Enrico Bondi, superconsulente del governo sulla spesa pubblica ha individuato uno spreco: i buoni pasto dei dipendenti dello Stato. La spending review taglia il valore dei ticket ristorante per gli statali dagli attuali 7 a 5, 20 euro.
Sono colpiti dal taglio quasi di mezzo milione di lavoratori, tra ministeri ed enti romani più le amministrazioni periferiche provinciali, che – nei due giorni di orario prolungato al pomeriggio – consumano circa 100 buoni pasto annui.
Parliamo, dunque, di un’economia nell’ordine dei 100 milioni annui, per lo Stato, e di una ‘perdita’ per i lavoratori di una trentina di euro al mese, se non vorranno davvero tirare la cinghia o, meglio, portarsi ‘pane e companatico’ da casa.
E qui viene il bello, dato che le aziende hanno il dovere di rendere disponibili dei locali consoni per il consumo dei pasti (anche quelli da casa) da parte dei lavoratori. Tra le ‘aziende’ annoveriamo anche il nostro apparato statale, se lo si considera come datore di lavoro.
Tagliare il buono pasto agli statali comporta un’economia di 100 milioni. Quanto costa, piuttosto, fornire locali consoni ed inventarsi una politica di gestione del personale che a Roma non è di casa oppure, peggio ancora, dover far funzionare lo Stato con tutti gli ingranaggi che brontolano e cigolano più di prima?
E come non chiedersi cosa accadrà nella Capitale, dove una buona parte di questi ticket restaurant vengono spesi in baretti, rosticcerie e ristorantini, che da settembre dovranno fronteggiare minori introiti generali per decine e decine di milioni annui?
originale postato su demata
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