e l’Ama (100), e per i bilanci capitolini in generale (140 milioni) come ‘quota parte’ dei mutui pre-2008.

In poche parole, a Roma Capitale arriva quasi un miliardo a copertura degli ennesimi buchi di bilancio (mentre si lesina sull’IMU prima casa o sul salario minimo) e il Comune di Roma intende ricavare ‘ben 25.000 euro mensili’ da un complesso di fabbricati (20.000 metri quadrati) collocato in posizione semicentrale, a ridosso di un importante snodo di mobilità (Tiburtina).

Intanto, il decreto Salvaroma, approvato in pochi minuti dal Consiglio dei Ministri, include anche la possibilità di aumento dell’addizionale comunale Irpef dallo 0,9 attuale all’1,2.
Sarà perchè c’è da pagare il dovuto all’ANAS per la manutenzione del Grande Raccordo Anulare di Roma, che ormai è un’infrastruttura locale e non più nazionale?

Il problema non è se la capitale d’Italia vada sostenuta durante una crisi profonda e durevole, per consentirle di riprendere/continuare a funzionare per il bene di tutti.
Il problema è se Roma intende farlo.

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Roma, ancora violenza

5 Gen

Ancora morti per strada a Roma: padre e figlia di nove mesi uccisi durante un tentativo di rapina fallito.

Intorno alle 21. Zhou Zheng, un cinese, gestore di un bar con money transfer, ritornava a casa con la famiglia e con il, forse, magro incasso della giornata. Un tentativo di reazione, tre colpi andati a segno, due morti ed un ferito.

Altri due omicidi che vanno a sommarsi ai 33 avvenuti nel 2011 e che confermano che a Roma qualcosa è cambiato.

Di chi le responsabilità?

Inequivocabile il commento di Walter Veltroni, su Twitter, secondo il quale le responsabilità sarebbero della Giunta Alemanno, come se il degrado delle periferie e l’impunità diffusa fossero un problema di questi ultimi tre anni.
“Hanno tolto l’anima alla città, il senso di comunità e di solidarietà, e la violenza la fa da padrone.”
Più realisticamente, Alessandro Onorato, capogruppo Udc in Campidoglio, si rivolge al Governo Monti, chiedendo mezzi, uomini e risorse: “la Capitale non può rimanere da sola ad affrontare questa impressionante scia di sangue. Roma ha bisogno di più uomini, più mezzi e più fondi per combattere questa deriva violenta che pervade ormai quotidianamente le nostre strade e i nostri quartieri”.

Come non considerare, innanzitutto, che “questa Roma” è il frutto di ben 17 anni di politiche di sinistra, che poco hanno inciso sulla formazione e sulle tecnologie, se parliamo di lavoro, e che tanto hanno speso in sussidi ed interventi “sociali” nelle periferie, senza pretendere in cambio operosità e legalità.

Giunte che non hanno realizzato un piano di mobilità funzionale, pur incrementando vertiginosamente il numero di abitazioni e residenti, rendendo la città, strozzata dal traffico e frammentata in mille rioni, impattugliabile.
Entità politiche che pensavano, ricordiamolo, di contrastare il disagio giovanile, tollerando le occupazioni abusive e le “zone grigie”, in vece di finanziare centri giovanili e sportivi oppure, meglio ancora, investendo i finanziamenti per il diritto allo studio in qualcosa che non fosse esclusivamente l’intercultura.

Roma violenta?

E perchè non dovrebbe esserlo, specie in tempo di crisi, se in certi quartieri, malgrado l’obbligo scolastico, il 15% dei maschi non ha conseguito la terza media e solo un altrettanto 15% è arrivato alla maturità? Oppure se circa 800.000 dei suoi cittadini sono talmente indigenti e deprofessionalizzati da aver bisogno di una casa popolare da, ormai, due o tre generazioni.

A proposito, andrà meglio, secondo voi, con il decreto “svuota carceri”?

Leggi anche Roma, città violenta?

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Roma inerme: la Mafia è alle porte

24 Nov

Secondo il criminologo Francesco Bruno, «il segnale è inequivocabile: vi è la presenza evidente di una struttura mafiosa a Roma di grosso calibro». Mentre le organizzazioni locali «non sono bande classiche ma vere organizzazioni clandestine».

E Gianni Alemanno conferma che «ci siano o possano esserci contatti tra il grande crimine che ha comprato pezzi di economia romana e che per ora si è limitato al riciclaggio di capitale sporchi e le bande che operano sul territorio nell’ambito per ora del solo controllo dello spaccio della droga».

La ricetta del Ministro dell’Interno, Anna Maria Cancellieri, è quella che si aspettava da tempo e che Mastella e Maroni avevano negato: più uomini, più mezzi, più controllo del territorio. Speriamo che basti.

Purtroppo, nonostante la gravità del contesto che vede le organizzazioni mafiose impossessarsi sanguinariamente di Roma, il PD romano, per voce di Ileana Argentin, non esita a criminalizzare il Sindaco di Roma, per «aver perso tre anni a minimizzare anche i più evidenti fenomeni di criminalità nella Capitale, sollecitando media e organi di informazione a non dipingere Roma come terra di conquista di organizzazioni malavitose».

Eppure, i “veri” problemi che inficiano la sicurezza di Roma sono di vecchia data.


Innanzitutto, il Lazio accoglie quasi metà dei collaboranti di giustizia esistenti in Italia, se solo una piccola parte di costoro continua a delinquere, a Roma c’è l’equivalente di una cupola.
Inoltre, a causa del rischio di incappare in qualche VIP, i controlli sui locali pubblici sono scarsi e poco incisivi, come lo sono i controlli antialcol ed antidroga all’uscita.
Infine, essendo la Capitale dipendente dagli snodi logistici di Fondi e di Civitavecchia-Gioia Tauro, è improbabile che, tra Veltorni e Storace, si potesse NON prevedere “cosa” si sarebbe impossessato di questi gangli vitali per l’economia locale.

Andando in “profondità”, dobbiamo rilevare che 18 anni di politiche “de sinistra”, dopo quelle cinquantennali del centrodestra democristiano, consegnano alla città:

  • oltre un milione di persone, tra cui poveri ed anziani, ma anche malviventi e sussidiati, che vive in case popolari
  • un livello di istruzione dei maschi adulti spaventosamente basso: circa il 40% degli under50 è non è in possesso di un diploma.

Se parliamo delle case popolari ricordiamo anche che le pertinenze non possono essere pattugliate dalle forze dell’ordine, come sono impattugliabili le borgate totalmente abusive che assediano la città.
Giusto per non mancare, ricordiamo anche che i servizi sociali, notoriamente clientelari e/o esternalizzati, non sono in grado di organizzare gli interventi (giudiziari e sociali) che servirebbero per l’enorme massa di bulli, persone prive di requisiti e famiglie allo sbando.

Gianni Alemanno passerà alla storia come il “sindaco immobile”, questo è probabilmente nell’essere dei fatti, ma è del tutto errato affrontare il problema “mafia a Roma” come fosse una delle quotidiane sterili polemiche capitoline in cui si “diletta” il nostro Consiglio Comunale.

Come lo è continuare a guardare solo all’immagine, alle clientele ed ai potentati locali senza tentare di “emancipare la suburbia” e di innovare, dopo due millenni, questa città nei servizi come nelle sanzioni.

E’ inconcepibile che in una Capitale circa un quarto della popolazione viva di sussidi o sia assistita in vario modo: la città deve essere produttiva e deve avere abbastanza cittadini in grado di esserlo.

Come anche, a Roma, non possiamo continuare ad amministrare le pene come ai tempi del Papa Re: le carceri devono essere moderne e lontane, altro che Regina Coeli sul Lungotevere, come fosse casa e bottega.

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Roma, città violenta?

4 Set

Che a Roma le cose non andassero come di dovere, era dai tempi di Walter Veltroni, “sindaco di tutti”. Non che fosse tutta responsabilità sua, ma è quello il periodo in cui Roma è cambiata.

Del resto, come non poteva esserlo se durante i sette anni di Veltronismo si espandeva enormemente la città, senza dotarla dei trasporti ed infrastrutture, senza che vi fosse una realtà produttiva atta  da dar da vivere ai nuovi arrivati e  senza che questi fossero accompagnati nell’integrazione .

Un sistema, che è parimenti proseguito con la Giunta Alemanno, solo rallentato dalla crisi economica, … tanto le delibere del piano urbanistico (e della nuova cementificazione) le avevano lasciate belle e pronte Morassut e gli assessori di Uòlter.

Ma cosa è accaduto a Roma, alla città di Roma, da giustificare l’allarme che, ormai tutti, lanciano da anni?

Innanzitutto, in 15 anni siamo aumentati del 30%, tra residenti, domiciliati, pendolari, regolari ed irregolari. Ovviamente, come in tutte le grandi città, una parte di noi non è registrata e spesso si sposta annualmente da una casa all’altra, inclusa la cintura dei comuni esterni, alla ricerca di un affitto migliore o seguendo il lavoro che cambia.

Inoltre, la politica locale, fortemente clientelare, non si rivolge ai “nuovi romani”, non li conosce neanche e non ne conosce le istanze ed i bisogni: li ammassa a ridosso del raccordo e finisce lì.

Così accade che si vedano poche auto con lampeggiante in giro e che le stazioni di pubblica sicurezza chiudano al calar della notte,  in una città che ha quartieri da pattugliare come a New York, Parigi o Londra. Oppure, si scopre da qualche trafiletto del Messaggero che c’era una linea notturna in balia dei teppisti e che alcuni bus delle corse notturne hanno l’abitacolo del conduttore blindato.

In aumento anche gli omicidi, che sono 28 dall’inizio del’anno, come fa notare il sindaco Gianni Alemanno, tra cui sono sette gli “omicidi irrisolti che hanno il sapore di un regolamento di conti. Sono omicidi di cui non si è trovata la causa. E’ un arrivo della criminalità organizzata su Roma?”

Secondo il sindacato di polizia Silp Cgil Roma, “Ventotto omicidi in otto mesi sono un record per la nostra città   e se il trend è questo, entro la fine dell’anno, Roma si attesterà tra le città più pericolose, con un numero di omicidi che potrebbe arrivare attorno ai 40”.

D’altra parte, a cosa servono le telecamere, in una città affollata da turisti e pellegrini, se non attivano un pronto intervento, come si è, purtroppo, verificato per la fontana di Piazza Navona? E dove sono mai, telecamere o pattuglie, nelle smisurate periferie di larghi viali e palazzine basse o villette, dove l’anomimato è pressochè assoluto?

Non credo che si possa riportare sicurezza a Roma in breve tempo, anche se è evidente che una Capitale non possa sopravvivere ad una situazione così, speriamo solo che la smettano di costruire altre case e di far arrivare altra gente …

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Romanzo criminale

26 Mar

L’insicurezza dipende da chi sei e cosa ti “fa paura”, ma l’Italia com’è? Sicura, pericolosa o cosa?
Facendo qualche confronto, per uno straniero la Germania è sempre la Germania e per un “colletto bianco” le banlieues sono sempre una banlieu. E’ qualcosa che, se hai sufficiente sfortuna, puoi scoprire anche da turista, ma la gente del posto vive in relativa tranquillità.
Viceversa, se scendi sotto casa e puoi essere coinvolto in un crimine, questa è insicurezza. Come anche i vigili che arrivano dopo un’ora o le denunce contro ignoti archiviate.

La sicurezza in Italia per gli Italiani è  bassa, se consideriamo le proprietà e le tutele. Basta guardare alla diffusione dei furti nelle abitazioni, delle rapine in esercizi e uffici, e soprattutto l’inutilità delle denunce o la rapida liberazione dei colpevoli.

L’insicurezza per le persone in Italia è causata da fenomeni emergenti e quasi
“esclusivi” del nostro paese: gli stranieri “senza fissa dimora”, le bande di giovani dei ceti medi “del sabato sera”, la tratta di strada delle minorenni dall’Est. A questo aggiungiamo le narcomafie, i 200-500mila uomini armati di cui dispongono e i racket che fanno.

Diversi fenomeni, da noi frequentissimi anche in centro città, all’estero sono tipici solo in località famigerate. Siamo il paese dell’UE con più furti e rapine, immigrati clandestini e rom, sentenze annullate e crimini irrisolti, indulti e proroghe, organizzazioni terroristiche e mafiose, vigili disarmati e regolamenti locali, competenze pubbliche esternalizzate.

Visti da fuori somigliamo un pò al Messico di Traffic, ma essendo del
luogo non ci sembra proprio così: siamo abituati e pensiamo che sia
“democratico” essere così tolleranti verso l’illegalità.
La sicurezza dipende da chi sei e cosa ti “fa paura” e, se sei come Joe Pesci, devi accettare che il tuo mondo sia più caotico e più pericoloso.
O no?