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Mondiali 2014: è l’ora delle dimissioni per Giancarlo Abete

24 Giu

Nuovo_Logo_FigcTutto ebbe inizio con la Nazionale di calcio che agli Europei del 2004 venne eliminata dal gruppo C, con  Svezia e Danimarca che terminano a pari punti e la qualificazione fu determinata dai risultati negli scontri diretti.
Il Commissario Tecnico era Giovanni Trapattoni, fu accusato di poche capacità innovative, ma fu lui a chiamare Buffon, Gattuso, Pirlo, Totti, Nesta, Cassano, Zambrotta, oltre ai ‘vecchi’ Materazzi, Vieri, Panucci, Del Piero, Cannavaro.

Arrivò il cambiamento nel 2006, con Marcello Lippi, ma a giocare furono proprio i giovani lanciati dal Trap, meno Cassano più De Rossi e Barzagli, oltre a Luca Toni  già avanti negli anni. Si vinse il Mondiale, dopo una serie fortunata di eventi, tra cui i 30 secondi di follia di Zidane che gli costarono l’espulsione e la finale.

Poi, il 2008, quello di Roberto Donadoni e degli Europei in Polonia e Ucraina. Si arriva ai quarti di finale e si esce perdendo ai rigori con la Spagna che vincerà il trofeo. La vera novità? Giorgio Chiellini.

 Segue il 2010, con il ritorno di Marcello Lippi e il flop al Mondiale in Sudafrica. Arrivano Bonucci, Montolivo e Marchisio. Risultati pochi, l’Italia esce classificandosi ultima in un girone composto da Slovacchia, Paraguay e i semi-professionisti della Nuova Zelanda.

Europei del 2012 con Cesare Prandelli e di nuovo l’invincibile Spagna sulla nostra strada a batterci in finale. Unico nuovo innesto durevole: Mario Balotelli.

Giocoforza si arriva al Mundial 2014 e l’Italia si presenta con una squadra vecchia in difesa e a centrocampo, più un attacco tutto da inventare.  Risultato: sottovalutiamo la Costarica e ci giochiamo la qualificazione.

Sembra evidente che il disastro sia frutto di un’idea semplicistica: mettere insieme Buffon, Chiellini, Barzagli, Bonucci, Pirlo e Marchisio (cioè la Juventus) più Abate, Montolivo, Balotelli (Milan) e due anziani della Roma di Fabio Capello, come De Rossi e Cassano.
Gli ex giovanotti della Roma di Zeman e i giovani attuali dell’ex Pescara (Cerci, Aquilani, Insigne, Verratti e Immobile) possono aspettare: mica giocano nelle tre società che contano.

63136E qui arriviamo alla Federazione Italiana Giuoco Calcio che proprio dal 2007 è presieduta da Giancarlo Abete, già vicepresidente dal 1996, dove era approdato dope essere stato deputato fin dal 1979 – appena ventinovenne – con la Democrazia Cristiana.

Se c’è un uomo che ha condizionato il calcio italiano negli ultimi 20 anni è lui: Giancarlo Abete. I risultati? Stadi da rifare, delinquenti organizzati nelle curve, continui scandali per partite vendute, stato fallimentare diffuso delle società calcistiche, assenza di programmazione e meritocrazia, ipersindacalizzazione delle rose nelle serie semiprofessionali (sic!), impossibilità di crescita per i giovani talenti.
O, peggio, come rivendicava Giampiero Galeazzi su Rai Sport 1, l’assenza di  politiche per il calcio, dai vivai  al tesseramento degli stranieri fino ai rapporti con la stampa ormai non solo sportiva, ma soprattutto da gossip rosa.

Che vada a casa.

P.S. Alle responsabilità della Federazione Italiana Giuoco Calcio – specie per la vicenda della ‘tessera del tifoso’ e le leggi sugli stadi ‘privati’ – vanno aggiunte quelle derivanti dall’appello alle istituzioni della famiglia di Ciro Esposito: Noi chiediamo alle istituzioni di fare la loro parte. Daniele De Santis non era solo. Vogliamo che vengano individuati e consegnati alla giustizia i suoi complici. Vogliamo che chi, nella gestione dell’ordine pubblico, ha sbagliato paghi. Innanzitutto il prefetto di Roma che non ha tutelato l’incolumità dei tifosi napoletani. Chiediamo al presidente del Consiglio di accertare le eventualità responsabilità politiche di quanto accaduto. Nessuno può restituirci Ciro ma in nome suo chiediamo giustizia e non vendetta”.

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Chi ha paura degli omosessuali?

14 Giu

Come se agli Europei di Calcio 2012  non bastasse la vergogna del massacro dei cani randagi e dell’afflusso di prostitute in Ucraina, ci si mette anche l’Italia, prima con le frasi di uno dei suoi calciatori più ‘rappresentativi’ e, poi, con la decisione di mantenerlo in squadra.

«Ci sono froci in squadra? Se penso a quello che dico, chissà che cosa vien fuori. Sono froci? Problemi loro, me la sbrigo così, sennò mi attaccano da tutte le parti. Son froci, se la vedessero loro. Mi auguro che non ci siano veramente in Nazionale» (Antonio Cassano, calciatore)

«Onestamente credo che tra i calciatori di gay non ce ne siano. In quarant’anni non ne ho mai conosciuti, né nessuno che ha lavorato con me in tutto questo tempo e in tante squadre me ne ha mai raccontato. Non escluderei un gay, come un nero, dalla Nazionale. Penso che sarebbe difficile, per come siamo fatti noi calciatori, che un giocatore omosessuale possa vivere la sua professione in maniera naturale» (Marcello Lippi, ex allenatore della Nazionale di calcio)

«I gay nel calcio non ci sono. Se ne avessi scoperto uno quando ero direttore generale l’avrei venduto». (Luciano Moggi, ex dirigente Juventus)

«Il calcio e’ un gioco troppo maschio per i gay» (Gianni Rivera ex calciatore, deputato)

«Un bacio tra omosessuali è come fare pipì in strada» (Carlo Giovanardi, ex sottosegretario alla presidenza del Consiglio)

«Matrimoni gay? Allora perché non anche con gli animali, oppure con più di una persona?» (Francesco Perra, Movimento 5 Stelle)

Un problema di omofobia, certamente, di ‘paura dell’omosessualità’ e cos’altro che l’umana compassione può addirsi a chi vive nella paura.

Si potrebbe pensare che la causa (o concausa) di un atteggiamento  – l’omofobia che nulla ha ache vedere cone tica o morale – possa essere la fede cattolica di gran parte degli italiani e/o la presenza della Santa Sede nella penisola italica.

Questo è probabilmente vero, ma non tanto per il catticesimo in se, quanto a causa delle lobby interne al clero italiano ed alla ‘pessima’ politica (Trasformismo, Giolitti, Mussolini, Democrazia Cristiana, duopolio Berlusconi-Prodi) alla quale storicamente si sono affidati.

Una arretratezza culturale – un fattore (atavico) di de-civilizzazione ben alimentato dall’informazione nazionale – che fa della lotta contro i gay o contro le conquiste delle donne un cavallo di troia, indispensabile per aggregare un corpus elettorale intorno a ‘probi homines’ in tanti (altri) affari affacendati.

Quanto andrebbero meglio le cose in Italia è inutile dirlo, se l’Opera di Dio desse priorità ed attenzione a politici ed amministratori meno ‘votati’ alla cleptocrazia e meno sensibili alle grazie delle ‘cortigiane’, piuttosto che strenuamente omofobi o misogini.

E chissà cosa ne sarebbe della ‘pubblica opinione’ italiana, se i nostri media, oltre a pubblicare gli outing di personaggi famosi, pubblicassero anche le dichiarazioni di augusti prelati cattolici?

«La sessualità è un argomento molto complesso, sul quale esiste anche un “conflitto di interpretazioni”. Non è male che due omosessuali abbiano una certa stabilità di rapporto e quindi in questo senso lo Stato potrebbe anche favorirli. Non condivido le posizioni di chi, nella Chiesa, se la prende con le unioni civili» (Carlo Maria Martini, ex arcivescovo di Milano)

«Credo che noi dovremmo essere d’accordo e di fatto siamo d’accordo che nel giudizio su una tale relazione o un tale rapporto c’è una grande differenza di giudizio quando le persone si assumono la responsabilità l’uno per l’altro, quando vivono e si relazionano in un rapporto omosessuale durevole, come similmente avviene in un rapporto eterosessuale» (Cardinale Rainer Maria Woelki, arcivescovo di Berlino)

«Sono come gli altri e meritano la dignità. Secondo la nostra fede, sono le azioni che rendono buone o meno le persone. La Chiesa Cattolica deve essere aperta a tutte le persone con sentimento religioso» (Cardinale Lluís Martínez Sistach, arcivescovo di Barcellona)

Anche le squadre di calcio e le tifoserie dovrebbero ‘essere aperte’ a tutte le persone con sentimento sportivo. Ma questo, a quanto pare, la Federcalcio non lo sa.

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