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La Catalogna e l’eterno dilemma europeo

3 Ott

Il New York Times aveva previsto che “il 2 ottobre il president Puigdemont potrebbe dichiarare l’indipendenza della Catalogna e la Spagna interverrà manu militari e i catalani resisteranno… Mariano Rajoy passerà alla storia come uno sciocco che a forza di scalare una piccola collina l’ha fatta diventare l’Everest.”

Infatti, se Josep Maria Jové, ministro degli esteri catalano, ben aveva spiegato che “non è un problema di economia, cultura, lingua, ma democratico” e che vogliono essere “meno legati ai pregiudizi ereditati e più basati sullo sblocco delle potenzialità che ci offre il presente e il futuro”JP Morgan  sta consigliando ai propri clienti di “vendere i titoli del debito spagnolo per spostarsi con titoli in Portogallo e Germania”. “Fatelo il prima possibile, perché il movimento indipendentista catalano comincerà a fare pressione nel breve periodo e si cominceranno a vedere le perdite.” 

La chiave dell’enigma spagnolo, dell’irritazione statunitense che minaccia il trasferimento delle sue aziende e del silente attendismo europeo è presto detta: vada come vada, la ‘revuelta catalunya’ è un incipit che potrebbe contagiare tutto il Mediterraneo e l’Eurozona.

Infatti, l’agenzia Fitch ben spiega a chi vuole intendere che “la Catalogna è una regione che dipende fondamentalmente dal Fondo di Liquidità Autonomo e dagli anticipi di denaro per attendere spese immediate”, pur rappresentando il 19% del PIL spagnolo, ergo è tenuta in condizioni di assoluta sussidiareità da Madrid.

2017-10-03

Una regione che i nostri media associano alla movida, all’intrattenimento ed all’effimero, che è riuscita a riemergere nonostante la sussidiareità imposta dal Potere nazionale centrale ed è oggi un polo industriale, oltre che finanziario, con una zona franca, amministrata da un consorzio pubblico-privato costituito da circa 300 imprese di spessore ed una esemplare digitalizzazione della pubblica amministrazione, con la quale già oggi il 45% della popolazione interagisce via internet.
A proposito delle banche, quelle catalane: è vero che sono indebitate, ma una bella parte dell’esposizione è verso la Spagna e l’amministrazione spagnola … ed a portagli via le fabbriche ci sarà da capire dove trovare la manodopera, salvo deportare i catalani …

Una regione storicamente a parte – come Napoli, Istanbul, Beirut, Venezia o Bengasi, con le quali condivide una solida tradizione industriale e commerciale – che, a quasi 10 anni dal massivo arrivo dei cinesi al Pireo, inizia ad riaccedere ai flussi mercantili dall’Oriente. Se l’Italia sta ripristinando di fretta e furia i porti di Ortona e Pescara ci sarà un motivo …

Dunque, quel che accade ed accadrà a Barcellona avrà un peso anche in Campania, nel Nordest italiano, come in Turchia, Medioriente o Libia, ed è facile intuire il timore che sta serpeggiando tra i sostenitori della Stabilità a tutti i costi, cioè tra i Difensori degli equilibri costituitisi cento e passa anni fa nel Mediterraneo, grazie a veri e propri atti di rapina messi in atto da “stati-canaglia”, come li definiremmo oggi.

Ritorna in auge, insomma, la primaria questione se viviamo in un’Europa degli Stati (e delle Banche) o dei Popoli e dei Cittadini.
A seguire quella di quanto si possa andare avanti con Costituzioni, Codici di giustizia, Sistemi sanitari e previdenziali divergenti, se non l’un l’altro incompatibili. 

Intanto, in Italia, ‘grazie a Barcellona’, potremmo scoprire che “i porti italiani sono sempre più stretti tra competitori agguerriti e la loro governance in grave ritardo. 23 autorità portuali separate senza autonomia di spesa li governano con modalità barocche. Le dogane si allineano: un container proveniente dalla Cina subisce 17 controlli da 3 ministri coinvolti e deve esibire 70 documenti. Tempo necessario da noi una settimana, a Rotterdam 48 ore al massimo.”
Cioè accade come a Barcellona, dove una governance centrale farragginosa e corrotta soffoca la crescita di una città e di una regione che trainano la crescita e lo sviluppo generali.

Come andrà a finire in Spagna?
Dipende dall’Europa: in caso di ‘autonomia’ valgono le stesse regole di Brexit e tutti i trattati restano vigenti fino ad esplicita disdetta o variazione?
Oppure, l’Europa intende considerare i Catalani come fossero degli ammutinati contro la Reale Corona di Spagna?

Demata

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11 settembre a Parigi: dove va l’Occidente?

8 Gen

Dopo New York, Londra e Madrid è toccata a Parigi ed anche stavolta la Jihad contro i ‘crociati’ ha attaccato i simboli della laicità. Ieri dei vignettisti satirici, in USA furono la Borsa e le aereolinee, a Londra e Madrid le metropolitane.

Intanto, tutti hanno a ricordare – ma allora perchè non l’hanno fatto prima – che l’Occidente è troppo permeabile, infiltrabile, esposto … anche se non si è ancora ben capito chi è in guerra con chi.
Da un lato ‘noi’ siamo ancora fedelmente amici delle dinastie saudite, madri di tutti gli integralismi islamici, mentre che l’istigazione all’odio sia un reato ce lo ricordiamo solo contro gli ultrà e qualche neonazista. Dall’altro gli Jihadisti si guardano bene dall’attaccare luoghi cristiani fuori dai ‘loro’ territori, mentre quello che puntualmente viene attaccato è il Villaggio Globale, persino in quel Nord Europa che fu pagano fino tot secoli fa e che – poco dopo la cristianizzazione forzata – si staccò da Roma per ‘protestando’ … e trasferendosi in parte nel Nuovo Mondo alla ricera della Friede.

Non è il presepe di Gesù ad essere sotto attacco, ad essere nel mirino è l’Albero di Natale dedicato a Yule ed al Consumismo. E, ci attaccano ‘per il nostro bene’, finchè non avremo abbandonato la via del peccato e saremo ritornati al dio unico: che il profeta da seguire sia Gesù o Maometto è una questione di second’ordine.

Cosa dovrebbe fare l’Occidente?

Innanzitutto, sarebbero da vietare tutti i culti che non accettino la coesistenza e la pari dignità degli altri come  andrebbe vietato agli enti religiosi sia di ricevere donazioni occulte sia di poter utilizzare i propri fondi in investimenti o speculazioni, cosa che è di per se un ginepraio, dato che sono i cattolici e non gli islamici a dare puntualmente questo problema ab origine, ne sanno qualcosa gli imperatori succedutisi a Roma per tre secoli.
In secondo luogo, sempre riguardo l’affermazione di ‘valori’, dovremmo rivedere i nostri sistemi fiscali e di giustizia: siamo un poco difendibile esempio morale, se le nostre democrazie sono così afflitte dalla corruzione e dal degrado.

Infine potremmo davvero passare per grulli a voler continuare i nostri rapporti con i sauditi così come sono oggi, come anche potremmo dar ‘ragione’ a coloro che dicono che ‘Charlie non doveva provocare gli islamici’ ed … interrompere le nostre benevolenti politiche verso Israele …

Dunque, è possibile che l’Occidente non farà un bel resto di nulla di tutto questo, ma è altrettanto possibile che tra cinque o dieci anni tali questioni saranno ineludibilmente sul tavolo della Storia.

Quello che, viceversa, sarebbe fattibile nel corso di quest’anno è l’opzione militare /umanitaria: ricollocare gli inglesi in Palestina e Yemen, i francesi in Libano, i russi in Siria, gli statunitensi in Iraq, gli italiani in Libia ed Eritrea, eccetera.
Un conto è l’autodeterminazione dei popoli, un altro è proteggerli da ‘predatori internazionali’.

originale postato su demata